Milano e Napoli: le prime pronunce (contrastanti) sulla claims made dopo le Sezioni Unite

Redazione Scientifica
23 Giugno 2016

Dopo la recente pronuncia delle Sezioni Unite sono intervenuti i tribunali di merito di Milano e Napoli sul tema della claims made. In entrambi i casi i giudicanti hanno dovuto verificare l'operatività delle clausole claims made inserite nei contratti ed hanno dovuto compiere uno scrutinio di validità dei predetti patti sotto il profilo della meritevolezza come indicato dalle Sezioni Unite.

Dopo la recente pronuncia delle Sezioni Unite (Cass., n. 9140/2016, v. F. Rosada, Claims made “impura” e RC professionale: un connubio in crisi; M. Hazan, La claims made è salva! (ma non troppo......); M. Rodolfi, La claims made: tra liceità e meritevolezza, quanti problemi per gli operatori del diritto, il legislatore e le associazioni di categoria, in Ri.Da.Re.), sono intervenuti i tribunali di merito di Milano e Napoli sul tema della claims made.

Il tribunale di Milano si è trovato ad affrontare un caso di inadempimento professionale da parte di due architetti, mentre il Tribunale di Napoli ha affrontato un caso di inadeguato trattamento medico.

In entrambi i casi i giudicanti hanno dovuto verificare l'operatività delle clausole claims made inserite nei contratti ed hanno dovuto compiere uno scrutinio di validità dei predetti patti sotto il profilo della meritevolezza come indicato dalle S.U..

Mentre il Tribunale di Milano ha negato la meritevolezza della clausola in esame, annullandola e sostituendola nei termini di cui all'art. 1917 c.c., il Tribunale di Napoli l'ha ritenuta lecita e meritevole di tutela.

Segue una comparazione delle due pronunce.

Trib. Milano, sez. I civ., sent., 17 giugno 2016, n. 7149

Trib. Napoli, sez. II civ., sent., 20 giugno 2016, n. 7807

L'opera abusiva... Una donna richiedeva il risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento negligente di due professionisti architetti cui si era affidata per predisporre il progetto per il recupero del sottotetto e la ristrutturazione di un immobile di sua proprietà. I professionisti, secondo l'attrice, avevano adempiuto in modo inesatto i rispettivi obblighi professionali. Nel dettaglio, avevano realizzato l'opera superando l'altezza massima consentita, andando così a generare un'opera abusiva.

L'errore medico… Il Tribunale di Napoli si è pronunciato su una questione afferente il tema della operatività della claims made in un caso di malpractice medica. Nel dettaglio una donna chiedeva il risarcimento dei danni patiti a seguito dell'inadeguato trattamento medico subito presso l'Ospedale in cui era stata trasportata dopo essere caduta in una buca stradale.

...e l'accertato inesatto adempimento dei professionisti. Dalla Ctu sono emersi gravi errori nelle attività di progettazione dei professionisti: l'altezza erroneamente indicata dalla prima D.I.A. era stata realizzata in violazione delle disposizioni edilizie ed urbanistiche. Il Tribunale di Milano ha quindi accertato l'inesatto adempimento delle obbligazioni gravanti sui professionisti: la predisposizione di un progetto che supera l'altezza massima – altezza quindi non consentita dal piano regolatore - non può ritenersi scusabile malgrado la complessa disciplina normativa che regola il settore in esame. Pertanto il Tribunale di Milano ha concluso con l'accoglimento della domanda attorea e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.

…e l'accertato difetto di diligenza. Il Tribunale ha accolto la domanda attorea alla luce delle conclusioni peritali che hanno evidenziato un «difetto di diligenza nella condotta dell'operatore, per aver lo stesso operato senza il rispetto della leges artis che avrebbero scongiurato il verificarsi del danno lamentato dalla parte attrice e avrebbe comunque lasciato residuale una invalidità di minor rilievo ed intensità».

La manleva. Uno degli architetti coinvolti chiedeva la condanna della compagnia assicuratrice al pagamento di quanto dovuto all'attrice in forza della polizza assicurativa sottoscritta. L'assicurazione eccepiva l'inoperatività della polizza in ragione delle previsioni contenute nell'art. 7 delle Condizioni Generali di Contratto: «l'assicurazione è operante per le richieste di risarcimento pervenute per la prima volta all'Assicurato durante il periodo di efficacia dell'Assicurazione, semprechè originati da errori professionali commessi durante il medesimo periodo, ovvero limitatamente all'attività di progettazione, anche precedentemente alla sua data di decorrenza a condizione che l'opera per la quale l'Assicurato ha eseguito la sua prestazione non sia stata ancora iniziata,…».

La manleva. Riconosciuto il diritto della attrice ad essere risarcita, l'Ospedale condannato, chiedeva di essere manlevato dalla propria compagnia assicuratrice, in forza della clausola claims made che prevedeva che «l'assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all'assicurato nel corso del periodo di efficacia dell'assicurazione stessa, purchè il fatto che ha dato origine alla richiesta di risarcimento sia stato commesso nello stesso periodo ma non prima di tre anni dalla data di perfezionamento del presente contratto».

Claims made: occorre compiere uno scrutinio di validità della clausola sotto il profilo della meritevolezza. La predetta clausola è identificativa di un contratto assicurativo connotato dal regime claims made, pertanto «trattasi di contratto assicurativo in cui l'obbligazione di garanzia non sorge con il fatto generatore di responsabilità, ma con la richiesta risarcitoria del terzo». Sicchè, specifica il giudice milanese, «in merito a tali clausole non può prescindersi dal recente arresto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione». Pronuncia con cui i giudici della Suprema Corte hanno stabilito che il contratto di assicurazione con clausola c.d. “a richiesta fatta” è un contratto tipico, caratterizzato dalla presenza di un patto atipico.

Seguendo l'impostazione della Cassazione e i principi affermati con la sent. n. 9140/2016 il giudice milanese ha stabilito che il contenuto dell'art. 7 del contratto concluso tra il professionista e la compagnia assicurativa, «limitando la copertura alla sola ipotesi che, durante il tempo dell'assicurazione, intervenga sia il sinistro che la richiesta di risarcimento, appare del tutto incompatibile con lo schema della responsabilità professionale come quella in esame, nella quale, in ragione delle caratteristiche dell'opera intellettuale prestata e della inevitabile discrasia temporale tra l'esecuzione della prestazione e la manifestazione del danno, è pressochè impossibile che in uno stesso anno si verifichi sia la condotta (o l'omissione) del professionista che la richiesta risarcitoria da parte del terzo danneggiato».

Claims made: occorre compiere uno scrutinio di validità della clausola sotto il profilo della meritevolezza. Il Giudicante – come ha fatto il Tribunale meneghino – deve affrontare la questione dell'operatività della clausola claims made alla luce di quanto affermato di recente dalle Sezioni Unite. Ovvero, intraprendere una indagine, non sulla vessatorietà della clausola, ma sulla meritevolezza degli interessi sottesi alla predetta clausola. Giudizio che differisce a seconda che la claims made sia pura o impura.

Nel primo caso è ipotizzabile un carattere di maggior meritevolezza «per il fatto che la mancata copertura di sinistri verificatasi durante il periodo di efficacia del contratto ma denunciati solo successivamente è compensata dalla copertura di quelli verificatesi prima della stipula della polizza».

Nel caso invece di claims made impura o mista il giudizio di meritevolezza deve essere più attento e personalizzato. Spiega a tal proposito il Tribunale che le Sezioni Unite hanno lasciato un minimo varco interpretativo, sottintendendo una sicura sanzione di immeritevolezza di queste clausole, «a partire da quella particolarmente penalizzante che limita la copertura alla sola ipotesi che durante il tempo dell'assicurazione intervengano sia il sinistro che la richiesta di risarcimento».

In conclusione. La clausola in esame non è meritevole di tutela e pertanto va dichiarata nulla: «trattandosi di clausola che deroga in senso meno favorevole all'assicurato, la stessa ai sensi dell'art. 1932, comma 2 c.c., è sostituita di diritto dalla corrispondente disposizione di legge (costituita dall'art. 1917, comma 1, c.c.)».

Specifica infine il giudice che «l'inefficacia della clausola relativa alla validità della garanzia» è «limitata a quella parte della pattuizione che, invece che coprire i rischi verificatesi nei dieci anni precedenti alla stipulazione della polizza, limita la garanzia ai rischi nel descritto periodo temporale». L'inefficacia non si estende alla parte in cui si delimita l'oggetto del contratto e che prevede che l'assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all'assicurato nel corso del periodo di validità dell'assicurazione. La garanzia, nel caso in esame, è quindi operante dal momento che la denuncia del sinistro da parte del professionista è avvenuto nel 2012, ovverosia nel periodo di vigenza della polizza (decorrente dal 2008).

Sulla base di tali argomenti il Tribunale di Milano condanna l'assicurazione a tenere indenne e manlevare il professionista convenuto da quanto dovrà pagare all'attrice.

In conclusione. In ossequio a tale riflessione il Giudice napoletano ritiene che «attesa la continuità di prestazioni mediche offerte dall'assicurato, quale struttura ospedaliera, il cui interesse a vedersi tutelato eventi verificatisi anteriormente all'entrata in vigore della polizza realizza una sufficiente meritevolezza».

La clausola in questione, secondo il Tribunale, è lecita e meritevole di tutela, senza dover essere integrata o modificata ex art. 1419 comma 2, c.c.. Pertanto non può accogliersi la domanda di manleva proposta dall'ospedale.

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