Tributario

Micro canoni per il periodo 2011-2015: infondata la questione di legittimità costituzionale

La Redazione
14 Aprile 2017

L'art. 1, comma 59, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nella parte in cui sostituisce l'art. 13, comma 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), non vìola l'art. 3 della Costituzione. Lo ha affermato la Consulta nella sentenza n. 87 del 13 aprile 2017.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 87 del 13 aprile 2017, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale attinente l'art. 1, comma 59, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, norma che ha cercato di ovviare alla declaratoria di incostituzionalità (vedasi C. Cost. n. 50/2014 in riferimento all'art. 3, commi 8-9 del D.Lgs. n. 23/2011) dei mini canoni di locazione versati dai conduttori dopo la registrazione di contratti "in nero". Con conseguente intervento "sanatorio" sui pagementi effettuati tra il 7 aprile 2011 e il 16 luglio 2015.

In particolare, al punto 6. del Considerato in diritto, la Corte osserva che l'importo (pari al triplo della rendita catastale) che il comma 5 dell'art. 13 della legge n. 431 del 1998 (novellato dalla Legge di Stabilità per il 2016 sopra indicata) riconosce forfettariamente dovuto dai conduttori, per il periodo indicato, è inferiore a quello (non eccedente il «valore minimo» definito dalla contrattazione collettiva territoriale) che il giudice può riconoscere dovuto dal conduttore «Nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione», su azione dello stesso conduttore, ai sensi del comma 6 del medesimo riformulato art. 13.

Tuttavia quelle che il Tribunale ordinario di Roma, in qualità di rimettente, pone in comparazione sono "situazioni certamente non omogenee". La prima attiene – in via transitoria – ad una «indennità» dovuta in correlazione ad una pregressa occupazione senza titolo, qualificata dall'affidamento riposto dall'inquilino nel dettato normativo poi dichiarato costituzionalmente illegittimo. La seconda si riferisce – a regime – ad un «canone» determinabile da parte del giudice «che accerta l'esistenza del contratto» (id est: l'esistenza di un contratto scritto non registrato nel termine prescritto): ipotesi, quest'ultima, che, per un verso, si diversifica da quella in precedenza disciplinata dal comma 5 dell'art. 13 nel testo originario, che aveva riguardo al solo contratto “di fatto” instaurato dal locatore, ossia al contratto verbale e, quindi, nullo per difetto di forma scritta ad substantiam; e per altro verso, ne assume la disciplina, poiché l'azione si concreta nell'“accertamento dell'esistenza” del contratto non registrato, quale operazione consentanea a rendere valido ed efficace un contratto nullo.

Il che, in definitiva, pone tale "seconda fattispecie sul piano della determinazione del corrispettivo di una locazione (recuperata in termini di validità ed efficacia), mentre la fattispecie disciplinata dalla disposizione scrutinata opera, come detto, sul diverso piano della predeterminazione forfettaria del danno patito dal locatore e/o della misura dell'utilizzo dovuto dal conduttore per l'occupazione di un immobile senza un valido titolo locativo".

Da ciò, quindi, la non fondatezza anche della censura di violazione dell'art. 3 Cost.

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