Rissa nel luogo di lavoro: legittimo il licenziamento?
17 Febbraio 2016
Cass. sez. lav., 12 febbraio 2016, n. 2830
Licenziato per giusta causa a norma dell'art. 48, lett. B) CCNL per i dipendenti delle Imprese di Telecomunicazioni per rissa nel luogo di lavoro all'interno dei reparti operativi, il dipendente di una nota azienda televisiva chiedeva fosse dichiarata l'illegittimità del recesso intimatogli. I giudici territoriali accoglievano la domanda, ritenendo carente la proporzionalità tra condotta e sanzione. Ricorreva la società datrice di lavoro, lamentando che la nozione di rissa prevista dalla contrattazione collettiva dovesse essere interpretata come inclusiva dell'ipotesi di aggressione di un solo lavoratore nei confronti di un altro soggetto, essendo ciò sufficiente a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario.
La Corte distrettuale, infatti, aveva superato i confini della nozione penalistica di rissa (non ricorrendo l'elemento oggettivo del numero minimo di partecipanti e del carattere violento della contesa, con pericolo per l'incolumità pubblica) per adottarne una più vicina sia al senso comune del termine, che alle peculiari necessità dell'ambiente di lavoro. Ciò nondimeno, la condotta del dipendente non integrava neppure una rissa così diversamente definita, non essendo connotata da una violenza assimilabile. Pertanto, non sussistevano le condizioni per legittimare il recesso senza preavviso ex lett. B) del citato art. 48, non essendo configurabile l'infrazione contestata, né quella di cui alla lett. A) del medesimo articolo (rissa nel luogo di lavoro fuori dai reparti operativi, sanzionabile con il licenziamento con preavviso). La Corte d'Appello sottolineava, altresì, che il lavoratore non aveva mai ricevuto sanzioni disciplinari e che la natura e l'importanza delle mansioni svolte, non erano connotate da un particolare rilievo dell'elemento fiduciario.
Questi i profili messi in rilievo dalla Suprema Corte per rigettare il ricorso proposto dal datore di lavoro, confermando, quindi, l'operato dei giudici di merito che, con adeguata motivazione, hanno applicato il principio di diritto enunciato da Cass. n. 5732/2005: “l'elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente esemplificativa e non esclude, perciò, la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile alla sola condizione che tale grave inadempimento o tale grave comportamento, con apprezzamento di fatto del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore”. |