È riciclaggio investire le somme illecite provenienti da reati commessi da parenti
15 Marzo 2017
È riciclaggio se il rappresentante della società e i soci inseriscono nella contabilità, anche se solo temporaneamente, le somme provenienti da reati commessi da un parente. Lo dicono i Giudici della Corte di Cassazione, Sezione penale, condannando con la sentenza del 9 marzo 2017, n. 11491 tre contribuenti che ricorrevano contro la decisione del giudice di appello.
La Cassazione ha osservato che, in merito all'elemento oggettivo dei reati, la Corte territoriale aveva ritenuto di desumere la colpevolezza da una serie di circostanze costituite dal fatto che nessuno degli imputati abbia saputo o potuto giustificare la provenienza dei finanziamenti economici e che sussisteva uno stretto legame di parentela o di affinità con un contribuente indagato per attività illecita (sottrazione e commercializzazione illegale di idrocarburi). Da qui derivava il fondato sospetto che gli indagati avessero utilizzato le somme frutto di attività illecite nelle società loro riconducibili, qualificandole come finanziamento soci non oneroso. Tali somme erano poi successivamente recuperate con dei prelevamenti, “ripulendo” il denaro sporco frutto delle attività illecite del parente.
Secondo i Giudici della Corte, il dolo del reato di riciclaggio si configura anche qualora all'agente si rappresenti la concreta possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto ed investito; dunque, anche nella forma eventuale. Ergo, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dei contribuenti, confermando la linea della Corte territoriale. |