Illegittima iscrizione di ipoteca giudiziale: responsabilità sostanziali e processuali del creditore
23 Giugno 2016
Massima
Accertata giudizialmente la carenza dei presupposti dell'azione revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. avente ad oggetto l'atto di trasferimento presupposto, dovrà conseguentemente pronunciarsi l'illiceità e disporsi la cancellazione delle iscrizioni ipotecarie, pur di per sé astrattamente valide, eseguite da creditori della parte venditrice in un momento successivo all'alienazione dell'immobile e a danno del terzo acquirente. Quest'ultimo dovrà quindi nella specie essere risarcito per i danni patrimoniali e non patrimoniali discendenti quale conseguenza immediata e diretta dell'iscrizione pregiudizievole dichiarata illegittima. Il resistere o l'agire della parte creditrice, sia pur nei confronti di soggetti diversi dal proprio diretto debitore, non costituiscono invece presupposto per la condanna della stessa alla responsabilità aggravata di cui all'art. 96, commi 1 o 3 c.p.c., rappresentando le medesime condotte espressione di legittimo esercizio di difesa a tutela della propria posizione creditoria. Il caso
Recatosi in banca per rinegoziare a condizioni di maggior favore il mutuo a suo tempo stipulato per l'acquisto di un immobile, il proprietario del bene in questione apprende con comprensibile sbigottimento che su di esso grava una duplice iscrizione ipotecaria accesa due anni dopo il trasferimento per un totale superiore al mezzo milione di euro. Le due formalità, eseguite da altrettanti istituti bancari, risultano iscritte a garanzia di crediti azionati a mezzo di decreti ingiuntivi spiccati nei confronti dei precedenti intestatari dell'immobile; nella specie i genitori dell'attuale proprietario e suoi diretti danti causa. Inutile dire che l'inattesa circostanza induce la banca che avrebbe dovuto surrogarsi nel mutuo a condizioni più favorevoli a revocare seduta stante la propria già dichiarata disponibilità. Non si fa però attendere nemmeno la reazione dell'attuale intestatario del bene il quale cita in giudizio le due banche asserite creditrici deducendo l'illegittimità dell'iscrizione pregiudizievole e chiedendone dunque la cancellazione. Oltre a ciò l'attore chiede anche il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito e in conseguenza del fatto illecito. E difatti la presenza dell'ipoteca non solo avrebbe fatto definitivamente sfumare le cospicue possibilità di risparmio discendenti dall'imminente rinegoziazione del mutuo, ma avrebbe altresì cagionato al malcapitato proprietario un forte stress, degenerato poi in vera e propria sindrome ansioso-depressiva. Si costituiscono in giudizio i due istituti, contestando gli assunti a base della domanda e, soprattutto, svolgendo in via riconvenzionale azione revocatoria ex art. 2901 c.c. avente ad oggetto l'atto di compravendita intervenuto tra l'odierno intestatario dell'immobile e i suoi genitori, deducendone altresì - alternativamente - la nullità per simulazione. Le banche convenute chiedono inoltre la chiamata in causa dei due venditori dell'immobile e loro pretesi debitori; si costituisce il solo padre dell'attore contestando, non soltanto il credito oggetto delle procedure monitorie a base della vicenda, ma anche la sussistenza dei presupposti di cui al'art. 2901 c.c., nonchè la fondatezza della pretesa simulazione. La questione
La vicenda dianzi riassunta involge un molteplice ordine di questioni. La prima di esse verte essenzialmente sul raggio di azione della revocatoria ex art. 2901 c.c. e, segnatamente sugli effetti che il suo eventuale accoglimento può esplicare in relazione ad iscrizioni ipotecarie effettuate da creditori del dante causa in epoca successiva all'atto dispositivo di cui si chiede l'inefficacia. In particolare: può dirsi di per sé valida l'ipoteca che il creditore della parte venditrice abbia iscritto a danno del terzo acquirente e in un momento successivo al compimento dell'atto di trasferimento, ma anteriormente alla pronuncia che di quest'ultimo abbia poi dichiarato la revoca ? O al contrario, seguendo una linea ermeneutica più rigorosa, la stessa iscrizione siccome eseguita in apparente contrasto con la lettera di cui all'art. 2828 c.c., è comunque intrinsecamente nulla, a prescindere dalla fondatezza - delibata evidentemente a posteriori - dell'azione ex art. 2901 c.c.? Le ulteriori questioni attengono invece alle conseguenze risarcitorie dell'iscrizione dichiarata illegittima. Quali danni possono essere risarciti? Può configurarsi anche un pregiudizio non patrimoniale? Ed infine, questa volta sul piano processuale, il resistere o l'agire del creditore può sempre dirsi espressione di legittimo esercizio di difesa a tutela dei propri conclamati diritti anche quando tale attività venga posta in essere nei confronti di soggetti diversi dai titolari diretti del rapporto obbligatorio? Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Rimini a mezzo di un'argomentata decisione accoglierà, sebbene in parte, le due domande principali dell'attore proprietario. Sulla prima questione - presupposta - vale a dire sulla operatività anche “retroattiva” dell'azione revocatoria e dunque sulla liceità “condizionata” di un iscrizione pregiudizievole eseguita dopo l'atto dispositivo e quindi in danno del terzo acquirente, il giudice romagnolo, iscritto alla scuola di pensiero più liberale, fornisce risposta affermativa. Se infatti la funzione della norma di cui all'art. 2901 c.c. è quella di ricostituire il più efficacemente possibile la garanzia generica del debitore, ben venga dunque la possibilità (con un'efficacia in un certo senso “prenotativa”, affine a quella della trascrizione) di un'iscrizione sul bene benché successiva all'atto di trasferimento che si vorrebbe messo nel nulla. La valutazione circa la effettiva sussistenza degli estremi dell'azione revocatoria, integrerà soltanto - a posteriori - la funzione di elemento di chiusura della fattispecie, condizionando la definitiva liceità (o la illiceità) della formalità. Nel nostro caso però l'esito negativo del vaglio in ordine alla concreta ricorrenza dei presupposti dell'art. 2901 c.c. condurrà comunque il Tribunale alla declaratoria di illiceità delle iscrizioni che dovranno pertanto venire cancellate. Con ciò aprendo le porte alla seconda richiesta azionata dall'attore. A questi potrà infatti venire riconosciuto il risarcimento del danno, sia sotto il profilo patrimoniale, sia non patrimoniale, purchè esso risulti conseguenza immediata e diretta dell'accertato illecito. Verrà peraltro in concreto riconosciuta all'istante, in mancanza di dimostrazioni persuasive sull'effettiva sussistenza di un nesso eziologico tra il dedotto disturbo psico-fisico e l'evento, soltanto la componente strettamente patrimoniale del pregiudizio. Nella specie a titolo di danno da lucro cessante connesso all'occasione contrattuale perduta di surrogazione da parte della seconda banca e dunque in correlazione con il mancato risparmio. Viene invece disattesa la domanda di responsabilità processuale, pure formulata dal proprietario attore, ravvisandosi nell'agire delle banche, anche quando ciò coinvolga soggetti terzi estranei al rapporto di debito, un'espressione di legittimo esercizio delle proprie prerogative creditorie. Non connotata evidentemente nella specie da quegli evidenti caratteri di mala fede o comunque di colpa grave che avrebbero giustificato l'adozione di misure risarcitorie o sanzionatorie. Osservazioni
La decisione in commento, ripercorre e risolve in modo conseguente temi già ampiamente presenti nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Ciò sia in riferimento all'operatività dell'istituto della revocatoria, sia in relazione alle conseguenze risarcitorie di iscrizioni ipotecarie, rivelatesi ex post illegittime. Il giudice riminese respinge, per carenza di dimostrazione causale, la richiesta di danno non patrimoniale. Sembra però presupporre de plano, anche se forse così scontato non può sempre dirsi, che nel caso sottoposto al suo scrutinio tale voce di pregiudizio potrebbe comunque astrattamente ricorrere. E dunque che non solo risulti nella specie oltrepassata una soglia minima di sufficiente gravità e compromissione dei diritti lesi (come noto delimitata in sede ermeneutica fin dalle note sentenze gemelle nn. 29672-29675 delle Sezioni Unite del 2008), ma che si sia altresì realizzata una lesione di diritti fondamentali dell'attore. Ma anche in questo caso, come si usa dire, sostanzialmente niente di nuovo sotto il sole, anche se sarebbe stato interessante conoscere il punto di vista del giudicante, in particolare, sulla natura dei valori incisi dall'iscrizione illegittima. Dove invece la pronuncia romagnola appare più sbrigativa e forse anche meno convincente è in relazione al capo riguardante la responsabilità aggravata delle due banche. L'interpretazione evolutiva che consente l'iscrizione di ipoteche “condizionate” su beni di soggetti diversi dal debitore è certo un significativo contributo al fondamentale obbiettivo della tutela del credito. Non si deve tuttavia sottacere la potenziale incidenza che ciò può al tempo stesso comportare sulla parimenti fondamentale esigenza della libera circolazione dei beni. A tale riguardo, dunque, sarebbe forse stata opportuna una più ampia e rigorosa riflessione sulla condotta della parte creditrice. Proprio in casi consimili, dove si espongono i diritti di terzi estranei al rapporto obbligatorio ad un possibile vulnus, dovrebbe infatti essere imposto un grado qualificato di cautela. Utilizzando magari con maggiore rigore proprio lo strumento di cui all'art. 96 c.p.c.; che, in questa ottica, potrebbe vedere enfatizzata la propria funzione di filtro preventivo, inducendo il ceto creditorio ad un esercizio particolarmente accorto delle proprie prerogative. |