Applicabile l'esenzione IVA anche in caso di omessa annotazione nell'elenco INTRASTAT

La Redazione
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30 Novembre 2015

La Suprema Corte, con la sentenza n. 23763/2015, afferma che, ai fini del riconoscimento della non imponibilità ai fini IVA delle cessioni intracomunitarie, la fattura può non indicare il codice identificativo del cessionario e l'operazione può non essere inclusa nel modello Intrastat, se l'operatore prova tutti i requisiti sostanziali della normativa di settore.

Con la pronuncia n. 23763/2015, depositata il 20 novembre, la Corte di Cassazione ha ritenuto che correttamente, nel caso a lei sottoposto, la sentenza impugnata ha applicato a fronte della dimostrazione con documentazione fiscale ineccepibile, il regime di esenzione IVA ancorché la fattura, per essere intestata ad un operatore extra UE, fosse priva di codice identificativo e l'operazione non fosse stata annotata nell'elenco riepilogativo Intrastat, risultando assorbente rispetto alle riscontrate lacune la circostanza, ritenuta provata in appello, che la cessione avesse avuto effettivamente luogo e che destinatario di essa fosse un operatore comunitario.

Con avviso di accertamento l'Agenzia delle Entrate rettificava le dichiarazioni IVA, IRPEG ed IRAP di una società, recuperando a tassazione operazioni non imponibili consistenti nelle prestazioni di beni in favore di un operatore extracomunitario con rappresentante fiscale domiciliato nella comunità – che nella specie erano state fatturate senza indicare il codice identificativo del cessionario e senza che l'operazione fosse inclusa nel modello Intrastat – nonché i compensi erogati dalla contribuente ai propri amministratori. La decisione di primo grado – che aveva accolto il ricorso in ordine alle operazioni assoggettate dalla parte al regime di non imponibilità ed aveva invece confermato la legittimità della ripresa in punto di compensi – veniva appellata dalle parti davanti alla CTR territorialmente competente che respingeva l'appello dell'Ufficio ed accoglieva quello di parte.

Nell'esaminare il gravame proposto dall'Agenzia soccombente e ritenendosi d'accordo con la decisione della Corte d'appello, i Giudici di legittimità ricordano che «ai fini del riconoscimento della non imponibilità ai fini IVA delle cessioni intracomunitarie, la procedura del codice identificativo del cessionario non può determinare, se mancante, il venir meno della possibilità di inquadrare la cessione nell'ambito di quelle intracomunitarie, allorché l'operatore provi in modo rigoroso tutti i requisiti sostanziali della normativa di settore» (cfr. Cass. civ., n. 9472/15; id. n. 8561/15; n. 17254/14). E ancora, con riferimento alla non diversa ipotesi dell'indicazione nel modello Intrastat di una partita IVA cessata, i Giudici ricordano che «le cessioni intracomunitarie sono effettuate, ex art. 50, commi 1 e 2, D.lgs. n. 331/1993, convertito dalla L. n. 427/1993 – così consentendo il pagamento dell'imposta nel solo Stato dell'Unione Europea nell'ambito del quale il bene è destinato al consumo – anche nel caso in cui negli elenchi riepilogativi che gli operatori intracomunitari sono tenuti a compilare ai sensi dell'art. 50, co. 6 del citato D.lgs. venga riportata una partita IVA del corrispondente comunitario cessata, atteso che una siffatta indicazione non è sanzionata dalla legge e che, diversamente, l'operazione verrebbe sottoposta ad una doppia imposizione (nel paese di origine dei beni ed in quello di destinazione degli stessi)».