Il divieto di pignoramento “indiscriminato” in presenza di una causa legittima di prelazione
18 Marzo 2016
Premessa
Il divieto di cui all'art. 2911 c.c. è rivolto ai creditori che siano assistiti da una causa legittima di prelazione incidente su beni determinati. Si tratta di un diritto reale di garanzia (pegno su mobile o ipoteca su immobile), ovvero da un privilegio speciale previsto dagli articoli artt. 2746 e 2744 c.c.. Questi, diversamente dai creditori chirografari e/o muniti di privilegio generale, possono soddisfarsi su specifici beni con precedenza rispetto agli altri creditori. In considerazione della posizione di “legittimo privilegio” di questi creditori, l'art. 2911 c.c. impone loro, per «pignorare altri beni», l'onere di sottoporre a esecuzione «anche» i beni oggetto di garanzia. Questa norma deve essere letta in combinato disposto con la norma generale di cui all'art. 2740 c.c. che prevede che il debitore risponda dei suoi debiti con tutti i suoi beni, presenti e futuri. Di conseguenza non si ha una limitazione di azione per il creditore ma si impone l'obbligo di adottare particolari modalità nell'esecuzione sui beni del debitore imponendo che questi assoggetti ad esecuzione anche i beni assistiti da un legittimo diritto di prelazione e non solo i beni non vincolati dalla garanzia. La ratio della norma
Il divieto posto dall'art. 2911 c.c. si riferisce, solamente alla fase esecutiva. Non è vietato, infatti, munirsi di garanzie, anche sovrabbondanti rispetto al credito garantito; neppure è vietato fornirsi di un titolo di condanna che fornisca un diritto di prelazione. La norma, infatti, tende a limitare il disagio del debitore nel momento esecutivo; è in quella circostanza, infatti, che la sovrabbondanza di garanzia porta un ingiustificato disagio al debitore: «Non è precluso, al creditore garantito dal pegno, di munirsi di un titolo esecutivo e di sottoporre (al fine di tentare di realizzare per intero la soddisfazione del credito) a pignoramento altri beni del debitore, purché, nel rispetto della disposizione contenuta nell'art. 2911 c.c. , sottoponga ad esecuzione anche il bene gravato da pegno» (Cass. civ. Sez. III, 11 novembre 1997, n. 11122). Lo scopo di tutela della norma non si riferisce solamente al disagio del debitore, ma ha la funzione di raggiungere altri due importanti obiettivi. Da un lato viene salvaguardato il principio dell'economia processuale, secondo il quale deve essere evitata la moltiplicazione ingiustificata dei procedimenti tesi al raggiungimento di uno stesso scopo, anche se, in astratto, tutti ammissibili contemporaneamente. Dall'altro lato tende a tutelare anche i creditori chirografari e muniti di privilegio generale i quali, altrimenti, subirebbero il concorso dei creditori prelatizi sui beni non vincolati, in tal modo, si assicura anche la par condicio creditorum che il nostro codice civile prevede all'art. 2741. La disposizione in esame, che fissa un principio sostanziale, per poter raggiungere il suo scopo, deve essere coordinata con le norme processuali che prevedono la possibilità per il debitore esecutato di proporre istanza al giudice dell'esecuzione perché limiti il cumulo di diversi mezzi di espropriazione. Ci si riferisce all'art. 483 c.p.c. che prevede il divieto di cumulo dei mezzi di espropriazione; all'art. 496 c.p.c., che prevede la cosiddetta riduzione del pignoramento; all'art. 558 c.p.c. che prevede la possibilità di sospendere la vendita nel caso in cui l'espropriazione sia effettuata da un creditore ipotecario sopra beni non coperti dalla garanzia a suo favore; all'art. 504 c.p.c. che prevede che la vendita forzata che si svolga in più volte o in più lotti, deve cessare quando il prezzo raggiunge l'importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti. Dalla ratio del divieto discende anche che affinché un creditore possa pignorare beni non vincolati da garanzia a suo favore non solo dovrà sottoporre ad esecuzione anche quelli gravati da tale garanzia, ma l'espropriazione dei beni non vincolati dovrà anche essere necessaria in quanto risulti che i beni vincolati, da soli, non sarebbero sufficienti a soddisfare l'importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti. Importante sottolineare che vi è contrasto, sia in dottrina che in giurisprudenza, sulla operatività di tale divieto. Infatti, per alcuni, sarebbe sempre permessa l'estensione dell'azione esecutiva ad "altri" beni, non gravati da garanzia, salvo un eventuale intervento del giudice dell'esecuzione su istanza del debitore esecutato teso ad evitare eccessi nell'uso dei mezzi esecutivi. In tal senso si è espressa la giurisprudenza di legittimità: “L'istanza con cui il debitore esecutato, senza contestare il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata né dedurre vizi formali della procedura, lamenti che il creditore abbia proceduto (nella specie sulla base di un titolo esecutivo fino ad allora non azionato, di cui peraltro era dedotta la connessione con titolo già fatto valere) al pignoramento di un ulteriore bene immobile, quando invece il credito avrebbe dovuto ritenersi sufficientemente garantito da un precedente pignoramento immobiliare, integrando una richiesta di limitare i beni sottoposti a pignoramento va inquadrata tra quelle misure speciali che sono previste dagli art. 483, 496, 504 e 508 c.p.c. , nonché dall'art. 2911 c.c., per evitare eccessi nell'uso del procedimento di espropriazione forzata, e appartengono alla competenza del giudice dell'esecuzione. Il provvedimento, negativo o positivo, al riguardo emanato dal giudice dell'esecuzione, in quanto atto esecutivo, è impugnabile con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. con riferimento sia ad irregolarità formali che alla sua inopportunità. Più specificamente l'istanza suindicata va ricondotta non alla previsione di cui all'art. 483 c.p.c. , volta a disciplinare il cumulo di "diversi" mezzi di espropriazione (come, per esempio, il cumulo dell'espropriazione mobiliare con quella immobiliare), ma alla previsione di cui all'art. 496, la quale sotto la rubrica «riduzione del pignoramento» disciplina la limitazione dell'espropriazione nell'ambito di uno stesso mezzo di espropriazione, senza che rilevi la circostanza che i beni siano colpiti con un solo atto di pignoramento o con più successivi pignoramenti (Cass. civ., sez. III, 6 marzo 1995, n. 2604, in Mass. Giur. It., 1995; nello stesso senso anche altra sentenza: Cass. civ., sez. I, 17 gennaio 2007, n. 1033, in Mass. Giur. It., 2007). Altro orientamento afferma, invece, che il disposto dell'art. 2911 c.c. introdurrebbe una sorta di impignorabilità relativa, pertanto, il provvedimento, negativo o positivo, al riguardo emanato dal giudice dell'esecuzione, è impugnabile, non come opposizione agli atti esecutivi, ma come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., con la conseguenza che la violazione del divieto di cui alla disposizione in esame comporterebbe l'inefficacia del pignoramento (per alcuni nullità), salva la possibilità di una sanatoria nel caso di assolvimento successivo dell'onere di cui all'art. 2911, cioè il pignoramento anche dei beni gravati da garanzia. Nel senso di inquadrare il rimedio in una vera e propria opposizione agli atti esecutivi, si è espressa alcuna giurisprudenza di merito: “Deve qualificarsi opposizione all'esecuzione per impignorabilità dei beni e non anche opposizione agli atti esecutivi il ricorso proposto dal debitore contro l'atto di pignoramento del creditore ipotecario dei beni immobili del debitore ma non anche dell'immobile ipotecato ex art. 2911 c.c., pertanto è infondata l'eccezione di tardività del ricorso opposta ai sensi dell'art. 617 c.p.c. non essendo previsto alcun limite di decadenza per tale opposizione. (Trib. Torino, 4 novembre 2003. In tal senso anche altra giurisprudenza di merito oramai datata: Trib. Camerino 2 aprile 1971). Da notare, poi, che dalla lettera della norma contenuta nell'art. 2911 c.c. vi è una diversa posizione del creditore pignoratizio rispetto al creditore ipotecario. Infatti mentre il primo non può pignorare "altri beni del creditore" (sia mobili sia immobili), per il secondo il divieto dell'art. 2911 si riferisce "agli immobili non vincolati" del debitore stesso. Su questo presupposto la giurisprudenza di legittimità ha affermato la possibilità per il creditore ipotecario di intervenire nell'espropriazione mobiliare da altri promossa, senza sottoporre a pignoramento anche gli immobili gravati dall'ipoteca. (Cass. civ., 14 marzo 1978, n. 1294, in Giust. Civ., 1978, 1, 1058). In conclusione
Possiamo affermare che la disposizione in esame, pur con tutte le difficoltà interpretative e applicative sopra accennate è espressione, da un lato, del favor debitoris e dall'altro ha la funzione di mantenere la par condicio creditorum fra i creditori chirografari e privilegiati. Infatti, se è vero che il debitore è tenuto a garantire genericamente i propri debiti con tutti i suoi beni, presenti e futuri (art. 2740 c.c.) è altresì che vero che, ai sensi dell'art. 2741 c.c. , i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore e a tale scopo il codice di rito prevede, all'art. 500, la figura dell'intervento in procedure esecutive promosse da altri.
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