In mancanza di elementi idonei non può essere prospettata frode carosello

La Redazione
15 Gennaio 2016

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 636/2016, ha confermato che la frode carosello prospettata dall'Amministrazione finanziaria non può essere confermata se non sussistono elementi idonei per ritenere il contribuente responsabile delle operazioni soggettivamente inesistenti.

In tema di frodi carosello la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 630/2016, ha rigettato il ricorso dell'Amministrazione finanziaria, in quanto il vizio sollevato di cui all'art. 2700 c.c. non appare in alcun modo correlato alla decisione impugnata ed alla ratio decidendi seguita dal giudice d'appello, il quale ultimo ha compiuto un'attività di verifica valutativa degli elementi prospettati dagli organi accertatori nel pvc con riguardo ai costi delle operazioni commerciali – come tali non dotati di efficacia probatoria privilegiata.

La CTR contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure accoglieva l'impugnazione del contribuente, escludendo che, rispetto alla frode carosello prospettata dalle Entrate, sussistessero elementi per ritenere il contribuente responsabile delle operazioni soggettivamente inesistenti.

Dunque l'esclusione della consapevolezza della parte cessionaria dell'intento fraudolento veniva valorizzato, con un preciso accertamento di fatto, con la piena coerenza tanto dei prezzi di mercato con gli acquisti delle autovetture (attività del contribuente) che dei ricarichi applicati per le successive vendite.

Ulteriore questione sollevata dall'Agenzia riguarda l'esistenza prospettata di lacune nell'impianto argomentativo della sentenza gravata sotto il profilo del mancato esame di elementi decisivi al fine di asseverare la sostenuta consapevolezza della parte contribuente e cessionaria circa il carattere fraudolento delle operazioni qualificate dall'ufficio come "soggettivamente" inesistenti. Censure che, secondo i giudici di legittimità, occorreva prospettare sotto il profilo del vizio di motivazione art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. e non già sotto il paradigma della violazione di legge. La Corte dunque, sottolinea, che quanto prospettato rende per un verso inammissibile le censure correlate alla prospettata extra petizione, poiché sollecita i Supremi giudici ad una valutazione delle difese esposte dal contribuente, che sappiamo non essere in tale sede consentita, risultando riservata invece al giudice di merito.

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