La mediazione tributaria
17 Ottobre 2016
Premessa
È ormai maturo il tempo di un ampliamento dell'area della mediazione tributaria obbligatoria, introdotta dall'art. 39, c. 9, del D.L. n. 98/2011, che ha inserito l'art. 17-bis nel D.Lgs. n. 546/1992, modificato di recente, ma non in forma adeguatamente robusta, dall'art. 9, c. 1, lett. l), del D.Lgs. n. 156/2015. L'istituto del reclamo/mediazione è uno strumento deflattivo del contenzioso tributario per prevenire ed evitare le controversie che possono essere risolte senza ricorrere al giudice. Perché tale strumento sia efficace esso va condotto tenendo conto degli orientamenti della giurisprudenza, specie ma non soltanto di legittimità e quindi di una ragionevole prognosi sull'esito del giudizio. Dall'analisi di alcuni dati sulla mediazione emerge che in oltre metà dei casi di accesso alla procedura di mediazione il contribuente ha raggiunto un accordo con il Fisco ed ha evitato il giudizio.
Tralasciando in questa sede l'interpretazione del dato e le possibili ragioni per le quali si decide di non adire la Giustizia tributaria, onde ampliarne l'area è necessario risolvere il problema della terzietà dell'organismo di mediazione. Che si tratti di una fase amministrativa, quella della mediazione, lo ha chiarito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 98 del 16 aprile 2014; tuttavia lo strumento può essere migliorato, restituendo fiducia al contribuente sulla autonomia del soggetto che dovrà svolgere parte attiva nel dirimere la controversia potenziale sulla pretesa vantata dal Fisco. Da più parti si afferma l'esigenza di equiparare più robustamente l'istituto della mediazione tributaria a quella di stampo civilistico.
È possibile sicuramente, infatti, l'innalzamento della soglia delle liti mediabili anche ad € 50.000,00, che sono una somma assai consistente, tenendo conto che si discute di imposte e tasse e perciò spesso il rapporto sostanziale sottostante è di ben più rilevante contenuto economico. Oltre che una soglia economica, sarebbe opportuno introdurre una soglia di obbligatorietà secondo natura dei tributi, essendo molti di essi, assai più di quelli tradizionali diretti ed indiretti, legati anche alla verifica di presupposti fattuali, tecnici e valutativi che nella fase di mediazione è agevole ottenere nella reciproca disponibilità ed interpretando la fase di mediazione come una tipica espressione della compliance necessaria al rapporto fiscale costituzionalmente orientato alla salvaguardia dei diritti sia dell'Erario sia del cittadino alla giusta imposizione.
È tuttavia imprescindibile accompagnare questa misura con l'istituzione di un organismo di mediazione indipendente e professionale, perché in materia di tributi è bandita l'improvvisazione e soprattutto perché la funzione di mediazione non può essere esercitata – anche se volenterosamente e con la massima spinta all'imparzialità – da emanazioni seppur autonome dello stesso soggetto che svolge la funzione di accertatore della pretesa impositiva. La terzietà deve non solo esistere, ma anche essere ritenuta tale ed è evidente che discutere qualche porta accanto rispetto a quella in cui si è discusso del rapporto fiscale non consente di formarsi un convincimento sull'esistenza di garanzie di imparzialità dell'organo di mediazione. Peraltro nel caso di imposte e tasse non statali è ancor più utile, anche perché non sempre l'organizzazione locale dispone di figure idonee, ipotizzare un organo di mediazione che - come del resto quello attualmente in funzione nel rito civile – sia del tutto terzo rispetto sia al contribuente sia al soggetto impositore.
Organo adito alla possibile mediazione
Quest'organo, che potrebbe essere collocato presso il Garante del Contribuente, tipico organo che dovrebbe proprio vigilare sull'imparzialità della P.A. nei confronti del cittadino e che potrebbe rappresentare la terzietà necessaria pur senza discostarsi da una speciale sensibilità per le questioni tributarie, sicuramente potrebbe essere composto di laici elettivamente provenienti dalla fila della magistratura tributaria, dotati di un profilo professionale che garantisca il possesso di specifica preparazione, da rafforzare con peculiari fasi di formazione anche per l'esercizio proficuo della funzione conciliativa.
Probabilmente è necessaria anche qualche modifica del rito, poiché se si vuol salvaguardare la natura obbligatoria del passaggio mediatorio è per converso opportuno prevedere che essa sia avviata con una semplice domanda di mediazione finalizzata alla conciliazione della lite fiscale, contenente gli elementi essenziali alla individuazione della controversia che si intende conciliare. Entro tempi certi, l'organo di mediazione potrà verificare, convocando le parti anche in più sessioni, da svolgersi tuttavia entro un tempo predeterminato non maggiore di qualche mese se sussistono concrete possibilità di conciliazione, fornendo se necessario anche proprie proposte.
Allo spirare del termine di celebrazione dell'intero rito conciliativo potrà riprendere a decorrere il termine per la proposizione del ricorso ordinario, senza la necessità di proporre come ora preliminarmente un reclamo-ricorso anche a fini conciliativi che in qualche modo impone alla difesa del contribuente, violando il principio di parità fra le parti, di scoprire le sue carte difensive e natura e motivi della sua azione prima di proporre l'usuale ricorso.
Da ultimo, anche a garanzia della trasparenza delle operazioni di mediazione conciliativa, l'organo di mediazione, che sicuramente potrà avere in ogni caso consistenza monocratica, potrà esercitare un controllo sulla legittimità della transazione fiscale e sulla effettiva disponibilità, nell'interesse sia dell'erario sia del contribuente, della pretesa fiscale dedotta nel procedimento pregiurisdizionale. Mediazione civile: analogie e differenze
Facendo riferimento al modello della mediazione civile, ad evitare di trovarsi poi nell'impossibilità in concreto, per difetto di risorse, di organizzare il servizio, è necessario prevedere che i costi siano solo parzialmente a carico del contribuente, distinguendo fra l'ipotesi in cui il contribuente ottenga in fase di mediazione l'annullamento in sede di autotutela dell'atto che dovrebbe essere successivo oggetto di impugnazione - che dovrebbe prevedere minimi esborsi - e quella in cui si ottenga una semplice riduzione dell'originaria pretesa impositiva, che può essere collegata ad un adeguato concorso proporzionale alle spese, che devono essere oggetto di una preventiva determinazione tabellare.
È comunque necessario prevedere, ad evitare la reiterazione di illusioni cottimistiche a prezzo vile che suscitano continuamente ed inamovibilmente il comprensibile malessere dei magistrati tributari, peraltro molto discreto e paziente, che i componenti dell'organo di mediazione abbiano un dignitoso anche se ovviamente non esagerato compenso per lo svolgimento delle proprie funzioni.
L'annuncio frequente di misure prossime di nuova manutenzione straordinaria del processo tributario e di revisione – auspicabilmente in forme ragionate e realmente efficaci, e non umorali e d'occasione – della giurisdizione consente di auspicare che si guardi con urgenza, nelle forme tecniche da discutere, che qui sono state solo affacciate come proposta generale proprio all'ampliamento dell'area della mediazione fiscale a fini conciliativi. |