Crediti erariali e termini di prescrizione

Francesco Brandi
28 Luglio 2017

Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali del 2016, in particolare della sentenza cass. civ. SS.UU. n. 23397/2016, si chiede se sia possibile prevedere una prescrizione quinquennale dei tributi IVA - IRPEF - ILOR.

Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali del 2016, in particolare della sentenza cass. civ. SS.UU. n. 23397/2016, si chiede se sia possibile prevedere una prescrizione quinquennale dei tributi IVA - IRPEF - ILOR.

La questione chiarita dalla Sezioni Unite con la sentenza 23397 del 2016 è se la decorrenza del termine - pacificamente perentorio - per fare opposizione a cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (ma il discorso vale per qualsiasi atto di riscossione di natura e formazione amministrativa), pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produca soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito oppure determini anche l'effetto di rendere applicabile l'art. 2953 cod. civ. ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve (quinquennale secondo la specifica ipotesi di cui all'art. 3, commi 9 e 10, della Legge n. 335/1995) in quello decennale prescritto per l'actio iudicati.

In particolare, dall'ordinanza di rimessione della Sesta Sezione civile n. 1799/2016, occorreva valutare se la prescrizione breve (5 anni) “sia applicabile anche nelle ipotesi in cui la definitività dell'accertamento del credito derivi da atti diversi rispetto ad una sentenza passata in giudicato”, come, ad esempio, dalla mancata impugnazione nei termini del provvedimento amministrativo.

La Corte ha aderito all'orientamento maggioritario e di origine più remota secondo cui in base all'art. 2953 cod. civ. si può verificare la conversione della prescrizione da breve a decennale soltanto per effetto di sentenza passata in giudicato, oppure di decreto ingiuntivo che abbia acquisito efficacia di giudicato formale e sostanziale (vedi, per tutte: Cass. civ., 24 marzo 2006, n. 6628; Cass. civ., 27 gennaio 2014, n. 1650; Cass. civ., 29 febbraio 2016, n. 3987) o anche di decreto o di sentenza penale di condanna divenuti definitivi (ove si tratti di fattispecie anche penalmente rilevanti). In particolare per la riscossione coattiva dei crediti la suddetta norma è considerata applicabile esclusivamente quando il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l'atto amministrativo, ma un provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo.

Le Sezioni Unite, in sostanza, hanno semplicemente stabilito che il termine decennale di cui all'art. 2953 si applica solo in presenza di una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato, nulla dicendo sulla prescrizione della riscossione dei vari crediti di cui sono titolari gli organi della pubblica amministrazione, contributivi piuttosto che relativi ad imposte o sanzioni. La prescrizione di tali crediti segue quindi regole autonome.

Ad esempio per i crediti contributivi di cui di cui all'art. 3, commi 9 e 10, della Legge n. 335/1995 la prescrizione quinquennale è prevista dalla legge, così come quella per le sanzioni tributarie ai sensi dell'art. 20 del D.Lgs. n. 472/1997.

A quest'ultimo riguardo, nella sentenza di queste Sezioni Unite 10 dicembre 2009, n. 25790 - nella quale si trattava di stabilire se l'art. 2953 cod. civ. potesse trovare applicazione soltanto in caso di sentenza passata in giudicato pronunciata in giudizi aventi ad oggetto l'obbligazione tributaria o anche in presenza di giudicato su ricorsi avverso provvedimenti di irrogazione di sanzioni tributarie amministrative - è stato affermato che "il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta actio judicati, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall'art. 20 del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario".

L'unitarietà di cui parla tale sentenza sembrerebbe far propendere per la prescrizione quinquennale anche dei tributi.

In realtà tale questione è ancora lungi dall'essere stata chiarita; anzi è forte l'orientamento secondo cui per le cartelle esattoriali originate da crediti erariali (IRPEF, IVA, IRAP) vale il termine lungo di dieci anni, in mancanza di altra disposizione speciale (Cass. civ., 15 giugno 2011, n. 13080 ove si afferma che “in tema di IVA, il credito erariale per la riscossione dell'imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 2948 c.c., n. 4 ‘per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi', bensì all'ordinario termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 cod. civ. in quanto la prestazione tributaria, attesa l'autonomia dei singoli periodi d'imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi”. Pertanto l'attività dell'Agente della riscossione è soggetta esclusivamente al termine ordinario di prescrizione con la conseguenza che una volta notificata la cartella di pagamento è possibile attivare le procedure di riscossione coattiva entro dieci anni dalla data di notifica della cartella stessa.

In altri termini, secondo tale orientamento, data l'autonomia dei singoli periodi di imposta, i tributi periodici non si prescrivono nel termine, quinquennale, di cui all'art. 2948 n. 4 c.c., ma in quello ordinario decennale di cui all'art. 2946 c.c.

Anche su questo aspetto si attende comunque un definitivo chiarimento delle Sezioni Unite.