Tassa automobilistica: contratto di leasing e problemi di soggettività passiva

Paolo Falchi
05 Aprile 2017

Nella disciplina della tassa automobilistica, il cui presupposto era originariamente individuato nella proprietà di un veicolo, si è assistito all'estensione della soggettività passiva anche a quanti fossero, rispetto al menzionato bene mobile, “detentori qualificati” (quali, per quanto qui rileva, il locatario finanziario). Sennonché, tale evoluzione del sistema ha dato origine a dubbi ermeneutici, non essendo chiaro dalla risultante formulazione normativa se il legislatore avesse o meno inteso introdurre un regime di solidarietà ai fini del versamento del tributo tra proprietario ed utilizzatore del veicolo. Tale situazione di incertezza ha condotto all'emanazione di una legge di interpretazione autentica la quale, a breve distanza di tempo, è stata abrogata e sostituita da una nuova norma, di valore precettivo ma di analogo contenuto. La successione normativa, tuttavia, ha generato rilevanti questioni interpretative in merito alla disciplina da applicare per il periodo precedente all'abrogazione della legge interpretativa.
L'evoluzione normativa

La disciplina della tassa automobilistica (già “tassa di circolazione”) è contenuta nel d.P.R. n. 39/1953 e, per i profili che qui rilevano, nel D.L. n. 953/1982 (conv. nella L. n. 53/1983).

Originariamente, l'art. 5, comma 32, del D.L. n. 953/1982 prevedeva che “al pagamento delle tasse di cui al comma precedente [ossia, la rammentata tassa automobilistica] sono tenuti coloro che, alla scadenza del termine utile per il pagamento […] risultano essere proprietari dal pubblico registro automobilistico, per i veicoli in esso iscritti”.

Con l'art. 7 della L. n. 99/2009, entrata in vigore in data 15 agosto 2009, la citata disposizione è stata oggetto di modifica e ne è risultata la formulazione di seguito riportata: “Al pagamento delle tasse di cui al comma precedente sono tenuti coloro che, alla scadenza del termine utile per il pagamento […] risultano essere proprietari, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, dal pubblico registro automobilistico, per i veicoli in esso iscritti”.

La riforma (di portata innovativa, come riconosciuto a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità; cfr. ex multis, Cass. civ., sez. trib., nn. 21 marzo 2012, n. 4507 e 15 novembre 2011, n. 23890) ha determinato, per i casi nei quali il proprietario del veicolo ne avesse trasferito il possesso secondo una delle modalità “qualificate”, la traslazione della soggettività passiva ai fini del tributo.

La nuova formulazione (e, in particolare, l'utilizzo della congiunzione “ovvero”), tuttavia, ha dato origine al dubbio se, nei cennati casi di trasferimento del possesso, si realizzasse una vera e propria traslazione della soggettività passiva o se, piuttosto, si determinasse un regime di solidarietà paritaria tra le parti del contratto.

Tale profilo di incertezza, del resto, ha a lungo impegnato la giurisprudenza di merito (specialmente delle Commissioni Tributarie lombarde, in ragione della locale concentrazione delle società di leasing automobilistico), la quale, tuttavia, non si è mai consolidata su una delle due alternative soluzioni.

In specie, tra le pronunce che hanno ratificato la tesi del regime di solidarietà, si segnalano le seguenti sentenze rese dalla CTR Milano: 13 aprile 2015, n. 1425; 11 febbraio 2015, n. 438; 11 febbraio 2015, n. 433 e dell'11 dicembre 2014, n. 6627. In senso contrario, si vedano, invece: CTR Milano, 12 dicembre 2014, n. 6700; CTP Milano, 30 giugno 2014, n. 6344 e 8 novembre 2013, n. 531; CTP Perugia, 30 aprile 2013, n. 175.

Inoltre, sulla questione è intervenuto il Ministero dell'Economia e delle Finanze (nota prot. 13270 del 27 giugno 2012); questo proposito, il Dipartimento delle Finanze si è espresso nel senso che “l'obbligo del pagamento della tassa automobilistica regionale sia gravante esclusivamente sul soggetto titolare del diritto di godimento implicante l'esercizio delle tipiche facoltà possessorie sul veicolo”. Il vertice dell'Amministrazione finanziaria, in particolare, ha ritenuto che tale soluzione fosse suffragata dal tenore dell'art. 7, comma 1, della L. n. 99/2009, a mente del quale gli Enti impositori del tributo in parola possono disciplinare le modalità con le quali le imprese di leasing possono effettuare il pagamento cumulativo della tassa in luogo dei singoli utilizzatori; solo in questa specifica ipotesi di opzione per il versamento cumulativo potrebbe ravvisarsi una responsabilità solidale tra locatore e locatario.

La rilevanza assunta dal fenomeno ha indotto, infine, lo stesso legislatore a porvi rimedio per mezzo di una norma di interpretazione autentica, recata dall'art. 9, comma 9-bis, del D.L. n. 78/2015 (conv. nella L. n. 125/2015).

Ai sensi di tale disposizione, “l'articolo 5, ventinovesimo comma, del D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 1983, n. 53, come modificato dall'art. 7, comma 2, della Legge 23 luglio 2009, n. 99, si interpreta nel senso che in caso di locazione finanziaria il soggetto tenuto al pagamento della tassa automobilistica è esclusivamente l'utilizzatore”.

L'introduzione di tale norma ha indotto gli Enti impositori ad annullare in via di autotutela gli atti di accertamento elevati nei riguardi delle imprese di locazione finanziaria, con conseguente estinzione dei giudizi che erano scaturiti dalla loro impugnazione.

A distanza di poco tempo, tuttavia, il legislatore d'urgenza è tornato ad occuparsi della tematica in parola; si veda, a tal proposito, l'art. 10 del D.L. n. 113/2016 (convertito, con modificazioni, nella L. n. 160/2016), il quale:

  • ha abrogato la menzionata norma interpretativa (comma 6);
  • ha introdotto un nuovo comma (il quale ha assunto la numerazione 2-bis) nella formulazione dell'art. 7 del D.L. n. 99/2009, ai sensi del quale “a decorrere dal 1° gennaio 2016, gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, sulla base del contratto annotato al PRA e fino alla data di scadenza del contratto medesimo, sono tenuti in via esclusiva al pagamento della tassa automobilistica regionale; è configurabile la responsabilità solidale della società di leasing solo nella particolare ipotesi in cui questa abbia provveduto, in base alle modalità stabilite dall'ente competente, al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria” (comma 7).
La (residua) questione interpretativa

Tutti i recenti interventi normativi sono andati nel senso di chiarire (progressivamente, dapprima tramite una norma interpretativa, poi con una disposizione, analoga nei contenuti, ma di portata direttamente precettiva) che, nel caso in cui un veicolo sia stato concesso in locazione finanziaria, il relativo utilizzatore figura quale unico obbligato al pagamento della tassa automobilistica.

Sennonché, la nuova disposizione è chiara tanto nel contenuto percettivo quanto riguardo al suo ambito temporale di applicazione: la medesima, infatti, opera soltanto "a decorrere dal 1° gennaio 2016".

Pur a seguito dell'ultimo intervento normativo resta vivo, pertanto, un dubbio in ordine alla disciplina applicabile al periodo compreso tra il 15 agosto 2009 (data di entrata in vigore del D.L. n. 99/2009) e il 1° gennaio 2016 (giorno a partire dal quale la soggettività passiva in via esclusiva dell'utilizzatore del veicoli in leasing è chiaramente prevista da una norma precettiva).

Questa situazione di incertezza deriva, in particolar modo, dal dubbio in ordine agli effetti scaturenti dall'abrogazione della norma di interpretazione autentica.

Come noto, le leggi che dispongono in ordine all'interpretazione di altre norme hanno efficacia retroattiva; i loro effetti, in specie, risalgono sino al momento di entrata in vigore della norma della quale determinano e delimitano la portata precettiva (nella materia tributaria ciò trova riconoscimento espresso, seppure a contrario, all'art. 3, comma 1, della L. n. 212/2000).

Al contrario, non si rinvengono indicazioni espresse con riguardo agli effetti dell'abrogazione delle leggi interpretative; le alternative astrattamente prospettabili sono due:

  • secondo una prima soluzione, potrebbe sostenersi che la retroattività delle leggi di interpretazione autentica si estenda anche alle norme che ne dispongano l'abrogazione. Sicché la legge interpretativa (la quale, quando è stata approvata, ha dispiegato effetti come se fosse coeva rispetto alla norma cui fa riferimento), nel caso in cui venga abrogata, cessa di avere qualsiasi effetto anche con riferimento al periodo in cui è stata in vigore, come se non fosse mai venuta ad esistenza nell'ordinamento giuridico;
  • diversamente, potrebbe sostenersi che la norma abrogativa della legge di interpretazione – rispondendo al generale principio di irretroattività, espresso dall'art. 11 delle Preleggi al c.c., nonché dal menzionato art. 3, comma 1, della L. n. 212/2000 – possa trovare applicazione soltanto pro futuro, con la conseguenza che la norma abrogata potrà comunque valere con riguardo al periodo in cui è stata in vigore.

Entrambe le predette tesi hanno trovato, invero, l'avallo della giurisprudenza di legittimità.

La Corte di Cassazione (sez. trib.), con la sentenza n. 13319 del 7 giugno 2006, ha sostenuto che la norma che abroga la legge interpretativa assume anch'essa efficacia retroattiva. In specie, il Supremo Collegio ha affermato che la “norma abrogatrice non può che avere la medesima efficacia, retroagendo anch'essa al tempo della norma anteriore interpretata […]: in altri termini, l'intervenuta abrogazione ha reso la norma interpretativa, se così si può dire, una norma inutiliter data, restituendo inalterata la situazione alla precedente contrapposizione ermeneutica tra i diversi significati possibili attribuiti alla norma interpretata”.

Più di recente, tuttavia, la Corte di Cassazione si è espressa in senso opposto, statuendo che l'abrogazione di una norma interpretativa opera ex nunc, mai ex tunc.

Si veda, a tal proposito, la sentenza della Suprema Corte, sez. lav., 27 aprile 2015, n. 8522, secondo la quale “la disposizione successivamente abrogata, proprio perché di interpretazione autentica di una precedente normativa, aveva già esplicato i propri effetti volti a chiarire l'effettiva valenza della norma interpretata”.

Tale soluzione interpretativa è stata sposata, proprio con riferimento ad una controversia in materia di tassa automobilistica, dalla recente sentenza della CTR Milano del 1° dicembre 2016, n. 6364.

A tal proposito, così si legge nella pronuncia citata: “è opinione di questa Commissione che la legge di interpretazione autentica debba essere considerata con gli stessi strumenti esegetici che si applicano per qualunque altra legge retroattiva, con l'effetto che l'eventuale abrogazione opera solo per l'avvenire e non per il passato. […] Pertanto, va comunque applicata al caso di specie la norma come interpretata autenticamente, tenuto conto della sua abrogazione solo a far data dall'1° gennaio 2016”.

Allora, in applicazione di detto principio, la disposizione per cui “al pagamento delle tasse [automobilistiche] sono tenuti coloro che […] risultano essere proprietari, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatori a titolo di locazione finanziaria” deve essere interpretata “nel senso che in caso di locazione finanziaria il soggetto tenuto al pagamento della tassa automobilistica è esclusivamente l'utilizzatore”.

Peraltro, la citata pronuncia di merito non tralascia neppure di considerare l'ipotesi nella quale si dovesse ritenere che la norma interpretativa, una volta abrogata, non possa più dispiegare alcun effetto, ancorché con riferimento al periodo in cui era in vigore.

Si consideri, a tal riguardo, che la CTR Milano ha osservato che “l'abrogazione di una norma interpretativa non comporta che si debba necessariamente abbandonare l'opzione ermeneutica della norma sostanziale precedentemente accolta dal legislatore: tale interpretazione non è più imposta a livello legislativo, ma ben può comunque perdurare sulla scorta della persuasività degli argomenti dottrinali e giurisprudenziali sottesi”.

L'abrogazione della norma interpretativa, dunque, quand'anche ritenuta retroattiva, dovrebbe essere considerata alla stregua di un fatto neutro, comportando la semplice reviviscenza della questione interpretativa nei termini già descritti.

Del resto, non può neppure trascurarsi che, quando il legislatore ha espunto la norma di interpretazione autentica, non lo ha fatto con l'intento di introdurre una disciplina legale difforme da quella propugnata con la disposizione abrogata, bensì proprio con l'obiettivo di traslare tale regula iuris in una nuova norma precettiva, recante una formulazione non equivocabile.

Siffatta circostanza, certamente non priva di rilievo, è stata anch'essa valorizzata dalla sentenza n. 6364 cit., la quale ha significativamente osservato che “nel caso di specie, il termine «abrogazione» è anche improprio: infatti, il Legislatore del 2016 non ha espunto dall'Ordinamento il principio di diritto che aveva prima introdotto in via ermeneutica (la tassa va pagata dall'utilizzatore) ma semplicemente lo ha collocato altrove nel sistema positivo”.

Conclusioni

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano, insomma, oltre a rappresentare tutti i possibili scenari che si profileranno nell'ambito dei giudizi aventi ad oggetto i periodi di imposta precedenti al 1° gennaio 2016, costituisce un primo precedente che, per la chiarezza e solidità argomentativa, convince del fatto che la legge interpretativa sia stata espunta dall'ordinamento con efficacia ex nunc e possa continuare a dispiegare i propri effetti per i periodi precedenti alla sua abrogazione.

In ogni caso, in attesa che si consolidi un orientamento pretorio sul punto, quel che è sin d'ora certo è che le imprese locatrici destinatarie degli accertamenti potranno fondatamente opporsi alle pretese sanzionatorie connesse al recupero del tributo: l'illustrata vicenda, infatti, assume valore paradigmatico delle situazioni di obiettiva incertezza normativa, le quali escludono l'imputabilità e la punibilità della violazione fiscale eventualmente accertata, ai sensi dell'art. 10, comma 3, della L. n. 212/2000.

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