Il ritardo della contestazione non rende illegittimo il procedimento disciplinare
12 Settembre 2014
Il mancato rispetto del termine entro il quale deve essere effettuata la contestazione degli addebiti da parte del datore di lavoro non è perentorio. La sua inosservanza, quindi, non vizia il procedimento disciplinare. Lo hanno chiarito gli Ermellini con sentenza n. 19216 depositata ieri.
Il caso Un architetto, alle dipendenze dell'INPS, era stato licenziato per giusta causa per aver svolto attività libero professionale retribuita senza autorizzazione dell'Istituto e per aver omesso di comunicare a questi la sentenza che lo dichiarava colpevole del reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico. Il lavoratore, ricorrendo in Cassazione, si duole delle motivazioni della Corte d'Appello nel ritenere non violato il termine di 20 giorni per emettere la contestazione disciplinare (intervenuta il 16 febbraio 2009), posto che la comunicazione effettuata dalla direzione regionale dell'INPS e integrante conoscenza del fatto da parte del datore di lavoro era datata 16 gennaio 2009, ma era giunta alla direzione generale dell'Istituto il 2 febbraio 2009 per posta raccomandata e non per via telematica lo stesso 16 gennaio. Il ricorrente espone che, essendo il documento in questione assoggettato al protocollo informatico unificato, non poteva che essere trasmesso per via telematica.
Termine perentorio o ordinatorio? La Cassazione evidenzia come il presupposto logico giuridico della doglianza dell'architetto è il ritenere il termine per effettuare la contestazione un termine perentorio la cui inosservanza, quindi, vizia il procedimento disciplinare rendendolo illegittimo. Tale presupposto, però, contraddice la giurisprudenza della Corte, essendosi gli Ermellini già espressi in merito a fattispecie analoghe a quella in esame, statuendo che in tema di sanzioni disciplinari, qualora il contratto collettivo preveda termini volti a scandire le fasi del procedimento disciplinare e un termine per la conclusione di tale procedimento, solo quest'ultimo è perentorio, mentre i termini interni sono ordinatori e la violazione di essi comporta la nullità della sanzione solo nel caso in cui l'incolpato denunci l'impossibilità o l'eccessiva difficoltà della difesa. Il termine entro il quale deve essere effettuata la contestazione disciplinare dal parte del datore di lavoro viene, quindi, ritenuto dalla Cassazione ordinatorio ed il ricorso, non avendo il ricorrente prospettato violazione del diritto di difesa o del termine finale del procedimento disciplinare, viene rigettato. |