Trust, se il giudice non spiega i fini la sentenza è annullabile

La Redazione
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26 Luglio 2017

Con la sentenza n. 36801/2017, la Cassazione ha accolto il ricorso di un contribuente che aveva messo in piedi, secondo l'accusa, un trust servendosi di una “testa di legno”.

Il negozio del trust può talvolta essere costituito a fini simulatori, restando concretamente al disponente la disponibilità dei beni affidati sulla carta al Trustee. Il caso esaminato dalla Suprema Corte con la sentenza del 25 luglio 2017, n. 36801 rientra proprio in questa casistica.

L'imputato era accusato di aver costituito nel trust i beni di sua proprietà, restandone comunque “dominus”: la moglie era stata nominata trustee per aggirare il pagamento di 126mila euro di IRPEF ed IVA; quindi, nel trust era confluita anche l'abitazione dell'indagato. Secondo la Corte d'Appello, in sostanza, il trust aveva natura fraudolenta (tecnicamente, si trattava di uno “sham trust”, un trust simulato ricorrendo ad un trustee “testa di legno”). Per i giudici di merito, era evidente che il vero “dominus” del trust fosse il disponente-imputato, che faceva anche parte dei beneficiari. Per la Corte d'Appello, “lo strumento del trust era stato utilizzato dall'imputato fraudolentemente, ossia al principale fine di impedire la riscossione coattiva del suo ingente debito tributario e non invece per disciplinare i diritti successori dei figli, per la regolamentazione dei quali potevano essere utilizzati altri strumenti”. Altro motivo a sostegno della decisione di merito, la possibilità che il disponente si era riservato di revocare e/o sostituire il trustee e nominarne uno nuovo, neutralizzando così i poteri di gestione conferiti al trustee.

Tuttavia, secondo il ricorrente, la sentenza di merito non aveva spiegato “in forza di quale normativa e/o ragionamento logico deduttivo (i) il disponente non avrebbe potuto fare parte dei beneficiari del trust; (ii) la famiglia della coppia privata della possibilità di abitare il bene del trust o (iii) perché sarebbe stato necessario corrispondere (a chi?) un canone di locazione”. Ed effettivamente, la Cassazione ha osservato che sul PM grava l'onere probatorio di dimostrare l'accusa, “fermo restando che essa non può rimanere circoscritta ad elementi di rilevanza meramente oggettiva”. E la Corte di merito aveva effettivamente valorizzato una serie di elementi di indubbio spessore indiziario circa la natura simulatoria del trust, ma non aveva spiegato se il trust “potesse essere stato concepito per perseguire la finalità di parificare i diritti ereditari dei figli del ricorrente, indipendentemente dal fatto che il disponente avesse potuto ricorrere ad altri strumenti negoziali per realizzare il medesimo fine”. Il motivo di ricorso, sotto questo aspetto, non è parso infondato ai giudici della Suprema Corte; e, se si aggiunge che nel mentre è maturata la prescrizione del reato, non è stato possibile rinviare la causa al giudice di merito, ottenendo così l'annullamento della sentenza impugnata.