La competenza degli uffici sociali in ordine alla domanda di concordato preventivo nella società a responsabilità limitata
Antonio Maria Leozappa
07 Luglio 2015
L'art. 152 L.Fall. attribuisce all'ufficio amministrativo delle società di capitali la competenza a deliberare la proposta di concordato preventivo salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo. Avendo riguardo alla società a responsabilità limitata, l'Autore indaga il rapporto tra tale disposizione e quella dell'art. 2479, comma 1, c.c. che prevede un meccanismo devolutivo in favore dei soci. Anche alla luce del dibattito sulla configurabilità del diritto societario della crisi di impresa, viene prospettata una ricostruzione della disciplina che esclude la operatività del meccanismo devolutivo e riconosce la concorrente competenza dei soci in ordine alla domanda di concordato che, per l'attuazione del piano, richiede decisioni tipizzate ex art. 2479 c.c.
Il rapporto tra l'art. 152 L.Fall. e l'art. 2479, comma 1, c.c..
Nelle società di capitali, rientra nelle prerogative degli “amministratori” la deliberazione in ordine alla proposta di concordato preventivo. Lo stabilisce l'art. 161, comma 4, L.Fall. che rinvia alla disposizione dell'art. 152 L.Fall. dettata per il concordato fallimentare. Quest'ultima riconosce la competenza dell'ufficio amministrativo “salva diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto”.
Avendo riguardo alla società a responsabilità limitata, si viene così a porre la questione del rapporto tra l'art. 152 L.Fall. e la previsione dell'art. 2479, comma 1, c.c. là dove consente ai soci di deliberare sugli “argomenti” che un amministratore o i soci, che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale, sottopongono alla loro “approvazione”. In questo caso, infatti, la competenza dei soci non trova fonte in una previsione dell'atto costitutivo, così come richiesto dall'art., 152 L.Fall., ma in un atto discrezionale, potendo nella società a responsabilità limitata i soci deliberare, sussistendone i presupposti, anche nelle materie riservate dalla legge ovvero dall'atto costitutivo agli amministratori.
Vale, immediatamente, segnalare che in dottrina è stata sostenuta l'esigenza o, quantomeno, l'opportunità di avvalersi del meccanismo devolutivo dell'art. 2479 c.c. allo scopo di consentire ai soci di riappropriarsi del potere di decidere le sorti della società e, dunque, del loro investimento. Preme sottolineare come, qui, la sottoponibilità della proposta concordataria alla decisione dei soci venga sostenuta al di fuori dei casi normativamente tipizzati dell'art. 2479, comma 2, n. 5, c.c., che rimette alla competenza legale dell'assemblea la “decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modifica dei diritti dei soci”. L'esigenza di sottoporre l'iniziativa concordataria ai soci viene, infatti, giustificata alla luce dei principi di correttezza e buona fede nonché della cooperazione interorganica, che esigerebbero quanto meno la consultazione dei soci in ordine alle soluzioni concordatarie di maggiore impatto.
Una tale impostazione sembra muovere dall'assunto della concorrente applicabilità della norma fallimentare e di quella societaria, con la conseguenza che l'iniziativa concordataria risulterebbe così disciplinata: la competenza, ex art. 152 L. Fall., è propria dell'ufficio amministrativo, salvo che sia diversamente stabilito dall'atto costitutivo (art. 152 L.Fall. e art. 2479 c.c.), potendo in ogni caso essere devoluta ai soci (art. 2479 c.c.).
In questa prospettiva, quella concordataria si atteggerebbe a disposizione di carattere generale destinata, avendo riguardo alla società a responsabilità limitata, ad essere integrata dalla normativa che segna il riparto di competenze tra gli uffici sociali.
A diverse conclusioni si perviene ove, per converso, si dovesse ritenere che quella dell'art. 152 L.Fall. configuri una disposizione a carattere speciale, come tale capace di imporsi sulla disciplina societaria. Così ritenendo, la competenza in ordine al ricorso concordatario andrebbe considerata come una prerogativa esclusiva dell'ufficio amministrativo, che può essere derogata solo con previsione dell'atto costitutivo. Il che porterebbe ad escludere che l'iniziativa concordataria possa essere condizionata all'approvazione dei soci al di fuori dei casi tipizzati ex art. 2479, comma 2, n. 5, c.c. In favore della compagine sociale, sussisterebbe in capo agli amministratori solo un onere informativo (o, al massimo, di mera consultazione) ma questi ultimi rimarrebbero autonomi nella decisione di azionare il concordato.
Le implicazioni delle due impostazioni appaiono evidenti ove si consideri l'ipotesi di mancata approvazione da parte dei soci: assumendo la concorrente applicabilità degli artt. 152 L.Fall. e 2479 c.c. dovrebbe ritenersi che l'ufficio amministrativo sarebbe impossibilitato a presentare il ricorso, con conseguenze inammissibilità del ricorso.
Il dibattito dottrinale sul “diritto societario della crisi di impresa”. Implicazioni. Esclusione del meccanismo devolutivo ex art. 2479, comma 1, c.c.
Tanto osservato, è da rilevare come - quantomeno in via di principio - sulla questione, che qui occupa, è destinato ad incidere anche il dibattito che - a seguito della recente introduzione dell'art. 182 sexies L.Fall. sulla sospensione di alcune norme sulla riduzione del capitale per perdite e per la riduzione al di sotto del limite legale – si è aperto in dottrina circa la configurabilità di un “diritto societario della crisi d'impresa”.
A tal proposito sono, sostanzialmente, emersi due indirizzi: in un primo si è sostenuto che quest'ultimo configura un sistema tendenzialmente autonomo rispetto al diritto societario generale; in un secondo, si è negato che lo stesso possa sostanziasi alla stregua di un micro-sistema, rappresentando piuttosto un particolare luogo o contesto d'interpretazione e di ricostruzione della disciplina della impresa societaria.
Ciò detto, la circostanza che l'art. 152 L.Fall. stabilisca (espressamente) che la competenza dell'ufficio amministrativo possa essere derogata mediante previsione statutaria porta, a mio avviso, ad escludere la operatività del meccanismo devolutivo previsto dall'art. 2479 c.c. Ciò tanto più tenuto conto che l'art. 152 L.Fall. introduce una disposizione di portata generale - in quanto destinata a trova applicazione anche alla società per azioni, alla società in accomandita per azioni nonché alle società cooperative – mentre il meccanismo devolutivo ex art. 2479, comma 1, c.c. è proprio del regime della società a responsabilità limitata.
Si noti che la soluzione ricostruttiva, qui prospettata, se risulta coerente con l'impostazione che riconosce l'autonomia del diritto societario della crisi di impresa ha, altresì, il pregio di essere compatibile anche con la seconda, valorizzando in sede interpretativa la specificità della norma concordataria.
La concorrente competenza dei soci in ordine alla domanda di concordato che, per la attuazione del piano, richiede decisioni tipizzate ai sensi dell'art. 2479 c.c.
Al contempo, deve osservarsi come, anche nella società a responsabilità limitata, il valore di un atto o deliberazione rappresenti il risultato del corretto e compiuto svolgimento del procedimento a tal fine declinato nel modulo corporativo adottato.
In questi termini, ancorché l'art. 152 L.Fall. riservi la competenza in ordine alla domanda di concordato all'ufficio amministrativo, il riconoscimento in capo alla stessa del valore organizzativo richiesto dalla normativa fallimentare comporta il rispetto delle regole interne sul riparto di competenze tra gli uffici sociali in ordine alle azioni programmate, che nelle società di capitali ha carattere tassativo. Per conseguenza, posto che nella società a responsabilità limitata le competenze dell'ufficio amministrativo sono funzionali alla gestione dell'impresa (art. 2475 c.c.), la possibilità per quest'ultimo di definire una domanda concordataria che, per la sua attuazione, richieda l'assunzione di decisioni rimesse alla competenza dei soci (art. 2479 c.c.) dovrebbe essere fondata sul concorso anche di questi ultimi.
E' evidente, infatti, che solo ottenendo il consenso di questi ultimi la domanda concordataria può rappresentare il risultato ultimo e non già il presupposto per la formazione di quella che, nella letteratura tradizionale, veniva definita come la volontà dell'organizzazione societaria, in quanto tale. Ciò si verifica non solo nei casi indicati dal comma 2, n. 5, dell'art. 2379 c.c. (“operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modifica dei diritti dei soci”) ma anche, a mio avviso, avendo riguardo alle modifiche organizzative, viepiù se si tiene conto che mentre i soci non sono vincolati, nell'esercizio del voto (art. 2373 c.c.), alla proposta concordataria messa a punto dagli amministratori, l'art. 161 L.Fall. richiede ai fini della ammissione alla procedura che la domanda contenga non già un piano ma, piuttosto, un piano fattibile, ossia dotato della “possibilità giuridica di dare esecuzione alla proposta di concordato” (Cass., 17 ottobre 2014, n. 22045).
Conclusioni
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, deve a mio avviso ritenersi che la domanda di concordato preventivo rientri nella competenza esclusiva dell'ufficio amministrativo della società a responsabilità limitata, salvo che ai sensi dell'art. 152 L.Fall. non sia altrimenti previsto nell'atto costitutivo. Al contempo, nell'ipotesi in cui il piano concordatario preveda, per la sua attuazione, l'adozione di decisioni riservate ai soci - come nel caso di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale ovvero una rilevante modifica dei loro diritti, ma anche nel caso di modifiche organizzative (art. 2479 c.c.) - la loro adozione è condizione per il riconoscimento del valore organizzativo proprio della domanda di concordato, con la conseguenza che, in difetto, quest'ultima può esporsi a vizi di ammissibilità, segnatamente in ordine alla sua fattibilità giuridica.
Guida all'approfondimento
Sull'art. 182 sexies L.Fall. cfr. A. Nigro, riduzione o perdita del capitale della società in crisi, in Giur. comm., 2014, I, 569; A. Rossi, La governance dell'impresa in fase di ristrutturazione, in Fallimento, 2015, 253.
Avendo riguardo al dibattito sul diritto societario della crisi di impresa, per la tesi secondo la quale lo stesso configura un sistema tendenzialmente autonomo rispetto al diritto societario generale cfr. U. Tombari, Principi e problemi di “diritto societario della crisi” in (a cura di U. Tombari) Diritto societario e crisi d'impresa, Torino, 2014, 16; per la tesi per la quale configura, piuttosto, “un particolare luogo o contesto d'interpretazione e di ricostruzione della disciplina della impresa societaria” F. Guerrera, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, in (a cura di U. Tombari) Diritto societario e crisi d'impresa, Torino, 2014, 76. In tema, cfr., inoltre, G. B. Portale, verso un “diritto societario della crisi”?, in (a cura di U. Tombari) Diritto societario e crisi d'impresa, Torino, 2014, 101.
Sul carattere procedimentale della deliberazione societaria cfr., per tutti, P. Ferro – Luzzi, La conformità delle deliberazioni assembleari alla legge ed all'atto costitutivo, Milano, 1976, 97.
Sulla natura inderogabile del riparto di competenze nelle società di capitali cfr., di recente, cfr. D. U. Santosuosso – M. Avagliano, sub art. 2247 c.c., in (a cura di D. U. Santosuosso) Delle società – Dell'azienda – Della concorrenza, Commentario del Codice civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2015, 4; A. Gambino, I. Impresa e società di persone, in (a cura di A. Gambino) Fondamenti di diritto commerciale, Torino, 2013, 150. In termini generali, per l'impatto della riforma societaria sulle teorie elaborate sotto la vigenza del codice del 1942, cfr. F. D'Alessandro, “La provincia del diritto societario inderogabile (ri)determinata”. Ovvero: esiste ancora il diritto societario?, in Dir. soc., 2003, 34.
Sul requisito exart. 161 L.Fall. della fattibilità giuridica del piano di concordato cfr. Cass. S.U., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass. 6 novembre 2013, n. 24970; Cass. 17 ottobre 2014, n. 22045. Per una critica a tale impostazione cfr., per tutti, M. Fabiani, La questione “fattibilità” del concordato preventivo e la lettura delle Sezioni Unite, in Fallimento, 2013, 159.
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