Emergenza amianto: un rischio del passato, ancora presente

16 Febbraio 2017

Sebbene sia stata tra i primi a bandire ogni attività di estrazione, lavorazione, importazione e commercio dell'amianto, con la legge n. 257 del 1992, l'Italia è ancora uno dei Paesi più colpiti dalle patologie asbesto-correlate e continua a pagare un prezzo altissimo di vite per i terribili effetti di questo minerale sulla salute umana.
Introduzione

Il più recente rapporto del Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM), istituito presso il Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale dell'INAIL nel 2002 e giunto nel novembre 2015 alla sua quinta edizione, rileva 21.463 casi di mesotelioma maligno diagnosticati tra il 1993 ed il 2012 e registrati dai COR, i centri operativi regionali istituiti dal ReNaM per la sorveglianza epidemiologica dei mesoteliomi su tutto il territorio nazionale.

Si tratta solo dei casi acclarati, ma si teme che molti di più non vengano nemmeno denunciati, o comunque non vengano connessi ad esposizioni di tipo lavorativo.

Su circa 120 mila decessi all'anno stimati in tutto il mondo dall'ILO (l'agenzia del lavoro dell'ONU), sarebbero infatti oltre 5 mila le vittime italiane per patologie correlate all'asbesto e l'Istituto Superiore della Sanità ha previsto che il picco di mortalità si concentri nel corrente quinquennio (2015-2020), quando a morire saranno i più giovani tra gli operai che hanno lavorato nelle fabbriche nelle quali questo materiale è stato impiegato, fino alla sua messa al bando. Ma è previsto anche il decesso di molti che, ancora bambini negli anni sessanta e settanta, giocavano tranquillamente tra le tettoie di cemento-amianto ed i cumuli di fibre ammassati intorno alle aree di produzione ed ai siti industriali.

La lunga latenza, le caratteristiche eziologiche delle malattie correlate all'amianto e la storia industriale del nostro Paese giocano infatti un ruolo fondamentale nell'escalation di casi che ha interessato l'Italia negli ultimi decenni.

Tipi di amianto e loro utilizzo

L'amianto, dal greco amiantos, “incorruttibile”, o anche asbesto, da asbestos, “inestinguibile”, è costituito da un numeroso insieme di minerali fibrosi, appartenenti al gruppo dei silicati e molto comuni in natura, il cui uso è noto fin dall'antichità, ma che ha trovato grandissima applicazione a partire dal 1800, quando le straordinarie caratteristiche di durevolezza e resistenza al calore ed alla trazione, associate all'ottima filabilità, ne fecero un autentico simbolo del progresso ed un protagonista della rivoluzione industriale.

Semplice da estrarre e da lavorare, incredibilmente flessibile nell'uso economico e straordinariamente durevole, venne usato ovunque.

Con ampio uso di amianto furono infatti coibentate le metropolitane di Parigi e Londra, navi, transatlantici (tra cui la famosa “Queen Mary”), e le carrozze ferroviarie, fino ad allora isolate con sughero.

Seguì una massiccia diffusione nelle scuole, negli ospedali, nelle palestre, nei cinema ed in tutti i settori industriali; la presenza di amianto viene addirittura segnalata nei farmaci, almeno fino agli anni '60.

Non vi è dunque settore produttivo nel quale l'amianto non sia stato utilizzato, per anni ed anni; una vastissima quantità di manufatti in cemento amianto erano infatti diventati d'uso comune a livello mondiale. Le straordinarie caratteristiche delle fibre di amianto rappresentarono una soluzione economica e praticamente indistruttibile ovunque vi fosse la necessità di contrastare calore e tensione; tanto più considerando che l'amianto è materiale eterno ed inestinguibile.

Esistono vari tipi di silicati classificati come amianto, dal crisotilo (o amianto bianco), all'amosite, alla crocidolite, (anche detta amianto blu). Quest'ultima è stata riconosciuta come la più temibile per la salute umana, ma sappiamo oggi che tutti i tipi di asbesto sono estremamente dannosi per l'uomo.

Eziopatogenesi dell'amianto: il problema della lungolatenza

Le fibre di amianto sono mille volte più sottili di un capello umano e, una volta liberate nell'aria, dimostrano una bassissima capacità di sedimentazione: continuano dunque a fluttuare per lunghissimo tempo, prima di posarsi.

Inoltre, come si è detto, sono sostanzialmente indistruttibili e sopravvivono ai materiali nei quali vengono inglobate, come colle, resine o cemento. Questi collanti, infatti, si sgretolano a causa dell'usura o perché sottoposti ad urti e rotture, liberando le fibre di amianto che contenevano nell'aria, dove galleggeranno, invisibili e letali, per molto tempo.

Una volta inalate, queste particelle si accumulano prevalentemente negli organi del sistema respiratorio, ma sono tanto minuscole da attraversare i tessuti, penetrando in profondità in tutto il corpo.

La patogenesi delle malattie da amianto è dunque riconducibile alla migrazione delle fibre di amianto nei tessuti e nelle cavità dell'apparato respiratorio, dove si pensa che causino una mutazione genetica, probabilmente attraverso la generazione di radicali liberi, i quali hanno la capacità di danneggiare il DNA ed in particolare i geni oncosoppressori coinvolti nel meccanismo di cancerogenesi.

Questi gli eventi molecolari che si suppone siano alla base dello sviluppo del mesotelioma, una forma di tumore maligno piuttosto rara, la cui insorgenza è inequivocabilmente collegata all'esposizione all'amianto.

Esistono altre patologie asbesto-correlate, dalle placche pleuriche benigne all'asbestosi, fino al carcinoma pleurico o polmonare. Ciascuna è associata a periodi di latenza piuttosto lunghi: il mesotelioma e le altre forme tumorali, ad esempio, insorgono tipicamente dai 20 ai 50 anni dopo la prima esposizione documentata all'amianto, ma raramente si sono osservati periodi di latenza inferiori a 15 anni, anche per le altre malattie.

Studi epidemiologici effettuati, a partire dall'istituto di Statistica Medica e Biometria di J.Peto, collegano direttamente l'incidenza di queste affezioni in una determinata popolazione al consumo di amianto, anche se la correlazione tra dose innescante e potenzialità patogena può variare sensibilmente.

L'asbestosi, ad esempio, è una fibrosi del tessuto polmonare che comporta irrigidimento e perdita della capacità respiratoria ed è causata da un'esposizione massiccia e continuativa all'amianto, tipica degli ambienti lavorativi degli stabilimenti di produzione e manipolazione di questo minerale.

Vi è ancora incertezza, invece, circa i valori minimi di soglia in grado di determinare l'insorgenza del carcinoma e delle altre forme tumorali e si pensa che il mesotelioma sia caratterizzato da un'alta potenzialità patogena anche con dosi di amianto estremamente basse.

La questione è di estrema rilevanza nella definizione del nesso eziologico, ai fini della determinazione della responsabilità del datore di lavoro nell'insorgenza delle malattie asbesto-correlate, ma anche allo scopo di determinare la qualità della condotta dello stesso (per un maggior approfondimento, vedi D.SPERA, F. SPERA, Danno da amianto, in Ri.Da.Re.)

Gli autori suggeriscono qui una soluzione mediana alla diatriba che divide la giurisprudenza di legittimità circa la natura dell'addebito:

  • se questo sia “commissivo”, ovvero si possa imputare all'agente di avere introdotto nella situazione concreta un fattore di rischio in precedenza assente, poi sfociato nell'insorgenza della patologia da amianto;
  • se questo sia invece semplicemente “omissivo”, quando il soggetto non abbia contrastato quei fattori di rischio, già presenti nella situazione concreta, che in seguito hanno causato la malattia.

Seguendo la via mediana suggerita, dunque, si qualificherebbe la condotta del datore di lavoro come commissiva, nelle circostanze in cui il lavoratore fosse stato esposto ad amianto in stabilimenti destinati all'estrazione o alla lavorazione di questo minerale, il che collocherebbe l'eziopatogenesi della malattia al di là dello spartiacque dell'anno 1992, quando qualsiasi lavorazione o estrazione dell'amianto è stata bandita nel nostro paese.

La condotta sarebbe invece di carattere omissivo, qualora l'asbesto fosse già presente nelle strutture del luogo di lavoro, ad esempio nelle coperture dei tetti o nella coibentazione delle canalizzazioni, il che allargherebbe il perimetro temporale dell'accertamento del nesso causale agli ultimi vent'anni, attualizzando, per così dire, e riconducendo alla situazione corrente, la determinazione della colpa e della responsabilità del datore di lavoro, in particolare per quanto attiene alle patologie tumorali, che rappresentano ormai il vero problema delle malattie professionali da amianto nel nostro paese.

L'attribuzione di un carattere commissivo, piuttosto che omissivo al comportamento del datore di lavoro, costituisce infatti un elemento determinante e distintivo nei più recenti arresti della Suprema Corte in materia di danno da amianto, data l'estrema rilevanza che in questo preciso contesto assume il fattore della lungolatenza nell'accertamento del nesso causale e, in ultima analisi, della responsabilità datoriale, soprattutto in tutti quei casi in cui il datore di lavoro sia mutato nel corso degli anni e ci si trovi di fronte ad una sovrapposizione delle posizioni di garanzia

La mappatura del rischio in Italia

nostro Paese è stato un grande produttore e consumatore di asbesto, con quasi 3,8 milioni di tonnellate estratte tra la fine della seconda guerra mondiale ed il 1992 e 1,9 milioni di tonnellate di minerale grezzo importato nello stesso periodo.

La più grande cava d'Europa si trovava in Piemonte, tra i paesi di Balangero e Corio, in una zona estremamente ricca di crisotilo, uno dei minerali d'amianto maggiormente utilizzati. L'estrazione industriale iniziò qui nel 1920, ma a partire dal 1951, con la costituzione della società Amiantifera di Balangero, la miniera si collocò tra le principali su scala internazionale, con una produzione superiore alle 130.000 tonnellate annue.

La cessazione dell'attività per fallimento risale al 1990, poco prima che la normativa italiana vietasse definitivamente l'utilizzo e la commercializzazione di questo minerale.

Oggi, gli esiti di uno studio epidemiologico ordinato dal PM Raffaele Guariniello nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria che interessa proprio l'Amiantifera, hanno rivelato che su 1.966 ex addetti alla miniera, 214 sarebbero deceduti per malattie collegabili all'esposizione all'amianto. Tra essi 12 casi di mesotelioma hanno destato l'interesse degli esperti, poiché il crisotilo (anche noto come “amianto bianco”) non dovrebbe provocare questa patologia, per lo meno secondo le teorie di alcuni scienziati provenienti dai Paesi che tuttora producono questa fibra.

A causa del largo consumo di amianto che si è protratto per molti anni, in Italia si sono contati oltre 600.000 siti produttivi con esposizioni storiche all'asbesto e circa 3 milioni e mezzo di lavoratori potenzialmente a rischio.

La presenza di cemento-amianto riguarda anche tetti di edifici pubblici, ospedali e case di riposo, aree residenziali e industriali (sia attive che dismesse), ma c'è disomogeneità nei criteri di raccolta dei dati da parte delle Regioni e si ritiene che le cifre siano purtroppo destinate a crescere, anche perché lo studio di classificazione non è stato ancora completato.

Nel corso del convegno «Il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto: situazione italiana organizzato dall'Istituto Superiore della Sanità», dall'INAIL e dall'Ispo alla fine del 2013, è stato presentato il volume «Mappatura delle discariche che accettano in Italia i Rifiuti Contenenti Amianto e loro capacità di smaltimento passate, presenti e future», realizzato dai ricercatori del Gruppo amianto del DIPIA.

Il libro analizza il numero di discariche chiuse, in esercizio, sospese e in attesa di autorizzazione che accettano RCA (acronimo di “rifiuti contenenti amianto”) ed i relativi volumi trattati. Ne risulta che, dal momento che vi sarebbero ancora 32 milioni di tonnellate di amianto presenti sul territorio nazionale e la bonifica procede ad un ritmo di circa 380 mila tonnellate all'anno, secondo il CNR ci vorranno ancora più di 80 anni per completarne la dismissione.

La questione non è di poco conto, poiché sugli oltre 21 mila casi di mesotelioma censiti dal Quinto rapporto ReNaM, il 20% risale a tipi di esposizione ignota, non classificabile o non valutabile.

In poche parole, per un quinto dei casi analizzati non è stato possibile risalire con certezza alle modalità con cui la vittima è venuta a contatto con l'amianto che ha innescato la patologia.

La mappatura del territorio nazionale interessato dalla presenza dell'asbesto diventa dunque un fatto estremamente rilevante. Il lavoro fin qui svolto dai COR ha permesso di individuare 34.148 siti contaminati da amianto e di validarne 21.677, oltre a 44 siti di interesse nazionale (SIN) classificati come altamente contaminati, nei quali sono stati registrati eccessi di malattie asbesto-correlate.

Il numero delle vittime, infatti, continua a crescere ed i più recenti dati forniti dall'INAIL rilevano come, a fronte dell'attesa riduzione delle denunce per casi di asbestosi e placche pleuriche (malattie contratte a seguito di un'esposizione massiccia alle fibre di amianto, divenuta improbabile dal momento che l'uso e la lavorazione del minerale sono stati banditi), le denunce per neoplasie da amianto siano invece in continuo aumento.

A titolo esemplificativo, nell'area di Trieste sono stati rilevati eccessi, rispetto ai numeri statisticamente attesi, per i tumori del tessuto mesoteliale, per le altre malattie della pleura (prevalentemente placche pleuriche) e per i tumori dell'apparato respiratorio. I dati sono compatibili con la diffusione delle malattie da amianto per la presenza del SIN dell'area portuale e delle attività di cantieristica navale.

La II Conferenza Governativa ed il Piano Nazionale Amianto

Per questa ragione, con l'obiettivo di discutere dell'emergenza amianto e di individuare le iniziative per la redazione di un piano a livello nazionale, si è tenuta a Venezia dal 22 al 24 novembre 2012 la Seconda Conferenza Governativa sull'Amianto, promossa dai Ministeri della Salute, dell'Ambiente, del Lavoro e delle Politiche sociali, e realizzata nella sede della Fondazione Giorgio Cini, con la collaborazione dell'Università Ca' Foscari.

In tale occasione, la dottoressa Federica Paglietti, responsabile scientifico del Gruppo amianto ed aree ex-estrattive Minerarie dell'INAIL, è intervenuta con uno studio sui problemi legati alla bonifica delle aree contaminate ed allo smaltimento dei materiali contenenti asbesto.

Lo studio ha rilevato come al 30 giugno del 2012 fossero 73 le discariche dedicate allo smaltimento dell'amianto su tutto il territorio nazionale, solo 22 delle quali ancora in esercizio.

Tra queste, 19 discariche per rifiuti non pericolosi accettavano RCA purché stabili e non reattivi, e solo 3 discariche per rifiuti pericolosi accettavano RCA in genere, ma una di esse solo se provenienti dalla propria Regione ed un'altra solo se provenienti dal relativo Sito di Interesse Nazionale.

In pratica, una sola discarica era in grado di accettare rifiuti contenenti amianto in matrice friabile da tutto il territorio nazionale e la realizzazione di nuovi centri ha incontrato forti opposizioni da parte dei cittadini locali. Per questo motivo molti rifiuti vengono ancora esportati in altri paesi comunitari, come la Germania e l'Austria.

L'esito più rilevante del confronto tra giuristi, scienziati ed esperti clinici aperto nel corso della Conferenza è stato comunque il «Piano Nazionale Amianto: Linee di intervento per un'azione coordinata delle amministrazioni statali e territoriali», presentato a Casale Monferrato ed elaborato dai Ministeri della Salute, dell'Ambiente e del Lavoro.

Gli obbiettivi previsti dal piano abbracciavano ambiti e competenze diversi: dalla sanità all'ambiente, dall'economia alla previdenza.

Il 13 novembre 2014, con intesa tra Stato, Regioni e Province Autonome, è stato sancito il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 (PNP), per supportare la realizzazione del Piano Nazionale Amianto e la riduzione delle esposizioni ambientali potenzialmente dannose per la salute, includendo le fibre d'amianto come «fattore di rischio determinante».

Il piano è sfociato nello stanziamento del Fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica di edifici pubblici contaminati da amianto, istituito dal Ministero dell'Ambiente con Decreto Ministeriale 21 settembre 2016, in ottemperanza al disposto dell'art. 56 della l. 28 dicembre 2015, n. 221.

Il Fondo, ha predisposto lo stanziamento di 5,536 milioni di euro per il 2016 e 6,018 ciascuno per il 2017 e il 2018, per la rimozione e lo smaltimento di amianto e cemento amianto dalle coperture di edifici pubblici.

Il finanziamento viene assegnato tramite bando pubblicato dal Ministero dell'Ambiente e concesso con decreto del direttore generale per la salvaguardia del territorio e delle acque.

Sono previsti criteri di priorità, in base ai quali avranno precedenza gli interventi su edifici posti entro 100 metri da scuole, asili, parchi, impianti sportivi, strutture assistenziali ed ospedali. Seguiranno gli interventi su edifici già segnalati dalle Autorità, in quanto collocati all'interno di un SIN, o inseriti nella mappatura dell'amianto di cui al Decreto Ministeriale 18 marzo 2003 n. 101.

Il Fondo per le vittime dell'amianto

Nel frattempo le vittime dell'amianto possono contare sul contributo di un fondo disciplinato e reso operativo con Decreto interministeriale 12 gennaio 2011 n. 30 ed istituito presso l'INAIL dall'art. 1, commi 241-246, della l n. 244 del 2007.

Tale Fondo è finanziato in parte con le risorse annue provenienti dal bilancio dello Stato e in parte con i proventi di un'addizionale sui premi versati dalle aziende, individuate in base alle attività lavorative che hanno comportato il riconoscimento dei benefici previdenziali per esposizione all'amianto.

Esso eroga una prestazione aggiuntiva, fissata in una misura percentuale della rendita stessa definita dall'INAIL, a favore:

  • dei lavoratori titolari di una rendita diretta, ai quali sia stata riconosciuta dall'INAIL una patologia asbesto correlata per esposizione all'amianto;
  • dei familiari dei lavoratori sopraindicati, titolari di rendita ai superstiti, qualora la patologia asbesto correlata abbia avuto un ruolo nel determinare la morte dell'assicurato.

L'istituzione del Fondo per le vittime dell'amianto è stata mutuata dalla volontà di adeguarsi alla soluzione adottata in Francia alla fine del 2000 con la creazione del FIVA (Fonds d'Indemnisation des Victimes de l'Amiante).

In questo Paese, infatti, chi avesse ottenuto dalla Securitè Sociale il riconoscimento di una malattia professionale asbesto-correlata può rivolgersi al FIVA per ottenere un indennizzo più favorevole, ricevendo dallo stesso la differenza tra l'indennizzo riconosciuto dalla Cassa e l'importo corrispondente allo standard più vantaggioso riconosciuto dal FIVA stesso.

Il ricorso a questo Fondo finanziato dallo Stato, il quale può avvalersi del diritto di surroga nei confronti del responsabile del sinistro, garantisce poi al danneggiato un risarcimento piuttosto rapido, giacchè sono previsti circa sei mesi di tempo per formulare l'offerta e due per effettuare il relativo pagamento, una volta che la stessa sia stata accettata.

Si stima che dalla sua fondazione il FIVA abbia provveduto a corrispondere oltre 81.500 risarcimenti, per un totale di quasi 4 miliardi di euro, e si prevede che l'esborso totale del Fondo ammonterà complessivamente a circa 10 miliardi di euro.

In Italia, l'art. 1, comma 116, l. 23 dicembre 2014 n. 190, ha esteso per gli anni 2015, 2016 e 2017, nell'ambito delle disponibilità presenti nel Fondo stesso e senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, i benefici del Fondo per le vittime dell'amianto anche ai malati di mesotelioma che non abbiano contratto la patologia per esposizione lavorativa diretta, ma familiare, ovvero per esposizione ambientale comprovata.

Con l. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 278, inoltre, è stato istituito un Fondo a favore degli eredi dei lavoratori portuali deceduti per malattie asbesto-correlate, che concorre al pagamento di quanto dovuto agli stessi superstiti, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, come liquidato con sentenza esecutiva.

L'INAIL ha finora individuato i beneficiari del fondo in base alle codifiche nosologiche presenti nella sua banca dati, erogando la prestazione aggiuntiva prevista ad oltre 18.000 tecnopatici e superstiti od eredi intitolati a riceverla.

I numeri del V Rapporto ReNaM

La sorveglianza epidemiologica sugli effetti dell'esposizione alle fibre di amianto ha assunto grande rilevanza per la sicurezza nei luoghi di lavoro.

In questo contesto, il Registro Nazionale dei Mesoteliomi costituisce un prezioso strumento per determinare le caratteristiche della malattia ed ai settori di attività coinvolti, basato sulla ricerca attiva dei casi e sulla ricostruzione anamnestica individuale delle circostanze di esposizione all'amianto, tramite questionario.

Con l'istituzione recente del Registro dei Mesoteliomi nella regione Molise e nella provincia autonoma di Bolzano è stata completata la rete dei COR, i centri operativi regionali, e l'attività di sorveglianza dei casi di mesotelioma è ora coperta su tutto il territorio nazionale.

Il V Rapporto pubblicato dal ReNaM nel novembre del 2015 riferisce dei casi di mesotelioma rilevati con una diagnosi compresa dal 1993 al 2012.

Come si è detto, si tratta delle informazioni relative a 21.463 casi di mesotelioma maligno, il 93% dei quali risulta a carico della pleura. Sono anche presenti 1.392 casi a carico del peritoneo, pari al 6,5% del totale, oltre a 51 e 65 casi rispettivamente al pericardio ed alla tunica vaginale del testicolo.

L'età media alla diagnosi è di 69 anni, mentre fino a 45 anni la malattia risulta rarissima (solo il 2% del totale dei casi registrati).

Il rapporto di casi di genere maschile per ogni caso di genere femminile è pari a 2,5: il 71,6 % dei 21.463 casi archiviati è infatti di sesso maschile, il che dipende in gran parte dalla minore percentuale di donne impiegate nei settori lavorativi più esposti.

Le modalità di esposizione sono state approfondite per 16.511 casi, pari al 76,9% del totale. Fra questi, il 69,5% presenta un'esposizione professionale (certa, probabile, possibile), il 4,8% familiare, il 4,2% ambientale, l'1,6% da attività extra-lavorativa di svago o hobby.

Di grande rilevanza è il dato per cui nel 20% dei casi l'esposizione è improbabile o ignota, il che conferma i timori circa un controllo del territorio ancora insufficiente e la necessità di una mappatura delle esposizioni sempre più precisa ed efficiente.

Considerando l'intera finestra di osservazione (1993 - 2012) ed i soli soggetti colpiti dalla malattia per motivo professionale, i settori di attività maggiormente coinvolti sono l'edilizia (15,2%), l'industria metalmeccanica (8,3%), i cantieri navali (6,7%) e la fabbricazione di prodotti in metallo (5,7%).

L'industria del cemento-amianto rileva solo per il 3,1% dei casi, ma c'è da considerare che gran parte delle aziende di questo settore ha cessato di operare ancora prima del 1990 ed è possibile che molte vittime abbiano nel frattempo cambiato attività.

Il restante quadro è piuttosto variegato ed in molti casi l'esposizione risulta avvenuta per la presenza del minerale nel luogo di lavoro e non per uso diretto.

Oltre ai rapporti periodici, il Registro pubblica regolarmente approfondimenti sull'incidenza e sulla distribuzione dei rischi di esposizione, sulla presenza di cluster territoriali e su numerosi altri ambiti di ricerca. La nuova frontiera per il circuito dei COR sarà ora rappresentata dalla necessità di estendere l'attività di sorveglianza a tutti i tumori di sospetta origine professionale ed in particolare ai tumori del polmone, della laringe e dell'ovaio per i quali l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha recentemente confermato l'esistenza di una correlazione causale con l'inalazione di fibre aerodisperse di amianto.

Come previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione 2014 – 2018, l'obbiettivo sarà quindi recuperare informazioni preziose su tali malattie e sulla loro correlazione con l'amianto, analogamente a quanto già realizzato per i casi di mesotelioma maligno.

Il nuovo Testo Unico per l'Amianto

Dal momento che la normativa in materia di amianto si è fatta col tempo corposa e rischia di diventare troppo complessa, il 29 novembre scorso è stato presentato al Senato un disegno di legge per raccogliere in un solo provvedimento tutte le norme riguardanti ambiente, salute, sicurezza sul lavoro, misure previdenziali, giustizia, sanzioni ed incentivi connessi all'amianto.

Il d.d.l., elaborato dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro, presieduta dalla senatrice Camilla Fabbri con l'ausilio dell'Università degli studi di Milano, è stato anche discusso in occasione della "II Assemblea nazionale sull'amianto", promossa dalla stessa Commissione, alla presenza del presidente del Senato, dei Ministri dell'Ambiente e del Lavoro e del presidente dell'INAIL: 128 gli articoli che lo compongono, suddivisi in otto titoli.

Tra le misure previste, l'estensione dell'applicazione delle norme per l'amianto a edifici privati, mezzi di trasporto, macchinari e siti dismessi, l'introduzione del soggetto titolare di obblighi per la bonifica dell'amianto, l'obbligo per i medici e le ASL di informare il ReNaM di ogni patologia accertata, facendone così il registro nazionale di tutti i tumori da asbesto e l'istituzione dell'Agenzia Nazionale Amianto.

Sono anche previste nuove disposizioni per la prevenzione del rischio indiretto nell'ambito della normativa per la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Secondo il Presidente del Senato Piero Grasso, saremo finalmente in grado di ottenere una revisione complessiva, «in grado di affrontare tutte le problematiche – dalla tutela dell'ambiente alla sicurezza sul lavoro, dalle misure di prevenzione e protezione a quelle previdenziali – di una vera e propria emergenza nazionale», coronando in tal modo gli sforzi compiuti dalle istituzioni e dal governo, dall'approvazione della legge sugli Ecoreati, all'aumento del Fondo per le vittime dell'Amianto, ai decreti ministeriali che hanno implementato le norme previste dal “collegato ambientale”.

Guida all'approfondimento

D.SPERA e F.SPERA, Danno da amianto, in Ri.Da.Re.;

D. MARTINI, consulenza statistico-attuariale dell'INAIL: Aspetti tecnico-attuariali del Fondo Vittime dell'Amianto – ECOMONDO, the green technologies Expo - Rimini, 8 novembre 2016;

L. BARADEL, consulenza statistico-attuarfiale dell'INAIL: Regolamento Fondo Vittime dell'Amianto - ECOMONDO, the green technologies Expo - Rimini, 8 novembre 2016;

A. ALBONETTI, Il ruolo delle regioni nella gestione del rischio e nella vigilanza – Seminario - La gestione del rischio amianto: criticità e profili di responsabilità – Bologna, 20 ottobre 2016;

M. PORTANOVA, Il Fatto Quotidiano, 13/2/2012: Amianto, la strage continua: il picco previsto nel 2015;

DATI INAIL – Andamento degli infortuni sul lavoro – n. 12, dicembre 2016;

INAIL, Quinto Rapporto ReNaM, INAIL, novembre 2015;

INAIL: Dossier Amianto, 10/7/2013 (www.inail.it) Mappatura delle discariche che accettano in Italia i rifiuti contenenti amianto (RCA) e loro capacità di smaltimento passate, presenti e future – INAIL, Edizione 2013;

F. PAGLIETTI, B. CONESTABILE DELLA STAFFA: Metodi e tecniche di bonifica e smaltimento – AMIANTO: II Conferenza Governativa, Venezia 22/24 Novembre 2012;

Atti della II Conferenza governativa sull'amianto e le patologie asbesto-correlate - Venezia, Fondazione Cini, 22-24 novembre 2012;

A. GOGGIAMANI: Le patologie asbesto correlate di origine professionale anche in funzione dell'operatività del Fondo vittime dell'amianto – II Conferenza Governativa, sezione Sanità pubblica e ricerca epidemiologica, Venezia 22/24 Novembre 2012;

ANSA - In Italia 33.600 siti di amianto, 832 bonificati, 20/11/2014;

FIVA, 2013: 13e Rapport d'activité au Parlement et au Gouvernement.

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