Azienda (cessione)

Roberto Masoni
28 Agosto 2017

Il disposto affidato all'art. 36 della l. n. 392/1978 disciplina con modalità divergenti rispetto ai canoni generali (artt. 1406 ss. c.c.) l'istituto della cessione della locazione in correlazione con la cessione dell'azienda, assumendo, da un canto l'irrilevanza del consenso del contraente ceduto e, dall'altro, una responsabilità patrimoniale dei partecipi del negozio di cessione. La tutela giurisdizionale del fenomeno concerne l'individuazione del soggetto (o dei soggetti) obbligato all'adempimento, con i connessi non meno rilevanti profili afferenti tipologia e natura giuridica della responsabilità dei soggetti della vicenda.
Inquadramento

Nella disciplina ordinaria della locazione il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la res locata, ma non può cedere il contratto senza consenso del locatore (art. 1594 c.c.).

Viceversa, la disciplina normativa dettata con riguardo alle locazioni non abitative pone regole parzialmente divergenti che tendono a favorire la circolazione dell'azienda che il conduttore abbia costituito nell'immobile locato.

L'art. 36 della l. n. 392/1978 fornisce unitaria disciplina normativa concernente sublocazione e cessione del contratto di locazione con riferimento a questa tipologia locativa.

Si prevede, tra l'altro, che il conduttore possa cedere il contratto di locazione, ovvero, sublocare l'immobile sempre che unitamente sia ceduta, ovvero, locata l'azienda. In tal modo prescindendosi dal consenso del locatore.

A sua volta, il locatore può opporsi alla cessione (o alla sublocazione), adducendo «gravi motivi», nel termine di trenta giorni dalla comunicazione di cessione.

Laddove il locatore non abbia liberato il conduttore cedente, contraente originario, egli può agire giudizialmente nei suoi confronti a fronte dell'inadempimento del cessionario. E' questa una previsione di garanzia rispondente ad esigenze di coerenza e giustizia, se solo si considera che la cessione può perfezionarsi indipendentemente dal consenso del locatore ceduto.

Non automaticità della cessione

La possibilità che alla cessione o alla locazione dell'azienda, la cui sede si trovi nei locali concessi in locazione, segua la cessione del contratto di locazione rappresenta una mera eventualità, che dipende dagli accordi intercorsi tra cedente e cessionario.

Il principio è sostanzialmente indiscusso.

Tuttavia, inizialmente, la giurisprudenza mostrò talune incertezze interpretative. Dato che affermò che, alla cessione di azienda si sarebbe accompagnato, quale effetto naturale, la cessione del contratto (Cass. civ., sez. III, 20 luglio 1993, n. 8065).

La successiva giurisprudenza ha contraddetto quest'iniziale arresto.

In un primo momento si è statuito che: «l'alienazione dell'azienda esercitata in un immobile adibito ad uso commerciale non comporta né ai sensi dell'art. 2558 c.c. né ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392/1978 l'automatica cessione del contratto di locazione, in quanto le norme suddette consentono ma non impongono rispettivamente all'acquirente dell'azienda di subentrare nei contratti stipulati per l'esercizio di essa, sempreché non sia pattuito diversamente, nonché al venditore dell'azienda, quale conduttore dell'immobile in cui la stessa si esercita, di sublocare l'immobile o di cedere il contratto di locazione senza il consenso del locatore» (Cass. civ., sez. III, 2 febbraio 2000, n. 1133).

Con successiva pronunzia della terza sezione della cassazione, il principio è stato confermato e maggiormente argomentato (Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2003, n. 5137; Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2491; Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 2009, n. 25279), di talché il principio di diritto è assodato.

L'affermazione della non automaticità della cessione del contratto trova genesi nella «inequivoca lettera della norma», ossia, nell'art. 36 della l. n. 392/1978, laddove dispone che «il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione…». Col che si attribuisce al conduttore la mera facoltà («può») di cedere il contratto e quindi anche di non avvalersi della stessa.

Se la successione nel rapporto locatizio è soltanto eventuale e non discende automaticamente dalla cessione d'azienda, così ragiona la nomofilachia, per prodursi l'effetto, è necessaria «l'adozione, da parte del cedente e del cessionario, di un apposito patto, volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione».

L'affermazione è riscontrabile nella nomofilachia (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2007, n. 9486; Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2008, n. 7686; Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2491; Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 2009, n. 25279; Cass. civ., sez. III, 2 luglio 2010, n. 15700), cosicché il principio è pacifico, anche tra i giudici di merito (Trib. Patti 20 dicembre 2007).

Per quanto il patto di cessione della locazione, si precisa ancora (Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2008, n. 7686; Cass. civ., sez. III, 30 ottobre 2014, n. 23087; Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2017, n. 12016), possa «presumersi fino a prova contraria, alla stregua del principio di cui all'art. 2558, comma 3, c.c.»; ovvero, secondo cui l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa, salvo patto contrario.

Comunicazione di cessione ed opposizione del locatore

Vanno considerati i rapporti intercorrenti tra le parti della cessione d'azienda, ceduto (locatore), cedente e cessionario, in seguito al perfezionamento del negozio traslativo.

Una volta intercorso accordo di cessione del contratto di locazione, tra cedente e cessionario, grava sul primo (conduttore) l'onere di «dare comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento» dell'avvenuta cessione (del contratto e dell'azienda).

Si afferma che la comunicazione del conduttore al locatore (ceduto) di avvenuta cessione del contratto, ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392/1978, ha natura giuridica di «atto partecipativo», avente lo scopo di rendere edotto il locatore del contratto concluso tra conduttore e terzo.

Questa comunicazione determina l'effetto di rendere la cessione del rapporto locatizio opponibile al locatore (Cass. civ., sez. III, 25 luglio 1984, n. 4357), con la precisazione che la comunicazione può avvenire anche con modalità diverse da quelle prescritte dalla legge, che prevede invio della lettera raccomandata con avviso di ricevimento (Cass. civ., sez. III, 11 marzo 1998, n. 2675; Cass. civ., sez. III, 26 maggio 1999, n. 5102; Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2002, n. 741).

L'effetto di opponibilità si verifica egualmente, anche in difetto di formale comunicazione di cessione, laddove il locatore, avuta conoscenza di essa, vi acconsenta per facta concludentia; ponendo in essere un comportamento univoco, protrattosi nel tempo, di adesione alla prosecuzione del sinallagma contrattuale e quindi alla continuazione del godimento della res locata da parte del cessionario (Cass. civ., sez. III, 30 luglio 1987 n. 6601; Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 1988, n. 1943; Cass. civ., sez. III, 6 maggio 1993, n. 5235; Cass. civ., sez. III, 8 aprile 1988, n. 2770). Il fenomeno è riscontrabile laddove il locatore abbia accettato il pagamento del canone locativo (Cass. civ., sez. III, 29 maggio 1991, n. 6055; Cass. civ., sez. III, 30 novembre 2014, n. 23087).

La comunicazione non condiziona la validità della cessione, ormai perfetta, dato che la stessa si è perfezionata in forza dell'incontro di consensi intervenuto tra cedente e cessionario (Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2002, n. 741), cui il locatore è estraneo (c.d. cessione legale del contratto).

Al locatore-ceduto, compete tuttavia la facoltà di proporre opposizione «per gravi motivi», entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cessione.

L'individuazione degli effetti che l'opposizione del locatore spiega sulla cessione della locazione appare assai discussa, soprattutto in giurisprudenza.

Stando ad una prima impostazione dogmatica, l'opposizione del contraente ceduto «non impedisce il perfezionamento del contratto eventualmente già concluso», (Cass. civ., sez. III, 7 giugno 1996, n. 5305), non condizionando sospensivamente gli effetti dell'intercorsa cessione.

Secondo, invece, un più recente orientamento l'opposizione del locatore avrebbe «l'effetto immediato di sospendere, nei confronti del conduttore ceduto, l'efficacia del contratto di locazione, fino a quando non venga definita in sede giudiziale l'assenza dei dedotti gravi motivi, la cui presenza impedisce, invece radicalmente il prodursi degli effetti della cessione per il locatore» (Cass. civ., sez. III, 9 gennaio 2002, n. 201; Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2015, n. 3597).

In ogni caso, l'opposizione, in quanto mera contestazione dell'inadempimento del conduttore, può determinare la risoluzione del rapporto tra locatore e conduttore originario, con susseguente travolgimento del successivo atto di cessione del contratto (Cass. civ., sez. III, 7 giugno 1996, n. 5305; Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2015, n. 3597). Pertanto, dal momento della domanda oppositoria e fino alla definizione del relativo giudizio (qualunque sia il suo esito) tra locatore e conduttore originario continua ad avere efficacia il contratto ceduto e la parte cedente continua, quindi, ad essere tenuta all'adempimento di tutte le obbligazioni nascenti dal contratto stesso, prima tra tutte il pagamento del canone (Trib. Belluno 10 febbraio 2012).

Responsabilità di cedente e cessionario

Dispone il comma 1, ultima parte, art. 36 l. cit., che il locatore, se non ha liberato il cedente, «può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia».

Questo significa che il cessionario è obbligato all'adempimento delle obbligazioni contrattuali in quanto (nuova) parte contrattuale e contro di lui il locatore può esperire azione di adempimento.

Quest'ultimo può agire anche nei confronti del cedente l'azienda ed il contratto di locazione mercè la previsione normativa speciale, in difetto della quale l'azione avrebbe potuto essere esperita unicamente nei confronti dell'ultimo contraente (il cessionario)

L'obbligazione in discorso concerne non solo il pagamento del canone, ma pure il risarcimento dei danni cagionati all'immobile, come pure il danno da ritardata restituzione ex art. 1591 c.c. (Trib. Milano 11 dicembre 1995).

L'art. 36 l. cit. non deroga al disposto generale affidato al primo comma dell'art. 1408 c.c.

Si è così affermato che, in caso di affitto di azienda con contestuale cessione del contratto di locazione dell'immobile nel quale l'azienda stessa é esercitata, l'art. 36 della l. n. 392/1978 non deroga al principio, ricavabile dall'art. 1408 c.c., per cui nei contratti ad esecuzione continuata o periodica il cedente risponde delle obbligazioni divenute esigibili anteriormente alla cessione ed inadempiute, in quanto prevede la responsabilità sussidiaria del cedente per le obbligazioni successive alla cessione del contratto di locazione che il cessionario non abbia adempiuto, ma non esime il cedente medesimo dall'adempimento delle obbligazioni sue proprie e già scadute alla data della cessione (Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2010, n. 10964).

Chiarito ciò in termini generali, dopo un certo travaglio interpretativo, in tempi relativamente recenti la giurisprudenza ha precisato natura giuridica della responsabilità verso il ceduto da parte del cessionario e del cedente, a norma dell'art. 36.

Si è così affermato che trattasi di responsabilità di natura sussidiaria caratterizzata da mero beneficium ordinis.

È pacifico quindi che: «in materia di locazioni, in caso di cessione del contratto di locazione (contestualmente a quella dell'azienda) effettuata ai sensi dell'art. 36 l. n. 392/1978 senza il consenso del locatore, tra il cedente e il cessionario divenuto successivo conduttore dell'immobile esiste un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal mero beneficium ordinis, che consente, perciò, al locatore di rivolgersi al cedente, con l'esperimento delle relative azioni giudiziali per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti il suddetto contratto, solo dopo che si sia consumato l'inadempimento di detto nuovo conduttore, nei cui confronti è necessaria la preventiva richiesta di adempimento mediante la semplice modalità della messa in mora» (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2007, n. 9486; Cass. civ., sez. III, 4 giugno 2009, n. 12896; Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2010, n. 10964; Cass. civ., sez. III, 11 novembre 2011, n. 23557; Cass. civ., sez. III, 12 novembre 2015, n. 23111).

A fronte di una pluralità di cessioni d'azienda, si afferma viceversa (e diversamente da quanto ritenuto per l'unica cessione del rapporto), la sussistenza di un vincolo di natura solidale tra i cedenti intermedi (c.d. presunzione di responsabilità solidale: art. 1294 c.c.) che tutti li astringe, indifferentemente, rispetto al locatore ceduto, per le obbligazioni discendenti dal contratto di locazione oggetto di cessione, sempre che non vi sia stata dichiarazione di liberazione da parte del creditore (Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 1986, n. 894; Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 2002, n. 17201; Cass. civ., sez. III, 1 giugno 2004, n. 10485; Cass. civ., sez. III, 9 novembre 2006, n. 23914; Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2007, n. 9486).

Tale soluzione interpretativa garantisce al locatore una tutela sostanziale «rafforzata» che riposa sul corretto rilevo secondo cui lo stesso locatore rimane estraneo alla vicenda di cessione del contratto di cui egli è parte, non potendo esprimere il dovuto consenso o dissenso agli effetti del suo perfezionamento.

D'altro canto, dal punto di vista processuale, la modificazione del titolo di responsabilità dedotto in giudizio in capo al cedente ai sensi dell'art. 36 l. cit., da solidale a principale, non integra mutatio libelli, ma mera emendatio libelli (Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11010).

Tenuto conto infine della natura speciale della disciplina dettata dall'art. 36 l. n. 392, sul piano morfologico legittimamente sottratta alla disciplina codicistica, appare inapplicabile tale ultima normativa dettata in tema di cessione (volontaria) del contratto. In particolare, in ipotesi di cessione del contratto di locazione per effetto di cessione dell'azienda a norma dell'art. 36, è stata esclusa l'applicabilità della previsione dettata in tema di dovuta comunicazione di inadempienza al debitore ceduto ai sensi dell'art. 1408, comma 3, c.c. (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2007, n. 9486; tra i giudici di merito, Trib. Modena 9 marzo 2012).

Per conseguire l'adempimento tanto da parte del cedente, quanto da parte del cessionario, il locatore può agire in giudizio, alternativamente, nelle forme ordinarie affidate al processo locatizio ex art. 447-bis c.p.c., ovvero, in quelle del procedimento monitorio.

Opposizione del locatore

OPPOSIZIONE DEL LOCATORE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

L'opposizione non ha effetto sospensivo della cessione

Nel caso di cessione del contratto di locazione dell'immobile, consentita al conduttore dall'art. 36 l. 27 luglio 1978 n. 392, purché egli congiuntamente ceda o affitti l'azienda, non vi è obbligo di preventiva comunicazione al locatore, che può quindi esserne informato dopo che la cessione ha determinato la sostituzione del cessionario nei diritti e negli obblighi del cedente. Ne deriva che l'opposizione alla cessione, consentita al locatore dal menzionato art. 36 in presenza di gravi motivi, non impedisce il perfezionamento del contratto eventualmente già concluso ma si configura come una mera contestazione di inadempimento, rivolta al conduttore per avere ceduto il contratto pur in presenza dei suddetti gravi motivi in contrario, e preordinata ad un'eventuale pronunzia di risoluzione della locazione, idonea a far venir meno anche la cessione della stessa, con l'ulteriore conseguenza che fino all'emissione di tale pronunzia legittimato passivo rispetto a tutte le azioni concernenti l'esistenza o la durata della locazione deve considerarsi il cessionario e non il cedente, il quale, se non liberato dal locatore ceduto, ai sensi del cit. art. 36 della legge n. 392, resta legittimato a contraddire soltanto le domande di quest'ultimo intese a conseguire l'adempimento delle obbligazioni originate dal contratto di locazione (Cass. civ., sez. III, 7 giugno 1996, n. 5305).

L'opposizione ha effetto sospensivo della cessione

In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione, l'opposizione del locatore ceduto, per gravi motivi, alla cessione del contratto posto in essere dal conduttore ai sensi dell'art. 36 l. 392/78, determina l'effetto immediato di sospendere l'efficacia della cessione nei confronti dello stesso locatore, fino a quando non venga definita in sede giudiziale l'assenza dei dedotti gravi motivi, la cui presenza (accertata in giudizio, o riconosciuta sussistente dal conduttore cedente) impedisce, invece, radicalmente il prodursi degli effetti della cessione per il locatore (Cass. civ., sez. III, 9 gennaio 2002, n. 201; Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2015, n. 3597; Trib. Belluno 10 febbraio 2012).

Guida all'approfondimento

Bucci - Malpica - Redivo, Manuale delle locazioni, Padova, 1989, 463;

Cosentino, in Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986, 344;

Masoni, Il processo ordinario delle locazioni, Milano, 2012, 335;

Papanti Pelletier, Commento sub art. 36 l. n. 392/78, in Equo canone, a cura di Bianca, Irti, Lipari, Proto Pisani e Tarzia, Padova, 1980, 425;

Masoni, Cessione dell'azienda e della locazione ad uso diverso: l'effetto non è automatico), in Giur. merito, 2008, 2167;

Rufo, La tutela del contraente ceduto nelle locazioni commerciali, in Giur. it., 2010, I, 2076;

Grasselli, Pluralità di cessioni del contratto di locazione e responsabilità dell'originario cedente, in Giust. civ., 1986, I, 1825.

Sommario