Corte Costituzionale: il rito Fornero garantisce l’imparzialità del giudice
18 Maggio 2015
Il fatto che entrambe le fasi dell'unico grado di giudizio previsto dal rito Fornero possano essere svolte dal medesimo magistrato non confligge con il principio di terzietà del giudice, rivelandosi, invece, funzionale all'attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata. È quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 78 depositata il 13 maggio 2015, attesa per mettere il punto alla questione circa la compatibilità o meno tra il giudice dell'opposizione e quello della precedente fase a cognizione sommaria.
Il caso Il Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi in merito ad un'istanza di ricusazione nei confronti del magistrato designato ex art. 1, co. 51, L. n. 92/2012 a decidere sull'opposizione avverso un'ordinanza di rigetto dell'impugnazione del licenziamento, sollevava questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., mancando nel rito Fornero la previsione dell'obbligo di astensione per il giudice investito dell'opposizione avverso il provvedimento sommario, che tale provvedimento aveva precedentemente pronunciato.
La ricostruzione della Corte Il Giudice delle Leggi conferma la ricostruzione del nuovo rito impugnatorio del licenziamento quale giudizio bifasico, dove la prima fase mira a riconoscere al lavoratore una tutela rapida ed immediata, ove sussistano evidenti ragioni a fondamento della sua istanza, e la seconda fase, di opposizione, comporta una nuova espansione del procedimento con la piena cognizione della vicenda. Tale struttura, però, non è sufficiente a condividere il sospetto di illegittimità costituzionale delle norme citate: il principio di imparzialità del giudice – cui si ispira la disciplina dell'astensione – si atteggia in modo diverso nei diversi gradi del giudizio, come anche nella semplice articolazione dell'iter processuale in diverse fasi sequenziali. Deve quindi essere escluso che i procedimenti bifasici vi si pongano in contrasto.
Terzietà del giudice e ragionevole durata del processo Nel rito Fornero, l'opposizione non verte sullo stesso oggetto dell'ordinanza opposta che si è pronunciata su un ricorso semplificato e preliminare, ma “può investire anche diversi profili soggettivi (stante anche il possibile intervento di terzi), oggettivi (in ragione dell'ammissibilità di domande nuove, anche in via riconvenzionale, purché fondate sugli stessi fatti costitutivi) e procedimentali, essendo previsto che in detto giudizio possano essere dedotte circostanze di fatto ed allegati argomenti giuridici anche differenti da quelli già addotti e che si dia corso a prove ulteriori” con la conseguenza che “il fatto che entrambe le fasi di detto unico grado del giudizio possano essere svolte dal medesimo magistrato non confligge con il principio di terzietà del giudice e si rivela, invece, funzionale all'attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata”. Il tutto a vantaggio del lavoratore che, grazie all'effetto anticipatorio dell'ordinanza che definisce la fase sommaria, può conseguire una più celere tutela dei propri diritti.
Conclusioni La Corte Costituzionale ha così confermato l'intervento ermeneutico della Cassazione a sezioni unite civili (ordinanza 18 settembre 2014, n. 19674), poi ribadito dalla sesta sezione - sottosezione L (ordinanza 20 novembre 2014, n. 24790) e dalla sezione lavoro (sentenze 17 febbraio 2015, n. 3136 e 16 aprile 2015, n. 7782) della stessa Corte. Per un approfondimento delle citate sentenze si vedano i commenti di Di Paola (ordinanza n. 19674/2014), D'Ancona (ordinanza n. 24790/2014), Santini (sentenza n. 3136/2015), nonché la news pubblicata in data 24 aprile u.s. (sentenza n. 7782/2015). |