Clausola claims made: efficacia, nullità e astratta validità
Rosaria Giordano
24 Novembre 2014
Nell'ambito delle assicurazioni della responsabilità civile dal disposto dell'art. 1917, comma 4, c.c. si desume che il fatto ovvero il danno, i.e. il sinistro cui dà luogo l'obbligazione indennitaria della compagnia assicurativa, deve essersi verificato nel periodo di vigenza del contratto. E' infatti chiaro in tal senso il disposto normativo secondo cui “Nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo”.
La prassi dei contratti di assicurazione
Nell'ambito delle assicurazioni della responsabilità civile dal disposto dell'art. 1917, comma 4, c.c. si desume che il fatto ovvero il danno, i.e. il sinistro cui dà luogo l'obbligazione indennitaria della compagnia assicurativa, deve essersi verificato nel periodo di vigenza del contratto. È infatti chiaro in tal senso il disposto normativo secondo cui “Nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi,in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo”.
Peraltro, nella prassi dei contratti di assicurazione per responsabilità professionale è in uso la clausola claims made in forza della quale – nella versione (meno ricorrente in detta prassi) “pura” – l'assicuratore è chiamato a rispondere “a richiesta fatta”, ossia laddove la richiesta risarcitoria da parte del danneggiato venga ad essere formulata nel periodo di vigenza del contratto. Questo significa che la copertura opera anche per fatti verificatisi prima della stipula del contratto e che , per converso, non opera per fatti accaduti durante la vigenza del contratto se la richiesta è spiegata successivamente.
In concreto, la clausola claims made è più usata come clausola mista che pone cioè un limite temporale “all'indietro” rispetto all'operatività della garanzia che quindi opera rispetto a condotte realizzate o danni manifestati storicamente collocati in un prestabilito lasso di tempo antecedente al momento nel quale devono essere ricevute per la prima volta le richieste risarcitorie dell'assicurato.
Problematica discussa e particolarmente delicata è quella della validità della clausola in questione.
La tesi della nullità
Alcuni precedenti di merito hanno evidenziato che la clausola claims made sarebbe nulla in quanto in contrato con l'art. 1917, comma 1, c.c., norma primaria ed imperativa (Trib. Bologna 2 ottobre 2002, in Dir. ed econ. assic., 2005, 711 seg.). In altre occasioni si è affermato che dal contrasto con l'art. 1917 c.c. deriva una nullità del contratto con clausola per mancanza di causa poiché non viene a tal fine in rilievo la derogabilità della predetta disposizione normativa quanto la circostanza che la stessa costituisca l'essenza del contratto di assicurazione per la responsabilità civile, specie professionale, nel quale il trasferimento del rischio è correlato all'esercizio dell'attività potenzialmente dannosa e non già alla formulazione della richiesta risarcitoria (cfr. Trib. Genova 8 aprile 2008, in Danno e resp., 2009, 103 ss., con nota di Carassale).
Altro problema che si pone, in ordine alla validità della clausola, è quello del contrasto con l'art. 1895 c.c. in quanto al momento della stipula del contratto di assicurazione il rischio si è già concretizzato, sicché potrebbe mancare l'alea negoziale. In tale direzione si segnala la giurisprudenza per la quale le clausole claims made contenute nel contratto di assicurazione sono radicalmente nulle in quanto contrarie alla previsione dell'articolo 1917 c.c. secondo cui l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo, mentre radicare l'obbligo assicurativo al momento nel quale viene effettuata la richiesta risarcitoria fa venir meno il rischio, elemento essenziale del contratto di assicurazione contro i danni.
Invero, osserva a riguardo, in motivazione, Trib. Roma, sez. XIII, 1 marzo 2006, est. Rossetti, in dejure.giuffre.it, che: “11.2.3. Nel contratto di assicurazione contro i danni elemento essenziale è il rischio: la mancanza di esso comporta infatti la nullità del contratto (art. 1895 c.c.), la sua cessazione lo scioglimento del vincolo (art. 1896 c.c.). In quanto elemento essenziale del contratto di assicurazione, il rischio (inteso qui quale situazione di rischio, o rischio in astratto, e non fattispecie di rischio, o rischio in concreto) deve preesistere alla stipula del contratto, e perdurare dopo tale momento. Tanto si desume dall'art 1895 c.c., il quale in tema di nullità del contratto di assicurazione per inesistenza del rischio prevede due ipotesi. La prima ipotesi di nullità prevista dall'art. 1895 c.c. è che il rischio non sia mai esistito, e ciò può accadere (nell'ass. contro i danni) quando la res oggetto dell'interesse protetto non esiste, ovvero non è mai stata esposta al pericolo di pregiudizio. La seconda ipotesi di nullità prevista dall'art. 1895 c.c. è che il rischio abbia cessato di esistere prima della stipula del contratto. Questa norma conferma indirettamente che il rischio dedotto nel contratto deve essere un evento futuro ed incerto. L'ipotesi della cessazione del rischio anteriore alla stipula può ricorrere, ad es., quando l'evento temuto si è già verificato. Da quanto esposto discende che la legge non consente né l'assicurazione retroattiva, quella cioè i cui effetti si producano da una data anteriore a quella della stipula del contratto (in tal senso già App. Milano 23 febbraio 1968, in Assicurazioni 1969, II, 83), né l'assicurazione di rischi già verificatisi, ancorché le parti ne ignorino l'esistenza (c.d. rischio putativo). La conferma di tale conclusione si rinviene nel fatto che là dove il legislatore ha inteso consentire l'assicurazione di rischi putativi, l'ha fatto espressamente (art. 514 cod. nav.). Per “rischi già verificatisi” tuttavia debbono intendersi non solo gli eventi dannosi materialmente avvenuti prima della stipula del contratto, ma anche quelli i cui presupposti causali si siano già verificati al momento della stipula. In questo caso nulla rileva che l'evento si sia concretamente verificato dopo la stipula del contratto, quando l'avveramento del sinistro non rappresenta che una conseguenza inevitabile di fatti già avvenuti prima di tale momento. Così ad es., sarebbe nullo il contratto di assicurazione del credito se il fallimento del debitore dell'assicurato, dichiarato dopo la conclusione del contratto, sia stato reso inevitabile dal compimento di atti pregiudizievoli in epoca anteriore alla stipula; così come sarebbe del pari nullo il contratto di assicurazione contro il rischio di crollo di un immobile, se al momento della stipula si era già verificato il cedimento del terreno su cui poggiava l'edificio, e che ha prodotto quale conseguenza inevitabile il crollo della costruzione. Or bene, nell'assicurazione della r.c. il “rischio” dedotto in contratto è l'impoverimento dell'assicurato, conseguente ad esborsi risarcitori a loro volta derivanti da fatti illeciti commessi dall'assicurato medesimo. Pertanto, sebbene l'assicurato patisca materialmente il pregiudizio quando il terzo danneggiato esiga il risarcimento, non v'è dubbio che il “rischio” dedotto nel contratto è rappresentato non dalla richiesta di risarcimento proveniente dal terzo, ma dalla commissione di illeciti colposi da parte dell'assicurato. Ne consegue che la clausola claims made, consentendo l'indennizzabilità di rischi già verificatisi al momento della stipula del contratto, è nulla ex art. 1895 c.c., in quanto rappresenta l'assicurazione di un rischio putativo”.
Nella giurisprudenza di merito non sono mancati, peraltro, indirizzi interpretativi più liberali che escludono l'invalidità della clausola. Si segnala, in particolare, un precedente edito del Tribunale di Milano secondo cui non soltanto deve ritenersi ammissibile la deroga all'art. 1917, comma 1, c.c. che costituisce, in parte qua, norma derogabile tenendo conto del disposto dell'art. 1932 c.c. che limita ad altri commi l'inderogabilità dell'art. 1917c.c. ma che è altresì possibile ricondurre il contratto con clausola c.m. allo schema tipico del contratto assicurativo sulla responsabilità civile atteso che la deroga all'art. 1917 c.c. non determina né una diversa natura del rischio stesso, rimanendo oggetto della copertura assicurativa il fatto colposo dedotto in polizza (Trib. Milano, 18 marzo 2010, n. 3527, est. Spera, in Dir. ed econ. ass., 2010, 778; conf. Trib. Milano, sez. XII, 10 gennaio 2012, in Resp. civ. e prev., 2012, n. 3, 916, con nota di Bugiolacchi).
Si discute, poi, in ordine alle conseguenze della nullità della clausola claims made. Invero, se si ritiene che la nullità della clausola determini anche quella del contratto ne deriva, anche per l'assicurato, la gravosa conseguenza della perdita del diritto all'indennizzo e del solo diritto ad ottenere ex art. 2033 c.c. la restituzione dei premi.
Diversamente, può accedersi alla tesi per la quale la nullità di tale singola clausola non incide sulle altre ex art. 1339 c.c., con conseguente permanente vigenza del rapporto assicurativo ed obbligo, in sostanza, peraltro eccessivamente gravoso, dell'assicuratore.
La tesi dell'astratta validità della clausola e del sindacato sull'efficacia sotto il profilo della vessatorietà per l'assicurato
Altro orientamento esamina la questione, distinta da quella della validità, dell'efficacia della clausola claims made sotto il profilo della vessatorietà.
La Corte di Cassazione ha invero più volte affermato il principio per il quale il contrasto di assicurazione della responsabilità civile con clausola a richiesta fatta (claims made) non rientra nella fattispecie tipica prevista dall'art. 1917 c.c., ma costituisce un contratto atipico, generalmente lecito ex art. 1322 c.c., poiché del suindicato art. 1917 c.c.; l'art. 1932 c.c. prevede la inderogabilità - se non in senso favorevole all'assicurato - dei commi 3 e 4, ma non anche del primo, in base al quale l'assicuratore assume l'obbligo di tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare a un terzo in conseguenza di tutti i fatti (o sinistri) accaduti durante il tempo della assicurazione, di cui il medesimo deve rispendere civilmente, per i quali la connessa richiesta di risarcimento del danno, da parte del danneggiato, sia fatta in un momento anche successivo al tempo di efficacia del contratto e non solo nel periodo di efficacia cronologica del medesimo. Al riguardo, inoltre, non assume rilievo l'art. 2952 c.c., relativo alla richiesta di risarcimento fatta dal danneggiato all'assicurato o alla circostanza che sia stata promossa l'azione, trattandosi di norma che ha differente oggetto e diversa ratio, volta solamente a stabilire la decorrenza del termine di prescrizione dei diritti dell'assicurato nei confronti dell'assicuratore. Pertanto, in accordo con tale giurisprudenza, spetta al giudice di merito accertare - caso per caso - se la clausola a richiesta fatta riducendo l'ambito oggettivo della responsabilità dell'assicuratore fissato dall'art. 1917 c.c., configuri una clausola vessatoria per l'assicurato (Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2013, n. 7273).
La giurisprudenza di legittimità più recente: l'assenza di causa in concreto
E' evidente che il cuore del problema sta proprio, specie laddove nel caso della più ricorrente clausola claims made mista la garanzia rispetto ad ipotetici fatti verificatosi anteriormente venga molto ristretta, nella tutela dell'assicurato per il quale potrebbe risultare vessatorio l'assetto concreto determinatosi.
Sul punto si segnala un obiter dictum all'interno di una recente decisione della S.C. la quale, nel ribadire che le clausole claims made, in forza delle quali possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell'assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data, predisposte dallo stesso assicuratore nelle condizioni generali di contratto siano frutto di scelte meditate e consapevoli, nonché di un'attenta valutazione dei rischi e della remuneratività del corrispettivo convenuto come premio, pur in relazione ai sinistri verificatisi in data anteriore, pur ritenendo irrilevante per la decisione del caso concreto la fattispecie nella quale la clausola claims made è stata invocata per escludere la copertura assicurativa, pur essendosi il sinistro realizzato nel pieno vigore del contratto di assicurazione, in quanto la domanda risarcitoria è stata per la prima volta proposta dopo lo scioglimento del contratto medesimo(cfr. Cass. civ. Sez. III, 15 marzo 2005, n. 5624), ha osservato che “in questo secondo caso la clausola potrebbe effettivamente porre problemi di validità, venendo a mancare, in danno dell'assicurato, il rapporto di corrispettività fra il pagamento del premio e il diritto all'indennizzo, per il solo fatto che la domanda risarcitoria viene proposta dopo lo scioglimento del contratto” (Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3622).
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Sommario
La tesi della nullità
La tesi dell'astratta validità della clausola e del sindacato sull'efficacia sotto il profilo della vessatorietà per l'assicurato
La giurisprudenza di legittimità più recente: l'assenza di causa in concreto