Smart working: lo stato dell’arte
24 Novembre 2016
Introduzione
Il 3 novembre 2016 il Senato ha approvato il DDL n. 2233, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi di lavoro subordinato”. Al Capo II del testo normativo s'inserisce il concetto di “smart working” (o “lavoro agile” nella versione italiana) che consiste in una nuova tipologia contrattuale, a tutti gli effetti rientrante nella sfera del lavoro subordinato finalizzata a promuovere ed incentivare forme flessibili di lavoro incrementando la produttività del lavoro stesso e favorendo la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro.
Lo “smart working”, di prossima introduzione nel nostro ordinamento, è destinato a trasformare radicalmente l'approccio all'organizzazione aziendale, cercando di rendere più confacenti le esigenze dell'azienda con quelle del lavoratore. Esso, però, non si limita soltanto a conciliare i tempi di vita e di lavoro, ma anche a “innovare” e “competere”, con lo scopo di incrementare la produttività del lavoro. In particolare, con il termine “lavoro agile”, s'intende una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:
Ma ovviamente avere un lavoro agile non significa certo non avere orari. Significa infatti che la prestazione lavorativa possa essere eseguita:
Fermo restando che deve essere tenuto in considerazione il limite della durata massima di orario di lavoro giornaliero, così come anche quello settimanale, esattamente per come sono disciplinati sia dalla legge che dalla contrattazione collettiva. Inoltre il datore di lavoro deve essere anche responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore.
Ma tali disposizioni non si applicano solamente ai datori di lavoro privati, in quanto, se compatibili, valgono anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni ex art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165/2001.
Già da queste prime riflessioni è facile intuire che lo "smart working" implica un nuovo modello di organizzazione del lavoro, in cui sono fondamentali i seguenti elementi:
Il funzionamento
Ma come funziona nei fatti la possibilità di ricorrere al lavoro agile? Innanzitutto l'articolo 16 del disegno di legge prevede che l'accordo relativo alla modalità di lavoro agile:
Rimane fermo che in ogni caso devono essere indicati anche i tempi di riposo del lavoratore così come le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. Ma l'accordo può avere o non avere una durata: infatti il disegno di legge prevede che esso possa essere a tempo determinato o indeterminato, ma che qualora l'accordo sia a tempo indeterminato il recesso possa avvenire solamente con un preavviso non inferiore a 30 giorni.
Una parziale differenza rispetto a quanto detto si ha nel caso di lavoratori disabili ex art. 1 della L. n. 68/1999, per cui il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a 90 giorni, proprio perché considerata la particolare delicatezza delle condizioni di questi lavoratori è necessario garantire loro una maggiore tutela nella riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto a quelle che sono le esigenze di vita e di cura del lavoratore stesso.
Tra gli effetti negativi eventuali del lavoro agile si ricorda sicuramente il rischio che il lavoratore possa trovarsi isolato rispetto ai suoi colleghi anche da un punto di vista di crescita e di accrescimento delle competenze: anche a questo sopperisce il disegno di legge in questione, il quale prevede espressamente che il lavoratore impiegato in forme di lavoro agile possa vedersi riconosciuto il diritto all'apprendimento permanente in modalità formali, non formali, o informali, e alla periodica certificazione delle relative competenze. Inoltre per quanto concerne il trattamento economico del lavoratore, egli non potrà ricevere un compenso inferiore a quello dei lavoratori che svolgono le proprie attività all'interno dell'azienda, a parità di mansioni. Nella tabella di seguito riportata, sia riassumono i tratti essenziali per l'instaurazione di un rapporto di lavoro di tipo agile.
Il potere di controllo
Il potere di controllo da parte del datore di lavoro mantiene un ruolo di assoluta preminenza nell'ambito dello "smart working". In particolare, lo stesso disegno di legge disciplina il potere di controllo in capo al datore di lavoro, in quanto egli ha il diritto di controllare la prestazione resa dal lavoratore nel limite di quanto previsto dall'accordo stipulato tra le parti.
Ciò significa che l'”accordo” sarà determinante ai fini dei poteri esercitabili da parte del datore di lavoro, anche perché all'interno dello stesso dovranno essere indicati tutti quegli eventuali comportamenti che possono avere un qualche rilievo da un punto di vista disciplinare. Rimane fermo il fatto che non cessano di avere effetti tutte quelle violazioni derivanti dal codice disciplinare applicato in azienda da parte del datore di lavoro, le cui previsioni dovranno essere rispettate anche dagli “smart workers” per evitare di incorrere in sanzioni disciplinari, e le violazioni ad esse collegate comunque dovranno sempre essere irrogate nel rispetto del principio di proporzionalità.
Si ricorda che per quanto riguarda i controlli che possono essere svolti dal datore di lavoro, la norma rimanda espressamente all'art. 4 L. n. 300/1970, che è proprio il punto di riferimento nella normativa italiana in materia di controlli a distanza esperibili dal datore di lavoro. Quindi il datore di lavoro nel prevedere le modalità di controllo, dovrà attenersi strettamente a quelle che sono le disposizioni previste dalla normativa dell'art. 4 St. Lav., come modificato dall'art. 23 del D.Lgs. n. 151 del 2015. Ma lo "smart working" non è certo un argomento nuovo in Italia. Infatti il lavoro agile è già conosciuto e utilizzato in determinate realtà: si ricorda che si hanno già dei casi di applicazione di questa tipologia di flessibilità lavorativa sulla base di iniziative aziendali. Appare utile segnalare che una prima definizione del lavoro agile si rinviene nel Decreto Interministeriale 25 marzo 2016 (“Detassazione dei premi di produttività e welfare aziendale”).
Il disegno di legge fa riferimento proprio al fatto che gli incentivi di carattere fiscale e contributivo che sono riconosciuti con riferimento agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro, spettano anche su quelle quote di retribuzione pagate come controprestazione dell'attività in modalità di lavoro agile, sempre tenendo presente il limite complessivo delle risorse stanziate.
Pertanto, una volta entrato in vigore il disegno di legge, per tutti i datori di lavoro che stipulano contratti aziendali o territoriali, sono detassabili anche le somme corrisposte agli “smart workers” nei limiti dell'importo di 2.000 euro annui (che aumenteranno a 3.000 euro con l'entrata in vigore la Legge di Bilancio 2017). Conclusioni
Alla luce di quanto su esposto, sono notevoli e significativi i benefici che si possono trarre dall'utilizzo degli “smart workers”. L'Italia fino al momento attuale si è avvalsa di uno strumento qual è il telelavoro, che non è nei fatti mai decollato fino in fondo, in quanto prevede appunto la presenza di postazioni fisse. Lo "smart working" dovrebbe essere diverso dal telelavoro, e proprio per tale motivo distinguersi e rendersi allettante per le imprese proprio perché comporta la possibilità di conciliazione – da parte dei lavoratori – di tutte quelle esigenze personali che rendono stressante l'attività lavorativa giornaliera.
L'approvazione prima, e l'applicazione dopo, di tale legge, sono di vitale importanza nell'ottica di rendere non solo le aziende ma la nostra stessa nazione un paese competitivo, in cui è possibile investire sulle nuove tecnologie per rendere quanto più possibile un'esperienza costruttiva e non stressante l'attività lavorativa. Se consideriamo che sulla base di accordi contrattuali ci sono già aziende in Italia che utilizzano la tipologia dello "smart working" con successo e soddisfazione, possiamo dedurre che probabilmente una normativa nazionale che vada a incentivare l'utilizzo di questo strumento, non possa che essere un fattore positivo non solo per l'azienda ma anche per il lavoratore.
Tuttavia è necessario anche tenere in considerazione un lato negativo eventuale: ossia il rischio non solo di un minor coinvolgimento e attaccamento del lavoratore all'attività lavorativa, ma anche di una minore possibilità di legittimo controllo da parte del datore di lavoro sulle attività svolte da parte del lavoratore stesso. Ciò presuppone probabilmente la necessità di un solido clima di fiducia tra le parti, considerato uno degli elementi imprescindibili per la stipulazione del contratto stesso.
In ogni caso, per come sta cambiando vistosamente e velocemente il modo di intendere il lavoro, probabilmente questa innovazione non potrà che essere ben accolta da tutti i datori, ma anche da parte dei prestatori, i quali se resi più capaci di gestire la prestazione lavorativa e la propria vita privata, potrebbero portare a una maggiore produttività aziendale. |