La vessatorietà delle clausole Claims made la decide il giudice
09 Dicembre 2014
Massima
Trib. Milano, sez. I, 18 settembre 2014, n. 11171 Il contratto di assicurazione della responsabilità civile con clausola cosiddetta a richiesta fatta (claims made) non rientra nella fattispecie tipica prevista dall'art. 1917 c.c., ma costituisce un contratto atipico, generalmente lecito ex art. 1322 c.c., poiché, del predetto art. 1917 c.c., l'art. 1932 c.c. prevede l'inderogabilità del terzo e del quarto comma, ma non del primo, in base al quale l'assicuratore assume l'obbligo di tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare ad un terzo in conseguenza di tutti i fatti accaduti durante il tempo dell'assicurazione. Pertanto, spetta al giudice di merito accertare, caso per caso, se la clausola "a richiesta fatta", riducendo l'ambito oggettivo della responsabilità dell'assicuratore, fissato dall'art. 1917 c.c., configuri una clausola vessatoria ai sensi dell'art. 1341 c.c. Sintesi del fatto
Caio conveniva in giudizio Tizio ed altri medici dinanzi al Tribunale di Milano, poiché ritenuti responsabili di una condotta professionale colposa riferita a delle prestazioni odontoiatriche e, conseguentemente, tenuti, a suo dire, al risarcimento del danno. Tizio e i medici, costituitisi, chiedevano preliminarmente la chiamata in causa delle proprie compagnie di assicurazioni, e in via principale il rigetto delle domande attoree. Si costituivano, quindi, le terze chiamate e, acquisiti i documenti prodotti ed espletata la CTU medico–legale, la causa veniva trattenuta in decisione. Il Giudice, ritenute le domande dell'attore parzialmente fondate ne dichiarava l'accoglimento parziale, pronunciandosi, tra le altre cose, anche sulla clausola claims made della polizza di assicurazione di una delle terze chiamate. La questione
La questione in esame è la seguente: come vanno valutate le clausole claims made? Queste clausole rientrano nella fattispecie tipica di cui all'art. 1917 c.c. in tema di assicurazione della responsabilità civile? Le soluzioni giuridiche
Il giudice del Tribunale di Milano, della I sezione, dopo aver motivato le ragioni dell'accoglimento delle domande attoree, anche avuto riguardo ai recenti orientamenti della I sezione del Tribunale di Milano sulla responsabilità ex art. 2043 c.c. del medico che non ha concluso un contratto con il paziente, questione che qui non si approfondisce non essendo il tema di indagine di questo commento, si sofferma sulle clausole claims made e sulla loro applicabilità. Il Giudice osserva che, come chiarito dalla Corte di Cassazione, il contratto di assicurazione con clausole claims made non rientra nella fattispecie dell'art. 1917 c.c. sulle assicurazioni della responsabilità civile, ma costituisce un contratto atipico lecito, ex art. 1322 c.c., e questo in considerazione del fatto che l'art. 1917 c.c. va letto unitamente all'art. 1932 c.c. sulla inderogabilità del terzo e del quarto comma dell'art. 1917 c.c., ma non del primo comma dello stesso articolo, che prevede che l'assicuratore assume l'obbligo di tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare ad un terzo in conseguenza di tutti quei fatti che sono accaduti durante il tempo dell'assicurazione. I primi contratti assicurativi, soprattutto quelli sulla responsabilità professionale, sono stati costruiti su di una formula che garantiva la copertura del rischio in relazione ai fatti e comportamenti dell'assicurato che si erano verificati durante la vigenza del contratto, a prescindere dal momento in cui il danneggiato, percepito il danno, faceva la richiesta risarcitoria. Il ricorso a tale formula garantiva una copertura completa anche nei confronti delle domande risarcitorie presentate a contratto scaduto. Di contro, però, le polizze strutturate in questo modo risultavano molto onerose e questo in considerazione del rischio assunto dall'assicuratore. Per ovviare a questo problema e soprattutto per contenere il rischio, le compagnie assicuratrici hanno elaborato negli anni una struttura di contratto assicurativo, fondato sul ricorso alle clausole c.d. claims made. Con questa clausola, assicuratore e assicurato pervengono ad una definizione convenzionale della nozione di sinistro che è fatta coincidere con la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal terzo e non più legata al comportamento del danneggiante. La cosa però ha destato parecchi problemi pratici e questo perché, per come sono strutturate all'interno delle polizze le clausole claims made, si presentano spesso pericolose insidie per l'assicurato, in quanto lo stesso rischia di vedersi recapitare la richiesta di risarcimento in un momento in cui non gode più della copertura assicurativa. Il tema principale è quindi la continuità delle clausole assicurative perché il punto è, naturalmente, quello di non perdere, per l'assicurato, la copertura assicurativa per effetto del venir meno di una polizza strutturata su clausole che si allontanano da quanto previsto in via generica nel nostro ordinamento sulla assicurazione della responsabilità civile. Il problema di fondo che ha suscitato parecchie querelle sia in dottrina che in giurisprudenza è riferito alla circostanza sopra enunciata che può determinare che venga rigettata la domanda di garanzia, ad esempio del medico, anche se l'ipotetico sinistro sia stato commesso durante il periodo di operatività della copertura assicurativa, ma ove il terzo danneggiato ha formulato la propria richiesta risarcitoria in un'epoca in cui il rapporto assicurativo si è concluso. Le clausole claims made vanno a regolamentare il contratto di assicurazione per la responsabilità civile in deroga, come osservato anche dal Giudice di Milano, a quanto previsto dall'articolo 1917 c.c. secondo il quale tale contratto copre i rischi relativi ai fatti che si verificano durante il tempo dell'assicurazione. Vi sono alcuni orientamenti giurisprudenziali, anche di merito, in cui si è osservato che le clausole claims made, anche se teoricamente colpite dalla sanzione di nullità comminata dall'art. 1895 c.c. per inesistenza del rischio (e questo in quanto queste clausole consentirebbero la possibilità di indennizzare dei rischi che si sono già verificati), vanno però sempre considerate avuto riguardo al contenuto dell'articolo 1917 c.c., ove si prevede che l'assicuratore è tenuto a mantenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare ad un terzo, in dipendenza della responsabilità prevista nel contratto. Una parte della dottrina ha ritenuto, infatti, che le clausole claims made avulse dai principi che reggono la materia dei contratti, vanno considerate nulle, in quanto nell'art. 1917 c.c. vi è il chiaro riferimento ad una responsabilità a carico dell'assicuratore in conseguenza di un danno avvenuto in costanza del periodo di validità ed efficacia del contratto. A sostegno di questa tesi vi è la considerazione per cui l'art. 1895 c.c. prevede la nullità di un contratto qualora il rischio non sia mai esistito o sia cessato di esistere prima della conclusione del contratto; secondo questo ragionamento le clausole claims made sarebbero nulle in quanto fondate sull'esistenza di un evento anteriore alla loro conclusione, ma la cui pretesa risarcitoria avviene durante il periodo coperto da assicurazione. Altri autori giungono ad un'interpretazione molto diversa, invece, considerando che l'alea non la si ravvisa nel fatto illecito commesso dall'assicurato, ma nella richiesta risarcitoria del danneggiato. Quindi di fatto spostando, come sopra accennato, la nozione di sinistro che è fatta coincidere con il momento in cui viene richiesto il risarcimento del danno avanzata dal terzo e non nel momento riferito al comportamento del danneggiante. Tale tesi pone l'accento sul verificarsi dell'effettivo danno nel patrimonio dell'assicurato, il quale si concretizza solo nel momento in cui la vittima decide di azionare la pretesa risarcitoria, quale chiara conseguenza di un fatto illecito che è precedente alla stipula del contratto. A conforto di tale tesi viene aggiunto che l'aspettativa di garanzia che vanta l'assicurato si estende anche a tutti quegli eventi che si sono verificati anteriormente al contratto di assicurazione, il cui effetto lesivo, purché evidentemente non sia di natura dolosa, si sia prodotto in costanza di efficacia della polizza sottoscritta. Fatte queste considerazioni si può affermare che appaiono lecite tutte le clausole in cui si intende assicurare anche un periodo antecedente alla stipulazione del contratto, alla condizione che vi sia un'alea di incertezza che è indispensabile nel contratto di assicurazione. Quel che si può osservare sulla condizione che il contratto preveda aspetti aleatori è che tale condizione può essere soddisfatta ogni qual volta le parti ignorino che prima della stipula del contratto abbia avuto inizio la serie causale dannosa, come anche in tutti quei casi in cui non sia giunta da parte del terzo alcuna richiesta di risarcimento del danno e questo perché, in ogni caso, vi sono altri elementi per la definizione del rischio, come ad esempio: se il terzo formulerà una richiesta risarcitoria, quale sarà l'entità, quali ripercussioni potrà avere, e così via. Rimane da chiarire l'ultimo aspetto che è quello legato alla possibile applicazione dell'art. 1341 c.c. alle clausole claims made. Sul punto appare chiarificatrice una recente pronuncia della Cassazione: «La clausola claim made prevede il possibile sfasamento fra prestazione dell'assicuratore (obbligo di indennizzo in relazione all'alea del verificarsi di determinati eventi) e controprestazione dell'assicurato (pagamento del premio), nel senso che possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell'assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data, come nel caso in esame; e possono risultare viceversa sforniti di garanzia comportamenti tenuti dall'assicurato nel corso della piena validità ed efficacia della polizza, qualora la domanda di risarcimento dei danni sia proposta successivamente alla cessazione degli effetti del contratto» (Cass., sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3622). A tal riguardo la sopra richiamata sentenza non si sofferma sulla possibile vessatorietà delle clausole claims made ma afferma la legittimità delle stesse considerando la sussistenza dell'alea nel verificarsi di determinati eventi, così stabilendo che possono essere coperti da assicurazione comportamenti anteriori alla data della conclusione del contratto. Vi è da dire che, in realtà, secondo l'orientamento prevalente in dottrina, in tema di assicurazioni, non vengono considerate vessatorie le clausole che delimitano il rischio, lo sono, invece, quelle che limitano la responsabilità dell'assicuratore. La delimitazione del rischio sotto un profilo causale, ha l'obbiettivo di circoscrivere l'ampiezza delle obbligazioni dell'assicuratore e dell'assicurato; così facendo entrambe le parti sono libere di determinare il contenuto delle obbligazioni che si assumono. Da questo ragionamento si può dedurre che la clausola che delimita il rischio non dovrebbe ritenersi vessatoria ex art. 1341 c.c Le clausole claims made sono certamente una delle questioni più spinose in termini di contratti assicurativi e questo perché non è facile trovare il giusto equilibrio tra interessi dell'assicuratore e diritti dell'assicurato. La giurisprudenza ha però ritenuto perfettamente valide queste clausole e questo avuto riguardo alla possibilità che hanno le parti, ex art. 1322 c.c., di concludere contratti atipici. Il punto determinante è la portata di queste clausole anche in riferimento all'eventuale vessatorietà delle stesse ex art. 1341 c.c., ove la giurisprudenza, di merito e di legittimità, è orientata nel non ritenere dette clausole di natura vessatoria, salvo eventualmente rimettere questo aspetto ad una valutazione del giudice caso per caso. |