Detrazione IVA nelle società holding
28 Maggio 2015
Inquadramento
Per valutare la spettanza del diritto alla detraibilità dell'IVA sugli acquisti nelle società holding è in primo luogo necessario stabilire se le stesse società siano da considerarsi soggetti passivi IVA. Tale fattispecie configura quando la holding svolge un'attività concreta di “interferenza” nella gestione delle società partecipate, ad esempio occupandosi di prestare servizi amministrativo, finanziari e contabili per il tramite di propri amministratori o dipendenti e/o consulenti esterni. La mera detenzione di partecipazioni nonché la percezione di dividendi dalle stesse (fattispecie esclusa dal campo di applicazione dell'IVA), secondo la Corte di Giustizia Europea non costituisce attività economica: pertanto, la holding che non svolge una concreta attività economica ma si limita a detenere partecipazioni e a percepire dividendi è da considerarsi un “non soggetto passivo IVA”. Si distinguono a tal proposito due gruppi di holding:
Inntroduzione
Come punto di partenza di analisi, ci si chiede se l'attività di concessione di finanziamenti alle società partecipate, attività soggetta ad IVA seppur esente ai sensi dell'art. 10 del DPR 633/72, svolta da una holding soggetto passivo IVA sia da computare ai fini del pro rata di detraibilità dell'IVA. La risposta, da valutare caso per caso, va ricercata nel fatto che l'attività di concessione di finanziamenti alle partecipate rappresenti un'attività accessoria a quella principale oppure venga svolta come una vera e propria attività finanziaria autonomamente organizzata. Nel primo caso ovviamente l'attività di concessione di finanziamenti alle partecipate non concorrerà alla determinazione del pro-rata di detraibilità dell'IVA sugli acquisti, nel secondo caso ovviamente sì. Il primo elemento da valutare con riferimento alla detraibilità dell'IVA per le società holding è la soggettività passiva ai fini dell'imposta sul valore aggiunto delle stesse società holding. A tal proposito l'art. 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, stabilisce che “Si considera «soggetto passivo» chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un'attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Si considera «attività economica» ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.
L'art. 4 del Decreto IVA (D.P.R. 633/72) pur presumendo che: l'esercizio per professione abituale delle attività commerciali di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile determinino la soggettività passiva IVA e l'esercizio di un'attività commerciale sussista in ogni caso per i soggetti costituiti in forma societaria; al quinto comma stabilisce che non sono considerate attività commerciali: “il possesso, non strumentale né accessorio ad altre attività esercitate, di partecipazioni o quote sociali, di obbligazioni o itoli similari, costituenti immobilizzazioni, al fine di percepire dividendi, interessi o altri frutti, senza strutture dirette ad esercitare attività finanziaria, ovvero attività di indirizzo, di coordinamento o altri interventi nella gestione delle società partecipate”.
Secondo questo orientamento le società holding possono essere raggruppate in due grandi gruppi:
Ovviamente le società appartenenti al primo gruppo non possono essere considerate soggetti passivi IVA, mentre invece lo saranno quelli appartenenti al secondo gruppo. Premesso che la percezione di dividendi da società partecipate, secondo l'orientamento ormai consolidato della Corte di Giustizia Europea, non costituiscono il corrispettivo di alcuna attività economica pertanto rappresentano una fattispecie esclusa da IVA è ovvio, che per essere considerata dinamica una holding deve svolgere un'attività concreta di “interferenza” nella gestione delle società partecipate. Tale attività può essere ravvisata nella prestazione di servizi amministrativo, finanziari e contabili svolti dalla holding per il tramite di propri amministratori o dipendenti e/o consulenti esterni, in favore delle partecipate (cosiddette “management fee”). E' ovvio che la prestazione di tale attività di servizi assoggettati ad iva conferisce alla holding lo status di soggetto passivo IVA.
Finanziamenti erogati alle partecipate
A differenza della mera percezione di dividendi, che come detto sopra rappresentano il frutto della mera detenzione di partecipazioni, la concessione di prestiti da parte di una holding nei confronti delle società partecipate, nonché gli investimenti in depositi bancari e titoli, rappresentano attività economiche rilevante ai fini IVA, che rientrano tra quelle esenti ai sensi dell'art. 10 numeri da 1) a 9). La ratio sta nel fatto che la messa a disposizione a terzi di capitale proprio e la conseguente remunerazione che ne deriva – interessi - non è paragonabile alla mera detenzione di partecipazioni e alla sua eventuale remunerazione – dividendo -. La Corte di giustizia europea ha precisato che la concessione di finanziamenti alle imprese partecipate da parte delle holding soddisfa la condizione della finalità imprenditoriale “a prescindere dal fatto che i prestiti siano concessi a titolo di sostegno economico alle società partecipate ovvero a titolo di investimento di eccedenze di tesoreria o per altre ragioni” (si veda la sentenza del 29 aprile 2004, C-77/2001 (“EDM”). Posto dunque che l'attività di cui sopra rileva ai fini IVA, ci si chiede se essa debba essere considerata ai fini del pro-rata di detraibilità dell'IVA sugli acquisti. A tal proposito sia la Corte di Giustizia Europea che l'Amministrazione finanziaria Italiana concordano nel ritenere l'attività di concessione di finanziamenti alle partecipate da parte delle holding un'attività accessoria a quella principale. Tuttavia qualche perplessità in merito, l'aveva sollevata una risoluzione dell'Agenzia delle entrate del 21 luglio 2008, n. 305/E, laddove in un caso di holding mista che, accanto alla propria attività di produzione industriale, svolgeva anche un'attività di finanziamento (sia mediante l'utilizzo di fondi propri sia mediante ricorso al sistema bancario) alle società appartenenti al gruppo, affermava che: “poiché l'attività esente non può considerarsi accessoria all'attività principale, l'IVA relativa agli acquisti ad essa afferenti è indetraibile e i corrispettivi conseguiti nell'ambito dell'attività di finanziamento dovranno essere computati nel calcolo del pro rata”. A voler ben vedere, in realtà, l'affermazione dell'Agenzia delle Entrate non fa che ribadire il concetto dell'accessorietà infatti, nel caso di cui alla risoluzione in argomento, la holding svolgeva una vera e propria (autonoma) attività di intermediazione finanziaria, fattispecie non ravvisabile nell'attività di società che mettono a disposizione delle proprie partecipate eccedenze di liquidità.
Per servizi relativi all'acquisto di partecipazione si intendono tutti quei costi sostenuti dalla holding nella fase propedeutica l'acquisto della partecipazione, per valutare la bontà dell'affare (due diligence, stesura dei contratti ecc…). Ci si chiede, a tal proposito, se l'iva su tali costi sia detraibile oppure no. La risposta è affermativa qualora la holding svolga un'attività di “interferenza” (holding dinamica) nella società partecipata poiché, presupposto affinché la stessa possa svolgere l'attività di interferenza è l'acquisto della partecipazione. Anche per la cessione delle partecipazioni vale lo stesso principio, in base al quale tale operazione è rilevante ai fini IVA, seppur esente ai sensi dell'art. 10 n. 4), nel caso di holding che svolga un'attività di interferenza nei confronti delle partecipate (holding dinamica). Riferimenti
Normativi: Art. 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE (28 novembre 2006) Art. 36, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 Artt. 19, 19-bis, 19-bis1, 19-bis2, 19-ter del D.P.R. 633/72 Art. 10 numeri da 1) a 9), D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 Art. 4 comma 5, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Giurisprudenza: CGUE, Sentenza 27 settembre 2001, C-16/00 CGUE, Sentenza 22 febbraio 2001, C-408/98 (“Abbey National”) CGUE, Sentenza 8 giugno 2000, C-98/98 (“Midland Bank”) CGUE, Sentenza 20 giugno 1991, C-60/90 “Polysar Investment”
Prassi: Agenzia delle Entrate, Risoluzione 21 luglio 2008, n. 305/E Ministero delle Finanze, Risoluzione 26 febbraio 1985, n. 17 Associazione Italiana dottori commercialisti, Norma di comportamento n. 169
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