Violazione della durata massima dell’orario di lavoro, sanzioni troppo alte

05 Giugno 2014

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 153/2014, ha dichiarato illegittimi, per violazione dell'art. 76, i commi 3 e 4 dell'art. 18 bis, D.Lgs. n. 66/2003 disciplinanti il regime sanzionatorio in caso di violazione del datore di lavoro delle norme che regolano l'orario di lavoro e il riposo giornaliero e settimanale.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 153/2014, ha dichiarato illegittimi, per violazione dell'art. 76 Cost., i commi 3 e 4 dell'art. 18 bis, D.Lgs. n. 66/2003 disciplinanti il regime sanzionatorio in caso di violazione del datore di lavoro delle norme che regolano l'orario di lavoro e il riposo giornaliero e settimanale.

La Corte, infatti, ha ritenuto sussistente la violazione dei principi della legge delega (L. n. 39/2002) derivante dalla previsione di sanzioni amministrative più elevate rispetto a quelle di cui al sistema previgente, contenuto nel R.D.L. n. 692/1923 e nella L. n. 370/1934.

In particolare, il giudice delle leggi era chiamato a stabilire se le sanzioni introdotte dal D.Lgs. n. 66/2003 potessero o meno considerarsi diverse – e, in questo caso, maggiori – rispetto “a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensività”, come previsto dalla legge delega.

Omogeneità

Dalla ricostruzione operata dalla Corte risulta che il sistema delineato dal D.Lgs. n. 66/2003, pur in parte diverso da quello passato, presenta una definizione dei limiti di lavoro e delle relative violazioni omogenea rispetto a quella precedente: entrambi sanzionano l'eccesso di lavoro e lo sfruttamento del lavoratore che ne consegue, ponendo limiti all'orario di lavoro giornaliero e settimanale ed imponendo periodi di necessario riposo.

Sanzioni maggiori

Il sistema delineato dal R.D.L. n. 692/1923 e dalla L. n. 370/1934 (ritoccato al rialzo dal D.Lgs. n. 758/1994) prevedeva una sanzione amministrativa da lire cinquantamila a lire trecentomila (ossia da 25 a 155 euro), con incremento qualora si riferisse a più di cinque lavoratori ovvero si fosse verificata nel corso dell'anno solare per più di cinquanta giorni.

Per quanto riguarda, invece, il regime introdotto con il D.Lgs. n. 66/2003, il comma 3 dell'art. 18 bis stabilisce la sanzione amministrativa da 130 a 780 euro, per ogni lavoratore e per ciascun periodo di violazione, per le violazioni di cui agli artt. 4, commi 2, 3 e 4, e 10, comma 1; mentre il comma 4 dell'art. 18 bis stabilisce la sanzione amministrativa da 105 a 630 euro per le violazioni di cui agli artt. 7 co. 1, e 9 co. 1.

Illegittimità

Le sanzioni amministrative previste dal R.D.L. n. 692/1923 e dalla L. n. 370/1934 corrispondono a violazioni da ritenere omogenee rispetto a quelle regolate dal D.Lgs. n. 66/2003, pertanto la normativa sanzionatoria prevista dal Decreto Legislativo era tenuta al rispetto della previsione della delega nel senso della necessaria identità rispetto alle sanzioni precedenti.

Risulta in modo evidente che, invece, le sanzioni amministrative di cui all'art. 18 bis del D.Lgs. n. 66/2003 sono più alte di quelle irrogate nel sistema precedente.

Ne discende la fondatezza della questione di legittimità costituzionale perché effettivamente sussiste la violazione del criterio direttivo contenuto nell'art. 2, comma 1, lettera c), della legge di delega n. 39 del 2002, sicché se ne impongono l'accoglimento e la conseguente declaratoria di illegittimità costituzionale delle censurate disposizioni, per violazione dell'art. 76 Cost.

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