Nuove soglie di punibilità: applicabili anche alle controversie in corso
15 Gennaio 2016
Per la prima volta, la Corte di Cassazione ha applicato i principi previsti dal D.Lgs. 156/2015, e l'ha fatto assolvendo con formula piena, “perché il fatto non sussiste”, il contribuente che ha compiuto un illecito tributario che, con l'intervento della riforma, è risultato essere al di sotto della soglia di punibilità. Questo è quanto hanno affermato i giudici della Cassazione, con l'interessante sentenza del 13 gennaio 2016, n. 891.
Un imprenditore, titolare di un'impresa individuale, era stato condannato ad un anno e sette mesi – a seguito di patteggiamento – per il reato di dichiarazione infedele; era anche stato condannato alla confisca per equivalente dei beni. In Cassazione, i giudici hanno però osservato che “la dichiarazione infedele contestata [al contribuente] per gli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e 2009 risulta inferiore nei quantum alla soglia di punibilità oggi vigente [individuata dal D. Lgs. 158/2015, ndr] sì da imporsi l'annullamento della sentenza senza rinvio, per insussistenza del fatto”.
Cosa è accaduto, perché la Cassazione potesse assolvere con formula piena il contribuente? Come noto, il 22 ottobre 2015 è stato approvato il D. Lgs. 158/2015, che riforma il regime penale tributario con misure più favorevoli al contribuente. Il limite di non punibilità per l'imposta evasa è passato dai precedenti 50mila agli attuali 150mila euro. Dunque, poiché la dichiarazione infedele contestata al contribuente rientrava nelle vecchie soglie, ma era inferiore alle nuove, i Supremi Giudici non hanno potuto far altro che assolvere l'imputato. La sentenza della Cassazione, inoltre, conferma la valenza retroattiva delle nuove soglie di punibilità per i reati tributari, che sono applicabili anche alle controversie in corso.
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