Socius ad factum precise cogi potest? Diritto societario della crisi e proposte concorrenti

Niccolò Abriani
18 Aprile 2016

La nuova disciplina delle proposte concorrenti, introdotta dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, offre un ulteriore importante tassello normativo agli studiosi del diritto commerciale, che da tempo hanno appuntato l'attenzione sulle interferenze tra il diritto della crisi d'impresa e il diritto societario. Particolare interesse riveste l'innovativa regolamentazione delle operazioni straordinarie contenute all'interno delle proposte che i creditori qualificati del debitore in concordato sono legittimati a proporre.
Introduzione

La nuova disciplina delle proposte concorrenti, introdotta dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito dalla L. 6 agosto 2015, n. 132, offre un ulteriore importante tassello normativo agli studiosi del diritto commerciale, che da tempo hanno appuntato l'attenzione sulle interferenze tra il diritto della crisi d'impresa e il diritto societario.

Particolare interesse riveste, in tale ambito, l'innovativa regolamentazione delle operazioni straordinarie contenute all'interno delle proposte che i creditori qualificati – in quanto titolari, da soli o congiuntamente, di almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata dal debitore ai sensi dell'art. 161, comma 2, lett. a) – del debitore in concordato sono legittimati a proporre ai sensi dell'attuale formulazione dell'art. 163 l. fall. Il quinto comma di tale disposizione ha cura di precisare, per un verso, che la proposta di concordato concorrente è ammissibile soltanto qualora la proposta di concordato del debitore non assicuri “il pagamento, ancorché dilazionato, di almeno il quaranta per cento dell'ammontare dei crediti chirografari” e, per altro verso, che essa “può prevedere l'intervento di terzi, e, se il debitore ha forma di società per azioni o a responsabilità limitata, può prevedere un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto di opzione”.

A questa disposizione si raccorda, completandola, la nuova disciplina dettata a presidio dell'effettivo adempimento degli obblighi concordatari dall'art. 185 l. fall., ai sensi del quale se il debitore non esegue o ritarda l'esecuzione del piano di concordato, il tribunale può nominare un commissario ad acta e, se il debitore è una società, “revocare l'organo amministrativo e nominare un amministratore giudiziario stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla suddetta proposta, ivi incluso, qualora tale proposta preveda un aumento del capitale sociale del debitore, la convocazione dell'assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di tale aumento di capitale e l'esercizio del voto nella stessa” (così il comma 6 dell'art. 185).

La nuova disciplina sembra dilatare ulteriormente le potenzialità applicative delle operazioni straordinarie nella ristrutturazione finanziaria delle società in crisi, che la dottrina più avvertita non aveva mancato di segnalare, anche e soprattutto con riguardo al coinvolgimento delle partecipazioni dei soci nel programma di riorganizzazione dell'impresa (ex multis, si rinvia ai contributi di F. Guerrera - M. Maltoni, Concordati giudiziali e operazioni societarie di “riorganizzazione” e di G. Ferri jr, Insolvenza e crisi dell'impresa organizzata in forma societaria, in La riforma della legge fallimentare (Atti del Convegno di Palermo del 18-19 giugno 2010), a cura di Fortunato, Giannelli, Guerrera e Perrino, Milano, 2011).

In questo ambito il piedistallo normativo continua ad essere rappresentato dalla fondamentale disposizione contenuta nel primo comma dell'art. 160 l. fall., che legittima il debitore a presentare una proposta di concordato che contempli “la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori, attraverso qualsiasi forma, anche mediante (….) operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito”. Con una formulazione che già consentiva di inserire, tra le forme di soddisfazione dei creditori, l'attribuzione agli stessi di partecipazioni (azioni o quote) della società debitrice: possibilità sino a ieri era riservata alla proposta “principale” della stessa società debitrice ed oggi estesa alle proposte concorrenti, con un'evidente dilatazione delle sue potenzialità applicative.

Aspetti organizzativi dell'impresa in crisi

L'allargamento dell'angolo prospettico dal piano meramente oggettivo del patrimonio del debitore ad una dimensione soggettiva, attinente alla organizzazione dell'impresa debitrice, non deve far dimenticare che:

i) la debitrice è e resta pur sempre la società;

ii) ai suoi organi è tuttora rimessa in via esclusiva la legittimazione a presentare la domanda di ammissione alla procedura concordataria, che costituisce presupposto imprescindibile per la presentazione di eventuali proposte concorrenti;

iii) sono tuttora valide, finanche nelle società azionarie, clausole derogatorie all'art. 152 l. fall., volte ad attribuire ai soci la competenza in ordine alla decisione di avviare la procedura concordataria;

iv) in presenza di perdite rilevanti ai sensi degli artt. 2446 e 2447 c.c. (o, nelle s.r.l., degli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c.), nonostante l'effetto sospensivo degli obblighi di ricapitalizzazione determinato dall'eventuale presentazione della domanda di concordato, anche soltanto prenotativa, previsto dall'art. 182-sexies l. fall., resta fermo l'obbligo degli amministratori (ed in subordine dei sindaci) di convocare senza indugio l'assemblea;

v) in tale sede i soci ben potranno proporre e assumere iniziative volte a preservare la continuità aziendale e, in generale, a prevenire o superare la situazione di crisi senza dover ricorrere alla procedura concordataria o, quanto meno, dotando la società delle risorse necessarie a garantire una soddisfazione dei creditori tale da precludere la presentazione di proposte concorrenti: si pensi, in un ideale climax ascendente, a finanziamenti soci, ad apporti a patrimonio e ad aumenti di capitale, che, ove sia presentata la domanda di concordato, ben potranno esser attuati senza procedere alla preliminare riduzione del capitale e nella misura ritenuta funzionale alle esigenze sopra indicate (non dovendosi necessariamente ripristinare, in virtù della sospensione di cui all'art. 182-sexies l. fall., il rapporto minimo di due a tre tra patrimonio netto e capitale post aumento, altrimenti richiesto per le società in bonis dalla nota Massima n. 122 del Consiglio Notarile di Milano);

vi) i creditori qualificati possono presentare proposte concorrenti soltanto qualora la proposta concordataria depositata dal debitore segnali l'impossibilità di ricavare dal patrimonio sociale valori adeguati a limitare la falcidia dei creditori chirografari dell'ente in misura non superiore al sessanta (o settanta) per cento;

vii) tale grave sbilancio – che, si noti, viene riconosciuto nel proprio piano dalla società debitrice, accertato dall'attestatore indipendente da questa prescelto ed infine rivalutato e confermato dal commissario giudiziale nominato dal tribunale nella sua relazione ex art. 172 l. fall. – postula l'insussistenza nel patrimonio della società di valori adeguati a ripagare se non in misura irrisoria i creditori sociali e, dunque (in linea di principio, verrebbe da dire, a fortiori), di un residuo valore delle partecipazioni sociali (v. M. Fabiani, L'ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in ilcaso.it e il nuovo Orientamento n. 58 del Consiglio notarile di Firenze);

viii) il creditore che presenta una proposta concorrente in cui si preveda un aumento di capitale, con eventuale esclusione o limitazione del diritto di opzione, deve contestualmente procedere alla sua sottoscrizione dell'aumento nella misura ivi indicata, fornendo adeguate garanzie in ordine alla esecuzione dello stesso all'esito dell'omologazione;

ix) anche in presenza di una proposta concorrente, la società debitrice potrebbe comunque rinunciare alla domanda di concordato, almeno sino all'apertura delle votazioni, sia pure con eventuali profili di responsabilità per i danni che da tale opzione siano eventualmente derivati in capo ai creditori;

x) anche dopo la presentazione della domanda “principale”, e durante tutta la procedura, i soci conservano la possibilità di revocare gli amministratori (o, se già in liquidazione, i liquidatori) della società in concordato.

Ora, a me pare che il quadro sin qui tratteggiato induca ad escludere la configurabilità nella specie di scenari propriamente “espropriativi” (in questo senso F. Guerrera, La ricapitalizzazione “forzosa” delle società in crisi: novità, problemi ermeneutici e difficoltà operative) e, tanto meno, profili di violazione dei precetti costituzionali (S. Ambrosini, Il diritto della crisi d'impresa nella legge n. 132 del 2015 e nelle prospettive di riforma, in ilcaso.it; G. Lo Cascio, Introduzione, in AA.VV., Decreto giustizia: le novità in materia fallimentare, in corso di pubblicazione, 4) e della CEDU in tema di diritto di proprietà, che paiono, per l'appunto, preclusi dalla circostanza che, se mai di “espropriazione” si intendesse parlare, l' “indennizzo” sarebbe effettivamente pari al valore della partecipazione espropriata (dunque, tendenzialmente, pari a zero) (con riferimento all'importante sentenza resa sul bail in bancario dalla Corte costituzionale austriaca, G. Guizzi, Il bail-in nel nuovo sistema di risoluzione delle crisi bancarie. Quale lezione da Vienna?, in Corr. giur., 2015, 1485 ss.).

La natura delle nuove norme: spunti comparativi

Le considerazioni sopra svolte sollecitano, al contempo, un supplemento di riflessione sulla stessa natura delle disposizioni in esame, forse troppo frettolosamente bollata come extra ordinem dai primi commentatori.

La possibilità di intervenire sulle partecipazioni della società debitrice era infatti già consentita dalla (e in qualche misura implicita nella) formulazione della legge fallimentare riformata (artt. 124 e 160): disposizioni dalle quali si era già autorevolmente desunta la possibilità di coinvolgere la partecipazione sociale, in quanto espressione di una tecnica di finanziamento dell'impresa, nel processo di riorganizzazione, facendola divenire oggetto di attribuzione ai creditori (in tal senso, G. Ferri jr, Soci e creditori nella struttura finanziaria della società in crisi, in Diritto societario e crisi d'impresa, a cura di Tombari, Torino, 2014), e rispetto alle quali il nuovo art. 163 l. fall. si pone dunque in una coerente linea di continuità.

Ora, lo stesso meccanismo “coercitivo” previsto dall'art. 185 l. fall. non fa che riflettere l'istanza di garantire il puntuale adempimento degli obblighi contemplati nella proposta concordataria omologata in punto di operazioni straordinarie, passando da un divieto di manovre ostruzionistiche – già implicito nel sistema e fonte di responsabilità risarcitoria per i soci che non avessero permesso l'adozione delle deliberazioni previste nel concordato omologato (il riferimento non è solo alle diverse forme di ostruzionismo, dall'astensione al voto contrario fino a condotte strumentali a ritardare o impedire la corretta esecuzione delle procedure interne, bensì anche ad ogni forma di inadempimento da parte di amministratori e sindaci ai doveri in materia di competenza e controllo sulle medesime procedure tra i quali, in primis il dovere di convocazione dell'assemblea: e sugli obblighi di denuncia e di intervento dei sindaci, in funzione sostitutiva degli amministratori, anche ai sensi dell'art. 2406 c.c., v. infra) – ad un rimedio in forma specifica, che vale a prevenire (o, quanto meno, limitare) i rischi di una risoluzione del concordato per inadempimento.

I dubbi sulla eccezionalità delle norme in esame trovano conferma ove si allarghi lo sguardo ai principali ordinamenti contermini, nei quali è dato rintracciare la medesima linea di tendenza. Esemplare è l'evoluzione del diritto tedesco che, con la riforma dell'Insolvenzordnung introdotta nel 2012 con l'Esug, ha dichiaratamente perseguito l'obiettivo di rimuovere il potere di veto dei soci alla realizzazione di gesellschaftsrechtliche Strukturmassnahmen contemplati nel Sanierungsplan in quanto funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori sociali. In tal senso si esprimono i §§ 217 e 225 InsO, ove si prevede una esplicita inclusione nell'Insolvenzplan dei soci ovvero delle loro Anteils- und Mitgliedschaftsrechte, con il corollario che tutte le operazioni straordinarie contemplate nel piano restano sottratte alle regole di approvazione previste dal diritto societario sostanziale, alle quali si sovrappongono le regole del diritto concorsuale: diritto concorsuale che, coerentemente, viene ora a coinvolgere i soci, raggruppati in un'apposita classe, nel procedimento di approvazione dell'Insolvenzplan – e, dunque, delle operazioni strutturali ivi contemplate – e li legittima ad opporsi all'omologazione, essendo peraltro a tal fine necessario dimostrare che con l'approvazione del piano sarebbero sottoposti ad un trattamento deteriore rispetto alla sua mancata approvazione (e, dunque, all'approdo fallimentare: § 251, Abs. 1, n. 2).

Ancora più evidente è l'assonanza della novella italiana con la più recente disciplina contenuta nel nuovo articolo 631-9-1 del code de commerce francese. Tale disposizione – introdotta dalla Ordonnance n° 2014-326 del 12 marzo 2014 – legittima l'amministratore giudiziario della procedure di redressement judiciaire a richiedere al tribunale la nomina di un mandataire ad hoc, con il compito non soltanto di convocare l'assemblea ma anche di votare a favore della ricostituzione del capitale, surrogandosi in tal modo ai soci che si oppongano alla realizzazione del piano che tale aumento contemplava. Anche in questo caso, la riforma è diretta ad assecondare la “bonne volonté des créanciers”, pronti ad esperire un tentativo per il salvataggio dell'impresa, rispetto alla suvvalente “mauvaise volonté des associés”, recalcitranti ad attuare operazioni obiettivamente funzionali al risanamento della stessa.

E sempre a tale finalità è ispirata la successiva loi Macron del 10 luglio 2015 che, per le società di maggiori dimensioni (con almeno centocinquanta dipendenti), arriva a prevedere una procedura coattiva di intervento sul capitale sociale e finanche di esproprio delle partecipazioni, laddove la modifica dell'assetto proprietario rappresenti l'unica soluzione che permetta di evitare gravi danni all'economia e consenta la prosecuzione dell'attività d'impresa (e v. il nuovo art. 631-19-2 del code de commerce).

Nella stessa direzione, sia pur in termini meno incisivi, si colloca la legislazione concorsuale spagnola, che ha introdotto una specifica fattispecie di responsabilità dei soci (e degli amministratori) per aver determinato o aggravato l'insolvenza impedendo “sin causa razonable” operazioni straordinarie – quali la capitalización de créditos o la emisión de valores o instrumentos convertibles – strumentali al raggiungimento di un acuerdo de refinanciación: e ciò sia tramite l'espressione di un voto negativo nella junta general, sia facendo mancare i quorum necessari alla sua valida costituzione (F. Márin de la Bárcena, Obstaculizatión de acuerdos de refinanciaciación y calificatión culpabe del concurso, consultabile su gomezacebo-pombo.com; J.J. Pérez Benítez, La nueva regulación de los acuerdos de refinanciación, consultabile su elderecho.com).

Attuazione del piano e posizione dei soci

Da questa pur sintetica ricognizione comparatistica risulta evidente il comune obiettivo delle più recenti riforme del diritto concorsuale europeo, tutte finalizzate, al di là della diversa tecnica normativa utilizzata, a sottrarre ai soci della società in procedura il potere di blocco (di “Blockademacht” parla, appunto, la dottrina tedesca) rispetto alla realizzazione di operazioni straordinarie contenute nel piano di risanamento: un diritto di veto suscettibile di prestarsi ad utilizzi strumentali, come arma di ricatto o di pressione nei confronti di creditori sociali già sottoposti alle gravose rinunce insite nella falcidia degli originari diritti di credito.

La premessa condivisa è che il risanamento economico e finanziario della società in crisi può richiedere l'adozione di provvedimenti che incidono sul contenuto economico e giuridico della partecipazione del socio; partecipazione che, peraltro, è di norma sprovvista di un apprezzabile valore patrimoniale.

In questo quadro, il meccanismo, apparentemente eccezionale, contemplato nel nuovo quinto comma dell'art. 185 l. fall., per il quale “socius ad factum – o, se si vuole, ad votumprecise cogi potest”, altro non è che il corollario della regola generale in base alla quale “societas ad pactum (concordatarium) precise cogi debet”.

Pare invero innegabile la portata generale del principio per il quale, a seguito dell'approvazione e dell'omologazione di una proposta concordataria, il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a darvi esecuzione: principio ora codificato nel terzo comma dell'art. 185 l. fall. per l'ipotesi di proposta concorrente, ove i rischi di inadempimenti ostruzionistici sono più evidenti; ma non meno cogente e pregnante qualora ad essere approvata ed omologata sia stata la proposta presentata dalla stessa società debitrice.

A ben vedere, nella corretta prospettiva delineata dalla disposizione ora richiamata, non sono i soci ad essere limitati (e tanto meno “espropriati”) nel loro diritto di voto, ma è la persona giuridica, che ha inteso avviare e proseguire la procedura concordataria, a dover eseguire puntualmente le obbligazioni previste nel piano in funzione dell'esatto adempimento della proposta che, all'esito di tale procedura, risulti essere stata approvata dai creditori e omologata dal tribunale.

E tale dovere riguarda tanto l'organo amministrativo – i cui eventuali inadempimenti agli obblighi concordatari già ieri dovevano essere contestati dall'organo di controllo (v., infatti la nuova Norma 11 di comportamento del collegio sindacale in situazioni di crisi elaborata dalla commissione del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili) e potevano, nei casi più gravi, configurare gravi irregolarità denunciabili ai sensi dell'art. 2409 c.c. – quanto l'organo assembleare, chiamato non meno doverosamente ad assumere tutte le deliberazioni necessarie ai fini dell'adempimento della proposta concordataria.

Sicché, sul fronte degli amministratori, appare del tutto naturale l'equiparazione della mancata convocazione dell'assemblea alle altre fattispecie di omissione o ritardo nell'esecuzione degli obblighi imposti dalla proposta omologata: al punto da ritenere che, prima ancora della disposizione del provvedimento da parte del tribunale, su istanza del commissario giudiziale o del creditore proponente (ai sensi del comma 4 e 5 dell'art. 185 l. fall.), debbano essere i sindaci a doversi attivare procedendo alla convocazione dell'assemblea, in base all'art. 2406, comma 1, c.c.; mentre, sul fronte dei soci, è evidente che il meccanismo sostitutivo dovrà trovar luogo tanto in caso di mancata partecipazione all'assise assembleare, quanto in ipotesi di espressione nella stessa di un voto contrario alla modificazione statutaria che, proprio in quanto prevista nel piano, la società è comunque tenuta ad assumere a seguito dell'omologazione del concordato.

Riguardato da tale angolo prospettico, il nuovo assetto normativo appare tutt'altro che contra tenorem rationis.

Non lo è la norma di cui all'art. 163 l. fall., essendo già da tempo riconosciuto pacificamente che anche la proposta presentata dalla società debitrice può prevedere l'intervento di terzi e aumenti del capitale sociale, anche con esclusione o limitazione del diritto di opzione. La portata della norma sembra doversi ravvisare non tanto nell'estensione alla proposta concorrente di tale possibilità già affermata per la proposta del debitore, quanto nella deroga che la nuova norma introduce alla generale disciplina legale (ed eventualmente statutaria) del diritto di opzione nelle società interessate.

Ed è da tale angolo prospettico che si può apprezzare l'orientamento elaborato dalla Commissione di diritto societario del Consiglio notarile di Firenze, secondo il quale “anche la proposta di concordato presentata dalla società debitrice può prevedere un aumento di capitale con esclusione del diritto d'opzione (eventualmente preceduto da un azzeramento del capitale sociale qualora il patrimonio netto risulti perduto)”. Come si rileva nella motivazione dell'orientamento, la nuova disposizione non sembra potersi invero interpretare come limitativa della “possibilità, per la stessa società proponente, di porre a base del piano di concordato un aumento di capitale con esclusione del diritto d'opzione che (previo azzeramento del capitale per le perdite subite dalla società) porti all'uscita della vecchia compagine sociale e all'ingresso, totalitario, di nuovi imprenditori e/o investitori” (in tal senso il citato Orientamento n. 58 del Consiglio Notarile di Firenze).

Specularmente, sembra senz'altro riferibile anche alla proposta della società debitrice la previsione dettata dal sesto comma dell'art. 185 l. fall., almeno nella parte in cui si contempla la possibile nomina di un commissario ad acta per ovviare all'ostruzionismo degli organi della società debitrice nell'esecuzione del piano di concordato, sino alla revoca dell'organo amministrativo e alla nomina di un amministratore giudiziario con il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta.

Quanto invece alla ulteriore previsione, ivi contenuta, che estende i poteri dell'amministratore giudiziario anche alla convocazione dell'assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di aumento di capitale contemplata nella proposta omologata e all'esercizio del voto nella stessa, in sostituzione dei soci “ostruzionisti”, si aprono due possibili scenari interpretativi.

Il primo, e più radicale, è quello avanzato in dottrina da chi, già prima della novella in esame, ha desunto da un inquadramento sistematico del diritto concorsuale (e segnatamente dagli artt. 152 e 160 l. fall.) un generale riconoscimento in capo agli amministratori delle società di capitali del potere di adottare tutti gli atti legittimamente previsti nella proposta omologata, ivi inclusi quelli che, in base al diritto societario, competerebbero all'assemblea o addirittura richiederebbero il consenso di singoli soci: soci la cui tutela sarebbe rimessa allo strumento della opposizione alla omologazione “di cui può avvalersi, nella generica veste di interessato, anche il singolo socio, il quale invero, diversamente dal creditore dissenziente, non può ritenersi vincolato da una diversa, ed opposta, deliberazione da parte della propria collettività: per la ragione, decisiva, che la proposta di concordato della società, anche quando prevede una riorganizzazione del capitale proprio, non può dirsi rivolta ai soci” (così G. Ferri jr, Soci e creditori nella struttura finanziaria della società in crisi, cit.). In questa prospettiva ermeneutica il riferimento alle sole proposte concorrenti troverebbe la sua giustificazione nella premessa che, in caso di proposta avanzata dalla società, la deliberazione assembleare non sarebbe comunque più necessaria; e parimenti non necessario sarebbe dunque un meccanismo di imposizione del voto.

Per chi non acceda a tale impostazione, obiettivamente tranchante, le valutazioni operate in ordine al carattere non eccezionale della nuova disciplina sembrano comunque porre le premesse per una sua applicazione analogica anche alla proposta concordataria della società debitrice. Ed è questa in effetti la lettura alternativa suggerita dalla Commissione di diritto societario del Consiglio notarile fiorentino, secondo il quale, qualora la proposta di concordato presentata dalla società debitrice preveda un aumento di capitale, con o senza esclusione del diritto d'opzione, a seguito dell'omologazione anche tale aumento potrà essere attuato tramite il meccanismo “sostitutivo” contemplato dall'art. 185, comma 6, l. fall.

Ed in effetti, non pare che vi sia alcuna ragione per garantire alle proposte concorrenti un vantaggio competitivo rispetto alle proposte “principali”, escludendo il rimedio reale proprio per quegli adempimenti che la stessa società debitrice si era impegnata a realizzare nel piano concordatario sotteso alla sua proposta omologata.

Come si rileva a questo proposito nella motivazione dell'orientamento ora ricordato, l'eventualità di un disallineamento fra soci e amministratori, che potrebbe in effetti registrarsi stante la competenza dei secondi alla presentazione della proposta di concordato, “da un lato può trovare risposte all'interno dell'ordinamento societario” (in apicibus in una deroga statutaria dell'art. 152 l. fall., ma altresì nella ricordata perdurante facoltà di revoca dell'organo amministrativo) e “dall'altro lato può addirittura essere fisiologica e corretta allorché i soci non abbiano più alcun reale interesse economico nella società e, al contrario, i creditori abbiano interesse alla continuità societaria”.

D'altro canto, in presenza di una previsione statutaria che lo legittimi ad aumentare il capitale, ai sensi degli artt. 2443 e 2481 c.c., l'organo amministrativo della società in concordato, in quanto tenuto all'adempimento della proposta concordataria, dovrebbe procedere direttamenteall'aumento dalla stessa contemplato, senza neppure convocare l'assemblea dei soci. E tale obbligo varrà tanto per la proposta “principale” quanto per la proposta concorrente, configurando la relativa omissione un inadempimento degli obblighi degli amministratori (e, in caso di omessa vigilanza, dell'organo di controllo), in tal modo escludendo dall'ambito di applicazione del meccanismo sostitutivo dei soci di cui all'art. 185 l. fall. le società in cui tale delega, risalente ad epoca evidentemente anteriore all'omologazione, risulti ancora operante (e preveda anche la limitazione o esclusione del diritto di voto).

Sussistendo tali presupposti, si potrebbe anzi determinare un'accelerazione della esecuzione “in forma specifica” del concordato prevista dalla novella, con una sostituzione “a monte” dell'organo amministrativo, anziché “a valle” dell'assemblea, con dunque una diretta determinazione dell'amministratore giudiziario, che eviterebbe di attivare il procedimento assembleare e di scomodare il diritto di voto degli azionisti.

L'adempimento degli obblighi concordatari

Sotto altro versante, va sottolineato come ai creditori qualificati sia consentito prevedere solo l'aumento di capitale e, almeno stando alla lettera della legge, non altre operazioni straordinarie, con una (almeno apparente) selezione delle opportunità che l'art. 160 l. fall. lascia invece aperte alla proposta “principale” del debitore.

Anche qui si potrebbe tuttavia avanzare il dubbio – emerso in seno alle riunioni della Commissione del notariato fiorentino, ove pure è in gestazione un ulteriore possibile orientamento – se il meccanismo sostitutivo di cui all'art. 185, comma 6, l. fall. non debba estendersi a tutte le deliberazioni di competenza dell'assemblea, ordinaria e straordinaria, necessarie o comunque funzionali all'adempimento della proposta omologata.

Ciò vale in primo luogo per le deliberazioni connesse all'aumento del capitale, quali la preventiva riduzione e l'eventuale trasformazione. Si pensi, ad esempio, all'ipotesi di una s.p.a. con un capitale di un milione di euro, che presenti ancora, nonostante la falcidia determinata dall'omologazione, un patrimonio netto negativo per 1.990.000 euro e con riferimento alla quale il piano sotteso alla proposta omologata preveda una delibera di aumento del capitale sociale dell'importo di due milioni, previa riduzione dello stesso e trasformazione della società in s.r.l. In tal caso, pare davvero arduo sostenere che il meccanismo sostitutivo sia limitato al solo aumento e non coinvolga anche la preventiva riduzione, posto che, altrimenti, la portata del precetto normativo resterebbe confinata ai (rari) casi in cui, post omologazione, non sussistano perdite o nella proposta si preveda un diretto aumento del capitale, senza preventiva riduzione, imponendo però l'ulteriore vincolo di prevedere un prezzo di sottoscrizione complessivamente tale da riportare il patrimonio netto della società ad un valore pari ad almeno i due terzi del capitale sociale post aumento (come richiesto dalla Massima n. 122 del Consiglio Notarile di Milano).

Al di là di quest'ultima peculiare “variante” (sulla cui legittimità mi ero espresso già tempo addietro in La riduzione del capitale sociale nelle s.p.a. e nelle s.r.l. Profili applicativi, in Riv. dir. impresa, 2008, 221 ss.), si potrebbe fondatamente sostenere che la riduzione del capitale possa essere legittimamente deliberata, dai soci o in loro sostituzione dall'amministratore giudiziario nominato dal tribunale, anche in caso di assemblea convocata con all'ordine del giorno unicamente l'aumento del capitale, nei termini indicati nella proposta omologata, rispetto al quale la riduzione risulti necessariamente prodromica.

Ma anche con riferimento alla trasformazione si deve osservare come il mancato ricorso al meccanismo sostitutivo per questa deliberazione finirebbe per frustrare l'aumento di capitale e, con esso, l'obiettivo sotteso alla nuova disciplina. Beninteso, anche in questo caso, trattandosi di operazione prevista nel piano del concordato omologato, la sua esecuzione è doverosa.

Pertanto, a) la convocazione è comunque obbligatoria ai sensi dell'art. 185, comma 3, l. fall., sicché, in caso di omissione da parte degli amministratori, i sindaci dovrebbero procedere alla stessa in via sostitutiva, ai sensi dell'art. 2406, comma 1, c.c.; b) la mancata adozione della deliberazione può determinare un inadempimento e porre le premesse per la risoluzione del concordato e, in relazione ai danni eventualmente subiti dalla società e dai suoi creditori, potenziali profili di responsabilità in capo tanto agli organi di amministrazione e controllo che abbiano omesso di effettuare la convocazione, quanto ai soci che non abbiano permesso l'adozione della deliberazione.

Ciò nondimeno, sembra comunque più efficiente e sistematicamente coerente presidiare l'esatto adempimento degli obblighi concordatari estendendo anche a queste ulteriori operazioni straordinarie il rimedio in forma specifica introdotto dall'art. 185, comma 6, l. fall. Soluzione, quest'ultima, che parrebbe certamente meritevole di attenzione per le proposte concorrenti, ma ancor più convincente per le operazioni contemplate nella proposta presentata dalla stessa società debitrice. Naturalmente, sempre che non si accetti la diversa impostazione, più sopra richiamata, che esclude in radice la necessità di approvazione assembleare delle operazioni contemplate nella proposta concordataria omologata, che dovrebbe dunque considerarsi, sotto tale versante, per c.d. self executing.

Conclusioni

La collocazione delle nuove disposizioni nell'ambito dei principi generali che informano il diritto societario della crisi (sul punto è d'obbligo il rinvio a U. Tombari,Principi e problemi “di diritto societario della crisi” e a G. Ferri jr, Soci e creditori nella struttura finanziaria della società in crisi, entrambi in Diritto societario e crisi d'impresa, a cura di Tombari, cit.) consente di mettere meglio a fuoco e di valorizzare opportunamente l'effettiva portata derogatoria della nuova disciplina concorsuale rispetto alla disciplina societaria normalmente applicabile al di fuori della procedura (v. le considerazioni di F. Guerrera, La ricapitalizzazione “forzosa” delle società in crisi: novità, problemi ermeneutici e difficoltà operative, cit.).

In primo luogo, l'art. 163 vale a superare ogni ostacolo posto dalla legge o dallo statuto sociale alla limitazione o esclusione del diritto di opzione. La nuova disciplina si viene infatti senz'altro a sovrapporre a quella dettata dagli artt. 2441 e 2481-bis c.c. e dalle eventuali clausole statutarie: come è confermato dal testuale riferimento tanto alla società per azioni quanto alla società a responsabilità limitata, posto che altrimenti in quest'ultimo tipo societario la possibilità di imporre l'operazione in esame, quale tassello della proposta concorrente, da parte dei creditori qualificati rimarrebbe relegata alle sole – e rarissime – ipotesi in cui i) l'atto costitutivo consenta l'esclusione o limitazione del diritto di sottoscrizione preferenziale e ii) le perdite non siano tali da aver azzerato il capitale. Sotto entrambi i profili, riterrei fuori discussione che le prescrizioni dettate per le s.r.l. in bonis dall'art. 2481-bis siano destinate a rimanere inoperanti in quanto superate, nel contesto concordatario, dalla disposizione in esame, che, altrimenti, rimarrebbe di fatto irragionevolmente relegata alle sole società azionarie (F. Guerrera, La ricapitalizzazione “forzosa” delle società in crisi: novità, problemi ermeneutici e difficoltà operative, cit. e da A. Rossi, Il contenuto delle proposte concorrenti nel concordato preventivo (prime riflessioni), cit., 21. Per uno sviluppo del tema v. ora L. Benedetti La posizione dei soci nel risanamento della società in crisi: dal potere di veto al dovere di sacrificarsi (o di sopportare), cit.).

E alla medesima conclusione deve pervenirsi, direi a fortiori, per l'ipotesi di aumenti di capitale prefigurati dalla stessa società debitrice all'interno della proposta “principale”.

Più in generale, riterrei che, in entrambi i casi, e dunque tanto per la proposta principale quanto per quella concorrente, la nuova disciplina imponga di varcare il Rubicone e riconoscere che, una volta avviata la procedura concorsuale, alea iacta est: il diritto societario della crisi è informato alle preminenti esigenze di tutela dei creditori sociali e di rigorosa osservanza degli obblighi assunti verso gli stessi nel concordato, il cui rispetto consente all'ente di beneficiare della falcidia; sicché tutte le operazioni contemplate nella proposta concordataria approvata dai creditori, e nel piano alla stessa sotteso, a seguito dell'omologazione resteranno affrancate dai vincoli di fonte legale o statutaria eventualmente posti dal diritto societario generale.

Così, eventuali operazioni di dismissione dei rami aziendali (o altre operazioni idonee a determinare una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci) contemplate in una proposta omologata, ben potranno – ed anzi dovranno – essere realizzate direttamente dal liquidatore giudiziale del concordato, previo parere del comitato dei creditori, ma indipendentemente da quella conforme decisione dei soci, che nelle società a responsabilità limitata, sarebbe altrimenti imposta “in ogni caso” dall'art. 2479, comma 2, n. 5, c.c. E parimenti irrilevante sarebbe, in questa prospettiva, l'autorizzazione assembleare eventualmente richiesta ai sensi dell'art. 2364, comma 1, n. 5, c.c., dallo statuto di società per azioni in concordato.

Ed è appena il caso di sottolineare per incidens come le nuove regole segnino il definitivo de profundis della tesi, alquanto discutibile già nel sistema previgente, che subordinava l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità da parte degli organi della procedura concordataria di una s.p.a., post omologazione, alla preventiva autorizzazione dell'assemblea ordinaria, ai sensi dell'art. 2393, comma 1, c.c. (che da taluni si pretendeva addirittura anteriore all'adunanza dei creditori) ovvero dell'organo di controllo, ai sensi degli artt. 2393, comma 3, e 2409-decies, comma 2, c.c.

Per le ragioni sin qui esposte, sembra doversi senz'altro escludere che in questa, come nelle altre ipotesi sopra considerate, la deliberazione assembleare di autorizzazione (che pure nella prassi viene talora cautelativamente assunta e sospensivamente condizionata all'omologazione del concordato) configuri una condizione indispensabile ai fini della fattibilità giuridica della proposta concordataria (v. ora I. Pagni, La legittimazione alle azioni di responsabilità nel concordato preventivo, in Società, 2015, 604. Contra, A. Rossi Il contenuto delle proposte concorrenti nel concordato preventivo (prime riflessioni), cit. 21; G. D'Attorre, op. cit., 1170).

Alla luce di tali considerazioni, mi pare incontestabile che nell'attuale contesto normativo anche il diritto di credito di natura risarcitoria connesso all'azione sociale di responsabilità sia destinato, in tutti i concordati liquidatori, ad entrare a far parte del patrimonio separato destinato alla soddisfazione dei creditori; pertanto, salvo che la proposta di concordato ne abbia espressamente escluso la cessione ai creditori, la legittimazione all'esercizio dell'azione sociale spetterà, in via esclusiva, al liquidatore giudiziale, ai sensi dell'art. 182 l. fall., il quale potrà far valere tale diritto – ceduto (esplicitamente o implicitamente) alla massa dei creditori – indipendentemente dalla sussistenza di una (precedente o successiva) deliberazione dell'organo assembleare o di controllo.

Con una conclusione che, ancora una volta, non potrà non valere tanto per la proposta “principale”, quanto per la proposta concorrente: e in quest'ultimo caso direi senz'altro a fortiori, posto che sarebbe veramente assurdo far dipendere il possibile esercizio di un'azione sociale di responsabilità contemplato nella proposta avanzata dal terzo – e che, in ipotesi, potrebbe essere stato un elemento apprezzato dai creditori nel preferire quest'ultima alla proposta “principale” che l'aveva esclusa dai cespiti destinati alla massa – dalla deliberazione di organi della società debitrice.

Merita semmai di essere rilevato come la modificazione degli assetti proprietari conseguenti all'aumento di capitale imposto dalla proposta concorrente ponga comunque le premesse per una più agevole deliberazione dell'azione sociale di responsabilità anche nei concordati con continuità aziendale, nell'ambito dei quali, in difetto di deliberazione dei soci, resta in ogni caso fermo l'obbligo dell'organo di controllo di deliberare ai sensi del terzo comma degli artt. 2393, comma 3 e 2409-decies, comma 2, c.c., pena altrimenti le responsabilità che deriverebbero dall'aver concorso all'inadempimento e all'eventuale risoluzione del concordato.

Come si accennava, l'assetto normativo introdotto dalle previsioni in tema di proposte concorrenti impone all'interprete di interrogarsi sulla natura e sulla vis espansiva delle disposizioni novellate, che, proprio in quanto espressione di un principio generale informante il sottosistema del diritto societario della crisi, parrebbero suscettibili di applicazione anche ad altre operazioni straordinarie diverse da quella di aumento di capitale ivi espressamente regolamentata.

Ed è quest'ultima la lettura prospettata, per ora in termini interlocutori, dalla Commissione di diritto societario del notariato fiorentino, nell'ambito della quale si è proposto un ulteriore orientamento, secondo il quale “il potere di adottare deliberazioni senza il consenso dei soci, mediante il meccanismo sostitutivo di cui all'art. 185, comma 6, l. fall., si estende a tutte le deliberazioni di competenza dell'assemblea, ordinaria e straordinaria” funzionali all'esecuzione di operazioni previste da un concordato omologato.

Un approdo interpretativo che può apparire forse eccessivamente “coraggioso”, ma che in realtà mi pare assolutamente coerente al nuovo sistema e che si rivela tanto più ortodosso – e finanche, mi spingerei a dire, indiscutibile – nelle ipotesi in cui la proposta concordataria “principale” che tali operazioni contemplava sia stata sottoposta alla preventiva approvazione dei soci.

Si potrebbe anzi andare oltre e, ben più coraggiosamente, limitare la conclusione sopra prospettata alle sole deliberazioni relative a proposte concorrenti, accedendo alla già ricordata e più rigorosa interpretazione secondo la quale l'esecuzione delle operazioni previste nella proposta della società debitrice si affrancherebbe totalmente, post omologazione, dalla volontà dei soci, sicché verrebbe meno in radice l'esigenza di loro deliberazioni e di meccanismi sostitutivi volti a surrogarne l'iniziativa.

Guida all'approfondimento

Tra i primi commenti alla nuova disciplina apportata dal D.L. n. 83/2015, si vedano: R. Amatore, Offerte e proposte concorrenti nel concordato preventivo: le novità introdotte dalla “mini” riforma del diritto fallimentare, in giustiziacivile.com; S. Ambrosini, Il diritto della crisi d'impresa nella legge n. 132 del 2015 e nelle prospettive di riforma, in ilcaso.it; G. Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, in Fallimenti e società, 2015, 12 ss.; G. D'Attorre, Le proposte di concordato preventivo concorrenti, in Fallimento, 2015, 1168 ss.; M. Fabiani, L'ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in ilcaso.it; F. Lamanna, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, II, in ilFallimentarista.it; A. Nigro - D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Appendice di aggiornamento, Bologna, 2016; P. Bastia-R. Brogi, Operazioni societarie straordinarie e crisi d'impresa, Milano, 2016; A. Rossi, Il contenuto delle proposte concorrenti nel concordato preventivo (prime riflessioni), in ilcaso.it; G.B. Nardecchia, Le modifiche alla proposta di concordato, in ilcaso.it.; E. Sabatelli, Appunti sul concordato preventivo dopo la legge di conversione del D.L. n. 83/2015, in Crisi d'impresa e fallimento, 13.11.2015; D. Galletti, Speciale decreto n. 83/2015 – Le proposte concorrenti nel concordato preventivo: il sistema vigente saprà evitare il pericolo di rigetto?, in ilFallimentarista.it; R. Guidotti, Misure urgenti in materia fallimentare (D.L. 7 giugno 2015, n. 83): le modifiche alla disciplina del fallimento e le disposizioni dettate in tema di proposte concorrenti, in ilcaso.it.

Utili spunti, anche in chiave comparatistica, sono ora offerti da G. Guizzi, Il bail-in nel nuovo sistema di risoluzione delle crisi bancarie. Quale lezione da Vienna?, in Corr. giur., 2015, 1485 ss. e dall'ampia trattazione di L. Benedetti, La posizione dei soci nel risanamento della società in crisi: dal potere di veto al dovere di sacrificarsi (o di sopportare): Aufopferung- o Duldungspflicht?, relazione presentata al VII Convegno annuale dell'Associazione Italiana dei Professori Universitari di Diritto Commerciale “Orizzonti del Diritto Commerciale”, “L'influenza del diritto europeo sul diritto commerciale italiano: valori, principi, interessi”, Roma, 26-27 febbraio 2016.

I nuovi Orientamenti della Commissione di diritto societario del Consiglio notarile dei Distretti riuniti di Firenze, Pistoia e Prato sono stati presentati venerdì 30 ottobre 2015 presso la sede del Consiglio notarile di Firenze.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario