L’illegittimità del procedimento disciplinare a carico del dirigente pubblico licenziato

La Redazione
08 Febbraio 2015

In tema di licenziamento di un dirigente dalla p.a. per responsabilità disciplinare, il parere del Comitato dei Garanti ha carattere obbligatorio ma non vincolante nei confronti della parte datoriale, alla quale deve essere attribuita l'esclusiva competenza per l'intero procedimento disciplinare. Inoltre, ove il licenziamento si basi su contestazioni generiche che impediscano un concreto accertamento delle condotte illegittime contestate, il provvedimento di recesso dal rapporto lavorativo è illegittimo, con il conseguente intervento dell'art 18 dello Statuto dei Lavoratori, pacificamente applicabile anche al pubblico impiego privatizzato.

Cass.civ., sez. lav., 27 gennaio 2015, n. 1478, sent.

In tema di licenziamento di un dirigente dalla p.a. per responsabilità disciplinare, il parere del Comitato dei Garanti ha carattere obbligatorio ma non vincolante nei confronti della parte datoriale, alla quale deve essere attribuita l'esclusiva competenza per l'intero procedimento disciplinare. Inoltre, ove il licenziamento si basi su contestazioni generiche che impediscano un concreto accertamento delle condotte illegittime contestate, il provvedimento di recesso dal rapporto lavorativo è illegittimo, con il conseguente intervento dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, pacificamente applicabile anche al pubblico impiego privatizzato. Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1478/15, depositata il 27 gennaio.

Il caso. Il licenziamento intimato al dirigente dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del mezzogiorno veniva dichiarato illegittimo dal Tribunale di Napoli, con pronuncia confermata anche dalla Corte d'appello locale. In particolare, i giudici di merito ritenevano illegittimo il licenziamento in oggetto in quanto avente natura disciplinare e non dirigenziale, essendosi erroneamente basato sul parere del Comitato dei Garanti ed essendo generiche le contestazioni mosse al dirigente interessato. Il datore di lavoro impugna la predetta sentenza in Cassazione, con un ricorso articolato in una pluralità di motivi.
La rilevanza del parere del Comitato dei Garanti. La Corte di Cassazione ritiene di valutare in primo luogo il motivo con cui la parte datoriale lamenta l'omesso riconoscimento, da parte dei giudici di merito, della rilevanza del parere reso dal Comitato dei Garanti. Il motivo così prospettato è infondato, in quanto la Corte precisa il carattere obbligatorio ma non vincolante del summenzionato parere, il quale non può mai operare in danno al lavoratore e non può inoltre esonerare il datore di lavoro dalla sua competenza in ordine alle opportune valutazioni circa la responsabilità del dirigente. La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che, anche per la categoria dirigenziale del pubblico impiego privatizzato, l'intero procedimento disciplinare deve essere attribuito all'esclusiva cognizione dell'ufficio competente, con la conseguenza che una non corretta instaurazione del procedimento medesimo oppure l'intervento di un soggetto non legittimato, rendendo illegittimo il procedimento medesimo, comportano la nullità della sanzione afflitta.

La genericità delle contestazioni. Allo stesso modo i Supremi Giudici ritengono infondate le censure relative alla genericità delle contestazioni mosse al dirigente. Il datore di lavoro ha infatti motivato il proprio provvedimento richiamando alcune segnalazioni del Ministro della Salute e dell'assessore alla Sanità della regione Campania in tema di profilassi della brucellosi bufalina, affermando semplicemente che il comportamento del dirigente, basandosi su fonti bibliografiche ormai superate, ha arrecato grave pregiudizio alle politiche sanitarie adottate. Gli addebiti così formulati, come correttamente rilevato nella sentenza di merito, presentano innegabili difetti di specificità. Tale circostanza inficia l'intero procedimento e dunque anche il provvedimento di licenziamento, come affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 9615/97. La pronuncia richiamata, sostenendo la necessità di tutelare il diritto di difesa dell'incolpato, sancisce la necessità di sopperire all'incompletezza della tipizzazione normativa delle varie fattispecie di illecito disciplinare con una puntuale e circostanziata contestazione dell'addebito, in modo tale da poter individuare la specifica natura della condotta rilevante ai fini della configurazione della responsabilità.

L'applicabilità dell'art. 18. Le conseguenze della dichiarazione di illegittimità del licenziamento non sono esclusivamente di tipo economico, essendo applicabile anche al lavoro pubblico privatizzato, le tutele previste dall'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Il motivo con cui il datore di lavoro denuncia l'applicazione della tutela reintegratoria al dirigente licenziato è quindi dichiarato infondato, richiamando anche in questo caso, diverse pronunce con cui la Corte di legittimità conferma l'applicabilità di tale disposizione anche all'impiego pubblico. Per questi motivi la Corte rigetta i motivi di ricorso analizzati, dichiarando assorbiti i rimanenti e condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

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