La posizione della società nelle azioni di responsabilità proposte dal socio verso gli amministratori

Guido Romano
08 Novembre 2016

Nell'azione di responsabilità promossa dal singolo socio, ex art. 2476 c.c. verso l'amministratore e il liquidatore, la società, in quanto litisconsorte necessario, non può essere rappresentata dallo stesso soggetto convenuto con l'azione di responsabilità esercitata in sua vece: a pena di conflitto di interessi con il suo rappresentante legale, anche solo potenziale, deve dunque essere nominato un curatore speciale ai sensi dell'art. 78, comma 2, c.p.c. non essendo necessario l'accertamento dei sintomi dell'effettività del conflitto.
Massima

Nella società a responsabilità limitata, il singolo socio è legittimato, giusta l'art. 2476, comma 3, c.c., ad esercitare, come sostituto processuale, l'azione di responsabilità spettante alla società, nei cui confronti, pertanto, deve essere integrato il contraddittorio, quale litisconsorte necessaria.

Nell'azione di responsabilità promossa dal singolo socio, ex art. 2476 c.c. verso l'amministratore e il liquidatore, la società, in quanto litisconsorte necessario, non può essere rappresentata dallo stesso soggetto convenuto con l'azione di responsabilità esercitata in sua vece: a pena di conflitto di interessi con il suo rappresentante legale, anche solo potenziale, deve dunque essere nominato un curatore speciale ai sensi dell'art. 78, comma 2, c.p.c. non essendo necessario l'accertamento dei sintomi dell'effettività del conflitto.

L'interesse tutelato dall'art. 78, comma 2, c.p.c. il quale prevede la nomina del curatore speciale anche nel caso in cui sussista un conflitto di interessi anche solo parziale tra rappresentante e rappresentato, rimane esclusivamente quello della parte rappresentata, e non delle altre parti. L'omessa nomina del curatore, in presenza dei presupposti di legge, costituisce quindi, un vizio insanabile della costituzione del rapporto processuale, tale da comportare la nullità dell'intero procedimento, per violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., rilevabile in qualsiasi stato e grado del giudizio ed anche in sede di legittimità.

Il caso

Il socio di una società a responsabilità limitata conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Como, ai sensi dell'art. 2476, comma 3, c.c., l'ex amministratore ed il liquidatore nonché la medesima società in liquidazione coatta amministrativa al fine di sentire condannare i primi al risarcimento dei danni subiti dalla società per atti di mala gestio.

All'udienza di precisazione delle conclusioni, l'attore, ravvisato il conflitto di interessi tra il liquidatore (ancora in carica) e la società, proponeva istanza di nomina di un curatore speciale ai sensi dell'art. 78 c.p.c. Il Tribunale di Como, tuttavia, senza pronunziarsi sulla richiesta di regolarizzazione del contraddittorio, con la sentenza conclusiva del giudizio rigettava l'azione di responsabilità. In accoglimento dell'eccezione preliminare di rito sollevata nel successivo gravame dall'originario attore, la Corte d'appello di Milano dichiarava nulla la sentenza per irregolare instaurazione del contraddittorio nei confronti della società (con conseguente rimessione della causa dinanzi al primo giudice ai sensi dell'art. 354 c.p.c.) rappresentando, da un lato, l'esistenza di un conflitto di interessi nella costituzione congiunta della società e del suo liquidatore, attuale legale rappresentante, in ordine all'azione di responsabilità, in quanto questi, portatore di un evidente interesse personale ad evitare la condanna, aveva formulato conclusioni di rigetto anche in nome e per conto della società, rimasta dunque priva di autonoma difesa e, dall'altro, la rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado della relativa eccezione che attiene all'integrità del contraddittorio.

Avverso detta sentenza, l'ex amministratore proponeva ricorso per cassazione denunziando la violazione da parte della corte territoriale, da un lato, dell'art. 102 c.p.c. (in relazione all'art. 2476 c.c.) per avere ritenuto esistente una ipotesi di litisconsorzio necessario e, dall'altra, dell'art. 78 c.p.c. per avere ritenuto l'esistenza di un conflitto di interessi tra liquidatore in carica e società e, dunque, la necessità della nomina di un curatore speciale.

La Corte di cassazione conferma la pronunzia di secondo grado evidenziando la correttezza delle decisioni cui la corte di appello di Milano con riferimento ad entrambi i profili denunziati.

Le questioni

La decisione in rassegna affronta due questioni di particolare rilievo in tema di azione sociale di responsabilità nell'ambito delle società a responsabilità limitata.

In primo luogo, viene affermato che nelle ipotesi in cui il socio eserciti l'azione di responsabilità ai sensi dell'art. 2476 c.c., deve essere integrato il contraddittorio nei confronti della società, quale litisconsorte necessario. Sul punto, la Corte ha cura di precisare che una simile conclusione è resa necessaria non già da una interpretazione analogica dell'art. 2393-bis c.c. (applicazione analogica cui osterebbero tanto la diversità tra i tipi sociali quanto l'assenza di una lacuna all'interno della disciplina della società a responsabilità limitata), ma dalla sostituzione processuale (art. 81 c.p.c.) insita nell'esercizio, da parte del socio, di un'azione di responsabilità la cui legittimazione spetta innanzitutto alla stessa società danneggiata.

Sotto altro profilo, la Corte - evidenziato il conflitto di interessi in cui verte l'amministratore convenuto in quanto portatore di un duplice interesse, quello della società a vedere accertata la responsabilità del proprio amministratore per le condotte di mala gestio da questo poste in essere e ad ottenere il conseguente risarcimento del danno subito e quello personale dell'amministratore, antagonista al primo, ad evitare la condanna in favore della società che egli rappresenta - stabilisce che, nel caso in cui il rapporto gestorio intercorrente tra la società e l'amministratore convenuto sia ancora in essere, deve essere necessariamente nominato alla società un curatore speciale, ai sensi dell'art. 78, comma 2, c.p.c.

La decisione in commento, le cui conclusioni vanno pienamente condivise, consente, quindi, di porre l'attenzione su taluni aspetti dell'azione sociale di responsabilità esercitata dal socio ai sensi dell'art. 2476, comma 3, c.c.

Osservazioni

L'azione sociale di responsabilità e la legittimazione della società

La riforma del diritto societario ha inteso attribuire a ciascun socio di una società a responsabilità limitata la legittimazione ad esperire l'azione sociale di responsabilità (art. 2476, comma 3, c.c.). Omettendo la norma ogni richiamo espresso alla posizione della società, all'indomani della riforma, si era dubitato della legittimazione della società ad esperire tale azione.

Secondo talune decisioni, che valorizzavano il dato testuale, intervenute a ridosso dell'introduzione della nuova normativa, il legislatore avrebbe inteso creare un sistema di legittimazione diffusa attribuendo a ciascun socio la legittimazione ad esperire l'azione sociale escludendo così, in radice, la legittimazione della società (Trib. Milano, 12 aprile 2006, in Giur. it., 2006, 2096 con nota critica di O. Cagnasso, Azione di responsabilità e S.r.l.: a legittimazione (anch'essa) limitata?; Trib. Milano, 2 novembre 2006; in dottrina, per la tesi che nega la legittimazione attiva della società, F. Ciampi, Novità della novella per le azioni di responsabilità nelle S.r.l., in Soc., 2006, 286). In questa prospettiva, si evidenziava un certo parallelismo con le società di persone: il conferimento a ciascun socio della legittimazione avrebbe valenza di attribuzione ex lege ad ognuno dei componenti della compagine collettiva del potere di diretta gestione e di diretta rappresentanza, sostanziale e processuale, dell'impresa sociale: all'unico scopo della reintegrazione del patrimonio della società menomato dall'atto di mala gestio dell'amministratore in carica, la soluzione prescelta dall'art. 2476, comma 3, c.c. riprodurrebbe sul terreno della s.r.l. le opzioni positive di cui agli artt. 2257, comma 1, e 2266, comma 2, c.c. ovvero la regola per cui ciascun socio è amministratore e rappresentante della società (Trib. Napoli, 20 ottobre 2005, in Soc., 2006, 625).

La dottrina assolutamente maggioritaria, tuttavia, è sempre stata favorevole ad individuare una legittimazione concorrente e disgiuntiva della società e dei suoi soci in ordine alla medesima azione (G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, in Trattato delle società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba e G. Marasà, vol. V, L'amministrazione. La responsabilità gestoria, Padova, 2009, 296; N. Abriani, Art. 2476, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di D. Santosuosso, Milano, 2015, 619; O. Cagnasso, Azione di responsabilità e S.r.l.: a legittimazione (anch'essa) limitata?, cit.; G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile commentato, fondato da P. Schlesinger e continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2010, 1064) sulla base della duplice argomentazione che la società è titolare del diritto al risarcimento del danno cagionato dall'amministratore al proprio patrimonio e che alla società, ai sensi dell'art. 2476, comma 5, c.c., è attribuito il potere di transigere o rinunziare all'azione con la conseguenza che può da ciò ricavarsi, in via sistematica, anche il diritto di agire (G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, cit., 291). In questo ordine di concetti, si evidenzia, inoltre, che la società, ai sensi del quarto comma dell'art. 2476 c.c., è tenuta al rimborso delle spese soltanto in caso di accoglimento della domanda (M.G. Paolucci, Art. 2476, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, 2014, 500).

D'altra parte, anche il prospettato parallelismo con le società personali appare problematico in quanto in queste ultime, mentre non si dubita della legittimazione della società (e, per essa, del socio amministratore) ad esercitare l'azione sociale (Cass., 25 luglio 2007, n. 16416; Cass., 13 dicembre 1995, n. 12772), è ancora discusso se al singolo socio spetti la legittimazione ad esperire l'azione sociale di responsabilità (in senso favorevole alla legittimazione del socio, Trib. Milano, 11 settembre 2003, in Giur. comm., 2004, II, 434; Trib. Napoli, 3 marzo 2008, in Soc., 2009, 889; Trib. Alba, 10 febbraio 1995, n Soc., 1995, 828; in senso contrario, Trib. Milano, 2 febbraio 2006, in Soc., 2006, 1002 e, nella giurisprudenza di legittimità, in modo esplicito, Cass., 9 giugno 1981, n. 3719 e, in maniera implicita, Cass., 25 luglio 2007, n. 16416, cit., secondo la quale la facoltà della società di persone di agire contro gli amministratori, per rivalersi del danno subito a causa del loro inadempimento ai doveri fissati dalla legge o dall'atto costitutivo, non esclude il diritto di ciascun socio di pretendere il ristoro del pregiudizio direttamente ricevuto in dipendenza del comportamento doloso o colposo degli amministratori medesimi, in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c. e in base alle disposizioni generali dell'art. 2043 c.c.). In particolare, merita di essere evidenziato come, nella disciplina delle società di persone, manchi una norma che legittimi, in via straordinaria e sostitutiva, il socio ad esercitare una azione di cui è certamente titolare la società.

Tornando ora al tema delle società a responsabilità limitata, anche la giurisprudenza di merito, superate le prime perplessità, si è univocamente orientata a riconoscere la legittimazione dell'ente sulla base della considerazione che la società è titolare del diritto al risarcimento del danno da essa stessa subito: una diversa opzione interpretativa, quindi, si mostrerebbe costituzionalmente illegittima in quanto priverebbe il soggetto, titolare del diritto, di agire in giudizio per farlo valere (sul punto, già, Trib. Napoli, 28 aprile 2004, in Soc., 2004, 1396; Trib. Roma, 22 maggio 2007, in Foro it., 2008, I, 307; Trib. Roma, 19 ottobre 2015, in questo portale).

D'altronde, anche il richiamo al dato testuale della norma appare argomento assai debole, atteso che lo stesso primo comma dell'art. 2476 c.c. fissa la regola generale della responsabilità degli amministratori «verso la società».

Pertanto, del tutto correttamente, la decisione in commento, cristallizzando l'orientamento da ultimo richiamato, evidenzia che, sebbene l'art. 2476, comma 3, c.c. abbia un indubbio contenuto ellittico, non contemplando espressamente l'azione sociale, né tanto meno il relativo procedimento autorizzativo, tale omissione (che, del resto, fa il paio con quella dell'azione dei creditori, parimenti omessa testualmente, sul punto, cfr., da ultimo, Cass., 26 agosto 2016, n. 17359) non può considerarsi significativa di un'ontologica diversità di strutture delle due azioni parallele, a pena di un vulnus alla coerenza sistematica.

Se pacifica appare, oggi, la legittimazione attiva della società, non altrettanto lo è la modalità con la quale l'azione sociale viene esercitata e, in particolare, se sia necessaria una preventiva una deliberazione o decisione dei soci al pari di quanto avviene, nelle società per azioni, sulla base del disposto di cui all'art. 2393, comma 1, c.c.

Secondo una parte della dottrina, nel caso di azione proposta dalla società, sarebbe necessario un preventivo pronunciamento autorizzativo dei soci (sotto forma di deliberazione assembleare ovvero di decisione dei soci assunta mediante consultazione scritta ovvero sulla base del consenso espresso per iscritto), dal che deriverebbe la improcedibilità dell'azione proposta per conto della società dall'amministratore in difetto di tale deliberazione o decisione (così, G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, cit., 297; M.G. Paolucci, Art. 2476, cit., 504; R. Teti, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 3, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino, 2007, 644 il quale osserva come la legge rimette ad una decisione dei soci la competenza a rinunziare o a transigere l'azione; S. Ambrosini, Art. 2476, in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d'Alcontres, III, Napoli, 2004, 1597 ss.; in giurisprudenza, Trib. Milano, 13 gennaio 2005, in Giur. it., 2005, 523; Trib. Milano, 30 giugno 2008, in Giust. Milano, 2008, 53).

In realtà appare preferibile la diversa tesi secondo la quale l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità rientra nella generale competenza degli amministratori che si estende a tutti gli atti che non siano da norme legali o statutarie riservate ad i soci (in questo senso, G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, cit., 1067; S. Serafini, Responsabilità degli amministratori e interessi protetti, Milano, 2013, 109, nt. 71). Depongono per una simile conclusione, oltre la evidenziata competenza generale degli amministratori, anche la duplice circostanza che, nella disciplina della società a responsabilità limitata non è riprodotta una norma di contenuto analogo a quella prevista dall'art. 2393, comma 1, c.c. e che l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità non rientra tra le materie riservate «in ogni caso», ai sensi dell'art. 2479, comma 2, c.c., alla competenza dei soci.

L'azione sociale di responsabilità esercitata dal socio e la sua natura

Oltre che alla società quale titolare del diritto al risarcimento del danno, la legittimazione ad agire per far valere la responsabilità dei componenti dell'organo gestorio spetta, in via concorrente (G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, cit., 1069), a ciascun socio indipendentemente dalla consistenza della relativa partecipazione al capitale sociale, circostanza quest'ultima che rimarca la differenza con la disciplina delle società azionarie laddove il precetto contenuto nell'art. 2393-bis c.c. espressamente restringe la legittimazione ai soli soci che rappresentino un quinto del capitale sociale (o la diversa aliquota prevista nello statuto).

In altre parole, l'art. 2476, comma 3, c.c. attribuisce la legittimazione all'esercizio dell'azione sociale di responsabilità ad un soggetto, quale il socio, diverso dal titolare del diritto medesimo, che in nome proprio fa valere il diritto della persona giuridica alla reintegrazione per equivalente pecuniario del pregiudizio al proprio patrimonio derivato dalla violazione dei doveri di corretta e prudente gestione per legge e per statuto incombenti sull'amministratore (L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, in L. Nazzicone (a cura di), Codice delle misure cautelari societarie, Torino, 2012, 296). La norma si giustifica concettualmente sulla base della considerazione che il socio che assume l'iniziativa è titolare di un interesse giuridicamente apprezzabile costituito dalla volontà di preservare il valore della partecipazione sociale di cui è titolare, valore che è influenzato, da un lato, dal danno cagionato al patrimonio sociale dalle condotte dell'amministratore infedele e, dall'altro, dall'esito favorevole dell'azione che egli intenta (M. Fabiani, L'azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, Milano, 2015, 182).

È stata assai discussa la natura giuridica dell'azione esercitata dal socio ed anche su tale aspetto è intervenuta la decisione in esame.

Non sono mancate posizioni che hanno evidenziato una certa affinità della legittimazione del socio ad esercitare l'azione sociale con l'azione surrogatoria: e di tale affinità dà conto anche la decisione in commento laddove non manca di sottolineare che la legittimazione straordinaria del socio «pur se non necessariamente di natura surrogatoria» supplice, «nella normalità dei casi, all'inerzia dell'assemblea» (discorre di «una qualche affinità o contiguità funzionale», in dottrina, G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, cit., 337). Tuttavia, l'accostamento tra le due azioni appare più il portato di una suggestione che non il frutto di un esame della diversità strutturale dei due fenomeni e della relativa disciplina positiva. Infatti, depongono in senso contrario alla considerazione della natura surrogatoria dell'azione, sia l'impossibilità di qualificare il socio in quanto tale come creditore della società sia la circostanza che l'attivazione del socio non è condizionata all'inerzia della società sia, infine, la non necessità per il socio di provare un effetto pregiudizievole derivante dall'inerzia della società (per le critiche alla natura surrogatoria dell'azione, G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, cit., 1064; L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, cit., 297; G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, cit., 337; M. Fabiani, L'azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, cit., 183; in giurisprudenza, Trib. Roma, 22 maggio 2007, in Foro it., 2008, 1, I, 307; Trib. Napoli, 12 novembre 2013, in Red. Giuffré; Trib. Milano, 18 luglio 2013, in Soc., 2013, 1130; Trib. Napoli, 20 ottobre 2005, in Foro it., 2006, I, 1222).

A ben vedere, l'azione esercitata dal socio ai sensi del terzo comma dell'art. 2476 c.c. non presenta caratteri ontologici difformi, ma costituisce la medesima azione di cui è titolare la società e precisamente l'azione volta a far valere la responsabilità degli amministratori nei confronti dell'ente: la legge si limita, in questa prospettiva, a delineare una legittimazione concorrente e disgiuntiva spettante, per un verso, alla società e, per altro, al singolo socio (così, Trib. Roma, 22 maggio 2007, cit.; N. Abriani, Art. 2476, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di D. Santosuosso, Milano, 2015, 620; S. Ambrosini, Art. 2476, cit., 1595). Ciò porta a ritenere che il socio esercita l'azione sociale sulla base di una sostituzione processuale eccezionalmente ammessa dalla legge (art. 81 c.p.c.).

Un simile inquadramento dell'azione ha importanti ricadute pratiche.

Prescindendo per un momento sulla circostanza che la società, proprio in virtù di questa concezione dell'azione, diviene litisconsorte necessaria (punto questo sul quale si tornerà nel prosieguo di questa trattazione), la sostituzione processuale importa che il socio è (in via straordinaria) legittimato unicamente a far valere il diritto al risarcimento del danno derivanti da atti di mala gestio, alle medesime condizioni sulla cui base avrebbe potuto agire la società (M. Fabiani, L'azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, cit., 187). Pertanto, qualora la società abbia esercitato l'azione sociale, l'autonoma legittimazione del singolo socio può essere riconosciuta soltanto con riguardo a profili di danno non contemplati dalla domanda del soggetto direttamente interessato all'azione, per il resto assumendo egli la posizione di interveniente adesivo dipendente (L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, cit., 297; Trib. Milano, 1 settembre 2010, in Pluris).

Inoltre, gli effetti positivi della sentenza (il risarcimento del danno) saranno imputabili direttamente al titolare del diritto fatto valere (la società in quanto titolare del patrimonio depauperato dal comportamento dell'amministratore) e non già al sostituto processuale (il socio) sebbene sia quest'ultimo ad avere intrapreso il giudizio volto alla tutela del diritto del primo.

Ancora, gli amministratori potranno far valere tutte le eccezioni, di natura processuale o sostanziale, che avrebbero potuto opporre alla società (G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, cit., 1072; M. Fabiani, L'azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, cit., ivi). Ad esempio, al socio attore potrebbe essere eccepita l'esistenza di una clausola compromissoria ovvero l'intervenuta rinunzia all'azione da parte della società (sul punto, M.G. Paolucci, Art. 2476, cit., 501).

L'identità dell'azione, sia essa esercitata dalla società sia essa esercitata dal socio, consente poi di affermare che il giudicato formatosi sull'una impedirà al legittimato in via concorrente di far valere nuovamente i medesimi atti di mala gestio: sul punto, peraltro, è stato correttamente osservato che i limiti oggettivi del giudicato si arrestano ai fatti dedotti (e deducibili) della lite con la conseguenza che l'azione di responsabilità nella quale la causa petendi sia rappresentata da certi atti di mala gestio ai quali si associ una determinata quantificazione del danno, non preclude la proposizione di altra azione con riferimento ad ulteriori condotte da cui sia derivato un ulteriore danno (M. Fabiani, L'azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, cit., 188; S. Serafini, Responsabilità degli amministratori e interessi protetti, cit., 96; L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, cit., 297 che correttamente osserva come il giudicato ha effetto non solo nei confronti della società, ma anche nei confronti delle altre minoranze).

La legittimazione all'esercizio dell'azione sociale di responsabilità consente di affermare che il socio è legittimato a promuovere le iniziative cautelari, ulteriori rispetto alla revoca dell'amministratore, strumentali all'utile esperimento dell'azione medesima: il socio, dunque, potrà chiedere - ante causam ovvero in corso della intrapresa azione di responsabilità - il sequestro conservativo dei beni degli amministratori al fine di evitare che la garanzia patrimoniale del credito risarcitoria venga, medio tempore, dispersa.

Al contrario, in caso di fallimento della società, il socio-attore perde la propria legittimazione a proseguire l'azione sociale di responsabilità a ciò essendo unicamente legittimato il curatore fallimentare.

Si ritiene, infine, che la legittimazione del singolo socio non possa essere esclusa o limitata (attraverso, ad es., la previsione della necessaria titolarità di una determinata aliquota del capitale sociale) dallo statuto, essendo la norma di cui all'art. 2476 inderogabile (così, Trib. Milano, 1 settembre 2010, cit.; in dottrina, G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, cit., 290; N. Abriani, Art. 2476, 619).

Il litisconsorzio della società

Il carattere sostitutivo della legittimazione del socio consente di affermare la necessità della partecipazione al giudizio della società.

Infatti, se il socio non esercita una azione diversa da quella che spetterebbe, sulla base dei principi generali, alla società quale titolare del diritto al risarcimento; se corrisponde, dunque, al vero che il socio assume le vesti di un sostituto processuale; se, infine, l'esito favorevole del giudizio ridonda a favore della società, allora deve giocoforza concludersi che la società sia litisconsorte necessario nel giudizio di responsabilità intrapreso dal socio (G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, cit., 339; N. Abriani, Art. 2476, cit., 619; G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, cit., 1070; M.G. Paolucci, art. 2476, cit., 504; R. Teti, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., cit., 651; R. Bernabai, Profili processuali delle azioni di responsabilità, in Soc., 2005, 227). Sul punto, si osserva che, ogni qual volta il giudizio sia promosso da un soggetto investito di legittimazione straordinaria, è considerato litisconsorte necessario anche il soggetto titolare dal lato attivo del diritto dedotto in giudizio dal sostituto (L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, cit., 297).

In ragione della sua posizione di litisconsorte necessaria, la società deve essere comunque evocata in giudizio (Trib. Roma, 9 novembre 2012; Trib. Napoli, 12 novembre 2013, cit.; Trib. Napoli, 17 settembre 2008, in Soc., 2009, 1289; Trib. Napoli, 7 settembre 2007, in Foro it., 2008, I, 2060; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 4 gennaio 2005, Red. Giuffrè, Trib. Verona, 6 settembre 2011, ancorché tale pronunzia fondi la posizione di litisconsorte della società sul parallelismo con l'art. 2393 bis c.c.; contra, Trib. Nola, 2 novembre 2010 in Giur. mer., 2011, 1834 che esclude la qualifica di litisconsorte necessaria da parte della società).

Si tratta, precisamente, di un litisconsorzio necessario non già sostanziale, ma processuale derivante proprio dall'esercizio del diritto da parte di un soggetto a ciò legittimato in via straordinaria (G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, cit., 339, anche per i richiami alla dottrina processualcivilistica).

D'altra parte, come osservato anche nella decisione in commento, il litisconsorzio necessario della società era stato già riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità nella ipotesi, affine a quella in esame, di domanda, proposta dal socio, di revoca di liquidatore ai sensi dell'art. 2487, comma 4, c.c. (Cass., 28 gennaio 2015, n. 1623).

Il curatore speciale della società

Se, sulla base delle conclusioni ora raggiunte, la società è litisconsorte necessaria nel processo instaurato dal socio nei confronti dell'amministratore, occorre ora individuare il soggetto attraverso il quale la società partecipa al giudizio. Nessun problema si pone allorquando il socio eserciti l'azione nei confronti di un amministratore cessato (oppure, ipotesi piuttosto rara, nei confronti di un amministratore in carica ma diverso dal legale rappresentante della società): in tali casi, la società sarà evocata in persona dell'amministratore munito dei poteri di rappresentanza legale della società.

Diversamente, nel caso in cui al momento dell'esercizio dell'azione sociale di responsabilità, la persona fisica che il socio assume abbia cagionato pregiudizio al patrimonio sociale per violazione dei doveri ad essa incombenti, sia ancora titolare (in base alla specifica regola statutaria) del potere di rappresentanza sostanziale della società (artt. 2475 e 2475-bis c.c.), da esercitarsi anche nel processo relativo a tale azione, è necessario, in funzione della valida instaurazione del rapporto processuale anche nei confronti della società, che prima dell'inizio del processo ovvero nel corso di esso alla persona giuridica venga nominato un curatore speciale ai sensi dell'art. 78, comma 2, c.p.c.: e ciò in ragione dell'evidente ed attuale conflitto di interessi fra rappresentante (l'amministratore che sia anche dotato del potere di rappresentanza della società) e rappresentato (la società).

Sul punto, la dottrina e giurisprudenza sono assolutamente concorde (L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, cit., 297; G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, cit., 342; M.G. Paolucci, art. 2476, cit., 504; in giurisprudenza, Trib. Roma, 22 maggio 2007, in Foro It., 2008, 1, I, 307; Trib. Roma, 9 novembre 2012, cit.; Trib. Piacenza, 23 agosto 2004, in Corr. mer., 2005, 25).

Come poi osservato dalla decisione in commento, l'omessa nomina del curatore, in presenza dei presupposti di legge, costituisce, quindi, un vizio insanabile della costituzione del rapporto processuale, tale da comportare la nullità dell'intero procedimento, per violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., rilevabile in qualsiasi stato e grado del giudizio ed anche in sede di legittimità (Cass., 16 novembre 2000, n. 14866; Cass., 16 settembre 2002, n. 13507; Cass., 30 maggio 2003, n. 8803).

La giurisprudenza di merito, poi, ha cercato di non assecondare manovre elusive della disciplina in commento: è stato così stabilito che l'amministratore persona fisica legato da vincoli di parentela e di interesse all'amministratore dimissionario convenuto in giudizio di responsabilità ex art. 2476 comma 3 c.c., che sia stato eletto al fine di revocare la nomina del curatore speciale che avrebbe dovuto rappresentare la società in tale giudizio, e perciò illegittimamente, è privo dei requisiti di terzietà e di imparzialità necessari per il perseguimento dell'interesse sociale a tutela di tutti i soci e dei terzi (Trib. Roma, 10 ottobre 2008, in Riv. dir. comm. 2009, II, 1).

Le difese del curatore speciale

La decisione della Corte di cassazione non entra nel dettaglio della posizione della società nell'ambito dell'azione di responsabilità esercitata dal socio limitandosi ad osservare che «la società potrebbe, per contro, anche assumere posizioni antagonistiche rispetto a quelle del socio, qualora non ravvisi i presupposti, in concreto, per esercitare tale azione».

Approfondendo tale ordine di concetti, il curatore speciale non ha solo la funzione di ricevere l'atto di citazione con il quale il socio ha introdotto l'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori, potendo egli scegliere di rimanere contumace ovvero di costituirsi in giudizio e, in tale secondo caso, di svolgere argomentazioni, produrre documenti, articolare prove (L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, cit., 301). Inoltre, egli può aderire alla domanda proposta dal socio, insistendo per far ottenere alla società il risarcimento del danno cagionato dall'amministratore ovvero contrastare la domanda medesima evidenziandone l'infondatezza (M. Fabiani, L'azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, cit., 196, il quale osserva che l'effetto paradossale di una simile posizione è che se la società “vince” la lite, diviene titolare del credito risarcitorio di cui nel giudizio aveva disconosciuto l'esistenza).

Correttamente, è stato osservato come, avendo egli soltanto la rappresentanza processuale, il curatore speciale non è legittimato ad estendere la domanda oltre i limiti tracciati dall'attore esercitando così, con riferimento ad ulteriori fatti di mala gestio, l'azione di responsabilità in nome e per conto della società (L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, cit., 301), non essendo conferitogli il potere di operare autonome valutazioni sostanziali e di merito con riguardo a fatti estranei al perimetro della controversia.

Chi nomina il curatore speciale?

L'art. 80 c.p.c. prevede che l'istanza per la nomina del curatore speciale si propone al giudice di pace o al presidente dell'ufficio giudiziario davanti al quale si intende proporre la causa.

Va subito evidenziato che il riferimento al presidente del tribunale deve intendersi riferito al presidente della sezione specializzata in materia di impresa, in quanto l'art. 5 D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168 (come modificato dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1) prevede che, nelle materie devolute alla cognizione del c.d. Tribunale delle imprese, le competenze riservate dalla legge al presidente del tribunale e al presidente della corte d'appello spettano al presidente delle rispettive sezioni specializzate.

Ciò posto, la norma non disciplina espressamente l'ipotesi in cui la parte abbia omesso di chiedere la nomina in una fase antecedente il giudizio e, dunque, sia il giudice a disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti della società in persona del curatore speciale.

A tale aporia ha dato recente risposta la giurisprudenza di legittimità precisando che, allorquando l'esigenza della nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c. si manifesti nel corso del giudizio ed in relazione ad esso, la corrispondente istanza deve essere proposta al giudice (monocratico o collegiale nelle ipotesi di cui all'art. 50-bis c.p.c.) della causa pendente, a tanto non ostando la riconducibilità alla giurisdizione volontaria del provvedimento di cui all'art. 80 c.p.c. (Cass., 13 aprile 2015, n. 7362).

Per completezza merita anche di essere ricordato che è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. contro il decreto di nomina di curatore speciale ex art. 78 c.p.c., perché tale provvedimento non attribuisce o nega un bene della vita, ma assicura la rappresentanza processuale all'incapace che ne sia privo o al rappresentato che sia in conflitto d'interessi con il rappresentante, ha una funzione strumentale al singolo processo, destinata ad esaurirsi nell'ambito del processo medesimo, ed è sempre revocabile o modificabile ad opera del giudice che l'ha pronunciato, anche d'ufficio in primo grado e, successivamente, su gravame di parte, ad opera dei giudici di merito e di legittimità (Cass., 4 novembre 2015, n. 22566: nella specie, era stato nominato un curatore speciale alla società costituita in giudizio in persona del suo amministratore unico, a sua volta convenuto da un socio per danni procurati anche alla medesima società).

Conclusioni

Ancorché la sentenza in commento si limiti a cristallizzare gli approdi cui era giunta - superata qualche incertezza manifestatasi a ridosso dell'entrata in vigore della riforma del diritto societario - la giurisprudenza di merito sulla base delle indicazioni della dottrina assolutamente maggioritaria, essa appare nondimeno particolarmente significativa perché contribuisce a delineare lo statuto delle azioni di responsabilità nelle società a responsabilità limitata, la cui disciplina positiva, per il suo carattere sintetico, necessita di una incessante opera di ricostruzione sul piano sistematico. Pertanto, appaiono utili e condivisibili precisazioni tanto il chiarimento in ordine alla posizione di litisconsorte necessario della società nell'ambito dell'azione sociale di responsabilità promossa dal socio di società a responsabilità limitata quanto quello in ordine alla necessità, nel caso in cui l'azione sia intentata nei confronti di un amministratore ancora in carica, di procedere alla nomina di un curatore speciale.

Per approfondire

N. Abriani, Art. 2476, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di D. Santosuosso, Milano, 2015;

S. Ambrosini, Art. 2476, in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d'Alcontres, III, Napoli, 2004;

R. Bernabai, Profili processuali delle azioni di responsabilità, in Soc., 2005, 227;

F. Ciampi, Novità della novella per le azioni di responsabilità nelle S.r.l., in Soc., 2006, 286;

M. Fabiani, L'azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, Milano, 2015;

L. Nazzicone, La revoca dell'amministratore nelle società a responsabilità limitata, in L. Nazzicone (a cura di), Codice delle misure cautelari societarie, Torino, 2012;

M.G. Paolucci, art. 2476, in Della società a responsabilità limitata, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, 2014;

G. Scognamiglio, L'azione sociale di responsabilità, in Trattato delle società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba e G. Marasà, vol. V, L'amministrazione. La responsabilità gestoria, Padova, 2009;

S. Serafini, Responsabilità degli amministratori e interessi protetti, Milano, 2013;

R. Teti, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 3, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino, 2007;

G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile commentato, fondato da P. Schlesinger e continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2010.

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