Il mancato riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio

Redazione Scientifica
05 Maggio 2014

Quali sono i presupposti di risarcibilità del danno da mancato riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio?

Quali sono i presupposti di risarcibilità del danno da mancato riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio?

Una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, sent. n. 20137/2013) ha avuto modo di ribadire come la domanda di risarcimento dei danni subiti da un figlio quale conseguenza del mancato riconoscimento ad opera del genitore presenti una precisa autonomia e una sostanziale diversità rispetto alla domanda di mantenimento.

Quest'ultima trova specifico fondamento normativo nell'art. 30 Cost. e negli articoli del codice civile che impongono al genitore di mantenere il figlio fino al momento del conseguimento, da parte dello stesso, dell'indipendenza economica.

La prima, invece, attiene ad un diverso aspetto della responsabilità genitoriale (sul presupposto che il disinteresse manifestato da un genitore nei confronti di un figlio, protratto per lunghi anni, leda un interesse della persona di rango costituzionale riconducibile agli artt. 2 e 30 Cost.), ha natura squisitamente compensatoria e riparatoria, e necessita di essere avanzata autonomamente da parte di chi invochi il risarcimento dei danni ad essa correlati.

La responsabilità da omesso o ritardato riconoscimento, precisamente, si ricollega alla tematica dell'illecito endofamiliare, istituto che ricomprende tutte quelle ipotesi lesive dei doveri coniugali e genitoriali che coinvolgono interessi esistenziali costituzionalmente protetti e che, pertanto, devono essere garantiti non solo dall'applicazione delle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, ma anche da una autonoma azione volta al risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. (Cass.civ.,sez. I, sent., 10 aprile 2012,n. 5652).

Nel passato si è discusso, in giurisprudenza, in ordine alla qualificabilità - come fatto illecito - dell'indebito rifiuto di assumere il ruolo genitoriale derivante dall'atto procreativo. Il nostro ordinamento riconosce infatti, allo stato attuale della legislazione: a) la generale volontarietà dell'atto di riconoscimento (art. 250 c.c.); b) la facoltà della madre di non essere nominata nell'atto di nascita (art. 30, comma 1, d.P.R. n. 396/2000), e il corrispondente divieto di rilasciare, prima che siano decorsi cento anni, copia integrale del certificato di assistenza al parto o della cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata (art. 93, comma 2, d.lgs. n. 196/2003).

L'orientamento giurisprudenziale favorevole alla tesi dell'illiceità del mancato riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è stato inaugurato da Cass.civ., sent. n. 7713/2000, che ha riconosciuto al medesimo il diritto al risarcimento del danno in conseguenza della condotta del genitore (riconosciuto giudizialmente tale), che per anni aveva ostinatamente rifiutato di corrispondere al figlio i mezzi di sussistenza :«poiché l'art. 2043 c.c., correlato agli artt. 2 ss. Cost., va necessariamente esteso fino a ricomprendere non solo i danni patrimoniali in senso stretto, ma tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana, la lesione di diritti di rilevanza costituzionale va incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione (danno evento) indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare (danno conseguenza)».

Successivamente, il Tribunale di Venezia ha sia confutato la tesi del contrasto logico-giuridico tra la volontarietà del riconoscimento e l'antigiuridicità della consapevole omissione del riconoscimento stesso, affermando che non può negarsi l'obbligatorietà di un comportamento che, se non tenuto, può essere “sostituito” da una pronuncia giudiziale idonea a produrne identici effetti; sia ravvisato, nel fatto stesso della filiazione, la fonte dell'obbligo di mantenimento del figlio nato fuori dal matrimonio, come si evince dal disposto dell'art. 279 c.c., che consente al medesimo di agire nei confronti del genitore per ottenere da costui mantenimento, istruzione ed educazione anche nelle ipotesi in cui non possa proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (Trib. Venezia, 18 aprile 2006, in Fam. e dir., 2007, 927, con nota di Facci, La responsabilità del genitore che sceglie di non riconoscere il figlio e non provvede al suo mantenimento: una sentenza importante.).

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