Aumento di capitale sociale a pagamento

Amal Abu Awwad
04 Ottobre 2017

In un momento successivo rispetto alla costituzione della società, può risultare necessario, o anche solo opportuno (: le ragioni sottese all'operazione possono essere numerose e diverse), destinare a capitale sociale nuove risorse, assoggettando queste ultime al regime vincolistico dettato dalla relativa disciplina. La differenza fra la fattispecie dell'aumento di capitale sociale a pagamento (o “reale”) e aumento di capitale sociale gratuito (o “nominale”) risiede nella circostanza che solo nella prima ipotesi viene apportata alla società nuova ricchezza (trattandosi, nella seconda ipotesi, di una mera operazione contabile). Nell'operazione, che è regolata sul piano normativo sotto il profilo procedimentale e sostanziale, vengono in considerazione plurimi interessi e istanze di tutela e, in particolare: dei soci preesistenti; della società; e dei terzi sottoscrittori estranei alla compagine sociale).
Inquadramento

Successivamente alla costituzione della società, può risultare necessario, o anche solo opportuno, destinare a capitale sociale nuove risorse, assoggettando queste ultime al regime vincolistico dettato dalla relativa disciplina. La differenza fra la fattispecie dell'aumento di capitale sociale a pagamento (o “reale”) e quella dell'aumento di capitale sociale gratuito (o “nominale”) risiede nella circostanza che solo nella prima ipotesi viene acquisita nuova ricchezza (trattandosi, nella seconda ipotesi, di une mera operazione contabile).

Le ragioni sottese ad un'operazione di aumento di capitale sociale a pagamento possono essere numerose e diverse (ad es. necessità di espandersi in nuovi mercati; di sviluppare nuovi progetti etc.); è tuttavia fondamentale sottolineare che, con l'aumento del capitale sociale a pagamento, i nuovi apporti vengono assoggettati alle regole sul capitale, con tutte le conseguenze che ne derivano (cfr. gli artt. 2430 e 2431 c.c. etc.).

La competenza, il contenuto, il procedimento, le sottoscrizioni

La competenza a deliberare l'aumento di capitale sociale spetta all'assemblea in composizione straordinaria, trattandosi di una modifica dell'atto costitutivo (art. 2365 c.c.), o all'organo gestorio, previa delega assembleare (c.d. aumento delegato del capitale sociale: art. 2443 c.c.).

La delibera deve avere alcuni elementi essenziali (: un contenuto minimo):

i) l'importo dell'aumento;

ii) la categoria/le categorie di azioni da emettere;

iii) l'indicazione del termine finale entro il quale devono pervenire le sottoscrizioni, come si desume dall'art. 2439, comma 2, c.c. (tale termine deve essere sempre fissato dall'assemblea, a differenza di quello per l'esercizio del diritto di opzione che può essere individuato anche dagli amministratori: Trib. Catania 18 luglio 2013; cfr. Speranzin, Art. 2439, 834). Non è prevista la durata massima dell'operazione.

In evidenza: Trib. Napoli 5 ottobre 1999; App. Milano 10 febbraio 2004; Cass. n. 8876/2006

La mancata indicazione del termine finale di sottoscrizione è causa di nullità della delibera (Trib. Napoli 5 ottobre 1999; contra, in considerazione dell'applicabilità in via analogica dell'art. 1183 c.c., Cass. n. 8876/2006; cfr. anche App. Milano 10 febbraio 2004, secondo cui non si configura come necessaria la previsione di un termine se la proposta di aumento ha, quali destinatari, solo i soci e se la delibera richiami soltanto il termine contemplato nell'art. 2441 c.c.).

L'aumento è, di regola, inscindibile: significa che la misura dell'aumento è fissa. Ove non pervengano sottoscrizioni nella misura prestabilita, decade l'intera operazione di aumento, che risulta inefficace.

È tuttavia consentito, all'interno della delibera, optare espressamente per la soluzione dell'aumento scindibile (anche per una parte dell'aumento): in tale ipotesi, quindi, il capitale verrà aumentato solo per la quantità per cui perverranno le sottoscrizioni. Si discute, in tale ipotesi, se, ai fini dell'aumento, si debba attendere lo spirare del termine finale entro cui devono pervenire le sottoscrizioni o se l'aumento possa essere progressivo (in senso affermativo, Guerrera, Artt. 2438-2439, 1161; Speranzin, Art. 2439, 834).

In evidenza: Trib. Torino, 4 settembre 2013 (v., nello stesso senso, anche Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 96 del 18 maggio 2007)

Nella pronuncia in questione, viene ritenuta ammissibile la soluzione dell'aumento (scindibile) progressivo e immediato (senza la necessità di attendere la scadenza del termine finale), ma a condizione che la delibera espressamente disponga in questo senso. In difetto di detta previsione, ai fini dell'efficacia dell'aumento, occorre attendere lo spirare del termine finale.

Sul piano procedimentale, si tratta di una fattispecie che inizia con l'assunzione della delibera (con offerta o senza offerta in opzione delle azioni di nuova emissione ai soci preesistenti ed ai titolari di obbligazioni convertibili in azioni). La delibera di aumento del capitale sociale, trattandosi di modifica dell'atto costitutivo, deve essere verbalizzata da un notaio, che effettua un controllo di legalità sostanziale. Segue la raccolta delle sottoscrizioni degli aderenti all'aumento, che possono essere i (vecchi) soci (se il diritto di opzione non è stato escluso o limitato) o terzi (sulla procedura di offerta in opzione cfr. Ginevra, Art. 2441, 2620 ss.). Si chiude con l'iscrizione nel registro delle imprese: iscrizione che costituisce condizione di efficacia della delibera. Nell'ipotesi in cui la delibera non venga iscritta, l'operazione di aumento è inefficace e devono essere restituiti i conferimenti eseguiti.

L'operazione è stata diversamente inquadrata in dottrina. L'impostazione tradizionale ravvisa nell'aumento del capitale l'effetto di contratti fra società e terzi sottoscrittori (si tratterebbe di un'attività della società, e, con le sottoscrizioni, verrebbero in considerazione contratti bilaterali fra il sottoscrittore e la società): la sottoscrizione costituirebbe un'accettazione contrattuale. Altra parte della dottrina ha, tuttavia, affrontato il tema in una diversa prospettiva: la sottoscrizione delle azioni di nuova emissione sarebbe da ricondurre all'adesione al contratto aperto (art. 1332 c.c.), trattandosi le sottoscrizioni di azioni (non già di contratti della società, ma) di dichiarazioni espressive di adesioni all'unico contratto (Ginevra, Sottoscrizione, in part. 60 ss., ove ulteriori riferimenti).

La sottoscrizione ha forma libera e l'obbligo di esecuzione dei conferimenti deriva non dalla delibera, ma da una distinta manifestazione della volontà negoziale, che si può desumere anche da fatti concludenti cfr. Cass., 15 settembre 2009, n. 19813; Trib. Roma, 31 luglio 2015. Peraltro, gli amministratori avrebbero la facoltà, nell'esecuzione della delibera, di sottoporre la sottoscrizione all'osservanza di requisiti di forma: Speranzin, Art. 2439, 840. Sulle diverse ricostruzioni – contratto reale o contratto consensuale atipico – del negozio di sottoscrizione, v. Guerrera, Art. 2438-2439, 1155).

Al momento della sottoscrizione, si verifica l'emissione delle azioni (Speranzin, Art. 2438, 827). È ammissibile anche l'emissione di azioni senza valore nominale (Speranzin, Art. 2438, 845 ss.).

Quanto al termine entro il quale devono pervenire le sottoscrizioni, si discute:

i) se il termine per raccogliere le sottoscrizioni possa formare oggetto di proroga (in senso negativo, Speranzin, Art. 2439, 837 s., salve le ipotesi in cui vi sia il consenso unanime di coloro che hanno già sottoscritto o che non vi siano sottoscrittori; cfr., sulla legittimità della delibera di riapertura del termine per l'esercizio del diritto di opzione, Trib. Catania, 18 luglio 2013);

ii) se possa pervenire una rinuncia all'operazione da parte della società prima dello spirare del termine finale (la soluzione affermativa è accolta senza difficoltà se l'aumento è inscindibile; maggiori dubbi si pongono se l'aumento è scindibile, a maggior ragione se si opta per l'ammissibilità dell'aumento progressivo: Speranzin, Art. 2439, 838).

Entro i trenta giorni successivi allo scadere del termine per la sottoscrizione delle azioni di nuova emissione, gli amministratori devono depositare un'attestazione che l'aumento del capitale è stato eseguito: attestazione che è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese (rilevante – come si vedrà – anche per la disciplina dell'invalidità della delibera di aumento: ultra §7. Si tratta non di una fase del procedimento, ma di una formalità con efficacia dichiarativa, che non costituisce condizione dell'efficacia dell'aumento: Ginevra, in Diritto commerciale, a cura di M. Cian, Torino, 2016, 372). Fino a che non sia avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese di tale attestazione, l'aumento del capitale non può essere menzionato negli atti della società.

La condizione dell'integrale liberazione delle azioni emesse per l'esecuzione dell'aumento (anche nell'art. 2420-bis, comma 1, c.c.). La posizione degli acquirenti

Al fine di poter dare esecuzione ad una delibera di aumento del capitale sociale, l'art. 2438, comma 1, c.c. impone che i precedenti aumenti siano stati liberati (: divieto di emissione di nuove azioni in presenza di precedenti aumenti di capitale non interamente liberati; sulle diverse interpretazioni in merito a quali attività siano consentite: Speranzin, Art. 2438, 828 s.). La ratio è quella di evitare che il patrimonio della società sia costituito da crediti nei confronti dei soci (cfr., anche per una ricostruzione delle diverse opinioni in cui si articola detta – prevalente – interpretazione, Speranzin, Art. 2438, 826; Bartalena, Art. 2438, 2580).

Vi sono ipotesi in cui non si dovrebbe rientrare nella fattispecie in esame (cfr. Giannelli, L'aumento, 261; Speranzin, Art. 2438, 829, anche per l'individuazione di tutte le ipotesi consentite; Bartalena, Art. 2438, 2583 ss.).

Si è detto che l'art. 2438 c.c. non preclude l'adozione della delibera (cfr., anche per un confronto con la formulazione della norma anteriore al 2003, Bartalena, 2574). Si pone, tuttavia un problema di coordinamento sistematico fra tale disposizione e l'art. 2420-bis, comma 1, c.c.: è noto che, in funzione dell'emissione di un prestito obbligazionario convertibile, la società deve contestualmente assumere una delibera di aumento del capitale sociale in misura pari alle azioni da attribuire in conversione. In questo caso, l'art. 2420-bis, comma 1,c.c. sembra non consentire – in presenza di precedenti aumenti non interamente liberati – non solo l'esecuzione, ma anche l'assunzione della delibera. Si tratta, secondo alcuni, di una contraddizione (imputabile ad un mero difetto di coordinamento) che può essere superata ritenendosi che sia la delibera di aumento, sia la delibera di emissione di obbligazioni convertibili in azioni possano essere assunte, ma non eseguite (Guerrera, Artt. 2438-2439, 1153). Secondo altri è preclusa l'assunzione della delibera di emissione di obbligazioni e l'emissione di queste ultime (essendo peraltro consentita una delibera di aumento “asservita alla conversione”: Giannelli, L'aumento, 265 ss., ove anche un'analisi delle conseguenze per le obbligazioni emesse in violazione della delibera nulla).

Nel caso di violazione del divieto, si ritiene che la delibera di aumento sia valida (così, Giannelli, L'aumento, 261) e che, per quanto si configuri una responsabilità degli amministratori (su cui v., ultra, §8), si ponga un problema di tutela degli acquirenti delle azioni: l'art. 2438, comma 2, c.c. dispone, infatti, che restino comunque salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse. La disposizione viene interpretata in due modi: i) i sottoscrittori non acquisterebbero la qualità di soci (fino all'integrale liberazione delle azioni), ma resterebbero comunque obbligati nei confronti della società all'esecuzione dei conferimenti, operando il vincolo soltanto in modo unilaterale (: Guerrera, Artt. 2438-2439, 1152; Bartalena, 2577); ii) la tutela dei sottoscrittori sarebbe reale (: tutela cartolare o equivalente), nel senso che l'acquisto sarebbe opponibile alla società (Giannelli, L'aumento, 262 ss., ove anche un confronto con la s.r.l.; Speranzin, Art. 2438, 831).

Aumento a pagamento del capitale sociale e perdite: la previsione dell'art. 182-sexies l.fall.

Secondo parte della giurisprudenza, la presenza di perdite che intaccano il patrimonio netto facendolo scendere al di sotto del valore nominale capitale sociale impedisce radicalmente l'assunzione della stessa delibera di aumento, dovendo la società procedere, prima, all'eliminazione delle suddette perdite e, poi, all'aumento (Trib. Milano, 16 luglio 2010). La dottrina ritiene, invece, che sia consentito procedere direttamente a deliberare l'aumento del capitale sociale, se all'esito di quest'ultimo la perdita diventa inferiore ad un terzo del capitale sociale (v. Speranzin, Art. 2438, 832; cfr., in tal senso, anche la Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 122 del 18 ottobre 2011).

L'art. 182-sexies l.fall. consente espressamente il superamento del problema nell'ipotesi in cui la società presenti domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o domanda per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis ovvero della proposta di accordo (ai sensi del sesto comma della stessa disposizione) e sino all'omologazione. L'art. 182-sexies l.fall. (disposizione che è stata ritenuta applicabile anche al concordato con continuità aziendale, oltre che al concordato liquidatorio: Trib. Monza, 3 dicembre 2014) prevede una sospensione delle regole a presidio del mantenimento dell'effettività del capitale sociale (: disciplina della riduzione obbligatoria del capitale sociale per perdite). Pertanto, durante la procedura si dovrebbe potere procedere a un aumento senza dovere prima attuarne la riduzione.

Conferimenti e assegnazione delle azioni

In sede di aumento del capitale sociale, trova applicazione, tendenzialmente integrale, la disciplina dei conferimenti dettata per la costituzione della società. In particolare:

i) non vi sono differenze quanto alla tipologia di entità conferibili;

ii) se non è diversamente stabilito nella delibera assembleare, i conferimenti devono essere eseguiti in denaro. Se è previsto un sovrapprezzo, gli amministratori devono richiedere l'integrale versamento di quest'ultimo in sede di sottoscrizione (art. 2439, comma 1, c.c.). Si discute se la norma sia derogabile, nel senso che sia ammissibile anche un versamento differito del suddetto sovrapprezzo. Si ritiene che l'individuazione di entità conferibili diverse dal denaro non possa essere rimessa in sede di esecuzione della delibera all'organo amministrativo, il quale:

- potrebbe forse scegliere un bene all'interno di un genere (cfr. Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 8 del 23 marzo 2004) per quanto si tratti soluzione di difficile attuazione pratica (: Speranzin, Art. 2440, 850);

- non può accettare datio in solutum [Speranzin, Art. 2440 (in Commentario Romano), 850];

ii) sempre con riferimento ai conferimenti in denaro, il versamento dei decimi può essere effettuato direttamente presso le casse sociali. Dovrebbe essere ammissibile l'estinzione del debito da conferimento in denaro per compensazione con controcredito del sottoscrittore (cfr. Speranzin, Art. 2439, 839; in senso affermativo, v. anche Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 125 del 5 marzo 2013). Se la società è unipersonale, i conferimenti in denaro devono essere eseguiti integralmente;

iii) qualora, invece, la delibera preveda che i conferimenti debbano effettuarsi in natura, vi è, in parte, un rinvio agli artt. 2343-ter e 2343-quater c.c. [sul regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura, in caso di aumento di capitale delegato agli amministratori, v. la Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 121 del 5 aprile 2011; Speranzin, Art. 2440 (in Le società per azioni), 2607 ss.].

Trova applicazione la regola dell'assegnazione a ciascun socio di un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Dovrebbe essere consentita anche in caso di aumento del capitale sociale un'assegnazione non proporzionale come in fase di costituzione della società (Speranzin, Art. 2439, 843 ss., ove un'analisi dell'ulteriore contenuto che deve avere in questa ipotesi la delibera; Notari, 47 ss.).

L'aumento delegato del capitale sociale

La possibilità di delegare l'aumento del capitale sociale all'organo gestorio risponde all'interesse di rimettere agli amministratori l'individuazione del momento valutato come più opportuno per procedere all'operazione [sulla distinzione fra delega attributiva di un potere e delega c.d. tecnica, Speranzin, Art. 2443 (in Commentario romano), 880 s.; se il sistema di amministrazione e controllo è quello dualistico, si ritiene pacificamente che sia delegato all'aumento il consiglio di gestione; mentre si discute sulla possibilità di una delega al consiglio di sorveglianza: cfr., sul punto, Cariello, 182]. Detta soluzione appare particolarmente funzionale nelle società quotate, in cui deve essere soddisfatta un'esigenza di rapidità e flessibilità per conseguire una ricapitalizzazione efficiente in termini di tempo e di garanzie di collocamento.

La riforma del 2003 ha consentito di delegare in modo espresso all'organo amministrativo anche l'esclusione o la limitazione del diritto di opzione spettante agli azionisti e ai titolari di obbligazioni convertibili in azioni, con predeterminazione dei criteri a cui gli amministratori devono attenersi: facoltà che può essere concessa in via originaria o con successiva modifica dello statuto [stante detta previsione, si ritiene a maggior ragione ammissibile la delega all'esclusione o limitazione dell'opzione al fine di collocare le azioni presso i dipendenti: Speranzin, Art. 2443 (in Commentario romano), 889].

Al pari della delega all'esclusione o limitazione del diritto di opzione, anche la delega all'aumento del capitale sociale può essere non solo contenuta in via originaria nello statuto, ma anche introdotta successivamente attraverso una modifica statutaria.

La soluzione dell'aumento delegato del capitale sociale è soggetta a vincoli formali e sostanziali. Sul piano formale, l'aumento del capitale sociale da parte degli amministratori deve essere deliberato nel termine massimo di cinque anni (decorrenti dall'iscrizione della società nel registro delle imprese, se la possibilità di delega era già contenuta nello statuto, ovvero dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera introduttiva della clausola, se detta clausola è stata introdotta nello statuto successivamente).

Sul piano sostanziale, devono essere oggetto di previsione:

- l'importo massimo dell'aumento. È stato espressamente stabilito che gli amministratori possano aumentare il capitale sociale in più tranches («in una o più volte»): soluzione sulla cui ammissibilità si discuteva in passato;

- i criteri per determinare il prezzo di emissione (così, Speranzin, Art. 2443, 885; contra, cfr. Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 8 del 23 marzo 2004, secondo cui “la delega può – ma non necessariamente deve – dettare i criteri per la determinazione del prezzo di emissione delle azioni”. Con particolare riferimento alla causa di esclusione semplificata del diritto di opzione, si ritengono ammissibili tecniche di c.d. bookbuilding, che consentono di fissare il prezzo in concomitanza con il collocamento sul mercato, al fine di conseguire il successo dell'operazione).

È prevalente la tesi secondo cui l'organo amministrativo può decidere l'emissione anche di azioni di categorie speciali a condizione che si tratti di categorie già esistenti e purché l'emissione sia proporzionale rispetto a queste ultime [cfr. Speranzin, Art. 2443 (in Le società per azioni), 2676 e Cerrato, Art. 2443, 1549 ss.]. Ai fini dell'emissione di azioni di categorie speciali non esistenti è necessario che la delibera di delega attribuisca tale facoltà e che la delibera dell'assemblea generale sia approvata dall'assemblea speciale ai sensi dell'art. 2376 c.c.

L'invalidità della delibera di aumento del capitale sociale e la strumentalizzazione abusiva dell'operazione: cenni

La delibera di aumento del capitale sociale, nella misura in cui ha effetti che si ripercuotono anche sui terzi, gode di una stabilità ulteriormente rafforzata rispetto alla disciplina generale sull'invalidità (che, come noto, già deroga alle regole in tema di contratto), in forza di quanto previsto dall'art. 2479-ter, commi 1 e 2, c.c. Anzitutto, il termine per l'impugnazione è abbreviato (180 giorni) per tutte le società (e vale, secondo la dottrina, altresì in caso di delibere nulle: La Sala, 1149). Inoltre, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, è precluso il ricorso al rimedio reale se è stata iscritta nel registro delle imprese l'attestazione che l'aumento del capitale sociale è stato anche solo parzialmente eseguito (: condizione necessaria ma non sufficiente; cfr., sul punto, La Sala, 1151 s.), ferma restando la possibilità di chiedere il risarcimento del danno (La Sala, 1153 ss.).

Sotto diverso profilo, si può notare come l'operazione di aumento del capitale sociale, per quanto attuata con una delibera pienamente valida, possa risultare comunque abusiva (: invalidità per eccesso o abuso di potere). Si tratta, infatti, del classico strumento utilizzato nella prassi da amministratori o soci di maggioranza a danno delle minoranze, al fine di conseguire l'estromissione di queste ultime dalla compagine sociale (sul punto, cfr., per tutti, Preite, 149 ss.).

In evidenza: Trib. Monza, 20 febbraio 1998

La delibera di aumento di capitale di una s.p.a. può essere invalida per abuso od eccesso di potere se risulta la lesione dei diritti del socio di minoranza sotto il profilo soggettivo (intenzionalità del pregiudizio e consapevolezza del socio di maggioranza di poter sfruttare una situazione di illiquidità del socio minoritario) e sotto il profilo oggettivo (reale illiquidità del socio di minoranza, sproporzione rilevante tra la sua situazione finanziaria e l'importo da sottoscrivere, nonché sussistenza di un motivo pretestuoso per l'aumento di capitale). Cfr. anche: Cass., 4 maggio 1994, n. 4323 (che individua gli elementi da cui desumere l'integrazione del vizio di potere: le deliberazioni sono “frutto di un accordo di maggioranza diretto a realizzare non l'interesse sociale, ma quello personale dei partecipanti all'accordo medesimo, di accentramento in proprie mani della disponibilità del capitale azionario, con conseguente riduzione della partecipazione percentuale di soci impossibilitati ad esercitare il diritto di opzione”); App. Milano, 27 gennaio 2004; Trib. Como, 1 giugno 2000.

Profili di responsabilità degli amministratori nelle operazioni di aumento del capitale sociale

Si individuano, qui di seguito, alcuni fra i principali profili di responsabilità che possono essere ascritti agli amministratori in relazione ad un'operazione di aumento del capitale sociale:

i) responsabilità per i danni nei confronti dei sottoscrittori delle azioni – soci o terzi – (art. 2395 c.c.), per aver fatto affidamento su una determinata consistenza patrimoniale, che poi si è rivelata artefatta;

ii) responsabilità per violazione del diritto di opzione degli azionisti, in caso di collocamento delle azioni presso terzi o presso i soci in modo non proporzionale o in violazione del diritto di prelazione (cfr. Ginevra, Art. 2441, 2628; Id., Mancato rispetto,591);

iii) responsabilità (c.d. “da debito”) nei confronti della società e dei creditori per omesso recupero dei decimi dovuti (al pari di quanto può verificarsi in caso di conferimenti in fase di costituzione), e quindi omessa attivazione del rimedio di cui all'art. 2344 c.c. (sul punto, seppur in tema di s.r.l., cfr. Trib. Firenze 18 gennaio 2016).

In evidenza: Trib. Firenze 18 gennaio 2016

La pronuncia ha circoscritto il danno al pregiudizio economico pari ai decimi non versati, non accogliendo altresì nel caso concreto la richiesta di risarcimento del danno da mancato guadagno.

iv) responsabilità per i danni arrecati alla società (per aver annacquato il capitale sociale: cfr. Giannelli, L'aumento, 264; Cerrato, Art. 2438, 1470 s.; Bartalena, Art. 2438, 2579), nonché, ai sensi dell'art. 2395 c.c., ai soci ed ai terzi (sulla difficoltà ad individuare la voce di danno risarcibile in concreto, Bartalena, Art. 2438, 2579), in caso di esecuzione di delibera di aumento in presenza di azioni precedentemente emesse non liberate (art. 2438, comma 2, c.c.) e responsabilità per i danni arrecati ai soci ed ai terzi, nell'ipotesi in cui l'aumento del capitale sociale sia stato deliberato, ma le azioni non siano state emesse (Giannelli, L'aumento, 265).

Riferimenti

Normativi:

  • Artt. 2325, 2342, 2343-ter, 2343-quater, 2420-bis; 2438-2441; 2443-2444 c.c.;
  • Art. 158 D.Lgs. n. 58/1998;
  • Art. 182-sexies l.fall.;
  • Direttiva 2012/30/UE del 25 ottobre 2012

Giurisprudenza:

  • Cass. 14 aprile 2006, n. 8876
  • Trib. Firenze 18 gennaio 2016
  • Trib. Roma 31 luglio 2015
  • Trib. Catania 18 luglio 2013
  • Trib. Torino, 4 settembre 2013
  • Trib. Napoli, 5 ottobre 1999

Dottrina:

  • AA.VV., Manuale di diritto commerciale, a cura di M. Cian, Torino, 2016
  • Bartalena A., Art. 2438, in Le società per azioni, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, II, Milano, 2016, 2572
  • Benassi R., Art. 2443, in Il nuovo diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, III, Padova, 2005, 1653
  • Cariello V., Il sistema dualistico, Torino, 2012
  • Cerrato S., Art. 2438, in Il nuovo diritto societario. Commentario, a cura di G. Cottino-G. Bonfante-O. Cagnasso-P. Montalenti, II, Bologna, 2004, 1449
  • Cerrato S., Art. 2443, in Il nuovo diritto societario. Commentario, a cura di G. Cottino-G. Bonfante-O. Cagnasso-P. Montalenti, II, Bologna, 2004, 1546
  • Giannelli G., L'aumento del capitale a pagamento, in Liber amicorum Gian Franco Campobasso, a cura di P. Abbadessa e G.B. Portale, 3, Torino, 2007, 257
  • Ginevra E., Sottoscrizione e aumento del capitale sociale nelle s.p.a., Milano, 2001
  • Ginevra E., Mancato rispetto del diritto di opzione nel collocamento delle azioni di nuova emissione e tutela del socio, in Banca borsa tit. cred., 1997, II, 577
  • Guerrera F., Artt. 2438-2444, in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini-A. Stagno d'Alcontres, II, Napoli, 2004, 1150
  • La Sala G., Art. 2379-ter, in Le società per azioni, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, I, Milano, 2016, 1143
  • Notari M., Art. 2346, in Azioni,a cura di M. Notari, Milano, 2008, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti-L.A. Bianchi-F. Ghezzi e M. Notari, Milano, 2008
  • Preite D., Abuso di maggioranza e conflitto di interessi del socio nella società per azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 3**, Torino, 1993, 3 ss.
  • Speranzin M., Artt. 2439-2444, in Commentario Romano al nuovo diritto delle società, diretto da F. d'Alessandro, II, t. II, Padova, 2011, 825
  • Speranzin M., Art. 2440, in Le società per azioni, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, II, Milano, 2016, 2603
  • Speranzin M., Art. 2443, in Le società per azioni, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, II, Milano, 2016, 2671

Documenti:

  • Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 8 del 23 marzo 2004
  • Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 96 del 18 maggio 2007
  • Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 121 del 5 aprile 2011
  • Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 122 del 18 ottobre 2011
  • Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 125 del 5 marzo 2013

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