Bancarotta fraudolenta: non soddisfa la scusante dei documenti gettati via

La Redazione
07 Novembre 2016

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 45998/2016, ha affermato che la verosimiglianza non vuol dire nulla, nel caso in cui i documenti fiscali dell'azienda fallita sono stati gettati via da terzi non rileva per l'assoluzione dell'amministratore delegato.

È possibile giustificarsi davanti ai giudici dicendo che i documenti fiscali dell'azienda fallita sono stati “buttati nella spazzatura”? Questa la problematica sorta dinnanzi la Cassazione che, con sentenza del 2 novembre 2016, n. 45998, condanna l'amministratore unico di una società colpevole del reato di bancarotta fraudolenta documentale, già condannato in secondo grado alla pena di due anni.

Il motivo addotto dall'amministratore era che i documenti fiscali richiesti fossero stati semplicemente gettati nel cassonetto da un addetto estraneo all'azienda, durante un trasloco. Questi, chiamato a testimoniare, affermò di aver effettivamente gettato via una molteplice quantità di scatoloni e che probabilmente i documenti richiesti si trovavano tra quel materiale. Un'azione sospetta, questa, in quanto non si comprendeva come mai il teste avrebbe gettato via, di sua iniziativa, quanto il personale aziendale aveva disposto negli scatoloni senza nemmeno controllare il contenuto.

Ma non è tutto, perché un indice di probabilità non vuol dire nulla: “il teste – dicono i Giudici della Cassazione – ha riferito non già di avere per errore gettato via le scritture contabili, ma solo un giudizio di verosimiglianza relativo a tale circostanza, il che priva di consistenza l'argomento del ricorrente relativo alla mancata trasmissione degli atti al pubblico ministero”. Giudizio per altro concorde con quanto già asserito dalla Corte di appello, che aveva valutato l'insostenibilità del giudizio di verosimiglianza.

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