La privazione delle disponibilità economiche della moglie può integrare il reato di maltrattamenti in famiglia

02 Settembre 2016

La Corte di cassazione torna sul reato di maltrattamenti in famiglia, descrivendone condotte e modalità, evidenziando come la violenza economica subita dal coniuge rappresenta una delle molteplici modalità attraverso le quali può configurarsi il reato di cui all'art. 572 c.p.
Massima

Anche la condotta di privazione delle disponibilità economiche nei confronti del coniuge può integrare il reato di maltrattamenti contro famigliari e conviventi ex art. 572 c.p.

(Nel caso di specie, il marito aveva tolto alla moglie la procura sul conto corrente e l'uso del bancomat, lasciandole soltanto una carta per la spesa nel supermercato, con un limitato plafond: il bancomat le era stato poi successivamente riconsegnato per esserle in seguito nuovamente sottratto.)

Il caso

Con sentenza del 12 novembre 2014, la Corte d'appello di Milano ha parzialmente confermato la sentenza del tribunale di Milano dell'11 aprile 2013, con la quale l'imputato era stato condannato, anche al risarcimento del danno alla costituita parte civile, da determinarsi in separato giudizio, con liquidazione di provvisionale, per i reati di cui all'art. 81, comma 2, c.p. e artt. 572 e 609-bis c.p., per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, maltrattato la moglie con insulti, violenze psicologiche, lesioni, privazione di disponibilità economiche e per averla costretta a subire e a compiere reiterati atti sessuali, anche orali e anali, nonché masturbazioni, minacciandola, picchiandola, immobilizzandola con violenza, offendendola. La Corte territoriale ha revocato le statuizioni civili, per intervenuta revoca della costituzione di parte civile, e ha riconosciuto l'ipotesi di minore gravità di cui all'art. 609-bis, ultimo comma, c.p., diminuendo la pena di conseguenza e confermando nel resto la sentenza di primo grado. L'imputato avverso la decisione della Corte d'appello Milano ha proposto, tramite il proprio difensore di fiducia, ricorso per Cassazione, chiedendone l'annullamento, deducendo quattro motivi:

  • erronea applicazione dell'art. 572 c.p., sul rilievo che la privazione di disponibilità economiche in capo alla moglie cui fa riferimento l'imputazione sarebbe insussistente;
  • erronea applicazione dell'art. 609-septies c.p., per l'insussistenza di un rapporto di connessione fra la violenza sessuale e i maltrattamenti in famiglia;
  • mancata assunzione della prova decisiva che sarebbe rappresentata dalle testimonianze dei figli della coppia;
  • erronea applicazione dell'art. 609-bis c.p., sul rilievo che la persona offesa avrebbe potuto troncare la relazione coniugale e con ciò evitare di avere rapporti sessuali.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della cassa delle ammende.

La questione

La Corte di cassazione torna sul reato di maltrattamenti in famiglia, descrivendone condotte e modalità, evidenziando come la violenza economica subita dal coniuge rappresenta una delle molteplici modalità attraverso le quali può configurarsi il reato di cui all'art.572 c.p. I giudici di legittimità confutano così la tesi della difesa, secondo la quale l'imputazione ex art. 572 c.p. era insussistente, posto che la moglie aveva la disponibilità di uno stipendio, che la famiglia aveva sempre avuto un tenore di vita agiato, con viaggi all'estero e vita sociale intensa. A dire della suprema Corte la difesa dell'imputato avrebbe addotto nei motivi di ricorso solo generiche asserzioni, inidonee a contrastare le affermazioni dei giudici di merito secondo cui il marito, togliendole la procura sul conto corrente e l'uso del bancomat, aveva privato sostanzialmente la moglie di ogni disponibilità economica, come emergeva anche dagli estratti conto prodotti che attestavano solo modesti pagamenti presso supermercati e negozi alimentari. Gli Ermellini proseguono dunque affermando che la privazione delle disponibilità economiche è soltanto una delle numerose modalità di maltrattamento perpetrate dall'uomo ai danni della moglie alle quali si aggiungevano angherie quotidiane, insulti, violenze psicologiche e lesioni, peraltro non contestate dalla difesa, che hanno indotto correttamente i giudici di merito alla condanna ex art. 572 c.p. Condotte queste inserite in una cornice criminosa ben più ampia. Difatti, l'imputato si era reso responsabile anche di abusi di carattere sessuale, costringendo la donna ad avere rapporti, anche orali e anali, nonché masturbazioni, minacciandola, picchiandola, immobilizzandola con violenza, offendendola. Nessun dubbio, dunque, per i giudici, sul valore spregevole delle sue condotte che hanno reso possibile la conferma della condanna anche per violenza sessuale. A nulla sono valse le tesi difensive secondo le quali la moglie avrebbe potuto troncare la relazione coniugale e con ciò evitare di avere rapporti sessuali. Su tale ultima censura, la suprema Corte ha ribadito che non sussiste alcun diritto del coniuge al compimento di atti sessuali come sfogo dell'istinto sessuale, anche contro la volontà dell'altro coniuge, con la conseguenza che i rapporti posti in essere con violenza e minaccia, come nel caso di specie, configurano pienamente il reato di violenza sessuale. Il rapporto matrimoniale o di convivenza non autorizza, chiosano infine i giudici, alcun uso violento del corpo altrui, né limitazioni della libertà della persona o umiliazioni della sua dignità. E neppure l'ingiustificato e persistente rifiuto di rapporti sessuali legittima il ricorso ad alcuna forma di coercizione morale o fisica per ottenere la consumazione di tali rapporti.

Le soluzioni giuridiche

È stato ribadito il seguente principio di interpretazione sistematica: la privazione della disponibilità economiche costituisce solo una delle numerose modalità di maltrattamento poste in essere dall'imputato. Ebbene analizzando la ratio di tale norma, si comprende chiaramente come l'intento che ha animato il Legislatore nel prevederla è stato quello di tutelare sia la famiglia in generale sia la dignità personale dei suoi componenti e la tollerabilità della convivenza tra di essi. Aspetti che possono essere lesi anche con il privare la moglie dell'accesso al conto corrente dedicato alle spese di famiglia, pur se lasciandole una minima disponibilità economica per permetterle di provvedere ai bisogni primari. È evidente che in tal modo si danneggia la dignità personale della donna ( intesa come complesso delle caratteristiche personali e morali) e si rende scarsamente tollerabile la convivenza.

Osservazioni

Concentrando l'attenzione sugli aspetti patologici o deviati dei rapporti di convivenza tra i coniugi, occorre prendere atto del dato che taluni contesti familiari possono essere il luogo in cui più facilmente e più frequentemente i desideri insoddisfatti, le rabbie, le frustrazioni, trovano sfogo e si trasformano in vera e propria violenza nei confronti dei conviventi. In passato, si era soliti affermare che gli episodi di violenza intrafamiliare fossero direttamente legati a contesti difficili e degradati sotto il profilo sociale ed economico ma alla luce dei dati emersi nel corso degli anni, è stato possibile rivedere tale opinione. Le violenze e i maltrattamenti in ambito familiare, infatti, trovando la loro fonte in fattori culturali, psicologici (rabbie, frustrazioni, aggressività) patologici e dunque sono solo in minima parte determinate dal contesto socio-economico della famiglia. La letteratura scientifica sulla violenza di genere mostra oggi come questa si presta a essere indagata in un'ottica plurifattoriale, che consente di avere una visione d'insieme del fenomeno. Il suo impatto è chiaramente riscontrabile non solo nelle scienze storiche, o in quelle psicologiche (con riguardo alle problematiche che attengono alla sfera comportamentale dell'autore degli atti di violenza), e non solo sul piano del diritto, e del diritto penale in particolare, ma anche in prospettiva criminologica, sociologica e antropologica. Proprio l'indagine su tale fenomeno ha condotto gli studiosi a rilevare che le modalità con cui la violenza di genere, in particolare quella domestica, si manifesta sono molteplici e pertanto non possono essere ridotte e circoscritte alle sole lesioni e violenze fisiche ma appaiono sempre più evidenti comportamenti legati al controllo della vittima, non esclusivamente su un piano meramente psicologico ma anche economico, attraverso la privazione dei mezzi di sussistenza. La cosiddetta violenza economica costruisce sempre di più il corollario di tutta una serie di angherie umiliazioni, vessazioni e denigrazioni che la donna subisce all'interno dello schema tipico dei maltrattamenti. E dunque, nella consapevolezza che il fenomeno è complesso e difficile da svelare, il ruolo svolto dai centri antiviolenza assume una fondamentale importanza in quanto questi offrono alle donne validi strumenti che possono aiutarle ad uscire dalla situazione di violenza ed a prendere coscienza della propria persona. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti nell'ultimo trentennio, il fenomeno è ancora presente in maniera diffusa ed ha sviluppato, in alcuni casi, nuove tipologie espressive e nuovi modalità di dissimulazione, rendendo il ruolo dell'autorità giudiziaria sempre più pregnante e determinante.

Guida all'approfondimento

COPPI, Profili del reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (lineamenti storici), in Archivio penale, I, 1974;

FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, parte generale, IV, Bologna, 2001;

FIERRO CENDERELLI, Art. 570 in Codice penale commentato, parte speciale a cura di Dolcini e Marinucci, Milano, 1999;

GAZZONI, Manuale di diritto privato, VII, Napoli, 1998;

-Mazza, Maltrattamenti ed abuso dei mezzi di correzione, in Enciclopedia giuridica treccani, XIX, 1990.

MERLI, Violenza di genere e femminicidio, in Dir. pen. cont.;

MIEDICO, Art. 572 in c.p. commentato, parte speciale, a cura di Dolcini e Marinucci, Milano, 1999.