È bancarotta la stipula di un'ipoteca non coerente con il fine istituzionale dell'impresa
11 Febbraio 2016
Stipulare un'ipoteca a garanzia di un credito, senza un legame che leghi prestazione e controprestazione coerente con il fine istituzionale dell'impresa, integra il reato di bancarotta fraudolenta. Lo dicono i Giudici della V sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 febbraio 2016, n. 5245.
In essa, un contribuente era stato condannato a tre anni di reclusione in quanto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale in relazione al fallimento di una società.
Secondo il contribuente, la costituzione di un'ipoteca a garanzia di un credito, costituisce un atto di disposizione del bene, e non un'operazione di oggettivo svuotamento della ricchezza sociale. Non così la pensavano i Giudici della Cassazione: infatti, in tema di reati fallimentari, “integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la concessione di un'ipoteca senza un sinallagma rispondente al fine istituzionale dell'impresa, in quanto essa realizza di per sé ed automaticamente una diminuzione patrimoniale”. Ai fini della configurabilità del reato, secondo i Giudici della Corte, è postulato il dolo generico, e la divergenza oggettiva dell'atto di disposizione dal fine istituzionale dà conto della direzione del volere dell'agente: i motivi che hanno determinato il suo comportamento diventano perciò irrilevanti.
Inoltre, qualora l'ipoteca fosse stata iscritta per un prestito a favore della società, “allora la bancarotta sarebbe ravvisabile nella sparizione delle relative somme, che non sono state rinvenute e di cui l'amministratore non è in grado di indicare la destinazione sociale”. |