Contestazione tardiva: reintegrazione o tutela risarcitoria? La parola alle SS.UU.
03 Maggio 2017
Con l'ordinanza interlocutoria n. 10159/17, depositata il 21 aprile, la sezione Lavoro rimette alle Sezioni Unite la questione relativa alla natura del vizio del licenziamento intervenuto in forza di contestazione tardiva ai fini dell'individuazione delle conseguenze sanzionatorie.
Il caso A seguito del licenziamento in tronco intimato con lettera nel mese di giugno del 2012 e relativo a fatti risalenti al 2010, il dipendente di un istituto bancario ricorreva in Tribunale per la declaratoria di nullità del provvedimento per tardività della contestazione. Il giudice della fase sommaria di primo grado accoglieva la domanda e ordinava alla banca la reintegrazione del lavoratore; il giudice di opposizione, in parziale riforma della pronuncia, dichiarava risolto il rapporto, condannando la banca al pagamento dell'indennità ex art. 18, comma 5 (come riformato dalla L. n. 92/2012), poiché giudicava la fattispecie come rientrante nell'alveo del comma 6 del medesimo art. 18. La Corte d'appello, invece, escludeva si fosse in presenza di un “vizio procedurale” e, ravvisando nella tardività degli addebiti il venir meno del diritto di recesso e la preclusione dell'esercizio del relativo potere, dichiarava la nullità del licenziamento, con permanenza del rapporto e diritto alla riassunzione. La banca impugna la decisione di seconde cure in Cassazione dolendosi per la ritenuta mancanza di tempestività nella contestazione, anche in virtù del fatto che la conoscibilità dei fatti contestati era avvenuta solo nel 2012, a due anni di distanza dal loro verificarsi.
Licenziamento viziato Il Collegio, condividendo in primo luogo la ricostruzione della vicenda operata dai giudici territoriali in merito all'intervallo temporale tra gli i fatti addebitati al lavoratore e la loro contestazione, sottolinea come risulti dirimente, ai fini della soluzione della controversia, la questione relativa alla “natura del vizio del licenziamento intervenuto in forza di contestazione tardiva”. La nuova formulazione dell'art. 18 L. n. 300/70 prevede infatti un sistema sanzionatorio nel quale assume rilevanza, in termini di conseguenze sanzionatorie, la diversa qualificazione della tardività in termini di vizio procedurale o sostanziale: la sanzione reintegratoria è prevista solo in caso di insussistenza del fatto contestato, mentre in caso di violazione della procedura di contestazione dell'addebito si applica la risoluzione del rapporto con indennità risarcitoria.
Reintegrazione o tutela risarcitoria? Come sottolinea il provvedimento in commento, sul tema si profilano due orientamenti opposti. Da un lato, parte della giurisprudenza ritiene che la tardività, collocandosi sul piano della correttezza e buona fede nell'attuazione del rapporto di lavoro, non possa influire sulla sussistenza del fatto contestato (Cass. n. 20540/15, n. 23669/14, n. 9071/07). Dall'altro (cfr. Cass. n. 2513/17), viene affermato che la contestazione non tempestiva dimostra l'irrilevanza della condotta ai fini della prosecuzione del rapporto, proveniente tale valutazione di irrilevanza dallo stesso datore di lavoro che non ritiene necessario procedere subito all'iniziativa sanzionatoria proseguendo invece nel rapporto. In conclusione, la Suprema Corte rimette il ricorso al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite.
|