Le novità in materia di responsabilità penale dell’operatore sanitario a seguito della legge Gelli-Bianco

21 Marzo 2017

La giurisprudenza e, in ultimo, il legislatore si sono preoccupati di limitare la responsabilità del sanitario, per garantire che l'unico fattore a incidere sulla sua attività sia la salute del paziente e non il rischio di contenzioso. In quest'ottica, la legge Gelli-Bianco introduce nel codice penale una causa di non punibilità per il sanitario che, in caso d'imperizia, abbia rispettato le linee guida adeguate alle specificità del caso concreto, eliminando per la selezione delle condotte penalmente rilevanti ogni distinzione relativa ai gradi della colpa e scegliendo di fornire riconoscimento normativo alle linee guida rilevanti nel giudizio di colpa medica.
Brevi cenni all'evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di responsabilità penale nell'attività medico-chirurgica

In seguito a un lungo percorso giurisprudenziale volto a delineare i limiti della responsabilità penale dell'operatore sanitario, il Legislatore è intervenuto dapprima, nel 2012, con la l. n. 189/2012 (Legge Balduzzi) e, in ultimo, il 28 febbraio 2017, approvando in via definitiva il testo delle proposte di legge unificate (n. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155) aventi ad oggetto: «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie».

I due interventi legislativi corrono, però, in direzioni in parte contrarie.

L'art. 3 della l. n. 189/2012, accogliendo l'indirizzo giurisprudenziale che adattava l'art. 2236 c.c. al giudizio penale sulla responsabilità medico chirurgica, disponeva che «L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e a buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve».

L'ultimo legislatore invece, muovendosi in direzione opposta alla legge Balduzzi, ha scelto di non dare rilevanza al grado della colpa, eliminando dunque il problema sorto con la Balduzzi sulla distinzione tra colpa grave e colpa lieve. È stata, invece, mantenuta la valorizzazione che già la Balduzzi aveva fornito alle linee guida e alle altre pratiche terapeutiche, prevedendo in aggiunta un procedimento di accreditamento e pubblicazione delle stesse.

L'intervento legislativo giunge in seguito al formarsi di diversi orientamenti giurisprudenziali (e dottrinari) sulla colpa professionale, nonché, ovviamente, alla luce di ragioni politiche.

Un primo orientamento giurisprudenziale più benevolo, risalente nel tempo, si riportava all'art. 2236 c.c. per limitare la responsabilità ai soli casi di errore macroscopico del sanitario, superando il vaglio costituzionale. La Corte Costituzionale nel 1973 aveva sancito la legittimità della «particolare disciplina in tema di responsabilità penale, desumibile dagli artt. 589 e 42 (e meglio, 43) del codice penale, in relazione all'art. 2236 del codice civile» e di conseguenza aveva affermato che poteva rilevare, ai fini della responsabilità penale del medico, «solo la colpa grave e cioè quella derivante da errore inescusabile, dalla ignoranza dei principi elementari attinenti all'esercizio di una determinata attività professionale o propri di una data specializzazione» (C. cost. n. 166/1973).


Negli anni Ottanta, per contrastare un'eccesiva immunità degli operatori sanitari, la giurisprudenza invertiva la rotta, escludendo qualsiasi rilevo in ambito penale dell'art. 2236 c.c. (Cass. pen. 22 ottobre 1981, in Cass. Pen., 1982, 2324: «La sussistenza della colpa professionale del sanitario deve essere valutata con larghezza e comprensione, (…) ma pur sempre nell'ambito dei criteri dettati, per la individuazione della colpa medesima, dalla norma dell'art. 43 cod. pen. lo accertamento non può essere effettuato in base agli elementi dettati dall'art. 2236 cod. civ. (…) L'applicazione di questa norma non può avvenire con interpretazione analogica, (…) essa è inoltre esclusa per la sistematica disciplina del dolo e della colpa in diritto penale. Il grado della colpa è infatti previsto soltanto come criterio per la determinazione della pena (art. 133 cod. pen.) o come circostanza aggravante (art. 61 n.3 c.p.), ma in nessun caso per determinare la stessa sussistenza dell'elemento psicologico del reato (…)»).

Entrambe le posizioni assunte nel tempo dalla Corte Suprema presentano delle criticità: la prima, perché vorrebbe introdurre un criterio non appartenente al sistema penale; la seconda, invece, perché limita la valutazione del giudice sul caso concreto.


Alla luce dei problemi emersi, la giurisprudenza, in tempi più recenti, è tornata a utilizzare l'art. 2236 c.c. quale criterio di razionalità, rispondente a una regola d'esperienza. L'art. 2236 c.c. non poteva però essere applicato in via generale e astratta, ma solo in rispondenza del caso concreto (C. GUERRIERO, Il disegno di legge Gelli cambia i connotati della responsabilità medica, in Iurisprudentia.it, pubbl. prec. alle modifiche adottate dal Senato; F. BASILE, Un itinerario giurisprudenziale sulla responsabilità medica colposa tra art. 2236 c.c. e la legge Balduzzi (aspettando la riforma della riforma), in Diritto Penale Contemporaneo, pp.1-5). In questi termini, la Suprema Corte ha affermato: «In tema di colpa professionale, (…) i parametri valutativi debbono essere estratti dalle norme proprie al sistema penale e non già da quelle civilistiche sull'inadempimento nell'esecuzione del rapporto contrattuale. (In motivazione (…) l'art. 2236 cod.civ. può trovare applicazione come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di specifica difficoltà)» (Cass. pen., 21 giugno 2007 n. 39592; conforme Cass. pen., 5 aprile 2011 n. 16328).

Problemi della responsabilità medico-chirurgica e soluzioni normative

L'attenzione posta, dalla giurisprudenza prima e dal legislatore poi, al tema della responsabilità medico chirurgica si giustifica con i problemi attinenti a tale settore: se, da un lato, si deve evitare che i medici siano sottoposti a trattamenti privilegiati, dall'altro, occorre impedire che l'operatore sanitario sia influenzato nella sua attività dal rischio contenzioso (per un approfondimento, sul tema si veda C. GUERRIERO, ivi; P.F. POLI, Il D.D.L. Gelli-Bianco: verso un'ennesima occasione persa di adeguamento della responsabilità penale del medico ai principi costituzionali, in Diritto Penale Contemporaneo; F. BASILE, ivi, p. 5 ss,).

I problemi in materia sanitaria riguardano tre macro aree:

  • l'aumento del contenzioso nel settore medico-chirurgico;
  • la c.d. medicina difensiva positiva e/o negativa;
  • l'insufficienza delle linee guida quali parametri di valutazione della condotta del sanitario.

L'aumento del contenzioso medico-legale ha rilevanti conseguenze economiche per l'operatore sanitario, nonostante il rischio di sentenza di condanna definitiva possa essere considerato contenuto; il danno al sanitario, infatti, consegue già all'iscrizione del procedimento penale (es. stigma sociale e professionale, risorse dedicate alla difesa personale, aumento del costo delle assicurazioni per professionisti e strutture sanitarie etc.). Inoltre, l'elevato rischio intrinseco dell'attività medico-chirurgica, dove l'operatore sanitario agisce già in uno stato patologico, spesso in emergenza, convivendo anche con problemi strutturali indipendenti dal suo agire (es. mancanza di macchinari utili, difetti organizzativi della struttura etc.), ha comportato una diminuzione delle iscrizioni alle specializzazioni più rischiose come chirurgia ortopedica (il dato è riportato da P.F. POLI, ivi, p.6-7,, ove l'Autore segnala, alle note 6 e 22, l'isolata opinione contraria di C. Brusco -C. BRUSCO, Informazioni statistiche sulla giurisprudenza penale di legittimità in tema di responsabilità medica, in Diritto Penale Contemporaneo-, secondo il quale il contenzioso non avrebbe dimensioni significative, ritenendo il numero delle sentenze di legittimità così esiguo da non comportare un problema.

La c.d. medicina difensiva si sostanzia in un atteggiamento dell'operatore sanitario eccessivamente prudenziale, che può condurre a omettere cure necessarie perché troppo rischiose (c.d. medicina difensiva negativa) ovvero a eccedere nella prescrizione di trattamenti, anche non necessari, sempre allo scopo di evitare il rischio contenzioso (c.d. medicina difensiva positiva). Ciò, oltre a comportare un atteggiamento poco professionale del medico, causa costi ingiustificati per il Servizio Sanitario Nazionale.

Ulteriore fattore che, in ultimo, pare aver inciso sull'esigenza di una riforma della responsabilità penale nell'attività medico-chirurgica, riguarda la tendenza crescente alla positivizzazione delle regole dell'arte medica, ossia le linee-guida. Tale istanza proviene dalla crescita del contenzioso e da un'esigenza di razionalizzazione della professione medica (F. BASILE, ivi, p. 5 e 8; P. VENEZIANI, I delitti contro la vita e l'incolumità individuale. I delitti colposi, Padova, 2009, p.175 ss). Le linee guida comportano vantaggi, poichè oggettivizzano e uniformano il sapere medico, rendono più semplice l'aggiornamento del professionista, ma anche svantaggi, dal momento che essendo regole standard non tengono conto delle specificità del singolo caso e, pertanto, non possono coprire tutti gli ambiti della professione sanitaria. Possono invece favorire la c.d. medicina difensiva e avere a scopo il risparmio dei costi anziché la tutela della salute del paziente (v. sul punto F. BASILE, ivi, p. 8-9).

Alla luce dei problemi esposti, la soluzione prospettata dalla Balduzzi è stata l'introduzione di una differenziazione tra colpa grave e colpa lieve, aderendo alla giurisprudenza che si riportava all'art. 2236 c.c., nonché la valorizzazione delle linee guide. Per la prima volta, la legge penale richiamava la distinzione civilistica tra colpa lieve e colpa grave: «l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”(art. 3 l. n. 189/2012).

Ciò ha comportato la parziale abolizione della fattispecie di omicidio colposo e lesioni colpose per i casi di condotta dell'operatore sanitario affetta da colpa lieve (per un'interpretazione e applicazione della norma si vedano: Cass. pen. n. 11493/2013 e Cass. pen., 29 gennaio 2013 n. 16237).

Di fronte alla Balduzzi, gli interpreti hanno fin da subito manifestato l'esigenza di un intervento legislativo per ridurre, in assenza di un distinguo normativo tra colpa lieve e grave, la discrezionalità del giudice e per meglio delineare il ruolo e la natura delle linee guida.

Ciò anche considerando che, in seguito all'entrata in vigore della l. n. 189/2012 , venivano a contrapporsi due orientamenti giurisprudenziali.

ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Da una parte la Corte di Cassazione limitava l'applicazione della legge Balduzzi alla sola forma colposa d'imperizia, in quanto le linee guida conterrebbero solo regole di perizia (v.Cass. pen. n. 11493/2013; Cass. pen., 20 marzo 2015 n. 16944; Cass. pen., 27 aprile 2015 n. 26996).

D'altra parte, una diversa giurisprudenza riteneva, invece, esistenti linee guida contenenti anche raccomandazioni di diligenza e prudenza e, perciò, considerava applicabile la legge Balduzzi a tutte le forme di colpa (si veda, da ultimo Cass. pen., 11 maggio 2016 n. 23283 parr. 3.5, 3.6 e 4)


In questo contesto, la legge Gelli-Bianco ha scelto di decriminalizzare solo le condotte connotate da imperizia e, con un passo indietro rispetto alla normativa previgente, ha eliminato il riferimento al grado della colpa per la selezione delle condotte penalmente rilevanti (si rileva che ciò è avvenuto in seguito alle modifiche apportate al testo dal Senato: il testo approvato in prima battuta dalla Camera faceva ancora riferimento alla colpa grave).

Nella riforma Gelli-Bianco, la soluzione ai problemi dell'attività medico-chirurgica viene quindi a incentrarsi sulla sola valorizzazione delle linee guida che, per la prima volta, sono oggetto di una disciplina per il loro accreditamento. È prevista l'iscrizione in un elenco ministeriale dei soggetti che possono elaborare le linee guida rilevanti nonché un sistema di aggiornamento e pubblicazione delle stesse (è stato però lasciato spazio alla redazione del testo anche a soggetti non iscritti nell'apposito elenco: una scelta criticabile che nella sostanza annulla gli effetti positivi della procedura di accreditamento).

Novità relative alla responsabilità penale dell'operatore sanitario introdotte dalla legge Gelli

Sono tre le norme della legge Gelli-Bianco che interessano la responsabilità penale dell'operatore sanitario: art. 6 (Responsabilità penale dell'esercente la professione sanitaria); art. 5 (Buone pratiche clinico assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida) e art. 15 (Nomina dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria).

L'art. 6 introduce nel codice penale il nuovo articolo 590-sexies, sulla responsabilità per morte o lesioni personali in ambito sanitario, e abroga ai fini di coordinamento il comma 1 dell'art. 3 della l. 189/2012, che attualmente disciplina la materia. L'art. 590-sexies c.p. (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario) introdurrà una causa di non punibilità sanitaria, escludendo la responsabilità dell'operatore sanitario nel caso in cui

  • l'evento si è verificato a causa d'imperizia;
  • risultano rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche assistenziali;
  • le raccomandazioni previste dalle predette linee guida sono adeguate al caso concreto.

Interrogandosi sull'ambito applicativo della norma, è stato già rilevato in dottrina che i presupposti per l'applicazione della causa di non punibilità paiono escludersi a vicenda (P. PIRAS, Imperitia sine culpa non datur. A proposito del nuovo art. 590-sexies c.p., in Diritto Penale Contemporaneo).

Un'apparente contraddizione era già stata evidenziata con riguardo alla legge Balduzzi: nella sentenza Cantore (Cass. pen., 29 gennaio 2013 n. 16237) si osservava che «Una prima lettura della norma induce a cogliervi una contraddizione: un terapeuta che rispetta le linee guida e che è al contempo in colpa»; la Corte di Cassazione superava la contraddizione, affermando come la stessa fosse solo “apparente”, in quanto «le linee guida, a differenza dei protocolli e dei cheek list, non indicano un'analitica automatica successione di adempimenti, ma propongono solo direttive generali (…) esse dunque vanno in concreto applicate senza automatismi, ma apportandole alle peculiari specificità di ciascun caso clinico» (Cass. pen., 29 gennaio 2013 n. 16237 par. 9).

Il superamento della contraddizione, nella legge Gelli-Bianco, è assai più arduo. Difatti, la causa di non punibilità è applicabile solo qualora la regola della linea guida rispettata sia «adeguata alla specificità del caso concreto» e, ciò nonostante, ci sia stata imperizia. Ma quale imperizia può residuare nella condotta del sanitario che segue una linea guida adeguata al caso concreto?

In chiave comparatista, eliminando il riferimento alla sola colpa grave quale titolo di responsabilità del sanitario, la Gelli-Bianco non solo si muove in direzione opposta alla Balduzzi, ma altresì rispetto al legislatore europeo, che ha introdotto limitazioni alla rilevanza penale della colpa “non grave” o “non qualificata” (P.F. Poli, ivi, p.10,).

Rispetto al testo della legge Balduzzi, la Gelli-Bianco sceglie la decriminalizzazione delle solo condotte imperite, senza tenere conto delle aperture della giurisprudenza più recente che estendeva l'area di applicazione dell'art. 3 della l. 189/2012 anche alle condotte negligenti e imprudenti.

Ne consegue che, in termini, di diritto intertemporale, la legge Balduzzi deve considerarsi più favorevole e sarà quindi ancora applicabile ai fatti commessi precedentemente all'entrata in vigore dell'ultima riforma, ai sensi dell'art. 2, comma 4 c.p. (conforme, P. Piras, ivi,).

Peraltro, mentre la legge Balduzzi era in teoria applicabile a tutti i reati colposi commessi dal sanitario (P.F. Poli, ivi, p.2, nt.3,), con l'ultima riforma è stato espressamente indicato che la causa di non punibilità interessa i soli delitti di cui agli artt. 589 c.p. e 590 c.p., restando escluse altre fattispecie (interruzione colposa di gravidanza, art. 19 l. n. 197/1978, ed esposizione a radiazioni, art. 14 d.lgs. n. 187/2000; v. P. Piras, La riforma della colpa medica nell'approvanda legge Gelli-Bianco, in Diritto Penale Contemporaneo).

Infine, questa volta in continuità con la legge Balduzzi, si è già visto che la legge Gelli-Bianco valorizza le linee guida e più specificamente, per la prima volta, ne sancisce il riconoscimento normativo, prevedendo all'art. 5 un'apposita disciplina per il loro accreditamento.

L'art. 5 disciplina quali buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni delle linee guida saranno rilevanti ai fini dell'applicazione della suddetta causa di non punibilità. La norma in particolare prevede: «1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privatinonchédalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali».

Nel comma 2 vengono disciplinati alcuni contenuti del decreto diretto a istituire l'elenco dei soggetti che elaborano le linee guida rilevanti.

Al comma 3 la norma stabilisce:«3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse elaborati dai soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG) (…) L'Istituto superiore di sanità pubblica nel proprio sito internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal SNLG, previa verifica della conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonché della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni. 4 (…)».

In via interpretativa è già stato ipotizzato che l'art. 5 della legge in esame, prevedendo che gli esercenti la professione sanitaria «si attengano, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 (…)», potrebbe aver mutato radicalmente il quadro della responsabilità sanitaria, introducendo una regola cautelare scritta, sicché il solo fatto di non aver seguito una linea guida possa integrare la responsabilità penale a titolo di colpa specifica per violazione di legge (P.F. POLI, ivi, p.3 e p.17,).

La critica dell'autore è fondata sulla storica questione relativa alla definizione delle linee guida e alla conclusione per la loro inadeguatezza a essere fonte di responsabilità a titolo di colpa specifica in quanto influenzate dal contenimento dei costi sanitari oppure generiche, controverse o non rispondenti ai progressi scientifici (P.F. POLI, ivi, p.17 e 28-29 - in cui viene citata sul punto Cass. pen., 11 luglio 2012 n. 35922 e il contributo di alcuni autori: A. ROIATI, Medicina difensiva e colpa professionale medica in diritto penale tra teoria e prassi giurisprudenziale, Milano, 2012 p.170 ss; A. Di LANDRO, Dalle linee guida e dai protocolli all'individualizzazione della colpa penale nel settore sanitario, Itinerari di diritto penale, Roma, 2012, p. 68; P. VENEZIANI, ivi, p.176). In particolare, il problema è stato affrontato nella pronuncia n. 35992/2012, in cui la Suprema Corte ha affermato che «In tema di responsabilità medica, le linee guida (…) possono svolgere un ruolo importante quale atto d'indirizzo per il medico; esse, tuttavia, (…) non possono assurgere al rango di fonti di regole cautelari codificate, rientranti nel paradigma dell'art. 43 c.p. (…) non essendo né tassative né vincolanti e, comunque, non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la migliore soluzione per il paziente».

Si rileva, peraltro, che a differenza del testo approvato in prima battuta dalla Camera, il Senato ha aggiunto tra i soggetti che possono elaborare le linee guida rilevanti “enti e istituzioni pubblici e privati” diversi dalle “società scientifiche e delle associazioni tecnico scientifiche …iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto…”. Questo potrebbe svilire l'unica vera portata innovativa dell'ultima riforma che, con l'art. 5, intende risolvere i problemi emersi in relazione alle linee guida, circa la loro affidabilità quali regole per valutare la condotta dell'agente. Difatti, se valgono anche i testi redatti da soggetti non iscritti nell'apposito elenco ministeriale (finalizzato a controllare proprio il contenuto e lo scopo della regola), nulla cambia rispetto al passato (P.F. POLI, ivi, p.28-30).

L'art. 15 riforma la disciplina sulla nomina dei Consulenti Tecnici D'ufficio e dei periti, in ambito penale, prevedendo un rafforzamento delle procedure di verifica delle competenze degli esperti, la trasparenza di eventuali conflitti d'interesse e l'aggiornamento degli albi ogni 5 anni.

In dottrina è già stato evidenziato che, sebbene l'obiettivo della norma appaia lodevole, in fatto non vi sarà una modifica sostanziale nella scelta dell'esperto da parte dell'autorità giudiziaria: difatti, solo gli elenchi di cui all'art. 67 disp. att. c.p.p. sono soggetti agli aggiornamenti e alla novella normativa, mentre né il giudice né il pubblico ministero hanno l'obbligo di scegliere all'interno di tale albo (v. artt. 221, 359 c.p.p. e 73 disp. att. c.p.p.). Peraltro, il giudice non ha neppure l'obbligo di disporre perizia (P.F. POLI, ivi, p.32).

In conclusione

Nulla sembra cambiare rispetto al passato, nemmeno rispetto all'affidabilità delle regole contenute nelle linee guida. Il giudice posto di fronte a un caso che investa il sapere scientifico, come nell'attività medico chirurgica, dovrà continuare a seguire gli insegnamenti della pronuncia Cozzini (Cass. pen., 17 settembre 2010 n. 43786, par. 14), ripresi nella sentenza Cantore (Cass. pen., 29 gennaio 2013 n. 16237, par. 7 e 8). Per accertare la sussistenza di responsabilità penale nell'ambito sanitario «(…) la scienza e la tecnologia sono le uniche fonti certe, controllabili, affidabili. Traspare, così quale interessante rilievo abbiano le linee guida nel conferire determinatezza a fattispecie di colpa generica (…). Questa suprema Corte (Cass. pen., 17 settembre 2010 n. 43786) ha già avuto modo di porre in luce i pericoli che incombono in questo campo (…). Naturalmente, il giudice di merito non dispone delle conoscenze e delle competenze per esperire un'indagine siffatta: le informazioni relative alle differenti teorie, alle diverse scuole di pensiero, dovranno essere veicolate nel processo dagli esperti (…) Di tale indagine il giudice è infine chiamato a dar conto in motivazione» (Cass. pen., 29 gennaio 2013 n. 16237, par.7). Quindi: «il giudizio sull'imputazione soggettiva, nella responsabilità medica, non dà corpo alla colpa specifica in senso proprio [con riferimento alla legge Balduzzi sembra potersi così concludere quantomeno nel caso di quelle regole elaborate dai soggetti non iscritti nell'elenco ministeriale], ma le istanze di determinatezza (…) possono essere soddisfatte attraverso lo strumento diffuso del sapere scientifico, anche nelle sue forme codificate costituite, tra l'altro, dalle linee guida. Il giudice, tuttavia, nei casi dubbi, dovrà prestare particolare attenzione all'accreditamento scientifico delle regole di comportamento che hanno guidato l'azione del terapeuta» (ibidem).

Guida all'approfondimento

F. BASILE, Un itinerario giurisprudenziale sulla responsabilità medica colposa tra art. 2236 c.c. e la legge Balduzzi (aspettando la riforma della riforma), in Diritto Penale Contemporaneo (pubblicato il 23 febbraio 2017);

C. GUERRIERO, Il disegno di legge Gelli cambia i connotati della responsabilità medica, in Iurisprudentia.it (pubblicato precedentemente alle modifiche adottate dal Senato);

P. PIRAS, La riforma della colpa medica nell'approvanda legge Gelli-Bianco, in Diritto Penale Contemporaneo (pubblicato il 25 marzo 2016);

P. PIRAS, Imperitia sine culpa non datur. A proposito del nuovo art. 590 sexies c.p., in Diritto Penale Contemporaneo (pubblicato il 1 marzo 2017);

P.F. POLI, Il D.D.L. Gelli-Bianco: verso un'ennesima occasione persa di adeguamento della responsabilità penale del medico ai principi costituzionali, in Diritto Penale Contemporaneo (pubblicato il 20 febbraio 2017);

P. VENEZIANI, I delitti contro la vita e l'incolumità individuale – II. I delitti colposi, Padova, 2009, p. 322 ss.

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