Le sanzioni amministrative relative alle violazioni nell'imposta sugli intrattenimenti
Jacopo Lorenzi
21 Dicembre 2016
Il presente intervento ha lo scopo di analizzare le condotte illecite nell'imposta sugli intrattenimenti, anche alla luce delle importanti riforme del 1997 e del 2015, al fine di valutarne l'attualità, avendo particolare riguardo all'analisi delle disposizioni sanzionatorie per come si sono succedute nel tempo. Il sistema, nel suo complesso, appare adeguato all'odierno contesto; permane qualche dubbio sulla posizione dell'Amministrazione finanziaria circa l'applicabilità dell'illecito continuato.
Breve introduzione sulla tassazione del divertimento: dall'imposta sugli spettacoli all'imposta sugli intrattenimenti
La “tassazione del divertimento” ha trovato una prima regolamentazione nel R.D. 30 dicembre 1923, n. 3276(Approvazione del testo di legge dei diritti erariali sugli spettacoli); oggi la disciplina è contenuta nel d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640.
L'originaria formulazione del d.P.R. n. 640/1972 assoggettava ad un unico tributo gli intrattenimenti, i giochi e gli spettacoli; il presupposto d'imposta era modellato su base casistica, cioè sulla previsione di una serie di attività fiscalmente rilevanti, che erano compendiate nella Tariffa allegata al decreto.
La frammentarietà del presupposto d'imposta da un lato, nonché la crescente esigenza di coordinare la tassazione del divertimento con quella ai fini IVA dall'altro, hanno portato alla riforma contenuta nella Legge delega n. 288/1998, recepita dal D.Lgs. n. 60/1999, con cui sono state separate, ai fini fiscali, le attività di spettacolo dalle attività di intrattenimento.
È stata abbandonata la classificazione casistica e si è orientata la tassazione sul grado di partecipazione del pubblico all'evento: nello spettacolo, il divertimento e la distrazione dell'avventore implica una sua adesione di natura passiva, perché per fruire della prestazione non vi è bisogno che vi partecipi attivamente; nell'intrattenimento, per contro, il pubblico è parte integrante del divertimento, ha un vero e proprio ruolo attivo.
Oggi (con l'approvazione del D.Lgs. n. 60/1999) è solo l'intrattenimento, come sopra inteso, ad essere rilevante ai fini della “tassazione del divertimento”, perché solo le attività ad esso collegate sono assoggettate all'imposta disciplinata dal d.P.R. n. 640/1972, che difatti è stata rinominata, nel 1999, “imposta sugli intrattenimenti” (I.S.I.), ed è “concorrente” rispetto all'applicazione dell'IVA.
L'impianto sanzionatorio nell'originaria versione del d.P.R. n. 640/1972
Il d.P.R. n. 640/1972 conteneva, al proprio interno, tutta la disciplina sanzionatoria per le violazioni commesse in materia di imposta sugli spettacoli (oggi, come detto, imposta sugli intrattenimenti).
Si trattava dell'intero titolo IV, composto dagli artt. dal 32 al 37. L'originaria formulazione teneva conto dell'allora struttura dell'imposta, che tassava tutte le attività di natura spettacolistica contenute nella Tabella allegata al d.P.R. n. 640/1972.
L'art. 32, di apertura del titolo IV, prevedeva una pena pecuniaria (“da due a quattro volte l'imposta ed i tributi connessi evasi”) per il mancato e ritardato pagamento dell'imposta, da applicare a violazione conclamata, cioè una volta accertata la violazione; al secondo comma era prevista, in luogo della pena pecuniaria, una soprattassa pari al 10% dell'imposta dovuta, qualora questa venisse corrisposta prima dell'accertamento della violazione.
Il successivo art. 33, rubricato “Violazioni varie”, stabiliva una pena pecuniaria per una serie di violazioni commesse in materia di accertamento e riscossione (l'allora titolo II del d.P.R. n. 640), quale, per esempio, l'emissione di un biglietto o di un abbonamento senza punzonatura, mancata, irregolare o infedele tenuta dei registri di carico e scarico etc. etc.
L'art. 34 puniva con pena pecuniaria la vendita di biglietti gratuiti e l'art. 36 prevedeva la possibilità di chiusura del locale nel caso di recidiva nelle violazioni previste dalle precedenti disposizioni. L'art. 35, d.P.R. n. 640/1972 si limitava a prevedere una pena pecuniaria per quelle violazioni per le quali non era prevista una specifica sanzione ad opera del d.P.R. 640 stesso.
Norma di chiusura del titolo IV era l'art. 37, recante la disciplina dell'accertamento delle violazioni, da effettuare nel rispetto e nel solco delle disposizioni previste dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4.
La grande riforma sanzionatoria del 1997: il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473
La prima modifica intervenuta nell'apparato sanzionatorio è stata operata dall'art. 7, D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, rubricato “Sanzioni in materia di imposte sugli spettacoli”.
La novella ha completamente riscritto gli artt. 32 e 33, d.P.R. n. 640/1972, ed ha abrogato gli artt. 34, 35, 36 e 37. Nella relazione ministeriale allo schema del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473 si leggeva che “Per ciò che concerne l'imposta… sugli spettacoli … si è provveduto a riordinare le violazioni avuto riguardo alla loro gravitàe pericolositàe si è teso ad uniformare, per logica conseguenza, l'entità delle sanzioni. Tenuto conto, poi, della regola espressa nell'art. 12 sui principi, sono state elevate le misure massime delle sanzioni relative a violazioni che più frequentemente possano concretizzare ipotesi di “continuazione”.
L'art. 32, sotto la rubrica “Mancato e ritardato pagamento dell'imposta”, prevedeva la rigida sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell'imposta, della maggiore imposta e dei “tributi connessi” evasi, nel caso di:
i)mancato pagamento dell'imposta;
ii) mancata o infedele compilazione della distinta d'incasso;
iii) mancata o infedele contabilizzazione dei proventi;
iv) omessa presentazione della dichiarazione di cui all'articolo 13 (cioè di quella apposita dichiarazione degli introiti, effettivamente conseguiti e da assoggettare ad imposizione, da presentare quando non fosse possibile l'accertamento a mezzo distinta).
L'art. 33, che aveva già subito degli inasprimenti di pena (innalzamento dei minimi e massimi edittali) ad opera degli art. 114, c. 2, L. n. 689/1981 e art. 8, c. 1, D.L. n. 332/1989, sotto la medesima rubrica, rimase sostanzialmente invariato, eccezion fatta per l'avvenuta abrogazione delle condotte di “mancata o infedele compilazione della distinta d'incasso e per la contabilizzazione dei proventi o della dichiarazione dell'ammontare di quote associative” (ex lett. e)) e di “omessa presentazione della dichiarazione di cui all'art. 13” (ex lett. f)).
Per completezza si segnala che l'art. 4, comma 2, D.lgs. 5 giugno 1998, n. 203, è intervenuto a sua volta in seno all'art. 32 (con la lett. a)) e all'art. 33 (con la lett. b)), per apportare delle minimali correzioni.
L'intervento del legislatore ad opera del D.Lgs. 30 marzo 2000, n. 99 e il neo introdotto D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158
Dopo l'approvazione del D.lgs. n. 473/1997, il legislatore è nuovamente intervenuto sulle sanzioni in esame a causa delle modifiche intervenute, col D.lgs. n. 60/1999, in seno al d.P.R. n. 640/1972. Con l'art. 3, comma 1, lett. a), D.lgs. n. 99/2000, è stato novellato direttamente l'art. 7, D.lgs. n. 473/1997, al fine di adattare il sistema sanzionatorio alle novità introdotte dal D.lgs. n. 60/1999.
In particolare, l'art. 3, comma 1, lettera a), del D.lgs. n. 99/2000 ha sostituito l'art. 7 del D.lgs. n. 473/1997, riguardante le sanzioni in materia di imposta sugli spettacoli, riformulando conseguentemente gli articoli 32 e 33 del d.P.R. n. 640/1972.
Da ultimo, il testo del d.P.R. n. 640/1972 è stato modificato dal D.lgs. 24 settembre 2015, n. 158
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partorito in seguito all'approvazione della Legge Delega n. 23/2014 – il cui art. 13 prevedeva che “Il Governo è delegato … ad introdurre, con i decreti legislativi … norme per la revisione … delle imposte sulle concessioni governative, sulle assicurazioni e sugli intrattenimenti, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) semplificazione degli adempimenti e razionalizzazione delle aliquote;
b) accorpamento o soppressione di fattispecie particolari;
c) coordinamento con le disposizioni attuative della legge 5 maggio 2009, n. 42(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ndr)”.
L'art. 32, D.Lgs. n. 158/2015, prevedeva tra l'altro un particolare regime transitorio, a mente del quale le modifiche in materia di sanzioni amministrative sarebbero state applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2017; la norma è stata, tuttavia, modificata dall'art. 1, c. 133, Legge 28 dicembre 2015, n. 208, che ha anticipato l'entrata in vigore delle nuove disposizioni al 1° gennaio 2016.
Le violazioni previste dall'art. 32, d.P.R. n. 640/1972, nella vigente formulazione
L'articolo 32, d.P.R. n. 640/1972 (rubricato “Sanzioni amministrative per violazioni concernenti la fatturazione e l'annotazione delle operazioni, nonché la presentazione della dichiarazione e il rilascio di titoli di accesso”), disciplina le sanzioni amministrative relative alle violazioni concernenti la fatturazione, l'annotazione delle operazioni, nonché la presentazione della dichiarazione ed il rilascio dei titoli di accesso.
Il primo comma prevede una sanzione compresa fra il cento e il duecento per cento dell'imposta relativa all'imponibile non documentato o registrato, da applicare nei casi di omessa fatturazione o di annotazione delle operazioni concernenti le prestazioni pubblicitarie, quelle di sponsorizzazione e le cessioni o concessioni di diritti radiotelevisivi, connesse all'attività di intrattenimento. La sanzione, in questo caso, non può comunque essere inferiore ad € 500.
La stessa conseguenza punitiva prevista nel primo periodo del primo comma si applica anche nei confronti di colui che evidenzi, nella documentazione o registrazione, un'imposta inferiore a quella dovuta.
L'art. 89, D.Lgs. n. 507/1999 aveva depenalizzato la condotta di “inosservanza dell'ordine di chiusura”, prevista dall'art. 36, c. 2, d.P.R. n. 640/1972 (nella versione vigente ratione temporis); anche in virtù di ciò, con la novella del 2000 non venne riproposta la sanzione accessoria della chiusura dei locali (prevista dal comma 2 del precedente art. 32).
Di particolare interesse è la previsione normativa introdotta, nell'ultima parte del primo comma in commento, dal D.lgs. n. 158/2015, relativa alla mitigazione della pena nel caso in cui “la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo”.
Trattandosi di violazione formale, in luogo della sanzione dal 100 al 200 per cento, si applicherà la sanzione in misura fissa, con una cornice edittale fissata tra € 250 ed € 2.000.
Il comma 2, modificato anch'esso nel 2015, prevede una sanzione compresa fra il cento e il duecento per cento dell'imposta o della maggiore imposta dovuta- con un minimo di € 250 – nel caso di omessa presentazione della dichiarazione prescritta dagli artt. 2 e 3 del d.P.R. 30 dicembre 1999, n. 544, o per la presentazione della stessa con indicazione di importi inferiori a quelli reali.
Ancora in ottica di favor rei, il legislatore ha riscritto l'ultimo periodo del comma secondo, prevedendo una sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento dell'ammontare dell'imposta – con un minimo di 150 € – quando la dichiarazione di cui all'articolo 2 e quella di cui all'articolo 3 sopra richiamate, da presentarsi, rispettivamente, entro dieci giorni dalla fine di ciascun anno sociale, ed entro il quinto giorno successivo al termine della data della manifestazione, sono presentate con un ritardo non superiore a trenta giorni.
Infine, nell'ottica di “accorpamento o soppressione di fattispecie particolari”, è stata abrogata la previsione dell'omessa presentazione, da parte di soggetti non esercenti attività d'impresa e che organizzano in modo occasionale attività di intrattenimento, della dichiarazione recante gli elementi identificativi dei soggetti e l'indicazione dei corrispettivi percepiti.
Ai sensi di quanto disposto dal comma 3, si applica una sanzione pari al cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non documentato, con un minimo di € 500, nei casi di mancato rilascio dei titoli di accesso o dei documenti di certificazione dei corrispettivi, ovvero per l'emissione degli stessi per importi inferiori a quelli reali.
Alla stessa pena soggiace chi ometta le annotazioni sull'apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali.
Le violazioni previste dall'art. 33, d.P.R. n. 640/1972 nella vigente formulazione
L'articolo 33, nella versione attualmente in vigore, disciplina le sanzioni applicabili nei confronti di chi organizza attività di intrattenimento, per una serie di violazioni commesse nell'ambito della loro attività.
Il comma 1 prevede una sanzione compresa tra € 250 ed € 1.000 per le seguenti violazioni:
a) l'irregolare certificazione dei corrispettivi;
b) la mancata o irregolare tenuta o conservazione dei registri e dei documenti obbligatori;
c) l'omessa comunicazione degli intermediari incaricati della vendita dei titoli di accesso;
d) la mancata emissione del documento riepilogativo degli incassi;
e) l'omessa o infedele dichiarazione di effettuazione di attività;
f) la mancata o irregolare compilazione delle distinte di contabilizzazione dei proventi delle case da gioco;
g) l'omessa o infedele fornitura dei dati di cui all'art. 74-quater, comma 6, d.P.R. n. 633/1972;
h) l'omessa o infedele comunicazione del numero e degli importi degli abbonamenti al concessionario di cui all'art. 17, d.P.R. n. 640/1972, o all'ufficio delle entrate competente.
Il comma 2 stabilisce, per l'omessa installazione degli apparecchi fiscali (misuratori fiscali o biglietterie automatizzate), una sanzione compresa tra lire due milioni e lire otto milioni (si noti che, per quanto riguarda l'art. 30, comma 2, lett. a), D.lgs. n. 158/2015, preveda il cambio da Lire in euro dei soli importi previsti nel comma 1 dell'art. 33, d.P.R. n. 640/1972, si ritiene che gli importi indicati debbano considerarsi in euro secondo le vigenti disposizioni di legge in tema di cambi).
Nel caso di guasto o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali, la mancata tempestiva richiesta di intervento di manutenzione è punita, al comma 3, con una sanzione amministrativa compresa tra lire cinquecentomila e lire quattro milioni (valga quanto detto sopra sul cambio).
Un'importante innovazione prevista dalla riforma del 1997 fu quella introdotta nel comma 4 dell'art. 33. Detta disposizione, diretta al destinatario del titolo di accesso o del documento di certificazione dei corrispettivi, puniva il partecipante o spettatore che, nei luoghi di svolgimento della manifestazione o in quelli immediatamente adiacenti, a richiesta degli organi accertatori, non esibiva tali documenti o li produceva con indicazione di corrispettivi inferiori ai reali; in tali ipotesi, si applicava una sanzione compresa tra lire centomila e lire due milioni.
La predetta norma è stata abrogata dall'art. 30, comma 2, lett. b), D.lgs. n. 158/2015.
Il concorso di violazioni e la disciplina dell'illecito continuato
Particolare interesse suscita l'applicabilità dell'illecito continuato, soprattutto per la posizione espressa, sul punto, dall'Amministrazione finanziaria. Per comprendere la questione si ricorda, brevemente, che il concorso formale e la continuazione sono disciplinati dall'art. 12, comma 1 e 2, D.lgs. n. 472/1997.
Si ha concorso formale omogeneo quando ricorrono più violazioni realizzate con una sola azione od omissione; si ha concorso formale eterogeneo quando, con una sola azione od omissione, si realizzano diverse violazioni (nel concorso formale è comunque indispensabile che il soggetto tenga un'unica condotta).
Si ha concorso materiale quando le violazioni, realizzate con più azioni od omissioni, sono distinte tra loro. Infine, ricorre l'ipotesi di continuazione quando un soggetto commette, anche in tempi diversi, più violazioni tra loro collegate.
Il trattamento sanzionatorio è puntualmente disciplinato dallo stesso art. 12, D.lgs. n. 472/1997, e si articola nel seguente modo: nel caso di concorso formale, si applica la sanzione per la violazione più grave aumentata da un quarto al doppio (comma 1); se siamo di fronte a periodi d'imposta diversi, la sanzione base (calcolata in base al comma 1) è aumentata dalla metà al triplo (comma 5); di fronte a violazioni rilevanti per diversi tributi, la sanzione base deve essere, a sua volta, aumentata di un quinto (comma 3).
Diversa è la reazione punitiva che l'ordinamento appresta nei casi di concorso materiale; invero, le mitigazioni sanzionatorie esaminate sono rimesse alle sole ipotesi di violazioni “formali”, perché le violazioni “sostanziali”, per essere mitigate nell'ottica del favor rei, devono essere commesse tra loro “in progressione”.
Così brevemente ricostruiti gli istituti di riferimento occorre riportare, come anticipato, la posizione espressa dall'Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 211/E del 14 dicembre 2001.
Il documento di prassi fornisce chiarimenti in ordine alle modalità di calcolo delle sanzioni applicabili nei casi di mancato rilascio dei titoli di accesso, dei documenti di certificazione dei corrispettivi o per l'emissione degli stessi per importi inferiori a quelli reali, distinguendo:
a) i casi di violazioni in materia di IVA sugli spettacoli (sanzionati dall'art. 6, comma 3 e 4, D.lgs. n. 471/1997);
b) i casi relativi all'imposta sugli intrattenimenti (la cui sanzione di riferimento è contenuta nell'art. 32, comma 3, d.P.R. n. 640/1972).
Fornendo un'interpretazione restrittiva dell'ambito di operatività dell'illecito continuato, l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto che solo “nel campo dell'IVA sugli spettacoli le violazioni degli obblighi relativi alla documentazione (mancato rilascio di fatture, ricevute, scontrini, eccetera) … possono essere considerate funzionali o prodromiche rispetto a quelle di omessa o infedele dichiarazione annuale e, pertanto, realizzando con queste ultime la fattispecie della progressione, devono essere cumulati giuridicamente ai sensi dell'art. 12, comma 2, del D.lgs. n. 472/1997”.
Per contro, nell'ambito dell'I.S.I, l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto non ipotizzabile una fattispecie di illecito continuato: “Diversamente avviene per l'imposta sugli intrattenimenti (e connessa IVA forfetaria) nell'ambito della quale non è dato distinguere tra violazione prodromica e violazione finale e non è quindi configurabile la nozione di progressione (nella quale le violazioni più lievi rimangono "assorbite" da quella più grave)”.
Come si nota, per l'Imposta sugli Intrattenimenti, l'Amministrazione ritiene che si debba applicare l'art. 12, c. 1, D.lgs. n. 472/1997, il quale limita la possibilità del cumulo giuridico alle sole ipotesi di più violazioni “formali”.
Ne segue che, considerando il mancato rilascio del titolo di accesso-violazione di carattere “sostanziale”, l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che “la sanzione irrogabile in presenza di più violazioni deve necessariamente essere commisurata all'imposta corrispondente all'importo non documentato per tutti i titoli non rilasciati (cosiddetto cumulo materiale)”.
Conclusioni
Da un lato, la riforma del 1997 ha sicuramente modernizzato l'apparato sanzionatorio nell'imposta de qua, abolendo la soprattassa e tipizzando maggiormente le condotte illecite (si pensi all'abrogazione dell'art. 35, d.P.R. n. 640/1972, rubricato come l'art. 33, e cioè anch'esso “Altre violazioni”, che prevedeva una pena pecuniaria “Per le violazioni alle norme del presente decreto per le quali non sia prevista una specifica sanzione”).
Dall'altro lato, anche lo spirito della Legge Delega n. 23/2014 sembra possa dirsi rispettato, perché risultano, come detto, accorpate alcune fattispecie particolari e sicuramente il legislatore si è mosso in ottica di favor rei, “modernizzando” l'intero impianto sanzionatorio.
Ciò che pare debba essere rivista, oggi, è la posizione espressa dall'Amministrazione circa l'illecito continuato, soprattutto in virtù delle indicazioni che hanno accompagnato l'entrata in vigore del D.lgs. n. 473/1997. Ciò che si vuol dire è che sembra possibile l'applicazione dell'illecito continuato anche in caso di più mancati rilasci di titoli di accesso ai fini dell'I.S.I.
Le argomentazioni in tal senso sono molteplici.
In primis, rispetto alla formulazione dell'art. 32, c. 3, d.P.R. n. 640/1972, vigente nel 2001 (cioè quando si sono espresse le Entrate), l'art. 30, c. 1, lett. c), D.lgs. n. 158/2015, ha introdotto una sanzione minima irrogabile nei casi di mancato rilascio di titoli di accessoetc, pari ad € 500,00. L'argomentazione non può che deporre a favore della tesi espressa, perché la previsione dell'irrogazione di una sanzione, seppur minimale, garantisce la funzione afflittiva della pena.
Inoltre si ricorda che, nell'ordinamento tributario, il criterio di collegamento tra le varie violazioni deve avere carattere oggettivo e deve improntare le condotte dell'agente al pregiudizio, quanto meno potenziale, alla determinazione della base imponibile, ovvero alla liquidazione anche periodica del tributo; ancora, a sostegno della tesi espressa, si evidenzia che nel diritto tributario sono residuali le ipotesi in cui le violazioni non pregiudichino – o tendano a pregiudicare – la determinazione dell'imponibile o la liquidazione periodica dei tributi. Del resto, se il criterio per stabilire un collegamento tra le varie violazioni deve tenere conto di circostanze in fatto concrete, se si deve cioè mettere l'accento non sull'elemento psicologico dell'agente, ma sull'obiettiva convergenza di più condotte volte ad evadere il tributo, allora pare che si possa applicare, anche nei casi di cui all'art. 32, c. 3, d.P.R. n. 640/1972, l'istituto della continuazione previsto dall'art. 12, c. 2, D.lgs. n. 472/1997.