Impugnazione del licenziamento. Il principio dell'immediatezza del ricorso è relativo

La Redazione
12 Febbraio 2015

Il principio dell'immediatezza della contestazione dell'addebito e quello della tempestività del recesso del datore di lavoro devono essere intesi in senso relativo, ben potendo giustificarsi l'intercorrere di un lasso di tempo, tra cognizione dei fatti e contestazione del licenziamento, funzionale ad una ponderata valutazione delle condotte contestate.

Cass.civ., sez. lavoro, 23 gennaio 2015, n. 1247, sent.

Il principio dell'immediatezza della contestazione dell'addebito e quello della tempestività del recesso del datore di lavoro devono essere intesi in senso relativo, ben potendo giustificarsi l'intercorrere di un lasso di tempo, tra cognizione dei fatti e contestazione del licenziamento, funzionale ad una ponderata valutazione delle condotte contestate. Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1247/15, depositata il 23 gennaio.

Il caso. La ricorrente, dipendente di Poste Italiane, dopo aver inutilmente adito le competenti sedi di merito, impugna per cassazione il licenziamento intimatogli. La ragione che il datore di lavoro opponeva quale motivo del provvedimento era l'appropriazione delle somme corrispondenti all'importo di alcuni buoni postali fruttiferi, risalente al 10 marzo 2006. In particolare la lavoratrice afferma la tardività della contestazione dell'addebito disciplinare, avvenuta il 6 giungo 2006, circostanza riconducibile all'inefficienza ed alle carenze organizzative dell'azienda. Sostiene inoltre che l'intervento del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio, adottato il 10 maggio, quindi successivamente all'accertamento ispettivo del fatto, sarebbe apparso alla lavoratrice quale tacita rinuncia all'esercizio dell'azione disciplinare da parte del datore di lavoro.

La possibilità per il datore di lavoro di ponderare la scelta. La Cassazione ritiene infondato il ricorso. È necessario in primo luogo affermare, in riferimento alla valutazione di immediatezza della contestazione, il rilievo dell'avvenuta conoscenza, da parte del datore di lavoro, della situazione di fatto e non dell'astratta possibilità di percezione della stessa. Ne consegue che il principio di immediatezza e tempestività della contestazione disciplinare, la cui ratio è riconducibile alla regola della buona fede e correttezza nell'attuazione del rapporto di lavoro, deve essere inteso in senso relativo, essendo ammissibile il decorso di un eventuale intervallo di tempo, ove questo risulti funzionale ad un'adeguata valutazione del caso concreto e ad una migliore ponderazione circa i provvedimenti da adottare. Il ritardo della contestazione potrebbe configurare un vizio del procedimento disciplinare solo ove determini in concreto un ostacolo alla difesa del lavoratore, essendo altrimenti funzionale anche all'interesse di quest'ultimo. Nel caso concreto, l'intervallo di tempo intercorso tra l'accertamento del fatto e la sua contestazione deve essere giustificato dalla complessità dell'organizzazione del datore di lavoro, nonché del procedimento interno di accertamento dell'illecito disciplinare, legato anche dalla necessità di valutare in modo globale ed unitario una serie di atti che integrano un'unica condotta, circostanze correttamente valutate nella motivazione redatta dai giudici di merito. Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso.

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