Dalla Cassazione un revirement in tema di agevolazione prima casa e forza maggiore

La Redazione
11 Febbraio 2016

I Giudici della Corte di Cassazione, con sentenza n. 2616/2016, hanno stabilito che la forza maggiore non osta alla decadenza del bonus prima casa. Dunque il contribuente è titolare di una situazione giuridica attiva, l'attività di richiesta del trasferimento è un onere, e l'Amministrazione può solo che subirne l'esercizio.

"Qualora sia riconosciuta all'acquirente l'agevolazione prima casa, a condizione che egli stabilisca la propria residenza nel territorio del Comune dove si trova l'immobile acquistato nei diciotto mesi successivi all'acquisto, il trasferimento è onere che conforma un potere dell'acquirente e che va esercitato nel suindicato termine a pena di decadenza, sul decorso della quale nessuna rilevanza va riconosciuta ad impedimenti sopravvenuti, anche se non imputabili all'acquirente".

Con questo principio di diritto i Giudici della Corte cambiano completamente l'orientamento fino ad oggi sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità in tema di agevolazioni prima casa.

Nello specifico i Giudici hanno sempre sostenuto la possibilità per il contribuente di vedersi riconosciuto il beneficio anche laddove avesse stabilito la propria residenza oltre i diciotto mesi richiesti dalla normativa - purché ci fosse un "impedimento assoluto".

Nel caso di specie il contribuente impugna l'avviso di liquidazione con il quale l'Agenzia delle Entrate aveva revocato le agevolazioni fiscali per l'acquisto prima casa, in quanto il trasferimento della residenza non era stato richiesto nel termine perentorio.

Nei precedenti gradi del giudizio le Commisisoni avallavano il consolidato filone giurisprudenziale, facendo leva sulla forza maggiore ostativa all'adempimento dell'obbligo di trasferimento, determinata dal sopravvenuto fallimento della società costruttrice dell'immobile, che ha dunque impedito l'espletamento delle procedure amministrative funzionali al cambiamento della residenza.

A fondamento dell'indirizzo seguito v'è la configurazione dell'impegno di trasferire la residenza come un obbligo del contribuente nei confronti del fisco (l'adempimento, quindi, può risentire di ostacoli imprevedibili e inevitabili per la parte obbligata).

I Giudici della Cassazione sostengono ora che il conseguimento dell'agevolazione fiscale non scaturisce dall'adempimento di un obbligo del contribuente nei confronti del fisco. Il fisco infatti non è titolare di una corrispondente e correlata situazione di diritto soggettivo, bensì è il contribuente ad essere titolare di una situazione giuridica attiva: l'attività di richiesta del trasferimento è un onere, un potere e l'Amministrazione può solo subirne l'esercizio.

Fondamentale sottolineare un ulteriore passaggio: nel caso in cui l'ordinamento contempli un limite temporale alla possibilità del soggetto di produrre un effetto giuridico a sé favorevole, o d'impedirne uno a sé sfavorevole, mediante l'esercizio di un potere, la mancata produzione dell'effetto scaturente dall'omissione dell'atto entro il termine fissato si presenta come estinzione del potere, ossia come decadenza. Infatti anche l'art. 2966 c.c. sancisce: "la decadenza non è impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto".

In definitiva, non è configurabile esimente dal rispetto del termine perentorio di diciotto mesi fissato, a pena di decadenza, dal legislatore per il trasferimento di residenza, ai fini della conservazione dell'agevolazione fiscale fruita al momento della tassazione del contratto di compravendita della prima casa.

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