Il licenziamento con un SMS è efficace

21 Dicembre 2016

Il licenziamento intimato tramite SMS può essere assimilato, con riferimento allo strumento utilizzato per veicolare la dichiarazione di recesso dal datore di lavoro al lavoratore, al licenziamento intimato tramite telegramma cd. fonodettato (ovvero telegramma dettato attraverso l'apposito servizio telefonico), qualora risulti provata l'effettiva provenienza del messaggio dall'apparente autore della dichiarazione.
Massima

Il licenziamento intimato tramite SMS può essere assimilato, con riferimento allo strumento utilizzato per veicolare la dichiarazione di recesso dal datore di lavoro al lavoratore, al licenziamento intimato tramite telegramma cd. fonodettato (ovvero telegramma dettato attraverso l'apposito servizio telefonico), qualora risulti provata l'effettiva provenienza del messaggio dall'apparente autore della dichiarazione.

Il caso

Un lavoratore impugnava il licenziamento avanti al Tribunale di Firenze, affermandone, tra l'altro, l'asserita inefficacia per insanabile difetto di forma e domandando, per l'effetto, l'applicazione della tutela reintegratoria cd. piena, ai sensi dell'art. 18, comma 1, L. n. 300/1970 (nel testo riformulato dalla L. n. 92/2012).

Nella propria difesa, il lavoratore sosteneva che l'invio della comunicazione di recesso tramite un SMS non fosse sufficiente ad integrare il requisito della forma scritta.

La Corte di Appello di Firenze, pur ritenendo ingiustificato il licenziamento nel merito, respingeva la tesi coltivata dal lavoratore con riferimento all'asserito vizio di forma, rilevando (in senso contrario a quanto statuito, sul punto, dal Giudice di primo grado) come la dichiarazione di recesso mediante l'utilizzo di un SMS possa considerarsi perfettamente lecita, purché – alla stessa stregua del principio elaborato dalla giurisprudenza con riferimento al licenziamento intimato tramite telegramma fonodettato – non sia oggetto di contestazione l'autore materiale della comunicazione.

La questione

La sentenza offre lo spunto per un approfondimento sulla specifica questione, che si sta affacciando in giurisprudenza, in merito alla possibilità, per il datore di lavoro, di effettuare un licenziamento efficace (sul piano formale) anche tramite il solo invio di un messaggio SMS.

Nella sentenza in commento, la Corte di Appello espressamente autorizza tale opzione, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale che ritiene legittimo, quale valido mezzo di trasmissione della dichiarazione datoriale di recesso, l'utilizzo di un telegramma dettato telefonicamente.

Nelle prossime sezioni verranno focalizzati i principali snodi delle argomentazioni formulate dalla giurisprudenza in proposito, allo scopo di misurarne l'adattabilità alla fattispecie del licenziamento tramite messaggio SMS.

Le soluzioni giuridiche

La forma scritta del licenziamento è stabilita dalla legge, nella modalità ad substantiam(e, dunque, a pena della radicale “nullità” dell'atto), quale requisito indefettibile ai fini della validità ed efficacia del licenziamento.

Lapidario, sul punto, è il dettato dall'art. 2, L. 15 luglio 1966, n. 604 nel prevedere che:

  • «il datore di lavoro […] deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro» (comma 1);
  • «il licenziamento intimato senza l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace» (comma 3).

Dall'accertamento della inefficacia del licenziamento, per effetto dell'assenza del requisito della forma scritta, discende l'applicazione della tutela reintegratoria cd. piena, secondo le disposizioni previste, rispettivamente:

  • dall'art. 18, comma 1, L. n. 300/1970 (applicabile ai lavoratori assunti sino al 6 marzo 2015);
  • dall'art. 2, D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante «Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti» (applicabile ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015).

La problematica sulla corretta ed effettiva trasmissione, dal datore di lavoro al lavoratore, della volontà di porre fine al rapporto di lavoro – la quale, sul piano logico, costituisce la fase preliminare dalla complessiva attività di scrutinio di validità del recesso datoriale – ha assunto rilievo in un filone giurisprudenziale relativo alla idoneità del “telegramma” (in particolare, quello fonodettato) ad integrare il requisito della forma scritta di licenziamento (sancita, a pena di inefficacia, dall'art. 2, L. n. 604/1966).

Il principale referente normativo dell'analisi di queste decisioni è costituito dall'art. 2705 c.c., secondo il cui inequivoco tenore letterale il telegramma può ritenersi efficace (al pari di una scrittura privata) anche in assenza della sottoscrizione del mittente. Il comma 1 della norma, sul punto, prevede chiaramente che «Il telegramma ha l'efficacia probatoria della scrittura privata, se l'originale consegnato all'ufficio di partenza è sottoscritto dal mittente, ovvero se è stato consegnato o fatto consegnare dal mittente medesimo, anche senza sottoscriverlo».

Partendo dalla disposizione della norma codicistica, la giurisprudenza ha sancito la validità del telegramma redatto al telefono con l'ausilio di un addetto appositamente incaricato, sulla base delle seguenti argomentazioni:

  • ai fini della validità della dichiarazione, non è decisivo chi sia l'effettivo redattore della dichiarazione nella sua formulazione letterale, mentre assume esclusivo rilievo l'adesione della volontà del soggetto interessato alle dichiarazioni oggetto di dettatura, senza che possa avere alcuna efficacia ostativa la collaborazione di un terzo agli aspetti materiali dell'operazione (Cass. sez. lav.,5 giugno 2001, n. 7620, la quale, nel formulare queste conclusioni, ne rimarca la piena conformità al testo dell'art. 2705 c.c. «che, quando parla di originale anche privo di firma “fatto consegnare” dal mittente, non richiede che il relativo testo sia materialmente scritto dal mittente»);
  • in questo contesto, al telegramma non sottoscritto, quale è quello inviato per telefono, può essere riconosciuta l'efficacia probatoria della scrittura privata a norma dell'art. 2705 c.c., purché il mittente dimostri la provenienza da lui stesso dell'atto.

Sulla scorta di queste argomentazioni, in seno alla giurisprudenza di legittimità si è da tempo consolidato il principio di diritto per cui «ai sensi dell'art. 2705 c.c., ai fini della efficacia del telegramma è sufficiente che l'originale sia consegnato o fatto consegnare dal mittente, anche senza che questi lo sottoscriva, sicché l'utilizzazione del servizio telefonico, prevista dal codice postale, consente al mittente, autore della comunicazione, di ottenere, sia pure con la collaborazione di terzi, il recapito del proprio messaggio all'ufficio telegrafico. Tuttavia, ove sorga contestazione circa la riferibilità del telegramma al mittente, questi ha la facoltà e l'onere di provare, con ogni mezzo di prova, che l'affidamento all'ufficio incaricato di trasmetterlo è avvenuto a sua opera o su sua iniziativa» (Cass. sez. lav., 18 giugno 2003, n. 9790; Conf. Cass. sez. lav., 17 maggio 2005, n. 10291; Cass. sez. lav., 23 dicembre 2003, n. 19689).

Questo principio viene espressamente richiamato dalla Corte di Appello di Firenze per risolvere, in termini affermativi, la controversa idoneità del messaggio SMS oggetto di causa ad integrare il requisito di forma scritta del licenziamento, sancito a pena di nullità dall'art. 2, L. n. 604/1966.

A tale proposito il Collegio toscano rimarca come, nelle ipotesi di licenziamento intimato tramite telegramma, la giurisprudenza – non si sia posta, su un piano astratto, il problema della esistenza o meno della forma scritta, bensì – abbia concentrato la propria analisi sulla questione, concreta, della effettiva riferibilità della dichiarazione al suo asserito mittente (e della necessità di provare tale attribuzione, laddove contestata).

A tale stregua, prosegue il Collegio, il licenziamento comunicato tramite SMS soddisfa il requisito della forma scritta ad substantiam imposto dalla legge, purché, in caso di contestazioni, venga effettivamente dimostrata in giudizio (anche tramite testimoni o presunzioni) l'effettiva riferibilità dell'SMS all'autore apparente della dichiarazione.

Nel caso esaminato dalla Corte:

  • da un lato, era stata prodotta in giudizio la stampa dello schermo del display del cellulare con il messaggio SMS contenente la dichiarazione di recesso («purtroppo ci sarà un cambio societario che non mi consente più di avvalermi della tua preziosa collaborazione. Ti ringrazio per il momento e ti auguro il meglio per la tua vita»);
  • d'altro lato, il lavoratore aveva semplicemente eccepito l'astratta inidoneità del licenziamento ad integrare la forma scritta, senza articolare ulteriori argomentazioni, in punto di effettiva riconducibilità del messaggio SMS al datore di lavoro.

Sulla base di questi presupposti, la Corte ha confermato la tesi coltivata dalla società e – mediante esplicito riferimento all'orientamento di legittimità relativo al licenziamento effettuato tramite telegramma – ha ritenuto efficace il licenziamento effettuato tramite SMS, proprio in quanto il lavoratore nulla aveva specificamente contestato con riferimento alla provenienza del messaggio, pacificamente riferito al datore di lavoro e contro il quale, peraltro, era stato incardinato il giudizio di impugnazione del licenziamento.

La Corte corrobora tale conclusione sviluppando le proprie motivazioni in diritto sotto altro profilo, con riferimento alle norme sancite dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (cd. Codice dell'Amministrazione Digitale).

In questo contesto, viene richiamato l'art. 20, comma 1-bis del D.Lgs. n. 82/2005 – recante disposizioni relative alla «Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici» – secondo cui «l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità».

Ad avviso del Collegio, laddove si ritenesse di assimilare il messaggio SMS oggetto di causa ad un documento informatico (ad esempio, una email), l'art. 20, comma 1-bis, del Codice dell'Amministrazione Digitale rappresenterebbe un ulteriore referente normativo a conferma della efficacia del licenziamento, sul presupposto che, nel caso di specie, il lavoratore ricorrente non aveva messo in discussione – non solo la provenienza del messaggio SMS, ma neppure – che il medesimo «messaggio non fosse integro, completo ed adeguatamente leggibile».

Ulteriore e diversa questione affrontata dalla sentenza in commento riguarda l'eventuale previsione, da parte del contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro, di uno specifico strumento di trasmissione deputato a soddisfare il requisito della forma scritta previsto dalla legge.

In particolare, nel caso sottoposto alla Corte di Appello di Firenze, il contratto collettivo nazionale applicato al rapporto di lavoro del dipendente stabiliva che il licenziamento dovesse essere effettuato tramite «raccomandata a.r.».

È interessante rilevare come, ad avviso della Corte, l'invio della lettera tramite SMS (anziché tramite raccomandata a.r., così come previsto dall'applicabile contratto collettivo) non sarebbe idoneo ad attivare le sanzioni previste dalla legge.

Sul punto la Corte d'Appello afferma che «in ricorso il messaggio SMS era qualificato tout court come recesso privo di forma scritta, anche perché l'art. 160 CCNL richiede allo scopo la lettera raccomandata con RR. Secondo il collegio, invece, il licenziamento in esame ha forma scritta (anche se non scritta su carta e comunque non quella della raccomandata con RR, la cui assenza non può tuttavia provocare conseguenze di legge)».

La sentenza non aggiunge ulteriori motivazioni, lasciando aperta la questione sulla corretta identificazione del rimedio teoricamente applicabile a fronte del mancato rispetto del requisito formale (l'invio di una raccomandata a.r.) previsto dalla contrattazione collettiva e, nella fattispecie, disatteso.

Osservazioni

La questione della idoneità del messaggio SMS ad integrare il requisito della forma scritta del licenziamento è stata in precedenza affrontata dal Tribunale piemontese, 23 luglio 2014.

Per quello che è possibile evincere dalla massima della sentenza, il Tribunale aveva ritenuto efficace il licenziamento attuato tramite SMS sul presupposto che tale modalità di trasmissione sia assimilabile al fax, il quale «possiede certamente il requisito della forma scritta».

Tale arresto appare coerente con una sentenza di legittimità degli anni Ottanta (Cass. 11 aprile 1980, n. 2319), la quale, ravvisando nel vecchio apparecchio “telex” uno strumento idoneo a trasmettere una comunicazione di licenziamento produttiva di effetti, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2, L. n. 604/1966, ha formulato il medesimo principio di diritto espresso dalla Cassazione nella sentenza in commento, nella parte in cui ha attribuito valore dirimente alla effettiva riferibilità della dichiarazione al datore di lavoro.

In questo senso, la Suprema Corte affermava che «l'art. 2, L. 15 luglio 1966, n. 604, esige soltanto che lo scritto da utilizzare come strumento di comunicazione del licenziamento sia espressamente diretto all'interessato. Pertanto anche un telex può essere considerato atto scritto ai fini predetti, ove risulti che il contenuto di esso […] provenga dal datore di lavoro e che lo stesso sia pervenuto a conoscenza dell'interessato».

Ulteriore questione, peraltro non affrontata dalla sentenza in esame, è quella relativa alla esatta identificazione dell'indirizzo del destinatario.

La giurisprudenza che si è pronunciata rispetto all'idoneità del fax, quale valido strumento di comunicazione, ha ritenuto dirimente, tra gli altri elementi, quello della certezza circa l'indirizzo del destinatario a cui le predette comunicazioni (tramite fax o tramite telegramma) sono state trasmesse.

La giurisprudenza ha ritenuto, in particolare, che la certezza sul destinatario del fax si avesse nel caso in cui, dalla carta intestata risultasse il numero di fax a cui è stata trasmessa la comunicazione (per un'ampia rassegna giurisprudenziale in materia si veda Pellacani-Galantino, Licenziamenti, Forma e Procedura, Giuffrè).

Trasponendo tale principio alla comunicazione del licenziamento effettuato tramite sms, va da sé che altrettanto essenziale risulta la verifica sulla effettiva appartenenza del numero telefonico mobile a cui viene inviato il messaggio al dipendete interessato.

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