Limiti quantitativi di utilizzo e derogabilità da parte della contrattazione di prossimità

La Redazione
03 Dicembre 2014

Il Ministero del Lavoro ha precisato, con interpello n. 30/2014 del 2 dicembre, che la contrattazione di prossimità, nel derogare la disciplina dei contratti a termine, non può rimuovere del tutto i limiti quantitativi previsti dalla legislazione o dalla contrattazione nazionale, ma solo prevederne una diversa modulazione.

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Interpello 2 dicembre 2014, n. 30

Il Ministero del Lavoro ha precisato, con interpello n. 30/2014 del 2 dicembre, che la contrattazione di prossimità, nel derogare la disciplina dei contratti a termine, non può rimuovere del tutto i limiti quantitativi previsti dalla legislazione o dalla contrattazione nazionale, ma solo prevederne una diversa modulazione. L'interpello del Ministero del Lavoro n. 30/2014 del 2 dicembre chiarisce che la contrattazione di prossimità, nel derogare la disciplina dei contratti a termine, non può rimuovere del tutto i limiti quantitativi previsti dalla legislazione o dalla contrattazione nazionale, ma solo prevederne una diversa modulazione.

Il quesito. L'ARIS (Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari) chiedeva precisazioni in merito alla possibilità di deroga, da parte della contrattazione di prossimità, ai sensi dell'art. 8 d.l. n. 138/2011, ai limiti quantitativi di utilizzo del contratto a tempo determinato.
La risposta. La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva ricorda, dapprima, che la disciplina contenuta nell'art. 8 d.l. n. 138/2011 consente ai contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale o territoriale di derogare, con “specifiche intese“, alla disciplina legale e contrattuale collettiva nelle particolari materie elencate, con carattere tassativo, al comma 2 del medesimo articolo.
Tra i casi previsti, vi sono i contratti a termine, per il cui utilizzo la legge contempla limiti quantitativi di natura legale e contrattuale, ai sensi degli artt. 1, commi 1 e 10, comma 7, d.lgs. n. 368/2001.
L'art. 8, tuttavia, espressamente dispone che l'intervento della contrattazione di prossimità è ammesso solo a fronte di specifiche finalità – che andranno chiaramente indicate nel contratto – e nel rispetto di alcune condizioni. In particolare, le intese:
• devono essere «finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove attività»;
• e sono subordinate al «rispetto della Costituzione, nonché [dei] vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro».
Sotto tale ultimo profilo il Ministero, quindi, evidenzia come i contratti di prossimità siano abilitati ad intervenire con discipline che, ad ogni modo, non mettano in discussione il rispetto della cornice giuridica nella quale vanno ad inserirsi e, in particolare, per quel che concerne il lavoro a tempo determinato, di quanto previsto a livello comunitario dalla Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP.
Nell'ambito di tale accordo si prevede, tra l'altro, che «i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori».
Di conseguenza, la risposta ministeriale precisa che l'intervento della contrattazione di prossimità, in materia di utilizzo dei contratti a termine, non potrà comunque rimuovere del tutto i limiti quantitativi previsti dalla legislazione o dalla contrattazione nazionale ma esclusivamente prevederne una diversa modulazione.

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