Cessione d’azienda e crediti dei lavoratori: necessaria la continuità dell’attività

La Redazione
04 Maggio 2015

La sentenza della Cassazione n. 4598/2015 interviene sulla solidarietà tra cedente e cessionario in caso di cessione d'azienda per i crediti vantati dai lavoratori: occorre che il rapporto di lavoro sia in essere al momento della cessione e non sia già cessato, salva la responsabilità prevista in generale per i debiti dell'azienda ceduta dall'art. 2560 c.c.

Cass. sez. lav., 6 marzo 2015, n. 4598

A seguito di cessione d'azienda, i ricorrenti domandavano la condanna della cessionaria al pagamento delle somme dovute ex art. 2112 c.c.

La Corte territoriale, confermando la sentenza del Tribunale, rigettava l'istanza poiché, non essendovi stata alcuna continuità di attività tra le due gestioni, non poteva applicarsi la disciplina in parola.

I lavoratori, quindi, ricorrevano per la cassazione della sentenza con un unico motivo di ricorso: non è pacifico che per l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. occorra la continuità dell'esercizio d'azienda, per lo meno ai fini della responsabilità solidale tra cedente e cessionario.

Il principio

“La disciplina posta dal secondo comma dell'art. 2112 c.c., che prevede la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento d'azienda a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità degli stessi da parte del cessionario, presuppone - al pari di quella prevista dal primo e terzo comma della medesima disposizione quanto alla garanzia della continuazione del rapporto e dei trattamenti economici e normativi applicabili - la vigenza del rapporto di lavoro al momento del trasferimento d'azienda, con la conseguenza che non è applicabile ai crediti relativi ai rapporti di lavoro esauritisi o non ancora costituitisi a tale momento, salva in ogni caso l'applicabilità dell'

art. 2560 c.c.

che contempla, in generale la responsabilità dell'acquirente per i debiti dell' azienda ceduta, ove risultino dai libri contabili obbligatori” (

Cass. n. 7517/2010

).

La Suprema Corte, condividendo tale orientamento, rigetta il ricorso: essendovi stata una netta cesura nell'attività tra una prima e una seconda fase, i crediti di lavoro della prima fase sono ascrivibili solo al primo imprenditore.

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