Società “schermo” e sequestro finalizzato alla confisca per equivalente
19 Novembre 2015
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 45520/2015 depositata il 16 novembre, ha ritenuto sottoponibili a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, contemporaneamente e indifferentemente, i beni della società “schermo” che ha tratto vantaggio dal reato e quelli della persona fisica che lo ha commesso. L'unico limite del vincolo cautelare consiste nel valore complessivo del suddetto profitto.
Il caso. Nell'ambito di un procedimento penale instaurato, tra gli altri, nei confronti di due soggetti – all'epoca dei fatti legale rappresentante e proprietario della società – accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di appropriazione indebita e di truffa aggravata, nonché di riciclaggio, erano stati sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente i beni dell'ente. Ricorreva per Cassazione l'attuale amministratore della società.
Società schermo. La Suprema Corte, richiamando una pronuncia resa dalle Sezioni Unite in materia di reati tributari (Cass. SS.UU. 5 marzo 2014, n. 10561), ricava il principio generale per cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca ex art. 322-ter c.p. può essere disposto sui beni dell'ente che risulti privo di autonomia e rappresenti solo uno “schermo” attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni.
Concorso con persone non fisiche. La Cassazione evidenzia altresì che, in caso di concorso di più persone in uno dei reati previsti dal citato art. 322-ter, ove siano coinvolti enti non persone fisiche, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato può essere disposto, contemporaneamente e indifferentemente, sui beni della società “schermo” che ha tratto vantaggio dal reato e quelli della persona fisica che lo ha commesso, con l'unico limite per tale vincolo cautelare consistente nel valore complessivo del suddetto profitto. Per questi motivi, la Corte rigetta l'istanza, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. |