La responsabilità del cessionario di un ramo di azienda

Luca Jeantet
Martina Romani
03 Maggio 2016

In caso di cessione di ramo d'azienda, il bilanciamento previsto dall'art. 2560, comma 2, c.c., tra la tutela dell'affidamento dei creditori e dell'interesse economico collettivo alla facilità di circolazione aziendale, si realizza ritenendo che l'acquirente di un ramo di azienda risponde dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori, a condizione che siano inerenti alla gestione del ramo d'azienda ceduto.
Massima

In caso di cessione di ramo d'azienda, il bilanciamento previsto dall'art. 2560, comma 2, c.c., tra la tutela dell'affidamento dei creditori e dell'interesse economico collettivo alla facilità di circolazione aziendale, si realizza ritenendo che l'acquirente di un ramo di azienda risponde dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori, a condizione che siano inerenti alla gestione del ramo d'azienda ceduto.

Il caso

A seguito della cessione di un ramo di azienda, un creditore agisce nei confronti del cessionario e del cedente per far valere il proprio diritto di credito anteriore.

In primo grado, il Tribunale di Udine, ritenendo applicabile l'art. 2560, comma 2, c.c. anche al trasferimento di un ramo di azienda, accoglie parzialmente la domanda, statuendo che l'accollo dei debiti deve avvenire proporzionalmente in base al valore della parte di azienda ceduta rispetto all'impresa complessiva.

La Corte d'Appello di Trieste, ritenendo che nel caso di specie, stante la unica contabilità e l'unico avviamento, sia configurabile il trasferimento dell'intera azienda e non di un mero ramo, condanna il cessionario al pagamento dell'intero debito della cedente.

La Suprema Corte, accoglie il ricorso del cessionario e cassa la decisione di secondo grado affermando ricorrente un vizio di ultrapetizione dal momento che nel caso di specie è configurabile il trasferimento di un'azienda e non di un semplice ramo, mai contestato e posto in discussione dal cedente.

Il giudice del rinvio, applicando l'art. 2560, comma 2, c.c. anche al caso di cessione di ramo di azienda e statuisce che il cessionario è responsabile di tutti i debiti aziendali.

La Corte di Cassazione, nuovamente investita della questione, boccia questo ragionamento ed afferma il diverso principio per cui, nella cessione di ramo di azienda, il bilanciamento di interessi previsto dal legislatore con l'art. 2560 c.c., comma 2, si realizza solo ritenendo che l'acquirente di un ramo risponde dei soli debiti che, in base alle scritture contabili, si riferiscono alla parte di azienda a lui trasferita, mentre non risponde di nessun altro debito nemmeno pro quota rispetto alla gestione complessiva dell'impresa dell'alienante.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

La Corte di Cassazione affronta e risolve la delicata questione della responsabilità del cessionario di un ramo d'azienda ai sensi dell'art. 2560, comma 2, c.c., escludendo che sia configurabile un accollo legale totale o anche solo parziale rispetto a tutti i debiti dell'impresa ceduta, con restrizione dell'obbligazione di pagamento ai soli debiti che risultano dalla contabilità dell'impresa e che sono strettamente inerenti al complesso dei beni oggetto di trasferimento, anche in caso di contabilità unitaria.

Osservazioni

Nello scrutinare il tema della responsabilità del cessionario di un ramo di azienda, la Suprema Corte procede anzitutto all'identificazione di che cosa di debba intendersi per azienda e quando possa affermarsi di essere in presenza di un suo ramo, verificando poi il contenuto precettivo dell'art. 2560 c.c. e le condizioni alle quali possa trovare applicazione in caso di circolazione di porzione di una maggiore impresa.

Al fine di valutare l'applicabilità dell'art. 2560 c.c. anche al trasferimento di un ramo di azienda, la Corte di Cassazione si sofferma anzitutto sulla natura giuridica di azienda e di un suo ramo.

In particolare, facendo proprio l'orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza 5 marzo 2014, n. 5087), nella sentenza in commento si afferma che ciò che caratterizza l'azienda, quale complesso dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa ex art. 2555 c.c., è la considerazione della stessa quale unitario oggetto di diritti ovvero quale bene distinto dai singoli componenti.

La norma che esprime maggiormente la volontà del legislatore di tutelare l'unitarietà dell'azienda è contenuta nell'art. 2558 c.c. il quale prevede, in caso di cessione di azienda, il trasferimento, senza bisogno del consenso delle altre parti, di tutti i rapporti stipulati per l'esercizio dell'impresa, purché il contratto non abbia avuto esecuzione da entrambe le parti, in quanto in ipotesi di un contratto già eseguito, ove residui un credito o un debito, il trasferimento è disciplinato dagli artt. 2559 e 2560 c.c.

Si tratta di una norma posta a tutela sia dell'acquirente, che ha interesse a poter immediatamente proseguire l'attività di impresa, sia dell'alienante che non avrebbe interesse a conservare i contratti una volta ceduta l'azienda.

Tuttavia, ai fini della qualificazione come cessione di azienda del trasferimento solo di alcuni dei beni in essa rientranti, non è sufficiente la volontà delle parti, dovendosi verificare se, in base agli elementi probatori disponibili, i beni complessivamente ceduti abbiano o meno mantenuto un carattere autonomo ed idoneo a consentire l'esercizio dell'impresa.

Chiarita la natura giuridica di azienda ed escludendo che la responsabilità solidale del cessionario ex art. 2560 c.c. (e più in generale la disciplina prevista per il trasferimento di azienda nel complesso ex art. 2555 c.c. e ss.) è applicabile a qualsiasi trasferimento di una “parte di azienda”, i giudici di legittimità chiariscono che cosa debba intendersi per “ramo di azienda” partendo dalla definizione fornita dall'art. 2112, comma 5, c.c. (a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 276/2003 in conformità alle Direttive CE nn. 98/50 e 2001/23) quale “articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.

In conformità al prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale, la Suprema Corte afferma che è configurabile un trasferimento di ramo di azienda solo ogni qualvolta la cessione riguardi una entità economica organizzata in modo stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi identità ed organizzazione che ne dimostrino l'attitudine, sia pure con la successiva integrazione del cessionario, all'esercizio di un'impresa ed al perseguimento di uno specifico obiettivo.

Affinché sia configurabile un trasferimento di ramo di azienda e non una mera cessione di contratti, è dunque che il ramo d'azienda oggetto del trasferimento costituisca un'entità economica con propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati per un'attività economica, essenziale o accessoria.

Chiarito quando sia configurabile un ramo di azienda, la Suprema Corte, al fine di decidere se la disciplina di cui all'art. 2560 c.c., sia applicabile anche nel caso di cessione di un ramo di essa, approfondisce la disciplina dei debiti nel caso del trasferimento dell'intera azienda e della responsabilità del cessionario per i debiti relativi all'azienda ceduta.

Come noto, l'art. 2560 c.c., norma imperativa ed inderogabile, reca la disciplina generale in materia di responsabilità patrimoniale per le passività aziendali nell'ambito della circolazione dell'azienda e, in quanto disciplina generale, trova applicazione nei confronti della generalità dei debiti aziendali, a prescindere, dunque, dalla loro natura ed origine, salvo espresse deroghe di legge per specifiche tipologie di debiti.

In particolare, il primo comma dell'art. 2560 c.c., prevedendo che l'alienante dell'azienda non è liberato dei debiti anteriori al trasferimento se non risulta che i creditori vi abbiano consentito, disciplina un vero e proprio accollo cumulativo ex lege ai sensi dell'art. 1273 c.c., che dà luogo ad una solidarietà passiva del cedente con il cessionario per i debiti pregressi dell'azienda.

Il secondo comma dell'art. 2560 c.c., poi, prevedendo che l'acquirente risponde dei debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta soltanto se essi risultino dai libri contabili, effettua un bilanciamento tra l'interesse dei creditori a mantenere intatta la garanzia del loro credito, che potranno soddisfare le proprie pretese creditorie non soltanto nei confronti del cedente ma anche del cessionario, e l'interesse economico alla facile circolazione dell'azienda, garantito dalla previsione per l'acquirente di conoscere esattamente i debiti di cui dovrà rispondere, vale a dire solo quelli risultanti dalle scritture contabili obbligatorie.

Pertanto, il cessionario risponde non solo delle passività aziendali che, in base al contratto, gli sono state trasferite unitamente all'azienda, ma anche delle passività aziendali che, sempre in base al contratto, le parti hanno convenuto di mantenere in capo al cedente, purché indicati nelle scritture contabili obbligatorie. Infatti, a prescindere da quanto stabilito nell'atto di cessione, la responsabilità patrimoniale per i debiti relativi all'azienda trasferita sussiste sia in capo al cedente che in capo al cessionario, fatta eccezione per i debiti relativi all'azienda trasferita che non risultano dai libri contabili obbligatori o rispetto ai quali il terzo creditore abbia liberato il cedente.

Si tratta, quindi, di una ipotesi di solidarietà passiva legale per debiti pregressi, posta ad esclusiva tutela dei creditori aziendali e non anche dell'alienante, allo scopo di evitare che il trasferimento del complesso aziendale riduca il patrimonio del debitore ed incida in modo significativamente negativo sulle possibilità di soddisfazione del credito, con la conseguenza che eventuali patti in deroga esauriscono la propria efficacia nei soli rapporti interni tra le parti del contratto. Pertanto, il debitore effettivo rimane colui al quale è imputabile il fatto costitutivo del debito che rimane responsabile per i debiti aziendali verso il terzo creditore, a meno che, come stabilito dall'art. 2560, comma 1, c.c., costui non vi abbia espressamente acconsentito. Successivamente, poi, l'acquirente che abbia pagato un debito pregresso dell'azienda, quale coobbligato in solido, può rivalersi in via di regresso nei confronti del cedente, mentre il cedente che abbia pagato il debito non potrà rivalersi nei confronti dell'eventuale coobbligato in solido.

Passando all'esame dell'oggetto della responsabilità solidale del cessionario ed ai suoi limiti, va precisato che non si riferisce a tutti i debiti generalmente collegati all'attività dell'azienda, ma esclusivamente a quelli in sé soli considerati e, dunque, non anche a quelli che dipendono da posizioni contrattuali non ancora definite in cui il cessionario sia subentrato a norma dell'art. 2558 c.c. In questo caso, la responsabilità si inserirà nell'ambito della più generale sorte del contratto, anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell'azienda.

Inoltre, la responsabilità del cessionario e la corrispondente tutela del creditore aziendale soggiacciono all'ulteriore limite per cui l'accollo legale del cessionario opera solo rispetto ai debiti che risultano dai libri contabili obbligatori tenuti dal cedente, con ciò assicurando allo stesso cessionario un adeguato mezzo conoscitivo certo del passivo aziendale che, per effetto della compravendita, viene a gravare su di esso, quanto meno in termini di responsabilità patrimoniale verso i terzi. La prevalente giurisprudenza interpreta questa previsione in modo molto rigido, in quanto considera l'iscrizione nei libri contabili obbligatori quale elemento costitutivo della responsabilità solidale del cessionario, senza che possa essere sostituito da altre forme di conoscenza dei debiti eventualmente a disposizione del cessionario, poiché l'art. 2560 c.c. è norma di carattere eccezionale e perciò non suscettibile di interpretazione analogica.

La conseguenza è che il cessionario dell'azienda non può essere ritenuto responsabile per quei debiti che non siano stati registrati nelle scritture contabili obbligatorie ovvero per i debiti registrati su libri contabili non obbligatori che lo stesso soggetto abbia eventualmente tenuto.

Inoltre, l'inesistenza dei libri contabili, per qualsiasi ragione, compresa la sua non obbligatorietà, rende impossibile la configurabilità dell'elemento costitutivo della responsabilità del cessionario per i debiti relativi all'azienda e conseguentemente ad ogni sua responsabilità.

Per quanto riguarda, poi, la natura dei libri contabili obbligatori, non vi è dubbio che il legislatore si sia riferito ai libri contabili individuati dall'art. 2214 c.c. che l'imprenditore esercitante un'attività commerciale deve tenere obbligatoriamente ovvero il libro giornale, il libro degli inventari e le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa, mentre non sono a questi equiparabili altra documentazione quale i registri IVA ed i libri tenuti in applicazione di normative di natura tributaria, rispetto ai quali la Suprema Corte ha espressamente sancito che, pur se tenuti obbligatoriamente ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. n. 633/1972, non possono costituire elemento di prova per l'esistenza del debito, atteso che non svolgono alcuna funzione probatoria dei rapporti di debito e credito relativi all'impresa, ma hanno la sola funzione di documentare il debito fiscale ai fini IVA essendo diretti, da un lato, a consentire l'esatto adempimento dell'obbligo tributario IVA e, dall'altro, a permettere l'accertamento da parte degli organi di controllo.

L'interpretazione restrittiva dell'art. 2560 c.c. evidenzia come si preferisca lasciare in capo a colui che cede l'azienda la responsabilità dei debiti contratti, limitando al massimo l'ipotesi di estensione di tale responsabilità al cessionario, ponendo giuste garanzie per il soggetto giuridico che intende acquistare l'impresa, ma limitando fortemente, forse troppo, il diritto del creditore, il quale, oltre al rischio di una ingiusta perdita economica, si vede anche preclusa la possibilità di utilizzare idonei mezzi di prova per far valere i propri diritti.

Un ulteriore limite posto dall'art. 2560 c.c. alla responsabilità solidale dell'acquirente consiste nel fatto che l'acquirente risponde solo dei debiti che siano inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta. L'inerenza all'azienda ceduta acquista rilevanza in caso di cessione di un ramo di azienda, soprattutto quando l'indebitamento contratto dall'azienda non si riferisce ad uno specifico ramo, ma all'azienda nel suo complesso, caso nel quale è difficile individuare i debiti inerenti al ramo ceduto in relazione ai quali il cessionario possa essere considerato responsabile solidale.

Premesso quanto sopra, la Suprema Corte afferma che la previsione di cui all'art. 2560, comma 2, c.c., è applicabile anche al trasferimento di un ramo di azienda, come in precedenza identificato, e non a qualsiasi trasferimento di una parte di essa.

In tale contesto, infatti, il ramo di azienda, proprio perché complesso produttivo con un'autonoma capacità di iniziare o proseguire l'attività di impresa, costituisce un elemento patrimoniale di cui i creditori dell'impresa (comprensivo del ramo ceduto) hanno tenuto conto per la garanzia dei loro crediti e di cui gli stessi creditori devono profittare.

Per questo motivo, il principio della responsabilità solidale del cessionario per i debiti inerenti al ramo di azienda ceduto non può che applicarsi anche al trasferimento di ramo di azienda. Infatti, soltanto ritenendo che l'acquirente del ramo risponde dei debiti risultanti dalle scritture contabili e riferibili alla parte di azienda a lui trasferita, trova pieno compimento nel bilanciamento di interessi previsto dal legislatore con l'art. 2560, comma 2, c.c.

Una volta affermato questo principio, la Suprema Corte si sofferma ad identificare la portata della responsabilità solidale del cessionario del ramo di azienda, alla luce delle contrastanti pronunce del Tribunale di Udine e della Corte di Appello di Trieste, disattendendo i principi di diritto statuiti dai due giudici di merito.

Si tratta di una valutazione che risulta ovviamente più facile nel caso in cui il ramo di azienda trasferito sia oggetto di una contabilità separata, in quanto la responsabilità del cessionario riguarderà solo i debiti relativi al ramo ceduto risultanti dalle scritture contabili obbligatorie ex art. 2560, comma 2, c.c..

Più complesso, invece, risulta identificare i debiti trasferiti al cessionario quando il cedente abbia tenuto una contabilità unitaria e non distinta per rami, come nella maggioranza dei casi e nel caso in esame.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di Appello di Trieste, l'unitarietà della contabilità non è sufficiente per affermare che l'acquirente risponde in solido con l'alienante di tutti i debiti aziendali, dunque anche di quelli relativi alla parte dell'azienda rimasta di proprietà del cedente. Non essendo la contabilità separata un requisito legale della responsabilità solidale del cessionario di un ramo di azienda, non può certo farsi dipendere la sua estensione a seconda che il cedente abbia tenuto una contabilità unitaria oppure separata. Né tanto meno può affermarsi, come invece sostenuto dal Tribunale di Udine, che il cessionario di un ramo di azienda non oggetto di contabilità separata debba rispondere dei debiti solo pro quota in base al valore della parte dell'azienda acquistata rispetto all'intero indebitamento risultante dalle scritture contabili relativo alla gestione complessiva dell'impresa dell'alienante.

Il disposto dell'art. 2560 c.c. non può, quindi, costituire oggetto di interpretazioni additive od estensive, con la conseguenza, giustamente tratta dalla Suprema Corte, per cui in caso di cessione di un ramo di azienda, anche se con contabilità unitaria, il cessionario non risponde dell'intero indebitamento aziendale, dovendosi procedere, attraverso l'analisi delle scritture contabili obbligatorie, all'individuazione di tutti i debiti per poi selezionare quelli che siano oggettivamente ed effettivamente “inerenti” al ramo di azienda ceduto, e così circoscrivere a questi ultimi la responsabilità solidale del cessionario.

Conclusioni

Anche di caso di trasferimento di un solo ramo d'azienda, il cessionario risponde solidalmente con il cedente dei debiti pregressi ai sensi dell'art. 2560, comma 2 c.c., bilanciando in tal modo, da una parte l'interesse dei creditori a mantenere intatta la garanzia patrimoniale del loro credito e dall'altra parte l'interesse economico alla facile circolazione dell'azienda, senza che sia tuttavia configurabile in capo al cessionario, anche in caso di contabilità unitaria, un accollo legale totale o anche solo parziale rispetto a tutti i debiti dell'impresa ceduta, giacché l'obbligazione di pagamento va limitata ai soli debiti che risultano dalla contabilità dell'impresa e che sono strettamente inerenti al complesso dei beni oggetto di trasferimento.

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