Scrittura privata di trasferimento immobiliare: opponibile al fisco quando acquisisce data certa

08 Maggio 2017

In tema di imposta di registro, nella valutazione dei beni trasferiti con scrittura privata non autenticata, deve farsi riferimento al momento in cui la scrittura privata ha acquistato data certa ai sensi dell'art. 2704 c.c., quindi alla data della sua registrazione e non a quella della sua sottoscrizione.
Massima

In tema di imposta di registro, nella valutazione dei beni trasferiti con scrittura privata non autenticata, deve farsi riferimento al momento in cui la scrittura privata ha acquistato data certa ai sensi dell'art. 2704 c.c., quindi alla data della sua registrazione e non a quella della sua sottoscrizione.

Il caso

La fattispecie in esame riguarda una scrittura privata di transazione, sottoscritta in data 7 febbraio 2002 e registrata il giorno 8 febbraio 2002, con la quale le parti avevano riconosciuto che attraverso una precedente scrittura privata del 02 settembre 1976 si era verificato l'effetto di trasferimento della proprietà, a favore di una delle parti, di un appezzamento di terreno e sovrastante fabbricato per il corrispettivo convenuto e già pagato all'epoca di £. 19.000.000 (diciannove milioni di lire). In altri termini, la scrittura privata registrata in data 08 febbraio 2002 aveva valore meramente ricognitivo di una precedente (di quasi 30 anni) scrittura privata mai registrata, con la quale era stato disposto un trasferimento immobiliare.

A seguito di verifica sulla scrittura privata registrata, l'Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che, ai fini dell'imposta di registro, le parti avrebbero dovuto valutare i beni oggetto di trasferimento al momento della registrazione dell'atto ricognitivo, avvenuta l'8 febbraio 2002, anziché al momento della asserita sottoscrizione della originaria scrittura privata del 1976, conseguentemente avrebbero dovuto determinare il valore del corrispettivo della vendita in € 208.000 (duecento ottomila euro).

In ragione di ciò, l'Agenzia notificava avviso di rettifica e liquidazione, modificando nei termini di cui sopra il valore dei beni oggetto della scrittura privata registrata l'8 febbraio 2002.

A fronte dell'impugnazione promossa dai contribuenti, la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno ha annullato l'avviso di rettifica e liquidazione notificato dall'Ufficio e successivamente anche la Commissione Tributaria Regionale di Napoli – sezione distaccata di Salerno – ha confermato l'illegittimità di detto Avviso rigettando il gravame promosso dalla Agenzia delle Entrate.

Quest'ultima ha, quindi, ricorso in Cassazione avverso la decisione di secondo grado.

La questione

La problematica giuridica posta all'attenzione del Supremo Collegio e da questo risolta con la sentenza n. 7621/2017 in commento, riguarda sostanzialmente la valenza e l'efficacia nei confronti del Fisco di un contratto stipulato tra privati, avente effetti traslativi della proprietà, che non è stato oggetto di registrazione: ed in particolare, se la data cui fare riferimento per stabilire il valore del bene venduto – ai fini della quantificazione dell'imposta di registro – debba essere quella di sottoscrizione dell'atto traslativo della proprietà oppure quella di registrazione dell'atto stesso o di successivo atto ricognitivo.

La Corte ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione affrontando le due diverse soluzioni esposte – da una parte – dai giudici di merito nella sentenza impugnata e – dall'altra parte – dall'Agenzia delle Entrate nel Ricorso per Cassazione.

In particolare, i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto che l'atto transattivo del 2002 avesse avuto soltanto effetti ricognitivi di un trasferimento di proprietà che si era già verificato con l'atto del 1976 e pertanto hanno conseguentemente ritenuto illegittima la rivalutazione dei beni operata dall'Agenzia delle Entrate. Mentre quest'ultima ha ritenuto che, in applicazione delle disposizioni normative del d.P.R. n. 131/1986, “l'atto è opponibile all'Erario, ai sensi dell'art. 2704, cod. civ., solo quando ha data certa poiché solo la registrazione impedisce fittizie retrodatazioni con conseguente pregiudizio degli interessi erariali” e che pertanto, si sensi dell'art. 43, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 131/1986, la base imponibile per l'imposta di registro è costituita dal valore del bene al momento in cui viene registrato l'atto.

Le soluzioni giuridiche

A fronte delle due suddette opposte tesi, la Suprema Corte ha accolto il Ricorso, aderendo all'impostazione dell'Agenzia delle Entrate e ritenendo che:

(i) in base del combinato disposto degli artt. 43, comma 1, lett. a) e art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 131/1986, anche il Fisco debba essere considerato soggetto terzo rispetto ai contraenti che hanno stipulato l'atto traslativo della proprietà e quindi che detto atto potrà essere opponibile all'Amministrazione finanziaria soltanto se ha data certa ai sensi dell'art. 2704 c.c.;

(ii) conseguentemente deve calcolarsi il valore del bene – ai fini della determinazione dell'imposta di registro – soltanto al momento in cui l'atto acquista data certa.

Secondo il primo e più risalente orientamento, che è stato seguito dalla Commissione Tributaria di secondo grado nella decisione impugnata e che trova un precedente in Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n° 71 del 12 gennaio 1972, il momento di valutazione del valore del bene, per calcolare l'imposta di registro, sarebbe la data in cui è stata sottoscritta la scrittura privata, non registrata, e non quella della successiva registrazione.

Questo orientamento si fonda su di una triplice argomentazione.

In primo luogo, fa leva sul fatto che, nella vendita, l'effetto traslativo si verifica nel momento in cui le parti manifestano il consenso al trasferimento. Conseguentemente è questo il momento che si dovrebbe prendere in considerazione per determinare il valore del bene ai fini del calcolo dell'imposta.

In secondo luogo, anche l'art. 2704 c.c. darebbe un ulteriore conferma a questa impostazione, nella misura in cui l'Amministrazione Finanziaria non potrebbe includersi nei terzi cui fa riferimento detta disposizione. Infatti, poiché secondo la giurisprudenza maggioritaria possono definirsi ”terzi” ai sensi dell'art. 2704 c.c. soltanto i titolari di diritti confliggenti con quelli negoziati con la scrittura privata, l'Amministrazione Finanziaria non potrebbe rientrare in tale categoria, poiché investita di una potestà di imposizione e quindi collocata in un piano diverso da quello dei privati.

Infine, anche lo stesso art. 43 del citato Testo unico sull'imposta di registro avellerebbe questo orientamento, in quanto, nello stabilire la base imponibile dell'imposta, fa semplicemente riferimento al valore del bene “alla data dell'atto”, quindi alla data di sottoscrizione del contratto e non alla data della sua registrazione.

Per il secondo e più recente orientamento, invece, il momento cui fare riferimento per determinare il valore dei beni su cui calcolare l'imposta di registro è la registrazione della scrittura avente effetto traslativo.

Le più recenti pronunce della Cassazione (fra le quali è possibile annoverare Cass. civ., 17 dicembre 2008, n. 29451; Cass. civ., 11 dicembre 2006, n. 26360; Cass. civ., 3 marzo 2000, n. 2402) seguono questo orientamento contestando radicalmente le argomentazioni fondanti dell'opposta tesi.

In primo luogo, i sostenitori del secondo orientamento ritengono che l'imposta di registro, anche tenendo conto della previsione di cui all'art. 2704 c.c. (per cui la scrittura privata non autenticata è opponibile ai terzi solo dalla registrazione), sarebbe una "imposta d'atto", ciò significa che tale imposta colpirebbe il singolo atto e non il trasferimento. Quindi, il fatto giuridico che determina il sorgere del presupposto dell'imposta non sarebbe il trasferimento di un bene, ma la stipulazione di un atto.

In secondo luogo, il concetto di "terzo", in base alla normativa tributaria attualmente vigente, dovrebbe intendersi necessariamente in termini più ampi di quelli previsti dall'art. 2704 c.c. fino al punto di ricomprendervi anche l'Amministrazione Finanziaria.

Le conclusioni della Suprema Corte

La Sentenza in esame parte da un duplice presupposto:

(i) che, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro (per quel che qui interessa), l'art. 43 del citato Testo Unico sull'imposta di registro prevede, con riferimento alla materia dei beni immobili, che “la base imponibile [...] è costituita”, per i “contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, dal valore del bene o del diritto alla data dell'atto”;

(ii) che l'art. 18 del citato Testo Unico aggiunge che la registrazione “attesta l'esistenza degli atti ed attribuisce ad essi da certa di fronte ai terzi a norma dell'art. 2704 del codice civile”.

Sulla scorta di tali due rilievi, la Corte Suprema aderisce al più recente orientamento, sostenendo che nel concetto di terzo di cui all'art. 2704 c.c deve ricomprendersi anche il Fisco, in quanto, seppure titolare di un diritto di imposizione, detto diritto è comunque collegato all'atto sottoscritto dalle parti e quindi suscettibile di essere pregiudicato dall' atto medesimo: “in tema di imposta di registro … il legislatore ha inteso ampliare il concetto di terzo cui fa riferimento l'art. 2704 cod. civ., comprendendovi anche l'Amministrazione Finanziaria, titolare di un diritto di imposizione collegato al negozio documentato e suscettibile di pregiudizio per effetto di esso (ad esempio attraverso fittizie retrodatazioni)”.

In ragione di ciò, non può guardarsi all'atto sottoscritto per determinare il valore del bene ai fini del calcolo dell'imposta di registro, in quanto questo, non avente data certa, non è opponibile all'Amministrazione Finanziaria. Dovrà, invece, guardarsi al momento in cui la data diventa certa, ai sensi dell'art. 2704 c.c. (secondo le modalità previste dalla norma).

Tuttavia, nel caso in esame la Suprema Corte conclude riconoscendo che l'applicabilità del citato art. 2704 c.c. comporta che la “data certa” dell'atto possa essere data non soltanto dalla registrazione del medesimo, bensì anche dalla morte o dalla sopravvenuta impossibilità fisica di chi ha sottoscritto l'atto o dal verificarsi di un altro fatto dal quale si possa ricavare l'anteriorità dell'atto. Stabilisce, infatti, l'art. 2704 c.c. che “la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di coloro che l'hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento”.

I Giudici di legittimità, quindi, applicando tale disposizione, ritengono che “certamente non può essere opposta all'Amministrazione Finanziaria la scrittura privata priva di data certa sottoscritta da [omissis] e da [omissis]. Tuttavia la morte di quest'ultimo, non essendo contestato che la sottoscrizione appartiene al “de cuius”, la rende opponibile con decorrenza dalla data del decesso stesso (1999), alla quale sarà necessario far riferimento per aggiornare il valore degli immobili che sono oggetto della scrittura”, ai fini del calcolo dell'imposta di registro.

Osservazioni

Con la Sentenza in commento, la Suprema Corte conferma l'orientamento che ormai sembra prevalente nella giurisprudenza di legittimità – ma che continua ad incontrare resistenze nei Giudici di merito – per ribadire come il nostro sistema tributario prediliga la certezza della data degli atti, rispetto a date prive di tale certezza, e per dare allo stesso tempo uno strumento al Fisco per contrapporsi a possibili atteggiamenti elusivi dei contribuenti, evitando di dover – tutte le volte che vi è il fondato timore che la data indicata nell'atto non corrisponda al reale ed effettivo momento del trasferimento del bene – attivare strumenti giudiziari specifici per far accertare la fittizietà della datazione dell'atto.

Infatti, ritenere opponibile all'Amministrazione finanziaria un atto traslativo di un bene – ai fini della determinazione dell'imposta di registro – soltanto a condizione che detto atto abbia data certa ai sensi dell'art. 2704 c.c. (e quindi con la registrazione dell'atto stesso o con il verificarsi di uno degli eventi stabiliti dalla disposizione codicistica), offre all'Amministrazione finanziaria un modo certamente rapido ed efficace di tutela contro la possibilità di facili elusioni dei contribuenti e gli permette di calcolare l'imposta sul valore che il bene ha nel momento (successivo rispetto alla stipula dell'atto) in cui l'atto acquista data certa: valore che, tendenzialmente, aumenta col passare del tempo, determinando conseguentemente un aumento dell'imposta di registro e quindi maggiori entrate per il Fisco.

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