Andrea Marchegiani
05 Ottobre 2016

L'anatocismo è quel fenomeno per il quale gli interessi maturati nel conto corrente bancario vengono addebitati nel conto medesimo, divenendo una somma sulla quale successivamente maturano ulteriori interessi. Per questo motivo è una delle più diffuse problematiche tra la banca e i propri clienti. L'anatocismo bancario è stato ritenuto illegittimo dalla Corte di Cassazione dal 1999, ma è stato successivamente autorizzato per legge a determinate condizioni: in particolare la delibera CICR del 9 febbraio 2000 ha fissato il principio per cui sono valide le pattuizioni del contratto bancario che prevedano l'anatocismo purché vi sia la stessa periodicità nella capitalizzazione degli interessi attivi e quelli passivi.
Inquadramento

L'anatocismo è la situazione nella quale gli interessi maturano non - come vuole la regola generale - sul solo capitale dovuto, ma anche sugli interessi precedentemente maturati.

L'art. 1283 c.c. vieta l'anatocismo per ogni rapporto, non solo per quelli bancari.

Gli interessi possono maturare su altri interessi, salvo usi contrari, solo dal giorno della domanda giudiziale o come conseguenza di un accordo successivo alla scadenza di tali interessi, e purché si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.

In mancanza dell'accordo o della domanda, ad esempio in un rapporto di conto corrente bancario che prosegue senza problemi, gli interessi vanno calcolati solo sul capitale scaduto.

Anatocismo bancario

Il problema dell'anatocismo bancario si è posto perché nei rapporti bancari, e soprattutto nei conti correnti, almeno fino al 1999, le banche stesse e la giurisprudenza ritenevano che in tali rapporti vi fosse un uso normativo che consentisse un'eccezione alla regola generale fissata dall'art. 1283 c.c.

L'anatocismo è infatti vietato salvo il caso in cui si ritiene sussistente in ambito bancario un tale uso di capitalizzare gli interessi nei conti correnti o negli altri rapporti contrattuali.

Il problema del cambio di orientamento giurisprudenziale ha fatto si che quel comportamento prima ritenuto un uso che consentiva l'anatocismo bancario, dal 1999 in poi è stato ritenuto una pratica scorretta e posta in essere in violazione della regola generale fissata dall'art. 1283 c.c.

Di conseguenza i conti correnti bancari, anche per i periodi precedenti a tale cambio di orientamento, avevano in definitiva un saldo di conto non corrispondente a quello correttamente calcolato.

Primi tentativi di aggiornamento della disciplina: il D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 342

Il decreto in oggetto interviene sull'evidente impatto del cambio di orientamento della giurisprudenza anche sui rapporti precedenti. Esso infatti:

  • da un lato, prevede, all'art. 25 (che innova l'art. 120 del Testo Unico Bancario), la possibilità di un anatocismo da parte dei contratti futuri.

Il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, in qualità di organo delegato, “stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori".

Esso, con la delibera del 9 febbraio 2000, fissa il principio per cui i contratti bancari di conto corrente possono prevedere l'Anatocismo Bancario a condizione che contengano il principio per il quale vi sia la stessa periodicità di capitalizzazione per gli interessi attivi e passivi.

In passato infatti gli interessi attivi si capitalizzavano con cadenza annuale, e quelli passivi con cadenza trimestrale.

  • dall'altro, sana la situazione previgente, cioè quella dei contrati conclusi prima della delibera CICR del 9 febbraio 2000.

Sempre l'art. 25 prevede infatti che "le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità e i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente".

Il principio era quindi quello per cui la capitalizzazione intervenuta prima della delibera CICR veniva sanata, mentre per il futuro i contratti stipulati precedentemente a tale intervento potessero continuare ad applicare l'anatocismo bancario purché ciò avvenisse conformemente alle condizioni fissate dalla delibera stessa. Su tale ultima parte dell'intervento normativo è però intervenuta la Corte Costituzionale, che con sentenza 17 ottobre 2000 n. 425 ha dichiarato l'incostituzionalità per eccesso di delega di tale previsione di sanatoria.

Ciò che resta applicabile di questa modifica è quindi il principio per cui i contratti bancari stipulati successivamente all'entrata in vigore della delibera CICR possono legittimamente prevedere la capitalizzazione degli interessi (e, dunque, l'anatocismo) purché tale capitalizzazione avvenga con la stessa periodicità per gli interessi attivi e passivi.

Per i contratti precedenti, invece, il problema dell'anatocismo bancario continua a porsi: in modo indiscutibile per gli interessi capitalizzati prima dell'intervento legislativo e della delibera CICR e in modo più problematico per quelli successivi, per i quali a certe condizioni è immaginabile comunque una validità dell'anatocismo bancario (si pensi all'ipotesi di sottoscrizione dopo il 2000 di nuove condizioni contrattuali o di altre pattuizioni che prevedano l'anatocismo).

Conto corrente e anatocismo bancario

In evidenza: conto corrente e anatocismo bancario

Una delle problematiche più diffuse nei contenziosi di Anatocismo Bancario riguarda la possibilità di considerare valida la capitalizzazione trimestrale degli interessi per i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 laddove la banca si sia adeguata a tale delibera, introducendo appunto l'anatocismo.

Generalmente, le cause di anatocismo bancario coinvolgono solo i contratti di conto corrente anteriori alla delibera CICR, mentre per quelli successivi le banche possono prevedere l'anatocismo bancario purché quello attivo e quello passivo abbiano la stessa periodicità.

Il problema è rappresentato dal fatto che ci sono molte sentenze contrastanti sulla possibilità e sulle condizioni per le quali considerare valida una nuova previsione di anatocismo bancario da parte della banca relativamente ai contratti di conto corrente stipulati prima dell'entrata in vigore della delibera CICR.

La Delibera CICR 9 febbraio 2000

La delibera CICR del 9 febbraio 2000, entrata in vigore il 22 aprile 2000, ha previsto che i contratti successivi possono contenere l'anatocismo bancario a condizione che: “nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità" e che “nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori”.

Per i contratti preesistenti la stessa delibera ha stabilito che: “le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1° luglio”.


Ciò significa che la capitalizzazione degli interessi, purché con la stessa periodicità per attivo e passivo, può valere non solo per i nuovi contratti ma anche per quelli anteriori, ma a condizione che “qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30/6/2000, possono provvedere all'adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile, e, comunque, entro il 30 dicembre 2000. Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”.


Praticamente, la modalità di intervento sui contratti di conto corrente preesistenti è diversa a seconda che l'intervento:

  • non comporti un peggioramento delle condizioni preesistenti (è sufficiente allora la pubblicazione da parte della banca in Gazzetta Ufficiale, con successiva comunicazione al cliente);
  • comporti un peggioramento delle condizioni preesistenti (si richiede allora l'approvazione del cliente).

Adeguamento senza accettazione del cliente

Nel primo caso, con la mera pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la banca poteva variare la vecchia capitalizzazione (annuale per gli interessi attivi e trimestrale per quelli passivi) in una più favorevole al cliente, cioè trimestrale in entrambi i casi.
Si trattava, in teoria, di una variazione migliorativa, non richiedente quindi l'accettazione del cliente, e anche il Tribunale di Treviso con Ordinanza 16 maggio 2009 si era espresso in questo senso.
Recentemente, anche il Tribunale di Venezia (in una causa della soppressa sezione distaccata di San Donà di Piave) con sentenza 9 aprile 2014, n. 783 si è espresso in questo senso, nonostante oggi tale tesi sia minoritaria.

Adeguamento con accettazione del cliente

L'interpretazione della previsione maggiormente seguita, essendo nulla la clausola di capitalizzazione degli interessi prima esistente, è quella per cui l'introduzione della capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi è peggiorativa rispetto alle condizioni preesistenti.
Il Tribunale di Treviso, Sezione distaccata di Montebelluna, 10 giugno 2013, n. 110 ha infatti stabilito che “la capitalizzazione trimestrale degli interessi per i contratti di conto corrente stipulati in data anteriore all'entrata in vigore della delibera CICR 09 febbraio 2000 non è legittima neppure nel caso in cui la Banca abbia rispettato le prescrizioni di cui all'art. 7) della stessa delibera CICR, vale a dire la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e la rituale comunicazione per iscritto alla clientela entro il 31 dicembre 2000, giacché la stessa delibera postula anche che le nuove condizioni non comportino un peggioramento rispetto a quelle precedenti, mentre il peggioramento è in re ipsa nel passaggio da un anatocismo non dovuto, perché nullo, ad un anatocismo valido”.

In evidenza: l'impostazione del Tribunale di Venezia

Il Tribunale rileva che l'art. 7 della delibera CICR (che prevede una “sanatoria” con adeguamento delle vecchie clausole anatocistiche contenute nei contratti stipulati prima del 22 aprile 2000, data di entrata in vigore della delibera) era stato emesso in attuazione del comma 3 dell'art. 25 D.lgs. 342/1999, che prevedeva: “le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati contenuti nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui comma 2 sono valide ed efficaci fino a tale data e dopo di essa, debbono esser adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità e i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia può esser fatta valere solo dal cliente”.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 425 del 17 ottobre 2000 ha successivamente dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma sopra riportato; ciò ha fatto venir meno l'atto di normazione primaria, e di conseguenza il fondamento stesso dell'art. 7 della delibera CICR, atto di normazione secondaria finalizzato ad attuarlo.

Per questi motivi per aversi anatocismo bancario nei contratti precedentemente in essere è necessaria una nuova pattuizione scritta, poiché non è sufficiente una mera comunicazione unilaterale della banca; risulta quindi necessario il consenso del cliente (Tribunale di Venezia, 7 marzo 2014, n. 518).

Ovviamente per le problematiche legate a tali contratti conclusi in tempi remoti si può porre un problema di prescrizione.

Anatocismo bancario e prescrizione

Un'altra questione controversa nelle cause riguardanti i contratti di conto corrente, quantomeno fino alla sentenza della Corte di Cassazione 2 dicembre 2010 n. 24418, attiene al rapporto tra anatocismo bancario e prescrizione.

Come noto, in presenza di anatocismo bancario illegittimo, il cliente ha diritto alla ripetizione dell'indebito costituito dagli interessi anatocistici capitalizzati trimestralmente.

Fermo restando che l'azione per l'accertamento della nullità di una clausola contrattuale non è soggetta a prescrizione, così non è per l'azione di ripetizione dell'indebito che spetterebbe al cliente ex art. 2033 c.c., poiché in caso di accertamento di tale nullità l'esercizio dell'azione di ripetizione dell'indebito è soggetto al termine di prescrizione di dieci anni.

L'aspetto più controverso di questa situazione è il momento di decorrenza della prescrizione stessa: un certo orientamento spinge per la decorrenza del termine di prescrizione a partire dal singolo addebito in conto, mentre un altro stabilisce che il termine di prescrizione non può decorrere da un momento precedente la chiusura del rapporto di conto corrente.

La sentenza del Tribunale di Mantova del 2 febbraio 2009 aveva evidenziato come non vi sarebbe ragione “per non far decorrere dalla singola operazione di addebito illegittimo il termine prescrizionale per l'esercizio del diritto alla ripetizione, a nulla rilevando l'ignoranza del relativo diritto, così come il mutamento di precedenti giurisprudenziali, o dubbi di interpretazione di norme, trattandosi questi di impedimenti fattuali e non legali all'esercizio del diritto”.

Anche la sentenza n. 10350 del Tribunale di Milano del 31 agosto 2010 esclude l'esistenza di una causa di sospensione della prescrizione in relazione all'anatocismo bancario, che per di più “non è introducibile surrettiziamente sulla base della configurazione unitaria del contratto di conto corrente”.

La sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite n. 24418 del 2 dicembre 2010 ha risolto il conflitto confermando il diverso orientamento che si fonda sulla natura unitaria del conto corrente, per cui la regola generale è che la decorrenza della prescrizione dell'azione di ripetizione d'indebito che deriva dall'anatocismo bancario è solo dal momento di chiusura del conto corrente. Infatti “i rilievi che precedono sono sufficienti a convincere di come difficilmente possa essere condiviso il punto di vista della ricorrente, che, in casi del genere di quello in esame, vorrebbe individuare il dies a quo del decorso della prescrizione nella data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati dalla banca al correntista. L'annotazione in conto di una siffatta posta comporta un incremento del debito del correntista, o una riduzione dei credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nei termini sopra indicati: perone non vi corrisponde alcuna attività solutoria del correntista medesimo in favore della banca”. Con la conseguenza che “il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati”.

L'aspetto più importante di tale decisione riguarda però la distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie, poiché la prescrizione dell'azione di ripetizione di indebito derivante dall'anatocismo bancario decorre dalla chiusura del rapporto solo per le rimesse ripristinatorie, che non possono essere qualificate come un pagamento.

La distinzione tra le due tipologie di rimessa è fondata sul fatto che il versamento:

  • nel caso di rimessa ripristinatoria, avviene quando il conto è in attivo o in passivo ma all'interno dell'affidamento concesso (riespande quindi la disponibilità del correntista);
  • nel caso di rimessa solutoria, avviene quando il conto è in passivo ed è privo di affidamento oppure, se affidato, ha un passivo superiore all'affidamento stesso (estingue quindi il debito costituito dallo sconfinamento).

Tale differenza è molto importante sotto il profilo della prescrizione perché il versamento solutorio è un vero e proprio pagamento di un debito.

Infatti, i versamenti in conto "potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo (o, come in simili situazioni si preferisce dire "scoperto") cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento”.

In relazione ai versamenti solutori, quindi, il termine decennale di prescrizione decorre dal versamento stesso.

L. 27 dicembre 2013, n. 147

L'art. 120 T.U.B. (Testo Unico Bancario) è stato modificato a opera dell'art. 1, comma 629, l. 27 dicembre 2013, n. 147 (finanziaria 2014), che ha eliminato l'anatocismo bancario dato che dal 1 gennaio 2014 il CICR è tenuto a prevedere che “gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.

Dalla previsione sembra emergere la volontà del legislatore di vietare l'anatocismo, quindi per i contratti conclusi successivamente all'entrata in vigore di tale disposizione dovrebbe valere l'indicazione della giurisprudenza per la quale la previsione contrattuale di anatocismo bancario è illegittima, poiché si tratterebbe di una clausola contraria sia all'art. 1283 c.c. sia all'art. 120 T.U.B.

Il dubbio si pone invece sulle conseguenze di tale regola sui contratti in corso:

  • per il sempre valido principio del tempus regit actum, il contratto stipulato nel vigore della delibera CICR che prevede l'anatocismo resterà valido e produrrà effetti sicuramente fino al 31 dicembre 2013;
  • A partire dal 31 dicembre 2013 potrebbe invece applicarsi la regola dell'invalidità sopravvenuta, cioè un'invalidità diretta a rendere inefficaci gli effetti del contratto solo per il periodo successivo alla modifica legislativa, come nel caso dell'usura sopravvenuta dei contratti stipulati prima della riforma del 1996.

Il significato dell'anatocismo bancario oggi è appunto che dal 1 gennaio 2014 non potrebbero più calcolarsi gli interessi anche sui precedenti interessi capitalizzati pur in un rapporto che legittimamente avesse una clausola che prevedeva l'anatocismo bancario.

Anatocismo e contenzioso

Le problematiche collegate all'anatocismo bancario sono motivo di contenzioso perlopiù a causa dei diversi orientamenti giurisprudenziali in essere, cioè di sentenze che propongono soluzioni differenti ai medesimi problemi, favorendo l'incertezza.

Inoltre, la conseguenza di alcuni orientamenti è che le questioni restino aperte nonostante il tempo che passa, soprattutto per la prescrizione dell'azione di ripetizione dell'indebito, che deriva dal pagamento di tali interessi anatocistici non dovuti.

Come regola generale, questa si determina a decorrere dalla chiusura del conto corrente bancario, salva la presenza di rimesse solutorie nel conto.

Quindi, per un conto chiuso oggi ma aperto prima del 2000 si potrà porre la questione dell'anatocismo bancario per i prossimi dieci anni.

Analogamente, i giudici ritengono che il mero adeguamento della banca alla delibera CICR non valga per i contratti di conto corrente bancario preesistenti, a meno che non intervenga una espressa approvazione da parte del cliente, e tale orientamento comporta che per i rapporti già in essere in quella data, salva appunto l'approvazione espressa, continui a permanere l'illegittimità della clausola che consentiva la capitalizzazione trimestrale degli interessi anche in relazione agli addebiti degli interessi anatocistici successivi all'adeguamento alla delibera CICR.

Il Tribunale di Roma, con l'ordinanza del 20 ottobre 2015, ha precisato che la riforma dell'anatocismo bancario introdotta dalla Legge di Stabilità 2014 deve essere applicata anche in assenza di un preventivo intervento regolatore da parte del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio.

Proposta di delibera della Banca d'Italia al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR)

La questione degli interessi anatocistici, come già accennato, è regolata dall'art. 120 del TUB (Testo Unico Bancario), Decorrenza delle valute e degli interessi, che nella riformulazione del c. 2 di cui alla L. 147/2013, affida a una delibera del CICR il compito di adottare una disciplina attuativa in base alla quale:

"a) nelle operazioni di conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;

b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale".

Per l'attuazione del detto comma, la Banca d'Italia ha recentemente emanato un documento per la consultazione contenente lo schema di delibera del CICR, riguardante le norme per regolare in generale la produzione degli interessi nell'ambito delle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito tra intermediari e clienti, con disposizioni specifiche per i rapporti regolati in conto corrente, conto di pagamento e i finanziamenti a valere su carte di credito.

I punti fondamentali di tale disciplina, che si applicheranno a partire dal 1 gennaio 2016, sono sintetizzabili.

Definizione di cliente

"qualsiasi soggetto che ha in essere un rapporto contrattuale con un intermediario".

Il concetto di intermediario comprende anche soggetti diversi dalla banche, quali: gli intermediari finanziari di cui all'art. 106 del TUB (confidi), gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento

Produzione interessi moratori

si applicano le disposizioni del codice civile

Imputazione dei pagamenti

avviene in conformità dell'art. 1194 c.c. (consenso del creditore e imputazione del pagamento prima agli interessi).

Operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito tra intermediari e clienti

gli interessi maturati non possono produrre interessi (divieto di produzione di interessi anatocistici).

Aperture di credito in conto corrente e i finanziamenti a valere su carte di credito

gli interessi attivi e passivi devono essere conteggiati con la stessa periodicità, su base almeno annuale e separatamente dal capitale, creando due distinte poste, ognuna caratterizzata da un regime proprio: gli interessi saranno improduttivi di ulteriori interessi, il capitale continuerà a produrre interessi. Inoltre, gli interessi attivi e passivi diventeranno esigibili trascorso il termine di 60 giorni dal ricevimento da parte del cliente dell'estratto conto, tale termine può essere modificato a favore del cliente. Decorso il termine di 60 giorni, o quello superiore stabilito, il cliente può autorizzare l'addebito degli interessi sul conto o sulla carta; in tal caso la somma addebitata è considerata capitale. Il contratto può stabilire che, dal momento in cui gli interessi sono esigibili, i fondi accreditati sul conto di regolamento del finanziamento siano impiegati per estinguere il debito da interessi.

“Decreto banche”: modifiche all'art. 120 TUB

La Legge 49/2016 (di conversione del cd. "decreto banche" - DL n. 18/2016) in vigore dal 15.04.2016 ha modificato l'art. 120, c. 2, del TUB con notevoli conseguenze, desumibili dal confronto dei testi di legge ante e post riforma contenuti nella seguente tabella:

Testo ante riforma

Testo post riforma

a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;

a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti;

b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale

b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido:

1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1º marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili;

2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l'addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l'autorizzazione è revocabile in ogni momento, purchè prima che l'addebito abbia avuto luogo.

Capitalizzazione annua degli interessi

La modifica della lettera a) dell'art. 120 del T.U.B (L. 385/93) introduce la periodicità annuale per la liquidazione degli interessi sia a credito che a debito, cosicché dal 15 aprile 2016, data di entrata in vigore della Legge, la periodicità di liquidazione degli interessi non sarà più libera (solitamente trimestrale o semestrale), ma annuale.

Di conseguenza, le date previste per la liquidazione degli interessi diventano:

  • 31/12 di ciascun anno;
  • Data di cessazione del rapporto tra cliente e banca.

Il ritorno del cd. “rischio anatocismo"

Nella nuova versione del primo paragrafo della lettera b) dell'art. 120 TUB viene innanzitutto istituita l'uguaglianza di trattamento per gli interessi debitori anche nel caso in cui i finanziamenti siano concessi dalla banca su carte di credito (cd. “revolving”).

In aggiunta a tale previsione si segnala che il nuovo inciso “salvo interessi di mora” introduce un'eccezione al divieto di anatocismo per tale categoria di interessi, ripristinando così la possibilità per le banche di calcolare interessi sugli interessi.

Esigibilità interessi debitori dal 15 aprile 2016

La novità più importante riguarda tuttavia i casi di:

  • aperture di credito regolate in conto corrente;
  • aperture di credito regolate in conto di pagamento;
  • sconfinamenti (anche in assenza di affidamento o oltre il limite del fido),

per i quali gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e diventano esigibili il 1º marzo dell'anno successivo.

Queste date sono valide tranne nell'ipotesi in cui ci sia la chiusura definitiva del rapporto tra la banca e il cliente nel qual caso gli interessi debitori sono immediatamente esigibili dal cliente.

Il pagamento degli interessi debitori

Il punto 2) del comma b) dell'art. 120 TUB indica le modalità di pagamento degli interessi debitori da parte del cliente della banca, ed in particolare prevede che il cliente può scegliere se autorizzarne l'addebito nel momento in cui diventano esigibili o meno:

  • nel primo caso il debitore può autorizzare, anche in maniera preventiva, l'addebito in conto degli interessi nel momento in cui divengono esigibili (cioè al 1° marzo di ogni anno o al momento della chiusura del conto). In tale data pertanto il cliente subirà un prelievo pari all'importo degli interessi a debito, ma come specificato dalla norma la somma addebitata è considerata sorte capitale e quindi se con l'addebito il saldo del conto diventa passivo, l'addebito produce anatocismo. L'autorizzazione è revocabile dal correntista in ogni momento, entro il termine però dell'avvenuto addebito degli interessi passivi.
  • nel secondo caso (quindi in mancanza di autorizzazione) il debitore può:
    • effettuare un versamento di importo maggiore o uguale a quello degli interessi, evitando il rischio anatocismo grazie all'estinzione del debito;
    • non pagare il debito e lasciarlo scadere; in questo caso il debito scaduto e non pagato va automaticamente in mora (come stabilito dall'art. 1219 c. 2 CC) con conseguente anatocismo.

Si rileva inoltre che a seguito dell'entrata in vigore (1 ottobre) delle nuove regole sull'anatocismo, a seguito dell'emanazione della delibera CICR del 3 agosto 2016, i correntisti riceveranno in allegato agli estratti conto due comunicazioni da parte della banca:

  • la prima comunicazione è relativa alla variazione unilaterale del contratto per recepire la nuova periodicità degli interessi;

la seconda comunicazione è una richiesta di autorizzazione preventiva per addebitare direttamente sul conto corrente gli interessi passivi maturati e divenuti esigibili, che come già accennato può essere concessa o meno.

In evidenza: conto corrente cointestato

Nei rapporti cointestai l'autorizzazione può essere firmata anche da uno dei cointestatari, ferma restando la possibilità di revoca da parte degli altri.

Riferimenti

Normativi:

Legge 8 aprile 2016, n. 49

Decreto Legge 14 febbraio 2016, n. 18

Legge 27 dicembre 2013, n. 147

D. Lgs. 4 agosto 1999 n. 342

Art. 120, D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385

art. 1283 c.c.

Art. 2033 c.c.

Prassi:

Delibera CICR 3 agosto 2016

Delibera CICR 9 febbraio 2000

Giurisprudenza:

Tribunale di Roma, sez. III, 20 ottobre 2015, n. 2822483

Corte di Cassazione, sentenza 2 dicembre 2010 n. 24418

Corte Costituzionale, sentenza 17 ottobre 2000 n. 425

Tribunale di Venezia, 9 aprile 2014, n. 783

Tribunale di Treviso, 10 giugno 2013, n. 110

Corte Costituzionale, 17 ottobre 2000 n. 425

Tribunale di Venezia, 7 marzo 2014, n. 518

Corte di Cassazione, 2 dicembre 2010 n. 24418

Tribunale di Mantova, 2 febbraio 2009

Tribunale di Milano, 31 agosto 2010, n. 10350

Corte di cassazione, 2 dicembre 2010 n. 24418

Sommario