Lo stato dell'arte del contenzioso con Equitalia

30 Giugno 2015

Le controversie fiscali avverso Equitalia investono una quota rilevante delle cause pendenti davanti alle Commissioni Tributarie, a fronte dell'elevato numero di contribuenti nei confronti dei quali viene avviata l'attività di riscossione coattiva. Di qui l'utilità, grazie anche all'esposizione di esempi pratici, di un'analisi accurata dei rilievi che sono tipici del contenzioso con l'Agente della riscossione, unitamente alla disamina delle peculiarità processuali che contraddistinguono lo svolgimento del giudizio. I più recenti sviluppi giurisprudenziali di Cassazione al centro de “Il contenzioso con Equitalia: profili giuridici e casi pratici”.
La natura dell'Agente della riscossione

Nell'ottica del contenzioso, risulta di fondamentale importanza soffermare l'attenzione su quale sia la natura giuridica dell'Agente della Riscossione e, con essa, della relativa attività; in particolare, occorre stabilire se tale attività abbia, o meno, natura amministrativa, atteso che, in caso affermativo, sarà possibile sollevare, anche nei confronti di Equitalia, i vizi che attengono al procedimento di formazione degli atti, come accade nei confronti dell'Agenzia delle Entrate.

Ebbene, alla domanda va data, senz'altro, una risposta affermativa.

Infatti, nonostante la veste di società per azioni, dunque privatistica, posseduta da Equitalia, essa è una società a totale partecipazione pubblica, atteso che il relativo capitale sociale è detenuto per il 51% dall'Agenzia delle Entrate e per il restante 49% dall'I.N.P.S.

Quel che più rileva, tuttavia, è che lo stesso art. 3 del Decreto Legge 30 settembre 2005 n. 203 istitutivo di Riscossione S.p.a., divenuta, come detto, Equitalia S.p.a. (con delibera del 12 marzo 2007), prevede, espressamente, che le funzioni relative alla riscossione nazionale sono attribuite all'Agenzia delle Entrate, che le esercita mediante Equitalia.
È chiaro, dunque, che, al di dà della forma privatistica posseduta dalla società, quella svolta da Equitalia è, a tutti gli effetti, un'attività di diretta promanazione pubblica, dal momento che, come si è visto, la norma che l'ha istituita ha stabilito che essa è il tramite per il quale l'Agenzia delle Entrate effettua la riscossione dei tributi.

La stessa Corte Costituzionale, peraltro, nella celebre ordinanza 9 novembre 2007, n. 377 sull'indicazione del responsabile del procedimento anche da parte di Equitalia, ha qualificato, espressamente, gli Agenti della riscossione come soggetti privati cui compete l'esercizio di funzioni pubbliche e l'attività da essi svolta di natura amministrativa, in quanto l'obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento, lungi dall'essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall'art. 97, primo comma, della Costituzione.

Del resto, come si vedrà, più in dettaglio, nel prosieguo, il contenuto della cartella di pagamento viene stabilito per decreto ministeriale che assume la forma di un provvedimento emesso dal Direttore dell'Agenzia delle Entrate, a ulteriore riprova della promanazione pubblica dell'attività dell'Agente. Di tale natura si trova, poi, espressa conferma nella prassi interna alla stessa Equitalia.

Infatti, nelle premesse al “Regolamento per la disciplina dell'accesso agli atti” adottato il 28 novembre 2012 dal consiglio di amministrazione di Equitalia Servizi (successivamente incorporata nella holding a decorrere dal 1 luglio 2013), si dà, espressamente, atto che la società rientra tra i soggetti indicati nell'art. 22 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo (recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”), ove, in modi espresso, si intende per Pubblica Amministrazione tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.

Lo stesso Regolamento, inoltre, all'art. 2 intitolato “Finalità ed ambito di applicazione” prevede espressamente che Equitalia orienta la propria azione al perseguimento degli obiettivi di imparzialità, trasparenza ed economicità, garantendo la partecipazione della collettività all'azione amministrativa, confermando ulteriormente, pertanto (e in modo, forse, ancora più esplicito), la natura pubblicistica dell'Agente e, con essa, quella amministrativa della sua attività. Non solo con il Regolamento del 2012, tuttavia, Equitalia ha confermato la natura amministrativa della propria attività.

Infatti, già nella Direttiva di gruppo 27 marzo 2008, n. DSR/NC/2008/012 in materia di rateazioni, la Direzione Centrale Strategie di Riscossione – Ufficio Normativa di Equitalia precisava che ai sensi dell'art. 2 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, il procedimento avviato con la richiesta di rateazione deve essere obbligatoriamente concluso mediante l'adozione di un provvedimento espresso; è previsto, inoltre, che tale provvedimento, inoltre debba essere notificato al debitore, indipendentemente dall'esito del procedimento. Nel prosieguo dello stesso documento di prassi, inoltre, si evidenzia che l'eventuale rigetto di rateazione dovrà essere congruamente motivato, con l'esposizione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche della decisione, in rapporto alle risultanze dell'istruttoria.
Già con la direttiva del 2008, dunque, Equitalia riconduceva la propria attività a quella tipica della pubblica amministrazione, imponendo ai propri uffici il rispetto dei principi che sovraintendono alla gestione dell'iter amministrativo di formazione dei provvedimenti, nella specie relativi all'accoglimento o al rigetto delle rateazioni.
Sembra, dunque, chiaro come all'attività dell'Agente della riscossione vada riconosciuta la natura amministrativa propria del soggetto pubblico, il che comporta non poche implicazioni, come si vedrà, proprio nell'ottica contenziosa.

Il contenuto della cartella di pagamento

La cartella di pagamento dev'essere redatta in conformità al modello approvato con Decreto del Ministero delle finanze, che assume la forma di un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate (art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, commi 2 e seguenti).
L'ultimo provvedimento, in ordine di tempo, è datato 3 luglio 2012 (con protocollo 100148) e riguarda le cartelle di pagamento contenenti iscrizioni a ruolo consegnate agli Agenti della riscossione in data successiva al 31 luglio 2012.
In base a tale schema, il modello di cartella di pagamento, attualmente in vigore, contiene, innanzitutto, un frontespizio, in cui sono indicati il numero della cartella di pagamento, le generalità dell'Agente della riscossione (Equitalia Nord, Equitalia Centro o Equitalia Sud), dell'ente creditore (Agenzia delle Entrate o altri) e del contribuente destinatario della notifica, eventualmente coobbligato, oltre che il totale da pagare, comprensivo dei compensi spettanti all'Agente per l'attività di riscossione (“cartellazione” e stampa, spese di notifica).

Nel provvedimento si specifica che, con riguardo alla rielaborazione del frontespizio, è stata inserita - nella parte sottostante i dati del destinatario - una frase volta a precisare la posizione degli Enti creditori, a cui le somme richieste sono dovute, e quella dell'Agente della riscossione, incaricato dai suddetti Enti per il recupero delle stesse. Tale precisazione, come si vedrà, è di fondamentale importanza proprio nell'ottica contenziosa, in quanto, nell'ipotesi in cui si ritenesse priva di motivazione la cartella di pagamento, sarà necessario chiamare in causa l'Agente della riscossione con riferimento alle carenze informative attinenti il contenuto previsto dal modello ministeriale, ovvero l'ente creditore con riferimento alla motivazione dell'iscrizione a ruolo; proprio per questo, il modello di cartella riporta la precisazione che eventuali chiarimenti relativi alle somme addebitate in cartella devono essere rivolti direttamente all'ente, poiché l'Agente della riscossione fornisce solo le informazioni relative alla situazione dei pagamenti.

Il modello, quindi, contiene una sezione dedicata al dettaglio degli addebiti, che riporta, sostanzialmente, il contenuto minimo del ruolo (di cui si dirà al paragrafo successivo), ossia gli estremi dell'ente creditore, il numero del ruolo, la data in cui è stato reso esecutivo, la specie (se ruolo ordinario ovvero straordinario), il codice tributo, la descrizione e l'importo iscritto a ruolo, con, in aggiunta, l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo (interno all'ente creditore) e dei compensi dovuti all'Agente della riscossione, sia nell'ipotesi di pagamento nei termini (ossia entro sessanta giorni dalla notifica della cartella) che in quella di pagamento oltre la scadenza (art. 6 del D.M. 3 settembre 1999, n. 321).

Compaiono, inoltre, uno spazio dedicato alle istruzioni per il pagamento, una sezione contenente i dati identificativi della cartella (codice fiscale del contribuente, numero della cartella e riepilogo delle somme da pagare) e una parte contenente le comunicazioni dell'Agente della riscossione, ove è compresa anche l'indicazione del responsabile del procedimento interno a Equitalia, addetto alla cosiddetta “cartellazione” e stampa del documento.
Si tratta di un'indicazione resasi necessaria all'indomani della celebre ordinanza della Corte Costituzionale 9 novembre 2007, n. 377, già menzionata a proposito della natura pubblicistica dell'attività svolta da Equitalia, con la quale la Consulta ha stabilito che tale indicazione, lungi dall'essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione (previsti dall'art. 97, primo comma, della Costituzione).
Preso atto della decisione della Corte, il Legislatore ha introdotto, anche a carico dell'Agente della riscossione, l'obbligo di indicazione del proprio responsabile interno, stabilendo che la cartella di pagamento contenga, a pena di nullità, l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella (art. 36, comma 4 ter, del decreto “milleproroghe” 31 dicembre 2007, n. 248).

Questa disposizioni si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1º giugno 2008; infatti, la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse.

Va, inoltre, precisato che, come chiarito dalla Corte di Cassazione, la cartella esattoriale (prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 25) quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, dev'essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze che non prevede la sottoscrizione dell'esattore, essendo sufficiente la sua intestazione per verificarne la provenienza nonchè l'indicazione, oltre che della somma da pagare, della causale tramite apposito numero di codice (sentenza 17 luglio 2014, n. 16321; conformi, sentenze 15 aprile 2011 n. 8613 e 5 giugno 2008, n. 14894).
La cartella, inoltre, contiene una parte contenente, nuovamente, l'indicazione dell'ente creditore che ha emesso il ruolo, una sezione contenente informazioni utili alla comprensione del contenuto della cartella e, infine, sull'ultima pagina, la relata di notifica.
Proprio in considerazione della giurisprudenza costituzionale in materia di notifica, il modello di cartella di pagamento è stato, successivamente, integrato con Provvedimento del 5 marzo 2013, con il quale l'Agenzia delle Entrate ha provveduto ad adeguare il testo della relata di notifica della cartella di pagamento nella parte concernente l'“irreperibilità relativa” del destinatario, specificando che - in caso di temporanea assenza, o incapacità o rifiuto delle persone legittimate a ricevere gli atti in luogo del destinatario - si procede alla notifica mediante deposito dell'atto nella casa comunale, affissione dell'avviso di deposito in busta chiusa e sigillata alla casa di abitazione, ufficio o azienda del contribuente ed invio di raccomandata con avviso di ricevimento per informare il contribuente degli adempimenti effettuati.

Come si legge nelle motivazioni del Provvedimento, tale precisazione si è resa necessaria dopo che la Corte Costituzionale, con la sentenza 22 novembre 2012, n. 258, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente al quarto comma del testo attualmente vigente) dell'art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui dispone che “nei casi previsti dall'art. 140 del codice di procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si esegue con le modalità stabilite dall'art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600”, invece che “quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, la notificazione della cartella di pagamento si esegue con le modalità stabilite dall'art. 60, primo comma, lettera e), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600”.

Con la suddetta pronuncia, la Corte ha inteso uniformare a livello sistematico le modalità di notificazione degli atti di accertamento (art. 60 D.P.R. n. 600/1973) e delle cartelle di pagamento (art. 26 D.P.R. n. 602/1973) in caso di “irreperibilità relativa” del destinatario, ovvero nel caso di mera assenza o incapacità o rifiuto delle persone legittimate a ricevere gli atti in luogo del destinatario. A tal fine, con riguardo alla notificazione della cartella di pagamento, la Corte ha ristretto la sfera di applicazione del combinato disposto degli art. 26, quarto comma, del D.P.R. n. 602/1973 e 60, primo comma, lettera e), del D.P.R. n. 600/1973 alla sola ipotesi di irreperibilità assoluta del destinatario (ovvero al caso di mancanza, nel Comune, dell'abitazione, ufficio o azienda del contribuente), con conseguente applicazione - nella diversa ipotesi di irreperibilità relativa - della disciplina ordinaria di cui all'art. 140 del codice di procedura civile (in base al disposto dell'ultimo comma dell'art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602).

Il Provvedimento del 2013, dunque, ha introdotto, nello schema di relata riportato sulla cartella, un apposito spazio concernente l'ipotesi dell'“irreperibilità relativa” per temporanea assenza del destinatario, che comporta l'utilizzo, da parte del notificatore, della procedura prevista dall'art. 140 del codice di procedura civile (immissione dell'avviso nella cassetta postale, affissione della cartella all'albo pretorio e notifica della successiva raccomandata informativa al debitore).

Nonostante tale necessaria integrazione, tuttavia, quello della notifica rappresenta uno degli aspetti ancora maggiormente controversi in sede contenziosa, dal momento che la mera barratura, da parte del notificante, della specifica casella apposta sulla relata può non essere sufficiente ai fini del perfezionamento della procedura, ove non si sia dato atto delle ricerche, infruttuose, del destinatario della cartella presso il proprio domicilio.

Da ultimo, il modello del 2012 è stato integrato dal Provvedimento direttoriale del 2 aprile 2014, reso necessario al fine di aggiornare le avvertenze, riportate in calce alla cartella di pagamento, con le novità introdotte dalla Legge 27 dicembre 2013 in materia di reclamo obbligatorio previsto dall'art. 17 bis del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

In particolare, per la parte di competenza dell'Agente della riscossione, la modifica all'istituto del reclamo (operata dalla Legge 27 dicembre 2013, n. 147), ha comportato la sospensione automatica del pagamento delle somme iscritte a ruolo per tutta la durata del procedimento: il provvedimento, a riguardo, ha specificato che la novella legislativa ha, inoltre, attribuito alla presentazione del reclamo l'effetto di sospendere la riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all'atto impugnato, in pendenza del termine di novanta giorni prescritto per lo svolgimento del procedimento di mediazione. Al riguardo, la norma prevede, altresì, che, qualora il suddetto termine dovesse decorrere senza che vi sia stato accoglimento del reclamo o senza che sia stato formalizzato un accordo di mediazione, la sospensione viene meno e, per il relativo periodo, sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d'imposta. La sospensione non si applica, peraltro, in caso di improcedibilità del reclamo.

Infine, anche la cartella, come tutti gli atti impugnabili davanti alle commissioni tributarie, deve contenere l'indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto, nonché delle relative forme da osservare (Art. 19, secondo comma, D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546).

L'ipotesi della “irreperibilità relativa”: l'iter previsto dall'art. 140 del codice di procedura civile

Quando non sia stato possibile, per l'ufficiale della riscossione, eseguire la notifica mediante consegna diretta, né al contribuente né, tantomeno, a uno dei soggetti previsti dall'art. 139 del codice di procedura civile, si applica la procedura, prevista dal successivo art. 140, che prevede:

  • il deposito della copia dell'atto da notificare nella casa comunale,
  • l'affissione di un avviso, in busta chiusa e sigillata, alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e, infine,
  • l'invio di una raccomandata con avviso di ricevimento con cui si dà notizia di quanto avvenuto, esattamente come nell'ipotesi di consegna della cartella al portiere dello stabile o al vicino di casa.

In tale ipotesi, cosiddetta di “irreperibilità relativa”, la notifica si perfeziona all'atto del ritiro, da parte del contribuente, dell'atto depositato presso la casa comunale, ovvero all'atto del ricevimento della raccomandata informativa, se precedente; nel caso di mancato ritiro dell'atto presso la casa comunale, ovvero di mancato ricevimento della raccomandata, la notifica si intende perfezionata decorsi dieci giorni dalla data di spedizione di quest'ultima (Corte Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2010, n. 3).
Il mancato rispetto degli adempimenti, previsti nell'ipotesi della “irreperibilità relativa”, impedisce il perfezionamento dell'iter notificatorio, il che non può che comportare l'inesistenza stessa della notifica e, con essa, la nullità della cartella di pagamento.

Va, peraltro, evidenziato che l'iter previsto in caso di “irreperibilità relativa” costituisce un rimedio legittimamente esperibile nella sola ipotesi in cui il notificante abbia tentato, invano, la consegna della cartella a mani proprie del destinatario, ovvero di uno dei soggetti a ciò abilitati per legge; il tentativo di notifica, pertanto, deve, comunque, avvenire secondo le modalità generali e, solo in caso di esito infruttuoso delle ricerche, sarà possibile fare ricorso alla procedura prevista dall'articolo 140.

Esso, dunque, costituisce una procedura eccezionale, il cui utilizzo è subordinato all'esperimento, da parte dell'ufficiale giudiziario, ovvero del messo, della procedura “ordinaria” disciplinata dagli art. 138 e 139 del codice di procedura civile.

Per questo, il ricorso al procedimento di notificazione di cui all'art. 140 c.p.c. richiede che l'organo delle notificazioni indichi specificamente, sulla relata di notifica, le ragioni per cui non ha potuto procedere secondo le forme di cui all'art. 139 c.p.c., descrivendo, in particolare, le infruttuose ricerche del destinatario nel luogo di residenza, di dimora o di domicilio; in caso di notifica nelle mani del portiere o del vicino di casa, infatti, l'ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell'assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l'atto, ai sensi dell'art. 139, secondo comma, del codice di procedura civile, onde la relativa notifica, sebbene non debba necessariamente tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l'assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dalla norma, secondo la successione preferenziale ivi tassativamente stabilita (Corte di Cassazione, sentenza 13 giugno 2014 n. 13468, cit.; conforme, sentenza 18 settembre 2009 n. 20098).
Il mancato rispetto di tale iter procedimentale, dunque, comporta l'illegittimità della notifica e, con essa, della cartella di pagamento, vizio che dovrà essere ritualmente rilevato con il ricorso introduttivo del giudizio.

Il diniego di rateazione

Nonostante la dilazione del debito costituisca una mera facoltà discrezionale dell'Agente della riscossione, in caso di rigetto della domanda Equitalia provvede a notificare un apposito provvedimento di diniego motivato, che costituisce un atto autonomamente impugnabile davanti alle Commissioni Tributarie.

Non esiste alcuna norma ad hoc (del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) che imponga all'Agente della riscossione di notificare un autonomo provvedimento di diniego; come confermato dalla stessa prassi interna a Equitalia, tuttavia, tale obbligo discende dal principio generale in base al quale, ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso (art. 2 della Legge 7 agosto 1990, n. 241). In particolare, il procedimento avviato con la richiesta di rateazione deve essere obbligatoriamente concluso mediante l'adozione di un provvedimento espresso e che tale provvedimento dovrà essere notificato al debitore, indipendentemente dall'esito del procedimento (direttiva di gruppo 27 marzo 2008, n. DSR/NC/2008/012, Direzione Centrale Strategie di Riscossione – Ufficio Normativa di Equitalia, paragrafo 4.1 “Indicazioni generali”).

Quanto ai profili contenziosi, occorre, innanzitutto, premettere che l'elenco degli atti impugnabili davanti alle Commissioni Tributarie (contenuto nell'art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) comprende anche il genus del diniego di domande di definizione agevolata di rapporti tributari, nel quale va, di sicuro, ricompreso anche il rigetto della rateazione.

Tale previsione espressa contribuisce a escludere giurisdizioni diverse da quella tributaria, come pure sostenuto, in passato, dalla stessa Equitalia (nella suddetta direttiva di gruppo del 2008), ove, in un primo momento, si era ritenuto competente il giudice amministrativo.
La materia, dunque, è, oggi, pacificamente riservata alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, come confermato, a più riprese, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Infatti, a prescindere dal concetto di agevolazione, è fuor di dubbio che tali controversie riguardino la fase della riscossione (e non dell'esecuzione) del tributo, concernendo in particolare una modalità di riscossione che la legge predispone per l'ipotesi di contribuenti che si trovino in determinate condizioni economicamente sensibili; va, pertanto, confermato che la causa contro il provvedimento di rigetto dell'istanza di rateizzazione di un debito avente natura tributaria, rientra nella giurisdizione delle Commissioni Tributarie (sentenza 14 marzo 2011, n. 5928; conforme, ordinanza 7 ottobre 2010, n. 20781 sempre a Sezioni Unite).

Il provvedimento di diniego deve essere, poi, obbligatoriamente motivato, in base ai principi generali che regolano l'attività amministrativa (art. 3, Legge 7 agosto 1990, n. 241).

In conclusione

L'eventuale rigetto di rateazione dovrà esporre i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della decisione, in rapporto alle risultanze dell'istruttoria; peraltro, dovrà formare oggetto di un provvedimento espresso anche l'eventuale diniego parziale, che, in quanto tale, dovrà anch'esso essere motivato (direttiva di gruppo 27 marzo 2008, n. DSR/NC/2008/012 cit., paragrafo 4.3 “Provvedimenti di rigetto”).
Inoltre, come precisato dalla stessa Equitalia, anche il provvedimento di diniego dev'essere preceduto da una sorta di comunicazionebonaria” che preannunci le ragioni del rigetto, alla quale il destinatario potrà rispondere sostenendo le proprie ragioni (“il provvedimento di rigetto, inoltre, dovrà essere preceduto da una comunicazione, inoltrata all'interessato ai sensi dell'art. 10 bis della Legge n. 241/1990, contenente l'indicazione dei motivi che ostano all'accoglimento della domanda”: direttiva di gruppo 27 marzo 2008, n. DSR/NC/2008/012 cit.).

Per una completa esposizione sul contenzioso tributario nei confronti di Equitalia, sull'impugnabilità degli estratti di ruolo, sulla giurisdizione delle Commissioni Tributarie in materia di atti dell'esecuzione forzata quali il pignoramento presso terzi e, ancora, sulla corretta procedura di notifica delle cartelle di pagamento, rimandiamo a “Il contenzioso con Equitalia - Profili giuridici e casi pratici”, a cura di Marco Ligrani, 2015, Giuffrè Editore, collana editoriale “Commercialisti - I pratici”, disponibile tramite il sito internet della casa editrice, le agenzie Giuffrè e presso le librerie di settore.

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