Il calcolo del danno differenziale e l’estensione del diritto di surrogazione dell’Inail

Andrea Penta
08 Novembre 2016

Per calcolare il c.d. "danno biologico differenziale" dall'ammontare complessivo del danno biologico deve essere detratto solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare il danno biologico.
Massima

Per calcolare il c.d. "danno biologico differenziale", spettante alla vittima nei confronti dei terzo civilmente responsabile, dall'ammontare complessivo del danno biologico deve essere detratto non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'Inail, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare il danno biologico.

Il caso

Nell'ambito di un giudizio risarcitorio instaurato dalla vittima di un incidente stradale, l'Inail interveniva volontariamente, deducendo di aver trattato l'infortunio sul lavoro occorso all'attore, in qualità di dipendente con mansioni di autista di una società cooperativa, e di avergli corrisposto l'indennizzo sotto forma di rendita, in relazione ad un'invalidità permanente accertata nel 47%, con IT di 121 giorni, ed indirizzando la pretesa risarcitoria, in via surrogatoria, nei confronti del conducente-proprietario antagonista, di cui sosteneva l'integrale ed esclusiva responsabilità in ordine al sinistro, chiedendone la condanna al rimborso di quanto corrisposto.

Il giudice di primo grado, dopo aver ritenuto che la responsabilità del sinistro fosse attribuibile all'attore nella percentuale del 25%, liquidava in suo favore i danni non patrimoniali e patrimoniali da parziale perdita della capacità lavorativa, considerata la quota di corresponsabilità, in € 544.498,99; poi detraeva gli acconti già corrisposti al medesimo e calcolava il danno differenziale rispetto a quanto già versato da Inail, accertando una diminuzione non totale della capacità lavorativa specifica, ma in misura del 50% ed escludendo il danno pensionistico, stante l'erogazione della rendita Inail a vita. Accoglieva, infine, la domanda di surroga di Inail per € 323.218,38 (di cui € 136.881,31 a titolo di danno patrimoniale e € 186.337,07 a titolo di danno non patrimoniale), liquidando residui € 221.280,61 al danneggiato a carico solidale dei convenuti.

Avverso la sentenza proponeva appello l'Inail, con riferimento al solo capo della sentenza concernente l'estensione della sua surroga, ritenendo erronea l'interpretazione degli artt. 13 del d.lgs. 38/2000, 1916 c.c. e 142 Cod. Ass. e richiamando altra giurisprudenza del Tribunale di Torino (Trib. Torino, Sez. IV, n. 6904/2012), che aveva ritenuto la facoltà dell'Inail di surrogarsi su tutti gli importi unitariamente liquidati al danneggiato ed aveva dato una lettura omnicomprensiva del danno biologico, in termini di lesione all'integrità psico-fisica del danneggiato.

In particolare, l'Istituto reputava maggiormente aderente al principio surrogatorio di cui all'art. 1916 c.c. l'orientamento per cui l'Ente subentra nell'identica posizione del danneggiato e può pretendere i medesimi importi a questi spettanti civilisticamente nei confronti dei responsabili civili del sinistro e censurava la sentenza impugnata per aver motivato in contraddizione con la premessa data dall'affermazione della omnicomprensività del danno alla salute. In definitiva, sosteneva che non potesse essere operata distinzione fra le singole poste di danno e che, per l'effetto, il raffronto fra indennizzo Inail e danno civilistico si sarebbe dovuto effettuare unitariamente e non per singole poste, in coerenza con lo spirito della riforma di cui al d.lgs. n. 38/2000 (che aveva voluto che l'oggetto della tutela assicurativa fosse costituito dall'integrità psico-fisica del lavoratore, con conseguente omogeneità delle tutele e delle tabelle medico-legali richiamate dalle normative, in ambedue i casi ormai volte ad una valutazione unitaria del danno biologico comprensiva anche degli aspetti dinamici). Il giudice di prime cure avrebbe, pertanto, dovuto determinare il danno differenziale sottraendo dall'importo del danno complessivo liquidato secondo i principi ed i criteri di cui agli artt. 1223 e ss. e 2056 ss. c.c. quello delle prestazioni liquidate da Inail, nel loro complesso, in base a valori come attualizzati alla data della decisione.

A ben vedere, l'istituto previdenziale invocava l'applicazione del principio indicato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 10035 (Cass. civ., 25 maggio 2004 n. 10035), secondo cui il risarcimento spettante all'infortunato sul lavoro o ai suoi aventi causa è dovuto solo nella misura differenziale derivante dal raffronto fra l'ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate da Inail in dipendenza dell'infortunio, al fine di evitare un'indebita locupletazione in favore degli aventi diritto, i quali, altrimenti, percepirebbero in relazione al medesimo infortunio sia l'intero danno che le indennità.

La questione

La principale questione analizzata nella sentenza in commento è come, in base alla normativa applicabile cronologicamente al sinistro de quo ed in conformità dell'interpretazione giurisprudenziale che si ritiene condivisibile, vada calcolato il cd. "danno differenziale" spettante al danneggiato con i correlati limiti dell'azione di surroga dell'assicuratore sociale, onde accertare se, nel raffronto fra indennizzo e danno secondo le regole ordinarie, vada considerato l'intero importo della rendita capitalizzata oppure si debba distinguere, al suo interno, fra le varie componenti di danno patrimoniale e danno non patrimoniale

Strettamente connesso è l'interrogativo se il concetto di danno biologico dato dal legislatore nell'art. 13 d.lgs. n. 38/2000 possa coincidere con quello concepito in materia di responsabilità civile.

L'ultima questione controversa riguardava la liquidazione concreta del danno differenziale, in quanto, in conseguenza della diversità della percentuale di invalidità biologica permanente riscontrata per la posizione dell'attore, in sede Inail ed in ambito di responsabilità civile, il danno biologico era stato liquidato in modo diverso. In particolare, la corte d'appello si è posta il dubbio sull'estensione della voce di danno non patrimoniale indennizzato da Inail sottraibile al quantum liquidato in sede civilistica a tale titolo.

Le soluzioni giuridiche

La corte territoriale ha posto alcuni punti fermi:

1) i concetti di danno biologico dato dal legislatore nell'art. 13 citato e concepito in materia di responsabilità civile sono sovrapponibili, per cui quello di danno è unitario sia nel caso in cui venga ascritto al paradigma dell'art. 13 o nell'ambito dell'art. 139 Cod. Ass. in materia di micropermanenti, sia nell'elaborazione giurisprudenziale più recente e fatta propria dalla sentenza della Corte costituzionale, C. Cost. n. 233/2003, nel caso di macropermanenti (art. 138 Cod. Ass.) ovvero di micropermanenti non ricomprese nella disciplina del Codice Assicurazioni (che limita la sua efficacia all'ambito della RCA);

2) circa la questione del “danno differenziale”, è pacifico che nessun problema si ponga nel caso di postumi fino al 5% (atteso che il riconoscimento del danno biologico da parte dell'Inail presuppone un'invalidità permanente a partire dal 6%) o nel caso di danno morale e di inabilità biologica temporanea, non ricompresi nell'ambito della tutela Inail.

E qui si arrestano le certezze della corte torinese, la quale evidenzia che oltre il 6%, in astratto, quanto al cd. danno differenziale, si possono prospettare tre interpretazioni:

a) il lavoratore, nel caso di infortunio in itinere, ha diritto sia al risarcimento derivante dalla responsabilità civile del responsabile, sia all'indennizzo Inail;

b) il lavoratore non ha diritto ad alcuna differenza, in quanto il concetto di danno biologico è unico ed una diversa interpretazione condurrebbe ad una duplicazione del ristoro del danno biologico sia da parte dell'Inail che da parte del responsabile del danno;

c) è riconoscibile il danno differenziale nel caso in cui il danno biologico in sede di responsabilità civile sia valutato sulla base di barémes diversi rispetto a quelli previsti dal D.M. 12 luglio 2000 con il quale è stata determinata la tabella delle menomazioni.

Non viene condivisa né la prima interpretazione (in quanto rappresentano principi generali del nostro ordinamento sia che il danneggiato abbia diritto di ottenere il risarcimento dell'intero danno patito sia che non possa pretendere di più del danno effettivamente subìto, lucrando, quindi, indebitamente un arricchimento) né la seconda (in base alla quale si realizzerebbe una disparità di trattamento tra il danneggiato-lavoratore che ha subìto un infortunio in itinere - il quale, per quanto concerne il danno biologico, vedrebbe limitato il proprio ristoro al solo danno liquidato in base alle tabelle Inail - e tutti gli altri danneggiati - nei confronti dei quali la liquidazione viene fatta sulla base dei barémes della responsabilità civile -). D'altra parte, alla stregua del criterio ermeneutico letterale (“ai fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria ..”), l'art. 13 cit. si applica esclusivamente alla disciplina dell'assicurazione obbligatoria, con la conseguenza che il criterio previsto non può estendersi automaticamente anche alle fattispecie di responsabilità civile.

Nel caso di specie, in conseguenza della diversità della percentuale di invalidità biologica permanente riscontrata per la posizione dell'attore, in sede Inail ed in ambito di responsabilità civile, il danno biologico era stato liquidato in modo diverso.

Quanto alla estensione della surrogazione, in passato era pacifico in giurisprudenza che la voce del cd. “danno morale” non fosse soggetta a surroga in quanto non indennizzata da Inail e, dunque, spettasse esclusivamente al lavoratore. A seguito delle sentenze cc.dd. "gemelle" delle Sezioni Unite del novembre 2008, la questione si è complicata. Una volta unificata dal punto di vista concettuale la categoria del danno non patrimoniale, qual è l'estensione della voce di danno non patrimoniale indennizzato da Inail sottraibile al quantum liquidato in sede civilistica a tale titolo?

Il giudice di primo grado ha applicato, condividendolo, il precedente del Tribunale di Milano (Trib. Milano, sez. V, 9 giugno 2009 n. 7515) a tenore del quale, nell'ambito del danno non patrimoniale unitariamente liquidato in sede civilistica, qualora tale risarcimento superi l'ammontare delle indennità corrisposte da Inail a titolo di danno biologico, è preclusa ogni possibilità di scomposizione del danno alla persona in poste distintamente risarcibili, onde non incorrere in duplicazioni risarcitorie, cosicché non è più possibile scorporare all'interno del danno non patrimoniale riconosciuto, nemmeno agli effetti della surroga Inail, la quota relativa al cd. danno biologico "standard" da quella relativa ad ulteriori componenti (ad esempio il cd. danno morale o esistenziale) non valutate da Inail ai fini indennitari.

Nella fattispecie concreta, peraltro, la suddetta soluzione non era stata oggetto di impugnazione ad opera di alcuna parte, risultando controversa esclusivamente la questione, logicamente precedente, se, ai fini dell'individuazione dell'importo del danno differenziale spettante al lavoratore, il raffronto fra l'importo erogato dall'Inail e quello civilisticamente spettante al lavoratore infortunato a titolo risarcitorio andasse effettuato raffrontando separatamente il danno patrimoniale, da un lato, ed il danno non patrimoniale, dall'altro, o con riferimento al risarcimento globalmente inteso.

Aderendo alla soluzione della comparazione distinta delle poste per pretese congruenti, la corte locale ha ritenuto che l'erogazione dell'indennizzo per danno patrimoniale sotto forma di rendita non potesse incidere, sottraendone una fetta, sul danno non patrimoniale spettante al danneggiato a titolo di danno alla salute inteso in senso lato (che, nel caso di specie, era differente e più elevato secondo i baremes civilistici rispetto a quello previdenziale).

Osservazioni

In termini generali, costituisce un costante principio giurisprudenziale l'affermazione che l'azione di surroga ex art. 1916 c.c. (che, in tema di circolazione stradale, era riconosciuta un tempo dall'art. 28 l. 990/1969 ed è ora disciplinata dall'art. 142 Cod. Ass.) comporta in capo all'assicuratore l'acquisto a titolo derivativo dei diritti del danneggiato nel medesimo stato, con lo stesso contenuto e gli stessi limiti in cui esso si trovava al momento della surrogazione, venendo l'Ente a subentrare nell'identica posizione sostanziale e processuale dei danneggiati verso il terzo autore del fatto dannoso (Cass. civ. sez. III, 2 febbraio 2001, n. 1508). Peraltro, il danneggiato indennizzato tramite costituzione di una rendita vitalizia da parte dell'Inail o erogazione di capitale non perde in toto la legittimazione attiva alla pretesa risarcitoria, conservandola nei confronti del responsabile civile del danno per ottenere l'eventuale residuo ristoro, qualora il danno sofferto sia stato coperto solo in parte dalla prestazione assicurativa Inail, laddove l'Istituto può esercitare l'azione di surroga limitatamente alla quota corrispondente alle voci indennizzate, mentre il danneggiato ha diritto al cd. "danno differenziale" (cfr. Cass. civ. sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022).

Come è noto, se i postumi sono valutabili in misura compresa fra il 6 ed il 15% viene erogata al lavoratore infortunato una somma in capitale, di importo variabile a seconda dell'età e del grado di inabilità; se, invece, i postumi sono pari o superiori al 16% vi è altresì una presunzione di incidenza anche sulla capacità reddituale del lavoratore, per cui l'Inail costituisce una rendita mensile a favore del lavoratore composta da due parti (nel senso che ha veste unitaria, ma duplice contenuto), una a ristoro del danno biologico ed una attinente alla componente patrimoniale del lucro cessante (in particolare, la rendita contiene un quid variabile in funzione del reddito della vittima, ottenuto moltiplicando la retribuzione della vittima per un determinato coefficiente; cfr. art. 13, comma 2, lett. b), d.lgs. 38/2000).

La terza sezione della Cassazione, con la sentenza n. 13222 (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2015 n. 13222), ha affermato che, quando la vittima di un illecito aquiliano abbia percepito un indennizzo da parte dell'Inail, per calcolare il cd. "danno biologico differenziale" è necessario:

a) determinare il grado di invalidità permanente patito dalla vittima e monetizzarlo, secondo i criteri della responsabilità civile;

b) sottrarre dall'importo sub a) non il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'Inail, ma solo il valore capitale della quota di rendita che ristora il danno biologico.

In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito impugnata, la quale aveva determinato il credito residuo del danneggiato nei confronti del terzo responsabile sottraendo dall'importo complessivo del danno il valore capitalizzato dell'intera rendita dell'Inail, invece che il valore capitale della sola quota di rendita erogata per indennizzare il danno biologico.

Il principio è stato di recente ribadito da Cass. civ., sez. VI– 3, ord. 30 agosto 2016, n. 17407 (che verrà commentata a breve su questa Rivista), a mente della quale il calcolo del danno cd. differenziale fra risarcimento del danno e indennizzo Inail va effettuato sottraendo dal credito risarcitorio civilistico l'importo pagato dall'Inail per la stessa voce: tuttavia, il risarcimento del danno biologico non può essere decurtato di quanto pagato alla vittima a titolo di danno patrimoniale. In quest'ottica, il giudice di merito, decidendo nel rapporto tra vittima e responsabile d'un fatto illecito, non può liquidare il danno biologico tenendo conto di quanto già pagato alla vittima dall'Inail, ma a titolo di retribuzioni non percepite o spese mediche anticipate (sul calcolo del danno differenziale si veda anche la sentenza n. 17407/2016 citata). Così, ad esempio, dato un danno biologico di 100 e spese mediche per 30 anticipate dall'Inail, il responsabile avrà causato un danno complessivo di 130, delle quali 100 andranno pagate alla vittima e 30 all'Inail. Resta, però, fermamente escluso, per quanto detto, che a causa della surrogazione dell'Inail il danno biologico della vittima (100) possa essere ridotto a 70 per tenere conto della surrogazione.

Il punctum dolens, non affrontato (perché estraneo, essendo il gravame una revisio prioris istantiae, al thema decidendum) dalla corte d'appello,attiene, però, al calcolo del cd. "danno differenziale" spettante al danneggiato, con i correlati limiti dell'azione di surroga dell'assicuratore sociale, dovendosi stabilire se, nel raffronto fra indennizzo e danno secondo le regole ordinarie, vada considerato l'intero importo della rendita capitalizzata oppure si debba distinguere, al suo interno, fra le varie componenti di danno patrimoniale e danno non patrimoniale.

Prima delle note sentenze cc.dd. di San Martino del 2008, la questione era di facile soluzione: vi erano voci di danno (danno morale e altre voci di danno non patrimoniale diverso dal biologico) estranee alla copertura assicurativa (e, quindi, non ristorate dall'Inail), le quali, per l'effetto, dovevano senza dubbio essere sottratte al conteggio da effettuarsi per accertare il cd. danno differenziale ed essere integralmente risarcite al danneggiato senza limitazione alcuna.

Da ciò conseguiva che si doveva accertare il danno dell'infortunato nel complesso risarcibile, da questo evidenziare le voci di danno biologico e patrimoniale e sottrarre, solo da queste voci, gli importi corrispondenti alla rendita capitalizzata nel complesso percepita dall'attore, così verificando la sussistenza o meno di un danno differenziale da liquidare (cfr. Trib. Vicenza, sez. lav., 4 gennaio 2007, n. 321; Trib. Bassano del Grappa, sez. lav., 24 gennaio 2006, n. 59; Trib. Rovereto, sez. lav., 10 maggio 2005, n. 18; Trib. Milano, sez. II, 10 maggio 2005, n. 5298).

Nella voce di bussola "Il danno differenziale" si era già evidenziato che, in ordine alla questione dell'estensione del diritto di surrogazione spettante all'ente previdenziale, all'indomani delle menzionate sentenze a Sezione Unite, è possibile individuare tre diversi orientamenti:

1) il primo prende le mosse dal citato art. 10 d.P.R. n. 1124/1965, secondo cui il "danno differenziale" spettante all'infortunato deriva dal raffronto tra l'ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate dall'Inail (v. Trib. Vicenza, sent. n. 1231/2014; Trib. Bolzano, Sez. Dist. di Silandro, sent. n. 2/2012; Trib. Reggio Emilia, sent. n. 330/2011; Trib. Montepulciano, sent. n. 149/2009; Cass. civ., 25 maggio 2004 n. 10035);

2) un secondo indirizzo, richiamando la nuova Tabella milanese di liquidazione del danno, aderisce, invece, alla tesi dello scorporo, ma solo tra danno patrimoniale e non patrimoniale; l'intervento del Giudice nomofilattico preclude, alla stregua di tale indirizzo, ogni possibilità di scomposizione del danno alla persona in poste distintamente risarcibili, onde non incorrere in duplicazioni risarcitorie, e delinea una nozione anche ontologicamente unitaria del danno biologico (Trib. Milano, sez. V, 9 giugno 2009 n. 7515);

3) un terzo orientamento, infine, ritiene che si debba continuare ad applicare in sede di surroga il criterio della necessaria scomposizione delle voci risarcitorie da comparare. Sarebbe, quindi, errata la tesi secondo cui l'effettuata reductio ad unum del danno non patrimoniale da parte delle SSUU avrebbe comportato l'assorbimento del danno morale nel danno biologico e conseguente superamento della tesi del danno morale come danno complementare (Trib. Genova sent. n. 2116/2009 e Trib. Treviso, sent., 23 giugno 2011; in dottrina, valorizza il profilo della personalizzazione L. MONTUSCHI, Il risarcimento dei danni non patrimoniali: «personalizzare» si può, in Riv. It. Dir. Lav. 2009, 04, 0901).

Sembra aver fornito una risposta al quesito Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2015 n. 13222, nella parte in cui statuisce che, nel calcolo del danno biologico differenziale, occorre previamente determinare il grado di invalidità permanente patito dalla vittima e monetizzarlo, secondo i criteri della responsabilità civile, ivi inclusa la personalizzazione o danno morale che dir si voglia, attesa la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale. Si parte dal presupposto per cui, ai fini del calcolo del cd. danno differenziale, per quanto riguarda il danno biologico permanente, la nozione civilistica di tale pregiudizio (desumibile dall'art. 138 Cod. Ass., che è espressione d'un principio generale) coincide con la nozione assicurativa (art. 13 d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38), con la conseguenza che il detto calcolo andrà effettuato sottraendo dal credito risarcitorio civilistico l'importo pagato dall'Inail per la stessa voce.