Vacanza rovinata (danno da)
05 Dicembre 2024
Inquadramento Il danno non patrimoniale da mancata vacanza o da vacanza rovinata consiste nel pregiudizio - di natura morale/sofferenziale - patito dal turista per la frustrazione della sua aspettativa di fruizione della vacanza, cagionata dall'inadempimento totale o parziale o inesatto delle prestazioni assunte dall'organizzatore del pacchetto turistico (anche chiamato nella prassi dei commerci tour operator), ovvero di quelle assunte dal venditore del pacchetto turistico, o da loro dipendenti o ausiliari. Si tratta dunque di un danno non patrimoniale della persona, patito dal turista, di natura contrattuale, che costituisce uno degli esempi di danno non patrimoniale previsto dalla legge, quindi non derivante da grave lesione di diritti inviolabili della persona, come sancito dalla Corte di legittimità: in particolare, nella sentenza Cass civ., sez. III, 4 marzo 2010, n. 5189, la Corte di legittimità ha per la prima volta evidenziato che il fondamento della risarcibilità del danno non patrimoniale c.d. da vacanza rovinata non risiede nell'art. 2 Cost., ma proprio nella cosiddetta vacanza rovinata, legislativamente disciplinata: «…evidente che la Corte di merito ha inteso liquidare il danno in questione sia dal punto di vista patrimoniale…sia dal punto di vista non patrimoniale, in via equitativa, come conseguente danno ex art. 2059 c.c., alla persona che, nella vicenda in esame ed in linea anche con la recente giurisprudenza della Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972), trova un suo specifico titolo non nella generale previsione dell'art. 2 Cost., ma proprio nella cosiddetta "vacanza rovinata" (come legislativamente disciplinata)». Nello stesso senso, anche la dottrina è concorde nel ritenere che tale danno non patrimoniale non riguardi diritti costituzionalmente garantiti, trovando fondamento nella legge (fra gli altri, E. BIANCIARDI, Il « nuovo » danno da vacanza rovinata. quando (e quanto) è risarcibile la delusione del viaggiatore?, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.1, 1° gennaio 2020, pag. 272; D. SPERA, Responsabilità civile e danno alla persona, Giuffrè, 2025, cap. 13). La Corte di legittimità ha definito il danno da vacanza rovinata nella sentenza Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2012, n. 7256 come il «pregiudizio conseguente alla lesione dell'interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere e di riposo» e il «disagio psicofisico che si accompagna alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata, con l'esclusione, quindi, di danni psicofisici e/o alla vita di relazione», valorizzando la stretta relazione tra danno e lo scopo vacanziero del viaggio. Sul punto, si evidenzia come la giurisprudenza di legittimità abbia più volte fatto ricorso al concetto di “causa concreta” del contratto di pacchetto turistico, per sostenere l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno da vacanza rovinata, osservando come la finalità turistica, o scopo di piacere del viaggio, non è un motivo irrilevante del singolo contraente, ma si sostanzia nell'interesse che il contratto è volto funzionalmente a soddisfare, connotandone la causa concreta e determinando perciò l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero. In particolare, la Corte di legittimità ha sul punto affermato: «Il contratto di viaggio vacanza "tutto compreso" (cd. pacchetto turistico) si distingue dal contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV), essendo caratterizzato sia per la "finalità turistica" che sotto il profilo soggettivo e oggettivo; nel secondo, infatti, le prestazioni e i servizi si profilano come separati, laddove nel "pacchetto turistico" gli elementi costitutivi del trasporto, dell'alloggio e dei servizi turistici agli stessi non accessori, combinandosi in misura prefissata, assumono rilievo non già singolarmente, bensì nella loro unitarietà funzionale, dando luogo ad una prestazione complessa volta a soddisfare la "finalità turistica" che integra la causa concreta del contratto» (Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2023, n. 1417; conf.: Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2007, n. 16315; Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2012, n 7256). La storia del contratto di pacchetto turistico e del danno da vacanza rovinata Il contratto di pacchetto turistico, in passato definito anche contratto «tutto compreso» o «contratto di viaggio», è una fattispecie negoziale nata nella prassi del turismo organizzato oltre 50 anni fa e disciplinata a livello transnazionale per la prima volta nel 1970 dalla Convenzione di Bruxelles sul «contratto di viaggio». Da allora sono intervenute due direttive europee, recepite nell'ordinamento nazionale con quattro distinti interventi normativi. Sin dal 1970, l'inadempimento del contratto di viaggio comportava il diritto del turista ad ottenere il risarcimento di «tutti i danni». Nel 2002 la Corte di Giustizia, con la storica sentenza Corte Giust. UE 12 marzo 2002, C-168/00, Simone Leitner, ha sancito ufficialmente la nascita del danno da vacanza rovinata, affermando che l'art. 5, Direttiva 90/314/CEE «deve essere interpretato nel senso che in linea di principio il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio “tutto compreso”». Di seguito, si riporta in un prospetto l'evoluzione storica della disciplina del contratto di pacchetto turistico e, quindi, del danno da vacanza rovinata, al fine di consentire a chi legge di contestualizzare nel tempo la giurisprudenza di legittimità in materia di danno da vacanza rovinata, formatasi in relazione alla disciplina vigente alla data della stipulazione del contratto dedotto in giudizio.
Il danno da vacanza rovinata è attualmente previsto dall’art. 46 dell’Allegato del d.lgs. n. 79/2011 denominato «Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo», di seguito, per brevità, «Cod. Turismo», rubricato «Risarcimento del danno da vacanza rovinata», del seguente tenore: «1. Nel caso in cui l’inadempimento delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto non è di scarsa importanza ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile, il viaggiatore può chiedere all’organizzatore o al venditore, secondo la responsabilità derivante dalla violazione dei rispettivi obblighi assunti con i rispettivi contratti, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta. 2. Il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni, ovvero nel più lungo periodo per il risarcimento del danno alla persona previsto dalle disposizioni che regolano i servizi compresi nel pacchetto, a decorrere dalla data del rientro del viaggiatore nel luogo di partenza». Tale disposizione è entrata in vigore il 1° luglio 2018 e si applica ai contratti di pacchetto turistico stipulati a partire da tale data. Oneri assertivi e probatori a carico del danneggiato Il danno da vacanza rovinata è un danno non patrimoniale di natura contrattuale. Di conseguenza, la ripartizione dell'onere della prova si declina a mente dell'art. 46 Cod. Turismo, e, per tutto quanto non ivi previsto, alla luce della nota inversione dell'onere della prova prevista dall'art. 1218 c.c. e del criterio di causalità diretta posto dall'art. 1223 c.c. In dettaglio, incombe a chi agisce allegare e provare:
In altre parole, spetta a chi agisce in risarcimento allegare e provare l'esistenza del rapporto contrattuale e quindi l'avvenuta stipulazione del contratto di pacchetto turistico direttamente con il tour operator o per il tramite di un venditore e allegare l'inadempimento totale o parziale o inesatto delle obbligazioni previste nel contratto ovvero dalla legge (ad esempio gli obblighi informativi in materia di visti e/o restrizioni sanitarie) e il nesso causale tra tale inadempimento di non scarsa importanza e il patito danno non patrimoniale da vacanza rovinata. Si disaminano di seguito in dettaglio i fatti costitutivi della pretesa risarcitoria del danneggiato, con particolare attenzione alle novità della disciplina in vigore dal 1° luglio 2018 e ai profili problematici. L'attore, preteso danneggiato, deve allegare e provare anzitutto l'avvenuta stipulazione del contratto di pacchetto turistico che lo ha legittimato a fruire di una vacanza con prestazioni a carico del convenuto, in tesi inadempiute. Cosa si intende in concreto per contratto di pacchetto turistico? Orbene, come sottolineato da diversi Autori (tra gli altri, per un approfondimento, vedi, LABELLA E., La natura della responsabilità del venditore di pacchetti turistici, in “Europa e Diritto Privato”, fasc.2, 1° giugno 2020, pag. 581), la Direttiva UE/2015/2302 e, di conseguenza, il Legislatore nazionale, hanno ampliato la nozione di contratto di pacchetto turistico, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, rispetto alla precedente disciplina. Attualmente, ai sensi dell'art. 32 le disposizioni del Cod. Turismo si applicano «ai pacchetti offerti in vendita o venduti da professionisti a viaggiatori e ai servizi turistici collegati la cui offerta o vendita a viaggiatori è agevolata da professionisti. 1. Le disposizioni del presente Capo si applicano ai pacchetti offerti in vendita o venduti da professionisti a viaggiatori e ai servizi turistici collegati la cui offerta o vendita a viaggiatori è agevolata da professionisti». Ancora, ai sensi dell'art. 33, comma 1, lett. c) e d) Codice turismo, si intende per «"pacchetto": la combinazione di almeno due tipi diversi di servizi turistici ai fini dello stesso viaggio o della stessa vacanza, se si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
Inoltre, ai sensi la lett. f), l'art. 32 fornisce la nozione di «servizio turistico collegato». In definitiva, la disciplina sui pacchetti turistici è stata estesa dal punto di vista oggettivo anche alle ipotesi di acquisto di più servizi turistici venduti unitariamente o anche solo pubblicizzati unitariamente o in forza di contratti collegati relativi alla stessa vacanza e alle ipotesi di acquisto di un servizio turistico connesso su segnalazione del professionista, se il secondo contratto è concluso entro 24 ore dal primo. Dal punto di vista soggettivo, come notato dalla Dottrina, la tutela è stata estesa anche alla persona fisica che acquisti più servizi turistici nell'ambito della propria attività professionale, purché non nell'ambito di un contratto quadro con il fornitore dei detti servizi. Circa la questione della prova della stipulazione del contratto, giova evidenziare come, a mente dell'odierno art. 36 Cod. Turismo, il contratto di pacchetto turistico è a forma libera, onde può essere stipulato anche verbalmente, fermo l'obbligo del professionista di fornire le informazioni precontrattuali di cui all'art. 34 e fermo l'obbligo ex art. 36 - non appena il contratto sia stipulato – di consegnare al viaggiatore copia del contratto se stipulato per iscritto con il contenuto minimo di cui al detto art. 36 ovvero, se il contratto è stato concluso verbalmente, di consegnare una conferma scritta del contratto su supporto durevole, avente il contenuto minimo di cui all'art. 36. La pregressa previsione di forma scritta del contratto di pacchetto turistico, di cui all'art. 6, d.lgs. n. 111/1995, reputata dalla Corte di legittimità una forma scritta ad substantiam e una nullità di protezione (Cass. civ., sez. III, 4 novembre 2014, n. 23438), è stata dunque superata. Di conseguenza, sia che il contratto sia stato stipulato in forma scritta sia che sia stato stipulato in forma verbale, incombe a chi agisce allegare quali prestazioni sono state inadempiute e in quale documento le stesse fossero state promesse, rilevando all'uopo anche la brochure illustrativa e qualsiasi supporto pubblicitario messo a disposizione dal professionista (tour operator o intermediario se diverso) al potenziale turista in fase precontrattuale. Difatti, ai sensi dell'art. 34 Cod. Turismo, l'organizzatore e il venditore, se diverso dal primo, sono entrambi obbligati a fornire al potenziale cliente una dettagliata descrizione delle obbligazioni previste nel pacchetto nonché le informazioni generali relative all'accesso al paese di destinazione, e quindi, con elenco non esaustivo, a indicare tutti i servizi turistici che compongono il pacchetto e i servizi accessori collegati, lo standard di qualità dei detti servizi, il prezzo, le modalità di pagamento, il diritto di recesso e gli altri diritti del viaggiatore, le informazioni generali in materia di visti e passaporti e le formalità sanitarie del paese di destinazione. Tali informazioni precontrattuali ai sensi dell'art. 35 Cod. Turismo sono vincolanti per l'organizzatore e il venditore in caso di stipulazione del contratto e, per il caso di conclusione di contratto verbale, debbono essere riportate su supporto stabile da consegnarsi il prima possibile al viaggiatore. In definitiva, lo specifico contenuto del pacchetto turistico e l'estensione delle informazioni precontrattuali e contrattuali fornite dall'organizzatore sono fondamentali per giudicare dell'esistenza dell'inesatto o parziale inadempimento dell'organizzatore e del venditore, e, come si dirà più avanti, anche della gravità o non gravità dello stesso ai fini del riconoscimento del risarcimento del danno da vacanza rovinata. Giova infine evidenziare che - quando il contratto sia stato concluso - la giurisprudenza di merito, formatasi peraltro sulla pregressa consimile formulazione degli obblighi informativi precontrattuali, ha ritenuto che la violazione di tali obblighi informativi integrasse una responsabilità contrattuale, piuttosto che precontrattuale (Trib. Verbania, 23 aprile 2002; Trib. Firenze, 18 gennaio 2007). Quid juris nell'ipotesi in cui il contratto sia stato stipulato da un terzo a favore del turista? In questo caso si configura l'ipotesi di un contratto a favore del terzo e, fermi i rimedi che spettano unicamente al contraente (quali ad esempio la risoluzione e la restituzione del prezzo), il risarcimento del danno da vacanza rovinata spetta unicamente al turista, ovvero al soggetto legittimato in base al contratto di pacchetto turistico a fruire della vacanza. L'art. 46 Cod. Turismo, riprendendo quanto previsto dal previgente art. 47, richiama espressamente l'art. 1455 c.c., secondo cui il contratto non si può risolvere se l'inadempimento ha scarsa importanza avuto riguardo all'interesse dell'altro contraente. La Dottrina non ha mancato di sottolineare (TRIPODI E.M., CARDOSI G., Il codice del turismo: guida alla nuova disciplina dopo il d. lgs. 79/2011, Maggioli, 2011; E. BIANCIARDI, cit., p. 272) come il Legislatore nazionale abbia riproposto il requisito della soglia minima di offensività della lesione per la configurabilità del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, nei casi non previsto dalla legge, sancito nel noto arresto del Giudice della nomofilachia in tema di danno non patrimoniale da inadempimento o da fatto illecito (Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2008 n. 26972). In concreto, quando l'inadempimento o l'inesatto adempimento (ovvero il difetto di conformità secondo la dicitura utilizzata dalla direttiva) è di non scarsa importanza e dunque fonda la domanda di risarcimento del danno da vacanza rovinata? Non vi è dubbio che comporta il risarcimento del danno l'inadempimento integrale delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico, ovvero quell'inadempimento che ha causato direttamente la non fruizione integrale del pacchetto (cd danno da mancata vacanza), ricorrente in ipotesi di violazione dell'obbligo informativo sui visti e passaporti per l'espatrio ovvero di danno grave alla persona (cagionato dal tour operator direttamente o dagli ausiliari dello stesso, esecutori delle prestazioni di cui si cui compone il pacchetto turistico) con conseguente mancata fruizione della vacanza. Ben più difficile è invece identificare il grado di gravità dell'inadempimento idoneo a fondare il risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata nelle ipotesi di inadempimento parziale o inesatto adempimento delle prestazioni del pacchetto di viaggio. In concreto, è stato più volte affermato che i meri disagi e fastidi di natura bagatellare (quali il lieve ritardo nell'imbarco sulla nave da crociera o sull'aereo, per di più se giustificato da condizioni meteorologiche avverse, o altri consimili inconvenienti, da considerare anche nel contesto delle peculiarità della meta turistica prefissata e della situazione logistica prescelta) non fondano il diritto al risarcimento del danno da vacanza rovinata. Anche la Corte di legittimità, applicando ratione temporis il d. lgs n. 111/1995, ha affermato che è necessaria una soglia minima di rilevanza della lesività per fondare il diritto al risarcimento del danno da vacanza rovinata, precisando che detto limite non discende né dalla norma all'epoca vigente, né dall'interpretazione della Corte di Giustizia, ma rintracciandolo nell'art. 2 Cost. e con i principi di solidarietà, correttezza e buona fede tra i contraenti: «In riferimento al diritto alla vacanza contrattualmente pattuita, invece, la necessità della gravità della lesione dell'interesse e il superamento di una soglia minima di tollerabilità, trova fondamento nella sempre più accentuata valorizzazione della regola di correttezza e buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, che [...] accompagna il contratto in ogni sua fase; regola specificativa [...] degli inderogabili doveri di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost., e la cui violazione può essere indice rivelatore dell'abuso del diritto, nella elaborazione teorica e giurisprudenziale. La richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, avuto presente la causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente pattuiti, e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al consumatore/creditore. In mancanza di delimitazioni normative, spetta al giudice del merito [...] individuare il superamento o meno di tale soglia, avuto riguardo alla causa in concreto - costituita dalla finalità turistica, che qualifica il contratto determinando l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero" - emergente dal complessivo assetto contrattuale, e considerando l'autonoma valutabilità dell'interesse allo svago e riposo rispetto al danno patrimoniale subito» (Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2012, n. 7256; conf.: Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2015, n. 14662; Cass. civ., sez. III, 14 giugno 2016, n. 12143; Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2018, n. 17724). Questa valutazione si traduce in un'operazione di bilanciamento demandata al prudente apprezzamento del giudice di merito, tenuto a esercitare adeguato discernimento attribuendo rilievo a quell'inadempimento che comprometta in maniera sensibile lo scopo ludico della vacanza. Ad es., nell'esercizio di tale bilanciamento, la Corte di Cassazione ha ritenuto che «l'aggressione subita da un turista (colpito con un pugno e derubato di un prezioso orologio), cliente di un tour operator, all'interno di un villaggio turistico, nell'ambito di una vacanza organizzata, ha determinato un serio pregiudizio ed è senz'altro idonea a pregiudicare la possibilità di godimento del suo periodo di ferie» (Cass. civ., sez. VI, 16 marzo 2017, n. 6830). Di recente la Cassazione ha confermato, sia pure con riferimento alla previgente disciplina, la regola del bilanciamento: «Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, secondo quanto espressamente previsto in attuazione della direttiva n. 90/314/CEE (ratione temporis applicabile, e successivamente abrogata dalla direttiva n. 2015/2302/UE), costituisce uno dei casi previsti dalla legge ai sensi dell'art. 2059 c.c., ed è, pertanto, risarcibile all'esito del riscontro della gravità della lesione e della serietà del danno, da apprezzarsi alla stregua del bilanciamento del principio di tolleranza delle lesioni minime e della condizione concreta delle parti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva risarcito il danno non patrimoniale patito dai turisti di un campeggio in conseguenza dell'incendio propagatosi da un terreno limitrofo, indipendentemente dal riscontro della ricorrenza di un cd. pacchetto turistico di cui alla direttiva 90/314/CEE, attuata con il d.lgs. n. 111 del 1995)» (Cass. civ., sez. III, 7 settembre 2023 n. 26142). Orbene, l'interesse del turista, che il pacchetto turistico è volto funzionalmente a soddisfare, connota la causa concreta e determina perciò l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del «preminente scopo vacanziero» (Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2007, n. 16315; conf.: Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2012, n. 7256 cit). Da quanto precede discende che sia per descrivere il pregiudizio, sia per apprezzare la concreta gravità del danno sofferto dal turista per le aspettative frustrate, è necessario allegare quale sia stato il «preminente scopo vacanziero» e quale sia stato in concreto l'inadempimento parziale o inesatto patito. Per fare ciò, chi agisce in giudizio per danno da vacanza rovinata, così come il giudice che deve delibare questa domanda, non può che riferirsi allo specifico contenuto delle prestazioni in capo all'organizzatore e al venditore del pacchetto turistico dedotto in giudizio, da ciò derivando l'estrema importanza al fine della prova della gravità dell'inadempimento di provare quali sono state le informazioni precontrattuali trasmesse dal venditore e dall'organizzatore al viaggiatore ai sensi dell'art. 34 e poi confluite nel contratto exart. 36. A ben vedere, le notizie fornite al turista «rappresentano il vero spartiacque tra i sogni del viaggiatore e ciò che il tour operator si è impegnato (e quindi è tenuto) a mettergli a disposizione nel corretto adempimento dell'obbligazione assunta» (ROSSI CARLEO L., DONA M., Il contratto di viaggio turistico, Napoli ESI, 2010, pag. 202). Quanto alla casistica in tema di gravità dell'inadempimento, la Cassazione ha sottolineato come nell'ipotesi di viaggio compiuto per un'occasione irripetibile, come per esempio accade per il viaggio di nozze, la gravità è in re ipsa (Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2012, n. 7256 cit.). Del pari, è stata riconosciuto il danno da vacanza rovinata a carico del tour operator nell'ipotesi di acquisto di un pacchetto turistico avente ad oggetto il viaggio aereo e l'alloggio in un complesso turistico in cui, diversamente da quanto risultava dalla fotografia pubblicata sul depliant, la spiaggia era sporca e il mare inquinato da idrocarburi (Cass. civ., sez. III, 4 marzo 2010, n. 5189) e, parimenti, la Cassazione ha riconosciuto che rientra tra i servizi essenziali che l'organizzatore deve offrire «la fruizione delle attrattive naturalistiche od artistiche della meta del viaggio», con riferimento all'impossibilità di effettuare la balneazione nello specchio di mare antistante la struttura turistica, descritto come balneabile.
La prova liberatoria del tour operator e del venditore La novella del Codice del turismo ha innovato la disciplina previgente, nella parte in cui ha distinto chiaramente le obbligazioni assunte dal tour operator e dal venditore verso il turista, stabilendo anche un coerente distinto regime dell'esonero della responsabilità. In particolare, ai sensi degli artt. 32 e ss Codice turismo può affermarsi che il contratto concluso tra turista e tour operator è assimilabile ad un appalto di servizi mentre il contratto concluso tra turista e intermediario è assimilabile ad un vero e proprio mandato. Quanto all'esonero di responsabilità del tour operator, ai sensi dell'art. 43, il tour operator è esente da responsabilità ove alleghi e provi che l'inadempimento (rectius: il “difetto di conformità”) sia «imputabile al viaggiatore o a un terzo estraneo alla fornitura dei servizi turistici inclusi nel contratto di pacchetto turistico ed è imprevedibile o inevitabile oppure è dovuto a circostanze inevitabili e straordinarie». Quanto al venditore, l'art. 50 così circoscrive la sua obbligazione: «Il venditore è responsabile dell'esecuzione del mandato conferitogli dal viaggiatore con il contratto di intermediazione di viaggio, indipendentemente dal fatto che la prestazione sia resa dal venditore stesso, dai suoi ausiliari o preposti quando agiscono nell'esercizio delle loro funzioni o dai terzi della cui opera si avvalga, dovendo l'adempimento delle obbligazioni assunte essere valutato con riguardo alla diligenza richiesta per l'esercizio della corrispondente attività professionale.». A sua volta l'art. 51 regola la «Responsabilità in caso di errore di prenotazione» come segue: «1. Il professionista è responsabile degli errori dovuti a difetti tecnici nel sistema di prenotazione che gli siano imputabili e, qualora abbia accettato di organizzare la prenotazione di un pacchetto o di servizi turistici che rientrano in servizi turistici collegati, degli errori commessi durante il processo di prenotazione. 2. Il professionista non è responsabile degli errori di prenotazione imputabili al viaggiatore o dovuti a circostanze inevitabili e straordinarie». Alla luce di tali limpide disposizioni, risulta all'evidenza il criterio di imputazione della responsabilità in caso di risarcimento del danno da vacanza rovinata, che il turista deve svolgere nei confronti del tour operator o del venditore “secondo le rispettive responsabilità”, nel senso che il turista dovrà agire per il risarcimento del danno da vacanza rovinata al tour operator ovvero al venditore a seconda che tale danno sia derivato causalmente da inadempimenti delle prestazioni assunte dal tour operator o dal venditore (per un approfondimento del nuovo regime di responsabilità alla luce del novellato codice del turismo del 2018, vedi MORANDI F., Le nuove regole dell'unione europea sui pacchetti turistici e i servizi turistici collegati nell'esperienza italiana – II parte, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.5, 1.05.2019, pag. 1422). In definitiva, la novella del 2018 ha quindi superato le incertezze interpretative della giurisprudenza, in punto di responsabilità solidale o parziaria del tour operator, a causa dei ripetuti mutamenti normativi, con disposizioni di non chiara formulazione. Si riportano, quindi, di seguito, i diversi orientamenti emersi nella giurisprudenza di legittimità, con la precisazione che sono tutti relativi a disposizioni non più attualmente vigenti. Quanto alle limitazioni di responsabilità legali e convenzionali, ai sensi dell'art. 43, co. 4 e 5, Cod. Turismo. «4. All'organizzatore si applicano le limitazioni previste dalle convenzioni internazionali in vigore che vincolano l'Italia o l'Unione europea, relative alla misura del risarcimento o alle condizioni a cui è dovuto da parte di un fornitore che presta un servizio turistico incluso in un pacchetto. 5. Il contratto di pacchetto turistico può prevedere la limitazione del risarcimento dovuto dall'organizzatore, salvo che per i danni alla persona o quelli causati intenzionalmente o per colpa, purché tale limitazione non sia inferiore al triplo del prezzo totale del pacchetto». La ratio della disposizione di cui al comma 4 si coglie nella volontà di estendere al tour operator le limitazioni legali di responsabilità previste dalle convenzioni internazionali a favore del vettore (ad esempio, dalla Convenzione di Montreal in tema di trasporto aereo o dalla Convenzione di Atene in tema di trasporto marittimo di passeggeri), allo scopo di evitare distorsioni nella filiera delle imprese del turismo. Le limitazioni legali della responsabilità derivanti da Convenzioni internazionali, ove riguardanti il danno alla persona, si applicano anche al danno non patrimoniale da vacanza rovinata. Quanto alle limitazioni convenzionali della responsabilità, le stesse (ferma la disciplina degli artt. 1341 e 1342 c.c. e dell'art. 33, comma 2, lett. b) Cod. Consumo) sono consentite per i danni a cose, sempre se avvenuti senza dolo o colpa, e purché la limitazione non sia inferiore al triplo del prezzo totale del pacchetto turistico. Poiché il danno da vacanza rovinata è una voce di danno non patrimoniale della persona, lo stesso rientra nel novero dei danni non assoggettabili a limitazione convenzionale della responsabilità dell'organizzatore del pacchetto turistico. La liquidazione del danno da vacanza rovinata Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata deve essere liquidato in via equitativa ex art. 1226 c.c., trattandosi di un pregiudizio impossibile da provare nel suo preciso ammontare. Gli indici normativi su cui parametrare tale valutazione sono, a mente dell'art. 46 Cod. Turismo: «il tempo di vacanza inutilmente trascorso» e «l'irripetibilità dell'occasione perduta». Nella concreta casistica giurisprudenziale dei giudici di merito si registra il frequente riferimento - a fini liquidatori – al parametro del prezzo del pacchetto turistico, con liquidazione del danno da vacanza rovinata in una aliquota percentuale, variabile da un quarto alla metà, del prezzo: ciò sulla base di elementi quali l'entità e/o la durata dell'inesatto adempimento e l'irripetibilità della vacanza. Ad esempio, in un caso di danno alla salute, imputabile all'organizzatore e protrattosi per quattro giorni dei dieci del pacchetto turistico del prezzo complessivo di € 6.000,00, il Tribunale di Roma ha liquidato la somma di € 2.000,00 a titolo di danno da vacanza rovinata (Trib. Roma, 8 ottobre 2021, n. 15683). In un altro caso, relativo a danno da vacanza rovinata per pericolosità del veicolo fornito dall'organizzatore, il giudice ha liquidato il risarcimento nella misura di € 1.00,00, pari a un terzo del prezzo del pacchetto turistico (Trib. Milano, 9 settembre 2021, n. 7180). Si evidenzia che i giudici di merito hanno adottato anche altri criteri liquidatori: ad es., in un caso di una crocierista scivolata durante un'escursione con conseguente inabilità temporanea di alcuni giorni, il giudice ha liquidato il danno da vacanza rovinata separatamente dalla liquidazione del danno alla salute ma nella misura del 50% dell'importo dell'inabilità temporanea assoluta pro die, così assunto come parametro (Trib. Torino, 21 febbraio 2023, n. 735). Altri giudici di merito poi hanno adottato il criterio dell'equità c.d. pura, cioè non ancorata a specifici parametri monetari predeterminati. Sul punto, la Corte di legittimità ha di recente puntualizzato come non possa escludersi che, in determinate ipotesi di peculiare irripetibilità della vacanza, il bene non patrimoniale leso superi il danno patrimoniale rappresentato dal costo del pacchetto, stigmatizzando l'incongruità del riferimento al prezzo del pacchetto turistico: « …considerando l'autonoma valutabilità dell'interesse allo svago e riposo rispetto al danno patrimoniale subito, atteso che il primo, a seconda del peso della prestazione contrattuale non adempiuta, può ben superare il secondo e non può appiattirsi su questo. …. Al profilo in argomento si collega la censura (p.3.1. sub c), con il quale si lamenta il mancato utilizzo di un criterio equitativo di calcolo seguito dalla giurisprudenza, che quantifica il danno morale come frazione del danno patrimoniale. A prescindere dalla recente messa in discussione di tale criterio – nell'ambito dello stesso danno non patrimoniale, in rapporto al danno biologico (Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 2012, n. 2228) - nella specie tale censura non è conferente, in considerazione di quanto si è appena detto in ordine alla necessaria autonoma valutazione del danno morale che, in rapporto al caso concreto, può superare lo stretto danno patrimoniale» (Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2012, n. 7256 cit., motivazione, pag. 7). Il termine di prescrizione Ai sensi dell’art. 46, comma 2 Cod. Turismo: «Il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni, ovvero nel più lungo periodo per il risarcimento del danno alla persona previsto dalle disposizioni che regolano i servizi compresi nel pacchetto, a decorrere dalla data del rientro del viaggiatore nel luogo di partenza». Tale termine vale tanto per il danno da vacanza rovinata preteso contro il tour operator, quanto per quello che sia preteso contro il venditore, in forza della espressa previsione di cui all’art. 51-quater. La novella del 2018 ha quindi riformulato le pregresse non lineari disposizioni, che avevano generato diversi contrasti interpretativi in giurisprudenza in ordine alla durata del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da vacanza rovinata e al dies a quo del decorso di tale termine (per un approfondimento, vedi MONTI S., Vacanza rovinata e "danno alla persona" qualche precisazione, in Diritto & Giustizia, fasc.34, 2023, pag. 6, Nota a: Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2023, n. 5271): per i contratti stipulati a far data dal 1° luglio 2018 il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da vacanza rovinata ha durata triennale e decorre dal giorno di rientro del viaggiatore nel luogo di partenza. Ancora, con riferimento al dies ad quem del termine di prescrizione, l’art. 44 Cod. Turismo attualmente prevede che deve aversi riguardo alla data in cui il professionista riceve il reclamo e che, in caso di veditore diverso dall’organizzatore, la ricezione del reclamo da parte del venditore è considerata la data di ricezione anche per l’organizzatore. Profili processuali La prova dell'intervenuta stipulazione di un contratto di pacchetto turistico è, di regola, di tipo documentale, considerati anche gli obblighi informativi precontrattuali e contrattuali e di trasferimento su supporto durevole del contratto stipulato verbalmente, previsti dagli artt. 34, 35 e 36 Cod. Turismo. La Corte di Cassazione ha poi evidenziato come la prova del danno non patrimoniale da "vacanza rovinata", inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, è validamente fornita dal viaggiatore in forza di presunzioni, mediante la dimostrazione dell'inadempimento del contratto di pacchetto turistico, atteso che gli stati psichici del danneggiato non possono formare oggetto di prova diretta ma sono desumibili dalla mancata realizzazione della "finalità turistica" e dalla concreta realizzazione della "finalità turistica" e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero. In particolare, è stato affermato: «…in tema di danno non patrimoniale "da vacanza rovinata", inteso come disagio psicofisico conseguente alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata, la raggiunta prova dell'inadempimento esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell'attore, per un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e, per altro verso, sono desumibili dalla mancata realizzazione della "finalità turistica" (che qualifica il contratto) e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla realizzazione dello scopo vacanziero» ( Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2012, n. 7256, in motivazione, par. 3.2.3; conf.: Trib. Roma, sez. XIII, 10 settembre 2019, n. 17104; Trib. Milano, sez. XI, 7 luglio 2020, n. 3986). Il danno da vacanza rovinata, secondo la regola generale di cui all'art. 1223 c.c., deve essere causalmente derivato in via diretta dall'inadempimento delle prestazioni oggetto del contratto di pacchetto turistico. La Cassazione ha reputato la sussistenza del nesso di causa tra inadempimento delle obbligazioni del gestore di un campeggio e danno da vacanza rovinata in conseguenza di incendio propagatosi nel campeggio da un terreno limitrofo (Cass. civ., sez. III, 7 settembre 2023, n. 26142). Un'attenzione particolare deve essere posta dall'attore ai fini dell'individuazione del soggetto passivo della pretesa risarcitoria, attesa la vista esclusione normativa della responsabilità solidale tra organizzatore e venditore del pacchetto turistico. Si ribadisce, infine, che è particolarmente utile per entrambe le parti la produzione del catalogo o depliant informativo sul pacchetto di viaggio, allo scopo di provare quali prestazioni fossero in concreto comprese nel pacchetto e quali ne fossero escluse: in ogni caso, incombendo l'obbligo informativo sul professionista, giammai questi potrà giovarsi di non avere fornito al turista le informazioni minime previste dalla legge, in tal caso dovendosi ad esempio presumere compresi nel pacchetto tutti i servizi presenti nella struttura alberghiera che non siano stati espressamente esclusi nei documenti di viaggio forniti dall'organizzatore. Ove il turista voglia chiamare a testimoni altri viaggiatori fruitori del medesimo pacchetto turistico, ad esempio, sulla scarsa qualità del servizio turistico, potrebbe essere in concreto sussistente, sempre se eccepita, l'incapacità a testimoniare del testimone, ex art. 246 c.p.c., in quanto potenzialmente anch'essi danneggiati e legittimati attivi a intervenire in causa. Risarcibilità del danno da vacanza rovinata anche in altre ipotesi? Ai sensi dell'art. 43, co. 6, Cod. Turismo: «Qualunque diritto al risarcimento o alla riduzione del prezzo ai sensi del presente Capo non pregiudica i diritti dei viaggiatori previsti dal regolamento (CE) n. 261/2004, dal regolamento (CE) n. 1371/2007, dal regolamento (CE) n. 392/2009, dal regolamento (UE) n. 1177/2010 e dal regolamento (UE) n. 181/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché dalle convenzioni internazionali, fermo restando che il risarcimento o la riduzione del prezzo concessi ai sensi del presente Capo e il risarcimento o la riduzione del prezzo concessi ai sensi di detti regolamenti e convenzioni internazionali sono detratti gli uni dagli altri». Alla luce di tale previsione discende che è consentito al danneggiato il cumulo dell'azione risarcitoria contro l'organizzatore o il venditore ovviamente con altre azioni (contrattuali ovvero extracontrattuali) proposte contro lo specifico prestatore del servizio turistico, che abbia cagionato il danno (il vettore, l'albergatore, la guida turistica, o i loro ausiliari o prestatori d'opera), sempre che ricorrano i presupposti di dette diverse azioni. In altre parole, è possibile il cumulo di plurimi rimedi risarcitori contro lo stesso o più legittimativi passivi, fermo il divieto – rispondente a un principio generale – della duplicazione del risarcimento con indebita locupletazione del danneggiato. Parimenti, il danneggiato - in conformità al principio generale del divieto di abuso del diritto di azione ex art. 24 Cost. - non può frazionare la domanda risarcitoria, proponendo plurime controversie contro lo stesso soggetto per danni derivanti dal medesimo contratto di pacchetto turistico, essendo tenuto dal principio di solidarietà a concentrare i rimedi in unico processo, perlomeno quelli rivolti contro lo stesso soggetto. Un altro elemento di complessità può verificarsi nell'ipotesi in cui il viaggiatore abbia subito – in conseguenza dell'inadempimento dell'organizzatore del pacchetto turistico, ovvero del prestatore del servizio turistico che compone il pacchetto – un danno alla salute, con conseguente parziale o mancata fruizione della vacanza, quindi con conseguente danno da vacanza rovinata o mancata. In particolare, ci si è chiesti se in tale caso il danno non patrimoniale da vacanza rovinata debba essere risarcito come una forma di personalizzazione del danno alla salute (quindi con incremento percentuale del danno biologico) ovvero debba essere liquidato separatamente. In ragione della differenza e autonomia degli interessi protetti dalle rispettive norme, in assenza di una pronuncia di legittimità sul punto, si ritiene corretta la soluzione della liquidazione separata del danno non patrimoniale alla salute e del danno da vacanza rovinata, già adottata da diversi Tribunali di merito (Trib. Napoli Nord, 26 settembre 2023, n. 3818). Un'altra questione problematica riguarda la risarcibilità del danno non patrimoniale da vacanza rovinata a carico di chi provochi per fatto illecito un danno alla salute ad una vittima che era in procinto di partire per una vacanza: un orientamento minoritario ha ritenuto riconoscibile tale danno a carico del responsabile civile del fatto illecito, valorizzando la tutela costituzionale del riposo, ma l'orientamento prevalente e la dottrina sono nel senso opposto, ferma la possibile personalizzazione del danno da sofferenza interiore per lesione del bene salute a causa per l'impossibilità di partecipare alla vacanza programmata sempre che sia dedotta e provata la prenotazione di tale vacanza e il medico legale accerti che la malattia e/o i postumi del sinistro impediscano alla vittima di fruire della programmata vacanza. |