Tributario

La “revisione” delle sanzioni amministrative, ancora una volta una riforma "a tempo"

23 Luglio 2015

Il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di D.Lgs. di “revisione” delle sanzioni penali/amministrative. Ora si attendono i pareri delle competenti Commissioni anche se il testo licenziato dal Governo presenta numerose criticità e tra queste l'applicazione temporanea della disciplina. Ecco una prima analisi delle novità rispetto, in particolare, agli obblighi dichiarativi.
Inquadramento

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, in prima lettura, il 26 giugno scorso lo schema di D.Lgs avente ad oggetto la revisione delle sanzioni penali ed amministrative. Non è casuale la circostanza che la relazione illustrativa del provvedimento utilizzi l'espressione “revisione” anziché riforma. In particolare, viene precisato, sia pure con riferimento alle novità in materia penale tributaria, “come l'intervento debba comunque muoversi entro le coordinate di fondo del sistema vigente, delineate dal D.Lgs 10 marzo 2000, n. 74, a cominciare da quelle della preminente focalizzazione della risposta repressiva sul momento dell'auto - accertamento del debito di imposta, ossia della dichiarazione.”

In ogni caso l'analisi delle novità riguarderà, in questa sede, il solo titolo II dello schema di decreto avente ad oggetto la “Revisione del sistema sanzionatorio amministrativo tributario”. Tuttavia, anche con riferimento a tale ambito, come quello penale, il procedimento di revisione è a tempo. Le modifiche normative, una volta entrate in vigore, salvo il caso in cui il Legislatore non ritenga di intervenire per ciò che riguarda questo profilo, si applicheranno solo per due anni, a partire dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017. Una conferma in tale senso proviene dalla relazione tecnica che ha stimato in quaranta milioni di euro annui le minori entrate conseguenti alle novità.

L'attenzione si concentrerà ora sulle disposizioni e sulle modifiche più rilevanti aventi ad oggetto gli obblighi dichiarativi.

L'omessa presentazione della dichiarazione

L'art. 15, co. 1, lett. a), prevede la riduzione delle sanzioni nell'ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IRAP. In particolare, la sanzione risulta ora graduata al ritardo dell'inadempimento. Le novità riguardano anche l'imposta sul valore aggiunto.

In generale, la penalità applicabile è dal 120 al 240 per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un importo minimo di 250 euro. Se non sono dovute imposte la penalità irrogabile varia da 250 a 1.000 euro.

Se la dichiarazione omessa è presentata dal contribuente oltre il termine di 90 giorni, ma entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, la sanzione base è ridotta alla metà. Ad esempio, se il contribuente presenta il modello dopo 120 giorni, rispetto alla scadenza originaria, una dichiarazione con imposte dovute, la penalità irrogabile si riduce dal 60 al 120 per cento dei tributi. Ciò a condizione che il contribuente non abbia avuto formale conoscenza dell'inizio dell'attività amministrativa di accertamento. In tale ipotesi si riduce anche il minimo pari a 200 euro (anziché 250 euro).

Se non sono dovute imposte ed il contribuente presenta la dichiarazione oltre il termine di 90 giorni, ma sempre entro la scadenza dell'anno successivo, si riducono anche le sanzioni minime variabili da 150 euro a 500 (anziché da 250 euro a 1.000 euro).

Una volta superata anche la scadenza costituita dal termine di presentazione della dichiarazione del periodo di imposta successivo, la sanzione sarà applicabile in misura piena senza alcuna riduzione.

La dichiarazione infedele

L'art. 1, co. da 2 a 4, modifica la disciplina delle sanzioni relative alla dichiarazione infedele. In particolare, è stato inserito espressamente il riferimento al valore della produzione ai fini IRAP (co. 2). Inoltre, è stato previsto espressamente che la sanzione compresa tra il 90 ed il 180 per cento, sia commisurata non solo alla maggiore imposta dovuta, ma anche alla differenza del credito utilizzato.

Il successivo co. 3 prevede l'aggravante dell'aumento della metà della sanzione base nell'ipotesi di condotte fraudolente del contribuente.

Infine il co. 4 prevede la riduzione di un terzo della sanzione base, applicabile in sede di accertamento, nell'ipotesi in cui la maggiore imposta o il minor credito accertato siano complessivamente inferiori al 3 per cento rispetto all'imposta o al credito dichiarato. La riduzione non si applica in caso di condotte fraudolente e di superamento della soglia di 30.000 euro.

In sintesi e più in generale, anteriormente alla modifica normativa in rassegna, trovava applicazione la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'imposta dovuta. Ora la sanzione viene ridotta ed è compresa tra il 90 ed il 180 per cento dell'imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. In caso di condotte fraudolente la medesima sanzione, come già ricordato, è aumentata della metà, quindi risulta irrogabile nella misura variabile tra il 135 ed il 270 per cento. Le penalità sono, invece, ridotte ad un terzo, quindi dal 30 al 60 per cento se l'imposta accertata è inferiore al 3 per cento di quella dichiarata e comunque non supera, come già ricordato, 30.000 euro. Inoltre se non c'è danno erariale, l'errore di competenza sull'imputazione dei costi è sanzionato nella misura fissa di 250 euro.

La relazione illustrativa ha precisato che “si tratta esclusivamente delle ipotesi in cui l'anticipazione o posticipazione dell'elemento reddituale non abbia prodotto alcun vantaggio nei confronti del contribuente”. La relazione fa l'esempio del contribuente che anticipi la dichiarazione di un componente positivo in un'annualità che chiude in perdita (riducendo la perdita di periodo). Tuttavia, se la corretta dichiarazione del componente positivo nell'anno successivo avesse determinato una maggiore imposta (annualità non in perdita), deve ritenersi esistente il danno erariale con la conseguenza che la sanzione dovrà essere applicata nella misura proporzionale, sia pure ridotta. In pratica, nell'esempio, non si verifica danno per l'Erario solo laddove il componente positivo avrebbe dovuto essere correttamente dichiarato in un'annualità anch'essa in perdita.

Il “raddoppio” delle penalità per la cedolare secca

L'art. 1, co. 6, disciplina l'ipotesi di omessa o infedele indicazione del canone di locazione degli immobili ad uso abitativo per i contribuenti che si avvalgono della c.d cedolare secca. In particolare, viene previsto il raddoppio delle sanzioni base.

Il co. 6 prevede il raddoppio delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 (dal 120 al 240 per cento dell'imposta dovuta). Invece, è previsto un piccolo sconto per gli “errori” nei versamenti. In tale ipotesi la penalità scenderà dal 30 al 15 per cento se il contribuente pagherà il dovuto entro i 90 giorni dalla scadenza.

La relazione ricorda che “l'inasprimento sanzionatorio trova giustificazione nella circostanza che la cedolare secca costituisce un regime impositivo opzionale, alternativo rispetto a quello ordinario, utilizzabile al fine di contenere il prelievo fiscale”.

In conclusione

La modifica normativa è prevista dall'art. 5, co. 4–quinquies, che ha riformulato completamente la disciplina delle sanzioni applicabili alla richiesta di rimborso dell'imposta in difformità rispetto al contenuto della dichiarazione.

Quando la richiesta di rimborso era presentata direttamente al concessionario della riscossione, la mera richiesta di rimborso, in mancanza dei relativi presupposti, determinava l'irrogazione di una sanzione variabile dal 100 al 200 per cento della somma non spettante.

Attualmente la richiesta di rimborso avviene esclusivamente in sede dichiarativa. Pertanto, è possibile effettuare immediatamente il riscontro tra la richiesta di rimborso e quanto esposto nella dichiarazione. Conseguentemente sono venute meno le ragioni per applicare una sanzione particolarmente grave. La “vecchia” penalità è stata così “adeguata” alla minore gravità della violazione. La sanzione è stata così ridotta nella misura del 30 per cento.

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