Inammissibilità dell’intervento volontario dell’assicuratore del veicolo danneggiato

26 Giugno 2017

Quando il danneggiato agisce nei confronti del proprietario e dell'assicuratore del veicolo responsabile del sinistro, è inammissibile l'intervento volontario della compagnia di assicurazione del veicolo danneggiato.
Massima

Stante il carattere facoltativo dell'azione di indennizzo (rectius, risarcimento) diretto di cui all'art. 149 cod. ass., quando il danneggiato agisce nei confronti del proprietario e dell'assicuratore del veicolo responsabile del sinistro, è inammissibile l'intervento volontario della compagnia di assicurazione del veicolo danneggiato, che risulta carente di interesse ad agire, non essendo stata svolta nei suoi confronti alcuna domanda.

Poiché i limiti alla possibilità di incrementare il risarcimento imposti dagli artt. 138 e 139 Cod. ass. (20% per le micropermanenti e 30% per le macro) devono essere unicamente riferiti alla personalizzazione inerente l'aspetto dinamico-relazionale del danno biologico, ma non anche al danno non patrimoniale inteso omnicomprensivamente (se non altro perché, all'epoca dell'emanazione della norma, era pacifica l'autonoma risarcibilità del danno morale), il danno morale o da sofferenza soggettiva potrà essere liquidato anche oltre i predetti limiti.

Il caso

Il conducente di un motoveicolo che ha riportato lesioni personali in occasione di un sinistro provocato da un'autovettura, conviene in giudizio il proprietario di quest'ultima e la sua compagnia di assicurazione.

Interviene volontariamente l'assicuratore del veicolo danneggiato, anche quale procuratore speciale della consorella, assicuratrice del veicolo responsabile del sinistro.

Il giudice dichiara inammissibile l'intervento volontario della compagnia del danneggiato, accoglie la domanda di risarcimento quantificando il danno sulla base delle risultanze della CTU medico legale e, pur trattandosi di lesioni micropermanenti, personalizza il risarcimento in ragione del 30% del danno biologico.

La questione

Quando il danneggiato in un sinistro della circolazione agisca in giudizio nei confronti del proprietario del veicolo danneggiante e della sua compagnia di assicurazione, è ammissibile l'intervento volontario dell'assicuratore del veicolo danneggiato?

Il giudice può liquidare il risarcimento del danno morale o da sofferenza soggettiva eccedendo il limite del 20% del danno biologico previsto dall'art. 139, comma 3, Cod. ass.?

Le soluzioni giuridiche

Secondo il Tribunale di Torre Annunziata, l'intervento della compagnia di assicurazione del veicolo danneggiato è inammissibile in quanto gli attori hanno agito, ai sensi degli artt. 2043 c.c. e 144 Cod. ass., solo nei confronti del proprietario del veicolo danneggiante e del suo assicuratore, e non anche, ai sensi dell'art. 149 Cod. ass. – attraverso, quindi, il procedimento di risarcimento diretto – nei confronti dell'assicuratore del proprio veicolo.

Tale scelta di parte attrice è legittima in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza (cfr. C. cost., sent. n. 180/2009), l'azione di risarcimento diretto ha carattere facoltativo e rappresenta un'opportunità ulteriore rispetto agli strumenti processuali preesistenti, di cui il danneggiato può continuare ad avvalersi.

Secondo il Tribunale, non essendo stata svolta alcuna domanda nei confronti della compagnia di assicurazione del veicolo danneggiato, difetta in capo ad essa l'interesse ad agire, con la conseguenza che il suo intervento risulti inammissibile.

La questione è dibattuta e controversa in giurisprudenza: in senso conforme alla sentenza in esame, si sono pronunciati i Tribunali di Venezia (Trib. Venezia, sent. n. 1339/2015), Trento (Trib. Trento, sent. 6 maggio 2014), Torino (Trib. Torino, sent. n. 389/2013), Genova (Trib. Genova, sent. 2415/2011) e la dodicesima Sezione del Tribunale di Milano (Trib. Milano, 18 giugno 2014 n. 8157).

La decima Sezione dello stesso Tribunale di Milano aveva invece tempo prima inaugurato un opposto orientamento – rimasto minoritario tra i giudici di merito, almeno per quanto consta allo scrivente – che considera ammissibile l'intervento volontario della compagnia del danneggiato, ritenendo che tale intervento abbia una natura litisconsortile, derivante dalla convenzione CARD sottoscritta tra le imprese assicuratrici (cfr. Trib. Milano, sez. X, sent. 28 ottobre 2011 n. 13052; Trib. Termini Imerese, sent. n. 1334/2013).

In ultimo, recentemente, la III Sezione civile della Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. III, 11 ottobre 2016 n. 20408), ha affermato che la norma processuale in forza della quale si costituisce in giudizio la compagnia gestionaria in nome e per conto della debitrice deve essere individuata nell'art. 77 c.p.c. e che, al contrario di quanto prospettato dalla parte ricorrente, il mandato conferito dalla debitrice alla gestionaria non è nullo per illiceità della causa (ex art. 1343 c.c.), in quanto la compagnia del danneggiato agisce in qualità di mandataria della compagnia debitrice «a tutela di un diritto di quest'ultima, non in proprio» e solo in capo alla compagnia del responsabile civile si producono le conseguenze dell'eventuale condanna (si veda F. Rosada, Costituzione in giudizio dell'impresa gestionaria in nome e per conto della debitrice: è legittimo, in Ridare.it, 24.11.2016).

La seconda questione di particolare rilievo trattata nella sentenza in commento concerne la personalizzazione del danno biologico.

Come premesso dal Tribunale di Torre Annunziata nella propria motivazione, le Sentenze di San Martino hanno statuito che il giudice, anziché procedere alla separata liquidazione del danno morale in termini di una percentuale del danno biologico (procedimento che darebbe luogo ad una duplicazione delle voci di danno non patrimoniale), deve provvedere ad un'adeguata personalizzazione del risarcimento, che tenga conto delle sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso (cfr. Cass. civ., Sez. Un., sent. 11 novembre 2008 n. 26972).

Nel caso in esame, poiché le lesioni riportate dal danneggiato corrispondono ad una invalidità permanente del 7%, e si rientra quindi nel campo delle cosiddette lesioni micropermanenti, si applica il limite liquidativo previsto, per l'aumento del risarcimento, dal comma 3 dell'art. 139 Cod. ass., a norma del quale l'ammontare del danno biologico liquidato può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.

Tuttavia, poiché, ai sensi del secondo comma dell'art. 139, per danno biologico si intende la lesione all'integrità psico-fisica che esplica un'incidenza negativa «sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato», il giudicante afferma che le tabelle delle cosiddette micropermanenti diano rilevanza al solo aspetto esistenziale e dinamico-relazione del danno non patrimoniale, e non riconoscano viceversa alcun valore al danno conseguente alla sofferenza fisica e psichica patita dal danneggiato, che però, secondo le Sezioni Unite, costituisce una componente indifettibile del risarcimento.

Peraltro, secondo il Tribunale, a tale limitazione non può porsi rimedio attraverso la personalizzazione «fino a un quinto» prevista dall'art. 139, comma 3, Cod. ass., che lascia “scoperta” la componente della sofferenza soggettiva.

Spetta dunque al giudice personalizzare il risarcimento in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma sulla base del diritto alla salute, e in conformità ai principi espressi dalle Sezioni Unite. Ma – come già evidenziato da precedenti pronunce di merito (cfr. Trib. Varese, sent. 8 aprile 2010; Trib. Piacenza, 10 novembre 2010) – tale personalizzazione non va confusa con quella prevista dall'art. 139 e dunque, per valorizzare il danno morale o da sofferenza soggettiva, si potrà applicare un “appesantimento” anche al di sopra dei limiti posti dagli artt. 138 e 139 Cod. ass., ossia il 20% per le micropermanenti e il 30% per le macro (cfr. nuovamente Trib. Varese, sent. 8 aprile 2010; Trib. Bari, sent. n. 1060/2014 e Trib. Bari, 5 febbraio 2015 n. 502; Trib. Busto Arsizio, sent. 17 settembre 2012).

La pronuncia in esame deve essere esaminata alla luce della sentenza 235 (C. cost, 16 ottobre 2014 n. 235) della Corte costituzionale, in cui la Consulta aveva dichiarato infondata la questione sollevata nelle numerose ordinanze di rimessione che evidenziavano il contrasto tra molteplici parametri costituzionali (tra cui il diritto all'uguaglianza e quello alla salute) e i limiti alla liquidazione previsti dall'art. 139 Cod. ass. per le lesioni micropermanenti riportate in occasione di sinistri stradali.

Secondo il Giudice delle leggi, il meccanismo tabellare di quantificazione del danno previsto dall'art. 139, pur comprimendo per il danneggiato le possibilità risarcitorie, supera il vaglio di ragionevolezza in considerazione del fatto che lesioni equivalenti possano essere risarcite in modo diverso se siano originate da vicende diverse, in particolare in un ambito, come quello dei sinistri della circolazione, in cui è necessario raggiungere un compromesso che assicuri un livello accettabile e sostenibile di premi assicurativi.

In relazione più specificamente al tema che ci occupa, poi, la Consulta aveva sottolineato che il meccanismo di cui all'art. 139 Cod. ass., che attiene al solo specifico e limitato settore delle lesioni di lieve entità, lascia spazio al giudice per personalizzare l'importo risarcitorio maggiorandolo fino a un quinto. Limite, quest'ultimo, ritenuto quindi legittimo e adeguato.

Osservazioni

Non è condivisibile la decisione del Tribunale di Torre Annunziata sull'inammissibilità dell'intervento volontario della compagnia di assicurazione del veicolo danneggiato. Ciò in quanto il carattere facoltativo dell'azione di risarcimento diretto di cui all'art. 149 Cod. ass., sancito dalla Corte costituzionale (C. cost., sent. n. 180/2009), non esclude il diritto e la legittimazione, da parte dell'assicuratore che non sia stato, per così dire, “scelto” dal danneggiato, di intervenire volontariamente nel giudizio da quest'ultimo instaurato.

Tale intervento non costituisce un pregiudizio per la parte attrice, ed anzi rafforza la posizione creditoria di quest'ultima, costituendo per la stessa una garanzia maggiore di conseguire la corresponsione del risarcimento in ipotesi dovutole, comportando l'affiancamento alla debitrice originaria di una condebitrice solidale alla quale la predetta parte attrice potrà rivolgersi, in aggiunta alla debitrice originaria – che rimarrà tale – al fine di ottenere l'esecuzione della sentenza.

Si richiama sul punto la già citata sentenza Trib. Milano, sez. X, sent. 28 ottobre 2011 n. 13052, che ha classificato l'intervento della compagnia del danneggiato/attore come intervento litisconsortile, atteso che l'interveniente assume solidalmente le obbligazioni risarcitorie già in capo all'assicuratore del responsabile del sinistro.

Poiché peraltro la compagnia del danneggiato interviene, come nel caso che ci occupa, in virtù di una procura speciale o di un mandato irrevocabile di gestione, anche giudiziale – rilasciati in suo favore da parte della consorella assicuratrice del responsabile civile – nemmeno occorrerebbe, a rigore, che sussista un autonomo interesse ad agire in capo alla compagnia del danneggiato.

È comunque discutibile che tale interesse effettivamente non sussista, perché la compagnia del danneggiato ha la necessità di ridurre ai minimi la propria esposizione economica, in quanto la convenzione CARD stabilisce che il rimborso da parte dell'assicuratore del responsabile avvenga forfettariamente. Pertanto, più il risarcimento corrisposto dall'assicuratore del danneggiato si discosta, in eccesso, dall'ammontare del rimborso forfettario, maggiore è la somma che rimarrà ad esclusivo carico di detto assicuratore, o, per meglio dire, la somma che l'assicuratore del danneggiato avrà speso di tasca propria senza poter pretendere alcun rimborso.

Viceversa, secondo la succitata sentenza Cass. civ., sez. III, 11 ottobre 2016 n. 20408, l'obbligazione non è solidale, ma resta in capo alla sola compagnia del responsabile, anche in presenza dell'intervento – ritenuto valido e legittimo dalla Suprema Corte – della compagnia mandataria, la quale, secondo i giudici di legittimità, agisce non in proprio, bensì a tutela di un diritto della consorella.

Per ciò che concerne la possibilità di liquidare il danno morale oltre il limite del 20% imposto dal comma 3 dell'art. 139 Cod. ass., si evidenzia che, dal punto di vista del danneggiato, sarà senz'altro utile, fin dalla fase stragiudiziale, valorizzare tanto la componente dinamico-relazione del danno non patrimoniale quanto quella relativa alla sofferenza soggettiva, tenendo conto che, nell'ambito di un eventuale giudizio, entrambe le componenti andranno adeguatamente allegate e dimostrate, dovendosi escludere, a mente di quanto disposto dalle Sezioni Unite nelle sentenze di San Martino, qualsiasi automatismo risarcitorio.

Ad opinione di chi scrive, la sentenza in esame conferma la tendenza della giurisprudenza di merito ad attribuire all'aspetto della sofferenza soggettiva, e quindi del danno morale, una crescente autonomia dal punto di vista ontologico e prefigura, nei fatti, un possibile, seppure soltanto parziale, ritorno al passato, ancorché sotto le mentite spoglie di un danno non patrimoniale unitario e inscindibile.

Questa tendenza, peraltro, non sembra riguardare solo le lesioni con postumi micropermanenti, anche se è possibile che sia stata innescata proprio dalla evidente disparità di trattamento, da un punto di vista economico, tra le lesioni di lieve entità derivanti da sinistri della circolazione e lesioni di pari entità aventi diversa eziologia.

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