Liquidazione del danno neonatale con criteri equitativi
11 Aprile 2014
Massima
Cass. civ., s ez. III, sent., 13 febbraio 2013 n. 3582 Va censurata la motivazione della sentenza che, in ambito di colpa medica neonatale: a) liquidi equitativamente il danno morale del neonato e dei genitori senza tener conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell'entità della relativa sofferenza e del turbamento dello stato d'animo, b) liquidi, sempre in via equitativa, il danno patrimoniale del neonato con generico riferimento alle "chances" di lavoro utilmente spendibile in futuro. Una siffatta motivazione ha valore di mera formula di stile rendendo impossibile il controllo sull'"iter" logico seguito dal giudice di merito nelle relative quantificazioni del danno liquidato. Sintesi del fatto
La Gestione Liquidatoria di una USL ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello, che l'ha condannata al pagamento dei danni conseguiti ad un neonato al momento della nascita e consistiti nella distocìa della spalla causata della compressione del plesso brachiale. Tale ultimo mezzo viene considerato fondato dalla Suprema Corte che accoglie il motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello in diversa composizione per provvedere ad una nuova liquidazione del danno morale e di quello patrimoniale subiti dal minore e del danno morale subito dai suoi genitori. Profili giuridici Gli artt. 1226 e 2056 c.c. conferiscono al giudice l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa e ciò quale espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c. In tale contesto non ha luogo un giudizio di equità, ma un giudizio di diritto contraddistinto dalla cosiddetta “equità giudiziale correttiva od integrativa” . Presupposti per l'applicazione di tale potere è che la parte interessata abbia già assolto l'onere di provare la sussistenza e l'entità materiale del danno con tutti gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali dispone mentre risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile per provare il danno nel suo preciso ammontare. Cosicchè l'apprezzamento equitativo deve essere ricondotto, per quanto possibile, alla funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter della determinazione dell'equivalente pecuniario del danno In ambito di colpa medica neonatale, la Corte di Cassazione ha affermato che nella liquidazione equitativa del danno morale è necessario riferirsi alla gravità del fatto, alle condizioni soggettive della persona, all'entità della sofferenza e del turbamento d'animo, mentre nel caso di liquidazione del danno patrimoniale del neonato, non è sufficiente il generico riferimento alle "chances" di futuro lavoro. In motivazione ..Si legge infatti in sentenza che “il danno patrimoniale, valutato in via equitativa, tenendo conto delle "chances" di lavoro utilmente spendibili nei futuro, può liquidarsi in Euro (..) mentre il danno morale si determina in Euro (..). Quanto ai genitori si afferma che ad essi "va riconosciuto (...) il ristoro del danno morale, liquidato, sempre in via d'equità, in Euro (..)". Nessun controllo è possibile su tali liquidazioni in quanto non è evidente e controllabile l'iter logico attraverso cui il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione, nè è possibile stabilire (quanto al danno morale) se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo. Analogamente, quanto al danno patrimoniale del danneggiato, il generico riferimento alle "chances" di lavoro utilmente spendibili nel futuro" ha il valore di una formula di stile, in difetto di qualsiasi indagine circa l'entità, in concreto, di tali "chances".
La questione
L'esercizio in concreto del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa, nonché l'accertamento del relativo presupposto, costituito dall'impossibilità o dalla rilevante difficoltà di precisare il danno nel suo esatto ammontare, non sono suscettibili di sindacato in sede di legittimità quando la relativa decisione sia sorretta da motivazioni immuni da vizi logici o errori di diritto. Non è infrequente tuttavia che giungano all'esame della Corte di cassazione decisioni di merito che, chiamate a liquidare danni di impossibile determinazione nel loro esatto ammontare, abbiano fatto ricorso alla liquidazione equitativa (ex art. 1226 c.c.) omettendo tuttavia ogni pur minima specifica motivazione sia sulla effettiva esistenza d'un danno, sia sui criteri seguiti per liquidarlo ancorché equitativamente. La questione quindi attiene precipuamente la liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. ed è la seguente: è ammissibile e legittimo addivenire a pronunce di liquidazione del danno morale utilizzando mere clausole di stile prive di concreti riferimenti ai criteri osservati per il computo quali: la gravità del fatto, le condizioni personali del soggetto, l'entità della sofferenza e il turbamento dello stato d'animo? E parimenti ammissibile e legittimo liquidare un danno patrimoniale facendo generico riferimento a termini generici quali “perdita di chanches” omettendo ogni qualsivoglia indagine in concreto?
Le soluzioni giuridiche
La Corte, come accaduto nella fattispecie, usa cassare siffatte decisioni, sulla scorta di due principi consolidati: Il primo è che la liquidazione equitativa del danno presuppone pur sempre che un danno si sia accertabile: essa non è invocabile pertanto il ricorso all'art. 1226 c.c. quando la prova di un qualsivoglia pregiudizio sia del tutto assente (Cass Sez. III, n. 11968/2013 , Rv. 626250, est. Vincenti; Cass. Sez. III, n. 25912/2013). Il secondo è che il giudice di merito, quando liquida il danno in via equitativa, deve comunque indicare i criteri seguiti per determinare l'entità del risarcimento, non potendosi limitare a formule di stile come “ritenuto equo”, “si stima equo” e simili. La liquidazione equitativa, pertanto, può ritenersi incensurabile in sede di legittimità solo allorché dia conto dei presupposti di fatto considerati e dell'iter logico seguito [Cass. Sez. III , n. 8213 /2013 (Rv. 625787), est. Carleo; Cass. Sez . III , n. 3582 / 20 13 (Rv. 625005), est. D'Alessandro].In tema di liquidazione equitativa, il ricorso alla valutazione equitativa del danno ai sensi dell'art. 1226 c.c. presuppone: a) che il pregiudizio economico del quale la parte reclama il risarcimento sia certo nella sua esistenza; b) che non vi siano elementi di prova sulla suo preciso ammontare e che la dimostrazione di esso sia impossibile o quantomeno assai difficoltosa, Non è legittimo ricorrere al disposto di cui all'art. 1226 c.c. allorquando le risultanze istruttorie permettano di addivenire ad una precisa quantificazione. E' dunque necessario che dall'istruttoria emergano elementi oggettivi di sicuro carattere lesivo, idonei a determinare conseguenze negative nella sfera patrimoniale dei soggetti interessati tali da tradursi in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece - anche semplicemente in considerazione dell'id quod plerumque accidit - connesso all'illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità. Osservazioni e suggerimenti pratici
La parte attrice deve conferire concretezza alla specifica pretesa di quantificazione delle componenti della liquidazione dei danni, svolgendo quelle deduzioni utili a conferire certezza e spessore alla specifica pretesa di quantificazione di una delle componenti della liquidazione dei danni così da fornire al giudice una base di partenza per la conseguente liquidazione ex art. 1226 c.c. Nella fattispecie ,la produzione della cartella clinica, accompagnata da una relazione medico legale riassuntiva potrà attestare la gravità delle condizioni del bambino esprimendo valutazioni percentuali sui postumi permanenti e legittimeranno il giudice alla introduzione di una consulenza tecnica atta ad accertare la gravità del fatto nella sua globalità anche in termini prognostici inerenti la perdita di possibilità del suo migliore inserimento nel mondo lavorativo. Egualmente i genitori potranno utilmente allegare agli atti relazioni neuropsichiatriche atte ad attestare le conseguenze eventualmente sofferte singolarmente e a livello di intesa coniugale dalle lesioni sofferte dal figlio alla nascita e alle certe vicissitudini che ne sono successivamente scaturite, ben potendo aspirare sulla base di siffatte allegazioni alla introduzione da parte dell'ufficio di specifica consulenza tecnica idonea a confermare esistenza e rilevanza di tale ulteriore posta di danno. Diversamente la domanda andrà disattesa poiché l'applicazione del principio giurisprudenziale, secondo cui è in “re ipsa” il danno per la privazione del godimento o la mancata disponibilità di un bene, può essere sufficiente alla decisione limitatamente all' “an debeatur”, ma non esime tuttavia il danneggiato ai fini del “quantum debeatur”, dall'onere probatorio o quanto meno specificamente deduttivo, di fornire elementi al giudice per la liquidazione relativa. Conclusioni
Il ricorso al disposto di cui all'art. 1226 c.c. è da intendersi residuale e non esime la parte interessata dal fornire sicuri elementi di prova in ordine alla esistenza e gravità del danno. Il giudice non potrà ricorrere alla liquidazione equitativa in assenza dei precitati elementi, facendo ricorso a liquidazioni qualificate da mere clausole di stile prive di concreti elementi di riferimento.
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