Verbale di assemblea e notaio: oltre la mera ricezione di dichiarazioni altrui?
21 Marzo 2016
Massima
Il ruolo del notaio verbalizzante in sede di omologa non può essere limitato a un controllo meramente formale, dovendo al contrario sostanziarsi in un controllo di carattere sostanziale, che si concretizza in una puntuale verifica della conformità dell'atto al modello legale di riferimento in considerazione della qualità ed estensione degli interessi coinvolti. Il caso
Con decreto n. 2291 del 25 settembre 2015, il Tribunale di Milano rigettava il ricorso promosso dagli amministratori di una società per azioni ai sensi dell'art. 2436, comma 3, c.c., al fine di ottenere il provvedimento di iscrizione presso il competente ufficio del registro delle imprese di una delibera assembleare di aumento di capitale.
L'assemblea straordinaria, in particolare e tra l'altro, aveva deliberato un aumento di capitale da offrire in opzione ai soci, con contestuale emissione di nuovi strumenti finanziari partecipativi da offrire agli strumentisti esistenti. La quasi totalità delle azioni della società era costituita in pegno a favore di due istituti di credito (creditori della società ed al tempo stesso titolari di strumenti finanziari partecipativi), con diritto di voto a favore dei soci (in deroga all'art. 2352 c.c.), salva diversa comunicazione dei creditori pignoratizi. Nonostante i creditori pignoratizi avessero manifestato - con comunicazione scritta inviata ai soci - la loro intenzione di esercitare il diritto di voto, si svolgeva l'assemblea straordinaria in cui intervenivano e votavano anche quei soci le cui azioni risultavano, appunto, pegnate, senza attendere di conoscere le intenzioni dei creditori pignoratizi quanto all'aumento di capitale proposto.
Facendo seguito a quanto paventato anche in sede assembleare, il notaio, che pure aveva dato seguito alla richiesta di redigere il verbale, comunicava alla società pochi giorni dopo l'assemblea che non avrebbe dato seguito al deposito del verbale all'ufficio del registro delle imprese per la sua iscrizione. Rilevava infatti, a detta del notaio, sia l'impossibilità dei soci di esibire in assemblea i certificati azionari rappresentativi delle loro azioni (in quanto depositati presso le banche creditrici) o in alternativa il relativo biglietto di ammissione, come richiesto dall'art. 10 dello statuto sociale della società, sia la circostanza, oggetto anche di verbalizzazione, dell'intervenuta comunicazione dai parte dei creditori pignoratizi attestante la loro intenzione di esercitare il diritto di voto. Le questioni
Il provvedimento in esame, oltre a pronunciarsi, seppur quasi incidentalmente, sul - discusso - rapporto tra Presidente dell'Assemblea e notaio verbalizzante, offre interessanti spunti in merito all'ampiezza del controllo notarile in sede di omologa.
Quanto al ruolo del Presidente dell'Assemblea, il Tribunale riconosce come il legislatore, con l'art. 2371, c.c., abbia attribuito al Presidente, tra l'altro, il potere esclusivo di verifica dei requisiti di legittimazione al voto degli intervenuti, sulla scia di quanto aveva già sostenuto un filone giurisprudenziale e dottrinale prima della riforma del 2003 (v. App. Genova 19 luglio 1995, in Giur. it., 1995, I, 2, 784; P. Marchetti, L'intervento in assemblea, in Contratto e impr., 1986, 990 ss.). Tuttavia, il Collegio giudicante, allo stesso tempo, effettua una precisazione significativa evidenziando come, da un punto di vista di principi generali, ogni attribuzione di potere "normalmente implica, funzioni di controllo sul concreto esercizio". Si lascia quindi intendere che, "salva evidentemente ogni più approfondita valutazione su oggetto e limiti di tali funzioni di controllo", il notaio verbalizzante, quanto meno avanti a palesi circostanze risultanti da indici documentali, non possa limitarsi ad una mera riproduzione delle asserzioni presidenziali ma debba contribuire alla predetta generale attività di controllo, certificando quanto egli direttamente percepisce durante tutta la vicenda assembleare.
Quindi, il decreto del Tribunale si sofferma sul ruolo del controllo notarile rigettando la tesi del ricorrente secondo cui il controllo del pubblico ufficiale in sede di omologa deve limitarsi al mero vaglio di eventuali vizi di nullità ex artt. 2379 e 2479-ter, comma 3, c.c. della delibera impugnata, tralasciando invece eventuali vizi comportanti l'annullabilità.
L'argomento di più immediata comprensione su cui si basa il decreto in commento è costituito dal dato letterale: l'art. 2436, commi 1 e 3, c.c. prevede infatti una formulazione alquanto ampia, riferendosi ad un controllo avente ad oggetto le "condizioni stabilite dalla legge". Ciò farebbe propendere per l'esclusione di un'interpretazione restrittiva del vaglio notarile. Ed il punto sembrerebbe ulteriormente corroborato se si considera il dettato del comma 2 della medesima norma, che prendendo in considerazione il controllo riservato all'ufficio del registro delle imprese, lo qualifica espressamente come "formale".
In aggiunta all'argomento letterale, il Tribunale si appella a ragioni di ordine sistematico, richiamando come di fronte ad un atto costitutivo di società, al pubblico ufficiale è riservato, ai sensi dell'art. 2329 c.c., un pregnante potere di controllo con carattere di natura "sostanziale". Partendo da tale considerazione, nel decreto viene sostenuto come appaia erroneo interpretare i poteri di controllo del notaio richiesti dall'art. 2436 c.c. alla luce delle speciali previsioni disciplinari di cui agli artt. 28 e 138-bis l. not. Infatti, le previsioni codicistiche e quelle disciplinari avrebbero ambiti oggettivi di applicazione distinti: la circostanza che le condizioni stabilite dalla legge siano "manifestamente inesistenti" rileva solamente ai fini di applicabilità delle sanzioni disciplinari previste ai sensi dell'art. 28 l. not., ma tale disposizione non esclude che un vizio non "manifesto" possa comunque dare luogo a responsabilità civile e soprattutto non elide il potere-dovere del pubblico ufficiale di rifiutare la richiesta di iscrizione ogni qualvolta le suddette condizioni manchino, seppur non "manifestamente".
Chiarito il diverso ambito applicativo delle norme richiamate, il Tribunale respinge anche la pretesa di delineare possibili limiti al controllo notarile dalla disciplina di cui all'art. 2379 c.c. L'argomento sembra avallato anche dall'orientamento dottrinale maggioritario (v. R. Rordorf, L'omologazione degli atti societari, in Trattato Bessone, XVIII, 1998; G. Marasà, Modifiche del contratto sociale e modifiche dell'atto costitutivo, in Trattato delle società per azioni, 6, 1993) che si è espresso nel senso dell'impossibilità ed inopportunità della risoluzione della questione sulla base della tradizionale dicotomia nullità-annullabilità. In altri termini, il Tribunale tende ad escludere che il sindacato del notaio si possa estendere solo ai casi di nullità e non a quelli di annullabilità delle delibere assembleari. Questo, in quanto, da un lato anche le delibere affette da vizi che rientrano nell'alveo della nullità "risultano suscettibili di stabilizzazione in mancanza di iniziativa di parte - salva l'ipotesi limite di cui all'ultima parte del comma 1° [dell'art. 2379 c.c.]". Dall'altro lato, poiché il potere di controllo - che resta di natura rigorosamente documentale - del notaio in sede di verbalizzazione appare da leggere alla stregua di una verifica dei "più generali parametri" concernenti la "conformità dell'atto al modello legale di riferimento".
Muovendosi da tali considerazioni, si giunge all'aspetto più significativo e, forse, innovativo della pronunzia, che si sostanzia nel tentativo del Collegio giudicante di delineare il contenuto del controllo notarile in sede di verbalizzazione assembleare in ragione degli interessi tutelati dalle norme rispetto a cui tale controllo si riferisce. Più precisamente, viene osservato dal Tribunale che laddove una verbalizzazione assembleare afferisca norme poste a tutela di interessi generali (come quelle inerenti la disciplina sulla costituzione e modifica del capitale sociale, rilevante nel caso di specie), sorga una contestuale esigenza di garantire, per quanto possibile sin dal principio, la certezza dei traffici giuridico-economici che su tale deliberazione fanno affidamento. Pertanto, in tal caso risulterebbe richiesta al notaio un'attività di controllo che sia idonea a garantire un "livello almeno minimale di tutela preventiva" che si concretizza in una verifica in merito all'assenza di vizi, verificabile materialmente e documentamene, senza alcuna attività di indagine - e così in grado di consentire una - quanto meno iniziale - stabilità della delibera agli occhi dei terzi. Osservazioni
Il decreto che qui si commenta, appare particolarmente interessante per due ordini di motivi.
Innanzitutto in quanto ripropone, pur senza argomentare nel dettaglio, la tesi, già sostenuta dalla Corte di Cassazione (Cass. 20 giugno 2000, n. 8370, in Società, 2000, 1191) dell'autonomia di giudizio concessa al notaio verbalizzante rispetto agli accertamenti effettuati Presidente dell'Assemblea, per lo meno con riferimento a quelli materialmente e documentalmente verificabili ictu oculi in sede assembleare.
Inoltre, la peculiarità della pronunzia si rinviene nel tentativo di creare un'analogia tra le funzioni notarili in sede di costituzione societaria previste dall'art. 2329 c.c. (ove è pacifico che sia richiesto al pubblico ufficiale un profondo controllo di merito) e quelle in sede di verbalizzazione assembleare, per lo meno ove l'oggetto della delibera dei soci sia regolata da disposizioni - come quelle sulla modifica del capitale - che trascende il mero interesse dei soci ed è invece orientata alla tutela di interessi generali. Seppur non si trovi riscontro testuale nella pronunzia, si può avanzare l'ipotesi che tale interpretazione del Tribunale sia anche ispirata dalla novità legislativa introdotte con l'art. 20, comma 7-bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, converto in L. 11 agosto 2014, n. 116, che pure non si applica, per espresso volere del legislatore, alle società per azioni. Infatti, ispirato dai principi di speditezza dei traffici giuridici, con tale disposizione il legislatore ha in parte (ulteriormente) ridisegnato il sistema dei controlli preventivi degli atti societari ampliando il ruolo del pubblico ufficiale ("l'accertamento delle condizioni richieste dalla legge per l'iscrizione rientra nella esclusiva responsabilità del pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l'atto") e limitando al contempo il ruolo dell'ufficio del registro delle imprese. Conclusioni
Non contestabili appaiono le riflessioni del decreto in merito al non facile rapporto esistente tra notaio verbalizzante e Presidente dell'Assemblea, che paiono richiedere al verbalizzante un comportamento non acritico, ispirato dai principi di veridicità e precisione (V. Rescio, Verbale di assemblea di società di capitali per atto pubblico, in A.a.V.v., Imprese e tecniche di documentazione giuridica, Milano, 1990, Vol. II, 69).
Più foriero di dibattito appare il tentativo di sovrapporre il ruolo del "notaio verbalizzante" a quello del "notaio redigente l'atto costitutivo di società", seppur corretta appare la decisione di respingere nuovamenteil tentativo di limitare il controllo del notaio ai soli casi di nullità delle delibere assembleari. Tale visione, infatti, frustrerebbe l'intento legislativo (risalente all'art. 32 della L. 24 novembre 2000, n. 340) di affidare alla professionalità e competenza tecnica di un pubblico ufficiale un primo vaglio su determinate decisioni dei soci, in grado di rafforzare la stabilità delle delibere assembleari, ridurre il contenzioso avanti al giudice del registro e, in definitiva, garantire maggiore efficienza al traffico giuridico. |